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«"Mi buttai a leggere con la stessa dedizione che gli uomini, in genere, dedicano ad altri piaceri, per esempio al corteggiamento delle donne o ai giochi d'azzardo. (...) Imparai tutte, o quasi tutte, le cose più importanti che erano state pensate e scritte prima della mia nascita; mi abituai a guardare il mondo con cento occhi, anziché con i miei due soli, e a sentire nella mia testa cento pensieri diversi, anziché il mio solo pensiero. Diventai consapevole di me stesso e degli altri. Gli uomini, senza la lettura, non conoscono che una piccolissima parte delle cose che potrebbero conoscere. Credono di essere felici perché fottono, si riempiono le pance di cibo e di vino e addolciscono le loro vite con questi piaceri, assolutamente uguali per tutti; ma la lettura gli darebbe cento, mille vite, e una sapienza e un dominio sulle cose del mondo che appartengono solamente agli dei. Io, almeno, ne sono convinto. " Il compianto Sebastiano Vassalli, usando il suo solito chiarissimo linguaggio, mette queste parole in bocca a Timodemo, uno schiavo greco diventato il segretario del grande poeta Virgilio, nel secondo capitolo del romanzo "Un infinito numero": penso che esse possano addirsi a questa mia semplice poesia.» |
Inserita il 14/03/2016 |
Quando fin da ragazzo ti colpisce,
più che un attore, un divo, un calciatore,
pagina di qualcuno che capisce
come va il mondo e che cos’è l’amore;
quando provi maggior soddisfazione
per un bel libro nuovo, per la stampa,
che per mondana sterile ambizione,
che poco ti contagia e non t’avvampa:
allora puoi iniziare a sospettare
d’aver contratto strana malattia,
quella che ti sospinge a navigare
nel mare scritto fatto di poesia. |
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