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«"è cio che resta in ognuno di un grande amore perduto per colpa infantile, la nostalgia e il pensar che forse altra vita poteva essere e altre passioni ed emozioni si poteva provare insieme"» |
Inserita il 18/03/2013 |
Verrà un giorno,
al compiersi del viaggio,
che muto mi vedrai
a mendicar perdono
per quell'infantile partenza,
che intrapresi
per conoscenza inutile
di mia stirpe e comunanza;
ma Penelope non fosti,
e ascoltar volesti
la mia diletta madre
che Anticlea al pari non fù;
un proce amasti
in mia assenza.
Sparisti nelle nebbie padane,
più nulla seppi della tua
esistenza.
Or domanda mi duol farti,
dopo aver perigliosi mari
attraversato,
simil ad un odisseo
tornato:
quelle carezze, baci, abbracci
che mi appartenevano
per tua giurata volontà
a chi Antinoo donasti?
seppe il vil proce
darti felicità,
che insieme sognavamo,
seduti ad ammirar estasiati,
l'un l'altro avvinghiati
cormorani in volo?
Non certo in
Circe, Calipso, Nausicaa
trovai conforto alle mie brame.
lungo questo mio travagliato
percorso.
Or che il mio ventilabro,
in terra ho posato,
ove le mie membra
pace avranno,
quella tua materna
maledizione finir potrà,
e sereno di lacrime
il mio volto
arriderà ad altre sponde
ove cibo di sale non saprà.
Penelope, Ulisse non fummo:
nessun Telemaco
fra noi nacque su quel
oliastro ancorato talamo:
unica, ultima
speranza rimarrà,
serena vecchiaia
e lieta morte
in amico jonico
mare |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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