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«La mia nonna materna, Doria Ronconi, era nata nel 1893, nel centro storico di Pesaro, nel quale aveva abitato da ragazza, prima di sposarsi nel 1911 . Aveva quindi lì acquisito il suo dialetto, che avrebbe poi usato per tutta la vita. Allora Pesaro voltava quasi le spalle al mare, che era frequentato soprattutto dai non tanti pescatori e dalle poche persone che svolgevano qualche attività marittima (mia nonna chiamava costoro, non senza un certo disprezzo, "i purtulòtt", "quelli del porto canale") . E i dialetti delle zone interne delle città, anche se esse si trovano a uno o due chilometri dal mare, sono spesso più stretti, più veloci, un po’ più rudi di quelli del litorale (anche a Napoli è così, e qualcuno sostiene addirittura che il portoghese non è altro che uno spagnolo addolcitosi a contatto con l’Oceano Atlantico...) Da bambino, ascoltando mia nonna, pensavo ingenuamente che a Pesaro tutti parlassero come lei, ma intanto la seconda città marchigiana aveva lentamente spostato il suo baricentro verso il mare, era diventata, soprattutto nel secondo dopoguerra, una città anche turistica, una copia sbiadita, più tranquilla e familiare, di Rimini, e quando la visitai le ultime volte rimasi piuttosto deluso nel vedere che la maggior parte delle persone, soprattutto giovani, usava un dialetto più lento, strascicato, e aveva trasmesso questa per me strana, inautentica cadenza anche alla lingua italiana...» |
Inserita il 10/11/2019 |
Era un dialetto appreso
quando già l’Ottocento
veniva vilipeso
dal primo Novecento.
Aveva la schiettezza
di quel borgo situato
con poca contentezza
al bordo del Papato.
Ogni tanto nasceva
qualche delicatezza:
l’Epoca Bella aveva
dato un po’ di dolcezza.
Portò dal suo paese,
la mia nonna emigrata,
la lingua pesarese,
non più così parlata. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Ho già ricordato mia nonna in quattro poesiole parzialmente dialettali. Mia nonna, "emigrata" a Napoli nel 1942, parlava un puro dialetto gallo- romanzo (forse il più meridionale che ci sia, impreziosendolo ogni tanto con qualche francesismo "fin de siècle" (diceva, per esempio, "chauffeur" per "autista").» |
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