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Poesia sul tema I colori delle stagioni
Er monno se lo semo arivortato,
e avemo dato l’ammoriammazzato,
ar vivere sincero su ‘sta tera,
che nu' ppo’ dillo, ma è ‘ncazzata nera.
Mo so’ sbiaditi tutti li colori,
arimmischiati odori co’ ssapori,
quella gajarda ce stava ‘na vorta,
era natura viva, mica morta.
Oggi se squaja mezzo polonorde,
l’acque stann’ammalate zzozze lorde,
er sole 'ncoccia ormai tutto l'inverno,
rompe le palle puro ar Padreterno,
che già da ‘n po’ de tempo c’aripenza,
forze era mejo avecce ppiù pazzienza,
e fasse solamente ‘n ber soriso,
tenenno Adamo ed Eva ‘n paradiso.
E ssì perché da quanno ch’è arivato,
su ‘sto pianeta l’omo disgrazziato,
da che era ‘n bestione rozzo e brutto,
ha ‘ncuminciato a esse’ 'n farabutto.
Da ‘r tempo poi ch’ ha fatto li quatrini,
‘emo chiuso baracca e burattini,
che ppe’ ‘nteresse de li ‘mpicci sua,
ha spennato finente er cacatua.
Ha massacrato le quattro staggioni,
che sse so' rotte tutte li cojoni,
e diventanno sempre ppiù perverzo,
ha piato a scass’ er cazzo a ll’univerzo.
Li missili ha mannato su pe’ Marte,
e ne spara parecchi p’ogni parte,
dice ch’è pe’ la scienza, er beduino,
ma è pe’ li sordi che fa ‘sto casino.
Così sconvorge tutt’er firmamento,
e nun c’avremo ppiù quer ber momento,
d'er freddo che sse scalla a primavera,
o de l’estate che l'autunno spera.
Se nun ze decidemo a torna’ ‘ndietro,
campamo come ll’aretino Pietro,
e ner futuro quelli che veranno,
a pparolacce ce malediranno.
Perciò vojo da di’ ‘n'urtima cosa,
che nun è santa e manco religgiosa,
fermamese a pparla’ co’ la coscienza,
è ora de fa ‘n po’ de penitenza. |
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