Se occhi non avessi, né illusioni
parlarti non potrei, cielo, di questi affanni
che mi gonfiano il petto, quando il buio
ferma il passo dell'ora su un tremulo
rimbalzo di lumi alla finestra

e il sibilo del vento è una voce remota
riaffiorata dal niente con il fruscio lieve
d'uno scoscio d'ali a smuover echi affiorati
dall'informe tremore del tuo manto di morte

Vorrei immergermi tra i flutti cinerini
di quell'etere per guarire ferite asperse
di sale che mai si rimargineranno sulla pelle
crivellata del mio cuore, ma non ho altro
che stelle mute a vegliare su sogni decapitati

e un giorno da aspettare con la pazienza
e il tatto di chi vive accumulando, speranze
disattese a scrivere su nivei fogli, stralci
di una vita arresasi al gelo dell'inverno

e di tutte le sue stagioni ciò che è rimasto
son solo parti maturati da orgasmi emozionali
che affrescano ogni notte la somma di infinite
croci a colmare l'eco di un sospiro che si erge
leggero verso te

mentre l'ombra penetra i vetri col suo
fatuo colore di fumo snodato sulla distanza
che separa il mio sguardo dal tuo labile
vortice d'aria

Quando m'abbandono alla carezza
tacita e lontana di strati ondulati
di nembi dove posa esile l'orma
il bel tempo andato

e io vi sto come il fiore al suo odore
proteso al suo lento camminare
sopra ai monti