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Le 2872 poesie in esclusiva dell'argomento "Uomini"
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La vecchia quercia cerca il mendicante
qui sotto le alte fronde nell’estate
ristoro alla opprimente afa vi trovava
invano della bufera la furia l’ha abbattuta
vecchio ritorna ad un paese noto una casa
colonica un ampio portico qui
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Tra querce,
corbezzoli, mirti
e il falco della regina ...
nessuno più di te
conosce il muflone,
il canto della capinera,
" docente "
nel descrivere
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Ho gli occhi tuoi nei miei
e son di ghiaccio
perduti in questo mondo consegnato
al tuo bisogno nudo in me riaperto
su questa landa avida del vero
avvolta nei meandri di un mistero.
Hai gli occhi grigio mare
e sono specchi
riflessi di una vita
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Cercai di trovare,
i tuoi forti lineamenti,
in quelli di tuo figlio,
non potei fare altrimenti.
Lo scrutai poi nel parlare,
nel sorridere e narrare,
i ricordi che di te,
riaffioravano col mare.
Gli occhi strariparono,
cedettero le
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Ritorna dopo anni a rivedere le sponde del Ticino
luoghi amati della giovinezza sua e come del fiume
azzurro le acque corron verso il Po qui corrono
alla mente partendo da lontano ricordi visioni
qui da lui vissuti e nell’animo sorge e la
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Oscuri personaggi
di un mondo fatto di parole
avvolti da inquieti desideri
così noi siamo.
Sorrisi condivisi per stupide parole
incomprensioni mai capite.
Smonterei il palco di questo teatro
per fare volare il mio cuore libero,
ma siamo
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Il mio paese è talmente bello,
il Creatore lo ha voluto premiare,
un dono gli ha voluto donare!
Le pietre fa cantare!
Un suo messaggero le sa suonare!
Nella mia terra
suonano le pietre,
suonano col vento,
come uno strumento!
Sono orgogliosa,
ne
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Quando nelle sere di solitudine
all’animo scende la malinconia
s’abbandona il vecchio dei ricordi
alla nostalgia ed ecco alla mente
ritornare un paese della Val Brembana
Mezzoldo e giorni lontani di vacanza
di una giovinezza l’amicizia breve
nei
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Sirene squarcia- silenzio
tra cupi palazzi in lutto
ubriachi di rabbia- assenzio ...
tutto tace dopo il botto!
Deserto notturno Palermo
ovunque polizia coprifuoco
post attentato d’inferno
aria polvere sangue fuoco.
Strage di Capaci dì
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Guarda il vecchio il risveglar della natura
e con la mente ritorna a quei mesi d’allora
del passato e oggi anche l’aria per lui par avere
un sapore nuovo pur se il morbo crudel resiste
e continua con forza a duellare che più non sente
quei lugubri
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Minutamente rievoca la storia
dell’orrido supplizio e i giorni e le ore
laddove la pietà non ha memoria;
...
ricorda il Conte l’odio a quell’orrore:
rinchiuso in un pertugio stretto e oscuro
coi figli accanto, morso dal dolore
...
ché per la fame
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Un colpo di gong
pel solenne anniversario,
tutti in piedi,
il capo chiniam.
Lode a te, Dante Alighieri,
pel tuo dolcissimo Stil,
ancor più noto
l’inconfondibil profil.
Re dell’Oltretomba,
scrivesti la "Comedia",
tra gironi, cornici e
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Hai lottato per assolvere te stesso
dopo aver tarpato gli occhi a mente e storia
con il dubbio mai fiorito e la memoria
che ha servito a mani nude il compromesso.
Hai spezzato le catene e di riflesso
hai inneggiato per le strade a un’altra
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Non facile riempire pagine
su qualcosa che sino da piccola
hanno elaborato in quel loro
fantasticare elogiare
per quel sistema di vita
che ancora si pone
.
seppure nel suo dolore
condiviso da chi fino ad oggi
è riuscito a stare al passo con i
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Come un tempo non è mutata
la salita or sale dura la fatica
con passo lento stanco il vecchio
mentre il sudor dalla fronte cola
con un forte sospiro con la mente
ritorna a un suo passato di corsa
lesto era quel muover delle gambe
lassù una
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Si guarda attorno il vecchio oggi a Vernate
poco quel verde dei campi in lontananza
lontano il tempo dei canti delle mondine
nelle risaie tante le ville e le villette alla sua
vista di conforto un bastone di robinia stanco
il passo muove verso un
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Se i sogni con l’alba spariscono presto
allora conviene dormire sui prati
così con il sole i suoi fiori brinati
ben freschi e odorosi felice calpesto.
Se un sogno di notte è il più sano dissesto
allora il coraggio che ha i giorni contati
dal tempo
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Che commozione udir le tue novelle
sì sciorinate... come campane a festa
illuminar la notte e le sue stelle
che per vergogna il ciel chinò la testa.
Lungi da me paragonar le gesta
del sommo Poeta asceso sugli allori
a noi piccoli scribi... tanto
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Fiorentino anch’io,
arrossisco
al solo pronunciar
tuo nome.
Visionario di un mondo nuovo
di un’Italia sconosciuta,
unita.
Amasti, sì tanto Fiorenza
da pagar caro prezzo.
Nulla eravamo
prima che l’anima tua divina
e l’ingegno
dipingesse
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Quindi?
Cosa dovrei dire... ho detto tutto
forse anche troppo
lacrime e sorrisi, foglio dopo foglio
hanno lasciato un segno
un segno non proprio visibile, ma percettibile
chiaro per chi vorrà capire
per chi vorrà andare oltre
e per chi deve
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Un senso di pace s’instaura
quando la coscienza è a posto
come colomba pare di volare
lassù dove il male non attacca
svegliarsi tornando con i piedi per terra
non sempre è di nostro gradimento
volteggiare in una nuvola
cosa gradita alla
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Ed io che sono il merlo della sera
sconvolgo la tempesta del non fare
nel noto labirinto del latrare
tentando inutilmente la maniera
di accendere la vecchia tiritera
che vuole solamente addizionare
il misero cadeau fallimentare
sul banco
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Al sole essiccava a far fieno
l’erba novella di fresco tagliata lì
smossa da mossi bastoni da mani
sapienti la calura una tregua poneva
di bologna frittata stracchino i panini
tre sorsate foraci di vino dal fiaschetto
rimosso dalla gelida acqua
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Me li ricordo seppure sian passati circa
settantanni quei giovani di quel tempo
eran Giacosa Marc’Aurelio Pietro Crespi
quelle vie di periferia di Milano guidava
uno delle San Carlo patatine il camioncino
il secondo biondiccio il triciclo giallo
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Allentare la morsa che ogni dì s’imbatte senza rispetto
diventa un’occasione onde approfittare di attimi
che altrimenti oggi non potrebbero sopravvivere
eclissati un tempo ritornano a battere i piedi
affinché nel loro respirare trovino un posto
ove
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Camminavo sul marciapiede,
non ci feci caso e la calpestai.
Due giorni dopo mi capitò di nuovo
d’incontrare quel quadratino
con ub nome inciso
ma squillò il telefonino
e non andai avanti.
Ci volle il terzo incontro
per capire cosa
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Fa di nome
Gedeone,
di cognome
Balanzone,
porta specchio
nel taschino
ed un vecchio
pettinino,
con perfetto
ciuffettino...
ma l’aspetto
da cretino.
Si atteggia
da docente,
sulla reggia
del sapiente,
del tripudio
non fa senza,
non
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Sapevano i miei passi di paure
di giorni incatenati al vaneggiare
tra putride eruzioni e marchiature
compagne nere e bieche del dannare.
Volevano i miei passi cancellare
il vento maledetto della storia
sospinto dal suo male per creare
fenomeni di
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Sempre che gradito ai commensali sia,
a salutar, d’ultimo, ci s’appresta,
con commiato e disgusto, l’intruso.
Nulla v’è ch’il pensar d’altrui, ignori
e fin’anco l’alma s’accheta.
Nei turbamenti d’estate, a lungo anelati,
s’ode, ora, un sapore
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C’eravamo anche noi
a ritagliare gli angoli di sole
seduti sulle ali
dei purpurei aliti di vita
elemosinando aurore
alle pozzanghere colme di cielo.
Fermi alla fonte
vedemmo la maggiorana
maturarci negli occhi
e il fiore
dare pane all’ape
nel
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Era venuto via
senza voltarsi indietro.
Dagli occhi sgorgavano
lacrime vive.
Le trattene nelle mani.
Ora, aveva oro fuso tra le dita.
Sentì che la vita
era venuta a cercarlo.
Lui si sarebbe lasciato trovare.
Qualcosa di buono
sarebbe
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2872 poesie pubblicate su questo argomento. In questa pagina dal n° 91 al n° 120.
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