«Poesia di elevata denuncia sociale. E pensare che, negli anni Settanta, Secondigliano (ai suoi margini c'era Scampia, allora non ancora edificata) era un assai vivibile quartiere di industriosi operai e commercianti (lo frequentavo) . L'errore fu, subito dopo il terremoto del 1980, quello di trasferire in massa tutti gli abitanti dei Quartieri Spagnoli (già dediti, in buona parte, a commerci illeciti, a scippi, a rapine) a Scampia, approfittando dei danni causati dal terremoto alle loro case, per liberare in realtà il centro di Napoli da presenze sgradite soprattutto ai turisti, che in quegli anni erano diminuiti in modo pauroso. Il mercato della droga, allora nascente, ha poi fatto il resto, che tutti purtroppo conosciamo.» |
Inserito il 25/09/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Vele di terra" di Pasquale Lettieri |
«Non padroneggio bene il dialetto siciliano, ma ciò non mi ha impedito di gustare molto questo "sonetto continuo" (le rime delle terzine sono uguali a quelle delle quartine), in cui il poeta, con ritmo e musicalità bene evidenti, ribadisce il concetto del vecchio detto "La madre dei cretini è sempre incinta" .» |
Inserito il 20/09/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Invidia e 'gnuranza" di Santo Grasso |
«Non è un concetto nuovo quello che ci esprime il poeta nel suo solito particolare stile. E' famosa la frase di Pirandello: "La vita la si vive, o la si scrive" . Del resto, forse non potrebbe essere altrimenti. Le nostre possibilità sono limitate, e dobbiamo essere consapevoli di non poter fare bene e appieno entrambe le cose. Possiamo consolarci pensando che spesso si vede meglio dal di fuori che dal di dentro, e stare a qualche distanza dall'accadimento dei fatti spesso aiuta a capirli meglio (la letteratura è piena di tali esempi) .» |
Inserito il 17/09/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "I poeti non vivono" di omissam |
«L'ispirazione della poetessa è anche la mia. Il ruscello è il primo, al massimo anche il secondo verso, che ci ronza in testa, e siamo giustamente noi, con calma, a farlo diventare mare, a decidere come e quando dare un convincente seguito di parole a quelle prime gocce sorgive.» |
Inserito il 12/09/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "L'ispirazione" di Tiziana Mignosa |
«Poesia filosofica di notevole spessore, che rende bene l'idea del breve mistero e della fugacità delle nostre esistenze, simili, direi, a un lampo, a un fulmine improvviso in mezzo all'impenetrabile nero della notte. Da un punto di vista formale, per me questo è davvero un ottimo esempio (come le altre prove del poeta) di poesia in veri versi liberi, i quali, per soddisfare le esigenze poetiche, devono essere architettati (sapendo soprattutto bene quando è il momento di andare a capo) in maniera disuguale sì, ma capace di dare alla poesia un ritmo simile a quello che i musicisti riescono a infondere in un brano di jazz.» |
Inserito il 29/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Segnali di fumo" di Giovanni Perri |
«"Dictes moy ou, n'en quel pays, / Est Flora, la belle Rommaine, / Archipiades, ne Thais, / Qui fut sa cousine germaine, / Echo parlant quand bruyt on maine / Dessus riviere ou sus estan, / Qui beaulté ot trop plus qu'humaine, / Mais ou sont les neiges d'antan? " (François Villon, "Ballade des dames du temps jadis") .» |
Inserito il 25/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Κλέις" di Angelo Ricotta |
«Questa poesia, nella sua essenzialità e chiarezza (doti tipiche ed invidiabili della brava poetessa) mi ricorda parecchio la "Chanson pour l'Auvergnat" del mio amato poeta in musica Georges Brassens: grazie, montanaro, per avermi dato un po' di legna quando avevo freddo; grazie, ristoratrice, per avermi dato un pezzo di pane quando avevo fame; grazie, straniero, che mi hai rivolto un sorriso quando sono stato arrestato: quando morirete, possiate tutti, attraversando il cielo, andare a tenere compagnia al Padreterno!» |
Inserito il 25/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Nessuno esce da qui" di India |
«Siamo di fronte ad un'altra pregevole composizione di questa poetessa di lingua portoghese, forse meno letta e commentata di quanto senz'altro meriterebbe, a causa probabilmente delle difficoltà di comprensione della sua lingua per un pubblico italofono. In questi versi musicali la poetessa ci dice che la vita ha fretta, che tutto passa velocemente, che conviene vivere in pace e in letizia, contemplando le bellezze della natura e dedicandoci alle grazie della persona amata, praticando insomma il "carpe diem", perché, come recita il bellissimo e intenso verso finale, "Amore, il futuro è adesso. "» |
Inserito il 22/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "AMOR a Vida Tem Pressa" di Ana Stoppa |
«Poesia nel più puro spirito "tanguero" questa del Curreli, fin dal titolo, uguale a quello di uno dei più famosi tanghi ("Caminito que el tiempo ha borrado / que juntos un dia nos viste pasar, / he venido por ultima vez, / he venido a contarte mi mal (...) Desde que se fue, / triste vivo yo; / caminito amigo, / yo también me voy (...) ") . E, come nella famosa canzone del 1924, in questa poesia si respira l'aria triste del tempo che passa e, in più, si gode delle leggiadre immagini (come il librarsi della mano della fanciulla) che il Maestro ha voluto generosamente regalarci.» |
Inserito il 13/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Caminito" di Gesuino Curreli |
«Ho molto apprezzato la poesia di questo autore esordiente, forse perché abbiamo gli stessi gusti (proprio oggi ho letto alcune altre pagine del penultimo volume della "Recherche", e chissà mai se riuscirò ad arrivare alla fine dell'opera!) . E' proprio vero che i grandi scrittori morti ci adottano e ci donano una finestra dalla quale vedere meglio il mondo!» |
Inserito il 02/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Proust" di Abramo Penso |
«Ho letto la biografia della poetessa (non so se è napoletana), venendo a sapere che accetta volentieri critiche negative, per cui mi permetto di fargliene una. Il contenuto mi sembra troppo stereotipato (riecheggia parole di famose canzoni classiche napoletane), e soprattutto la lingua dovrebbe essere rivista (eliminando molti inutili e dannosi accenti finali, come in "bellà" e "lunà", e cambiando il posto di alcuni apostrofi, come in "na' " e "o' "; mi permetto infine di osservare che quel "ciù" è genovese e che andrebbe sostituito da "cchiù") . Detto questo, spero proprio che l'autrice rimanga contenta della mia critica e che ciò la sproni a far meglio, cosa di cui essa sarà senz'altro capace.» |
Inserito il 02/08/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Mandulinata" di Giulia Gabbia |
«In questo testo chiaro l'autore sa ben fare giocare tra loro le parole "presenza", "assenza" e "essenza": anche io sono convinto che forse la vera essenza di una persona (e può darsi anche di una cosa) la si debba ricercare e la si possa trovare quando quella persona (o cosa) manca.» |
Inserito il 24/07/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "L'essenza dall'assenza" di francois |
«Sarò ignorante ma, almeno tra le più vicine a noi, conosco solo due lingue (l'arabo e l'ebraico) che (nelle loro forme non letterarie) fanno a meno della trascrizione delle vocali. Tutte le altre (e quindi anche il napoletano) ne hanno bisogno, anche per poter rappresentare i suoni indistinti. Non si può scrivere, ad esempio, "cor" invece di "core", perché la pronuncia verrebbe snaturata (chi scriverebbe, ad esempio, in francese, "chval" invece di "cheval"? ) . Accetti l'autore questa benevola critica, e non induca chi non è napoletano ad una pronuncia errata, sgradevole e durissima (simile al serbocroato, che scrive e pronuncia "Trst" per "Trieste"! )» |
Inserito il 12/07/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Pucundriji (Malinconia)" di Amedeo Falco Teophilus |
«E' vero che la tirannia del tempo riesce a cancellare anche le fattezze della persona allora amata (per cercare di contrastarla esistono dei succedanei, le fotografie) . Però a volte ho l'impressione che ciò che si perde del ricordo fisico si guadagna migliorando la conoscenza dell'anima della persona svanita, approfondendo qualche suo gesto, qualche suo sorriso, qualche sua frase o semplice parola che allora non eravamo riusciti, per superficialità o per troppa giovinezza, a comprendere adeguatamente. Conoscemmo meglio quella persona allora, o la conosciamo di più adesso?» |
Inserito il 30/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Non riesco a ricordarti" di Patrizia Chini |
«Con poche ma efficaci parole la poetessa ci parla della possibile presenza dell' "anima gemella", cioè di quel personaggio in tutto e per tutto simile a noi, anche se dell'altro sesso, che fin da piccoli desideriamo incontrare. Anche secondo me questo personaggio esiste, in qualche parte del mondo: chi è fortunato lo incontra, ma a volte lo lascia scappare, perché magari non lo riconosce subito. Però, a pensarci bene, questo amore per l'anima gemella non è altro che una forma sublimata di egoismo, di amore appunto per noi stessi, che ci porta alla ricerca di un nostro "doppione", di ciò che saremmo stati se fossimo nati di sesso opposto.» |
Inserito il 24/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Unum" di L Falchero |
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«Al di là dell'indubbio valore spirituale della poesia, vorrei richiamare l'attenzione sulla bellezza del dialetto scritto. Tutti i dialetti sono belli, se scritti bene, ed io, che vivo nella zona di Napoli da quando sono nato, riesco a leggere con maggiore facilità una poesia scritta bene in un altro dialetto (come l'affascinante genovese, in questo caso) che male, come purtroppo troppo spesso accade (forse perché chi scrive nel dialetto partenopeo si crede autorizzato a farlo cervelloticamente, perché tanto è conosciuto e parlato in tutto il mondo!), in napoletano.» |
Inserito il 19/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Pe- u Paradisu da Madonna" di rita damonte |
«Sono del parere che la parlata toscana abbia il dono di rendere gradevoli e leggeri concetti ed argomenti che, se espressi in altri idiomi (romano, napoletano, ecc.) , assumerebbero immediatamente un'aria greve e volgare (un esempio per tutti: Roberto Benigni) . L'insuperabile poeta Luciano Tarabella ce ne dà un chiaro esempio in questo suo sonetto dal contenuto volutamente esagerato, eppure digeribilissimo.» |
Inserito il 19/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "La famiglia accogliente" di Luciano Tarabella |
«Al di là dell'indubbia malinconica bellezza del testo della poesia, vorrei sottolineare la scelta, evidentemente meditata, del titolo in inglese fatta dall'autore. E' un procedimento cui ricorro talvolta volentieri anch'io (inglese o altre lingue), perché il titolo dovrebbe sempre sintetizzare il contenuto dell'opera (essere quasi una "breve" della poesia stessa), e in certi casi ci accorgiamo che la nostra pur bellissima lingua italiana non è capace di farlo con la stessa efficacia di una o più parole prese a prestito da un idioma straniero.» |
Inserito il 17/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Nevermore" di Nunzio Buono |
«Il tempo che passa fa di noi spesso un'altra persona, senza però eliminare colui che eravamo stati; egli si riaffaccia di tanto in tanto, e sembra quasi volerci rimproverare il cambiamento, anche se ci fa compagnia con i ricordi dei sogni che allora sembravano fattibili ma che ormai sono irrimediabilmente irrealizzati. Questo si coglie nella concisa, efficace e struggente poesia che l'autore ci regala.» |
Inserito il 09/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Quando" di angelo cora |
«E i barboni a Milano negli anni Cinquanta (e Sessanta) dovevano essere davvero mitici, quasi come i "clochards" parigini. Una delle mie canzoni preferite da ragazzo era "El purtava i scarp del tennis" di Enzo Jannacci, ma questa poesia mi riporta alla mente un bellissimo film ad essa anteriore, quel "Miracolo a Milano" di De Sica così pregno di densa poesia da portare quasi alle lacrime e la cui scena "clou" è la conclusiva, con i barboni che si levano in volo cantando: "Ci basta una capanna, per vivere e sognar... "» |
Inserito il 01/06/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Il barbone e il bambino" di giuseppe gianpaolo casarini |
«In pochi versi il poeta è stato capace di sintetizzare efficacemente il concetto della forza del tabù, che ostruisce delle strade, ma ne apre altre, soprattutto quelle dell'arte: alcuni pensano, a ragione secondo me, che nel mondo occidentale le arti abbiano avuto una fioritura di maggiore spessore che nel mondo orientale soprattutto a causa dei numerosi divieti impostici, nel corso dei secoli, dalle tre religioni monoteistiche.» |
Inserito il 27/05/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Desiderio proibito" di vittorio taviani |
«Questa poesia sulla dignità (da non confondere con la superbia), al di là della sua forma, mi è molto piaciuta per i concetti veicolati. Bisogna stare attenti all'uso delle parole, perché chi vede le cose da vicino scorge differenze che i più non afferrano (gli Eschimesi conoscono venti nomi diversi per il bianco e, aggiungerei, gli Ebrei coniarono novantanove nomi per quel Dio col quale essi sono in confidenza da tempo immemorabile) . Gradito anche l'accenno alle pecore che, come quelle di Rabelais, rischiano di finire tutte in mare se seguono l'esempio della prima, gettatavi da un bricconcello di nome Panurge!» |
Inserito il 19/05/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Dignità" di Ercole De Angelis |
«Quartine rimate in versi di dodici sillabe (o doppi senari) per esprimere un concetto un po' sconsolato e purtroppo patrimonio di quasi tutta l'umanità (eccetto gli "eroi") ; già Manzoni metteva in bocca a don Abbondio (se non erro) delle parole simili: "Il coraggio, se uno non ce l'ha, non se lo può dare! "» |
Inserito il 19/05/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Uomini con le palle" di Mauro |
«Condivido le purtroppo amare e tristi considerazioni del poeta, ma mi permetto di osservare (non è la prima volta) che per scrivere una bella poesia in dialetto napoletano bisognerebbe consultare un (anche modesto) vocabolario: il napoletano, proprio perché è stato (è?) una lingua importante, come l'inglese e il francese, ha, come l'inglese e il francese, le parole che si pronunciano in un modo e si scrivono, quasi sempre, in un altro!» |
Inserito il 13/05/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Napule" di Amedeo Falco Teophilus |
«Sampierdarena, come alcuni quartieri periferici di Napoli o Milano, era anch'essa un comune indipendente quando fu aggregata a Genova, nei primi anni del Novecento, con lo scopo di rendere le nostre città più grandi e far loro raggiungere, possibilmente, il milione di abitanti. Ma questi ex comuni conservano ancora, dopo quasi cent'anni, il loro spirito indipendente e caratteristico così ben descritto da chi ci ha regalato questa preziosa poesia che, senza nulla togliere alla traduzione, ho gustato particolarmente nella coinvolgente stesura dialettale originaria (avevo capito quasi tutto) .» |
Inserito il 09/05/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Sampedænn- a (Sampierdarena)" di Vivì |
«Vedo, in questa poesia praticamente senza titolo, una considerazione che fa il bentornato poeta sull'età avanzata: c'è la consapevolezza e la tristezza di non avere praticamente più nulla da imparare (le cose importanti si conoscono già, e si deve fingere stupore per l'apprendimento di minuzie) .» |
Inserito il 27/04/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "@" di Luciano Tarabella |
«In questa efficace "breve" la poetessa rende molto bene il senso della parola "cattivo", nata soltanto nel latino ecclesiastico ("captivum diaboli", "prigioniero del diavolo"; nel latino classico "captivus" aveva il significato di "prigioniero" tout court) . Ecco il senso di quell' "angelo nero" che chi non crede nel diavolo può benissimo, cambiando una sola lettera, sostituire con l' "angolo nero", ovvero con le avversità della vita che, tenendoci in cattività, impediscono l'affermazione delle nostre migliori e più solari potenzialità.» |
Inserito il 25/04/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Tristi e cattivi" di poeta per te zaza |
«"Ottonari con vigore! ", mi verrebbe da commentare sinteticamente, tanto per rimanere in rima. E, a completamento della considerazione di chi mi ha preceduto, direi che l'argomento trattato (l'ostinata difesa della propria innocenza, il ripetuto invito all'amico a non considerarlo un traditore) ben si presta, o addirittura esige, una rima martellante, come quella (quasi sempre) in "ore" usata dal valido ed efficace poeta.» |
Inserito il 17/04/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Traditore" di Roby Truealakhai |
«Certo, ci vogliono notevoli sforzi di concentrazione e di immaginazione per rallegrarsi vedendo quel simbolo. Il primo pensiero (e ce lo dice il poeta, o la poetessa) è quello della tristezza. Ciò mi fa ricordare le proteste delle famiglie musulmane che hanno i bambini nelle scuole italiane e che vorrebbero venisse tolta la croce (e soprattutto il corpo di Cristo morto su di essa) dalle aule scolastiche: non hanno, in fin dei conti, tutti i torti.» |
Inserito il 15/04/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "La croce" di paf56 |
«La poetessa ben esprime l'incanto che su di noi esercita la poesia, ogni volta che (e può succedere ogni giorno o anche a distanza di decenni) essa ci fa una corte opprimente e nello stesso tempo gradita, proprio come un innamorato (o innamorata) invaghitosi di noi. La poetessa conferma ciò che io penso da molto tempo, e cioè che sono le poesie a cercarci, e non noi a cercarle. Cosa fare a questo punto? Respingere il dono perché ci procura anche delle sofferenze? Non credo, perché portare felicemente a termine una poesia ci libera comunque alla fine da un peso che gravava in noi stessi, facendoci inoltre fare ogni volta un passo in avanti sulla strada dell'estetica.» |
Inserito il 14/04/2012 da Antonio Terracciano alla poesia "Un giorno... la poesia" di Marinella Addis |
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