«Ho trovato molto delicata e saggia questa poesia in lode delle nonne. La scelta degli ottonari mi sembra poi adeguata al contenuto: la poetessa ci ricorda a un certo punto che le nonne conoscono le filastrocche, e non c'è metro più adeguato dell'ottonario per dar loro vita. Insomma, è un buon lavoro.» |
Inserito il 13/09/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "I tesori delle nonne" di Maria Vittoria Spinoso |
«Attratto dal titolo, ho letto (cosa che faccio raramente) questa poesia ermetica. Attratto ancor più dalla sincerissima annotazione in bacheca di un poeta bresciano, mi è venuta la voglia (ho dovuto prendere più volte il vocabolario) di approfondire questa composizione in purissimo stile montaliano, direi, e ne ho dedotto che (come del resto onestamente ci avverte la poetessa nella sua nota) è sostanzialmente una (difficile) lezione di retorica, messa in dubbio, però, dagli ultimi versi. Si tranquillizzi il commentatore bresciano: saussurianamente "tout se tient", anche in quella che può sembrare la più astrusa delle poesie ermetiche! (E poi, come si potrebbe negare il suo fascino? "E' l'ermetismo, bellezza! ", direbbe H . Bogart ...)» |
Inserito il 11/09/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Zeugma in sottoverso" di Lia |
«Il classico tema delle gocce di pioggia simili alle lacrime di pianto per qualche evento triste e irrecuperabile è ben reso dalla poetessa, con sei endecasillabi spezzati, sì da formare una sapiente e musicale alternanza di quinari e di senari molto musicali e malinconici.» |
Inserito il 11/09/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Pioggia" di Libera Mastropaolo |
«Credo di aver colto un nesso, in questa essenziale poesia, tra le nuvole e i ricami. Le nuvole possono essere considerate come i ricami del cielo e, se non si guardano più, anche i ricami delle stoffe e quelli con i quali abbelliamo le nostre misere esistenze perdono valore, e si è portati a scucirli. E' una poesia pessimistica, che non concede spazio alle illusioni.» |
Inserito il 05/09/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Da tanto" di Amara |
«Con molto garbo, nel suo simpatico dialetto, il poeta esprime una verità sotto gli occhi di tutti, e la ribadisce nella nota. E' vero che l'evoluzione dei linguaggi è un fenomeno naturale, ma l'italiano, che è sempre stato debole al di fuori del suo territorio di origine, risente molto più di altre lingue di questo fenomeno. Per dare una mano alla nostra bella lingua, penso che anche noi, poeti dilettanti, nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, pubblicando testi curati nella forma, tali da essere d'esempio e di stimolo a migliorarsi per eventuali lettori un po' troppo "modernisti" ...» |
Inserito il 20/08/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Po' dice uno che parla itajano?" di Gian Franco Dandrea |
«Uno dei pregi della buona poesia è quello di sintetizzare, in pochi versi, impressioni e concetti che in un saggio o in un racconto avrebbero bisogno di parecchie pagine. Questa poesia ci riesce in pieno, restituendoci l'atmosfera dell'Europa alle soglie della Grande Guerra, un tragico evento che, con un minimo di cautela e di ponderazione, poteva essere evitato: quell'atmosfera europea di allora sarebbe continuata, evolvendosi certamente, ma facendo comunque viaggiare il continente su binari diversi.» |
Inserito il 20/08/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "1914" di Enrico Barigazzi |
«Sono sempre stato attratto dalla pioggia, peculiarità soprattutto dei paesi del nord, e non ho mai sopportato tanto il famoso sole del sud, ma non ne avevo approfondito i motivi. Qui l'eccellente poeta, con le due sue incantevoli e perfette quartine di endecasillabi sciolti, mi dà un suggerimento: forse la pioggia dà l'illusione (solo quella, purtroppo!) di lavare anche le nostre macchie, di pulire anche i nostri difetti, come essa è capace di fare con l'acciottolato.» |
Inserito il 10/08/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Pioggia a Luino" di ex Lorenzo Crocetti |
«Con la sua solita maestria, il Tarabella ci dà qui un'esemplare raffigurazione della depressione, sotto forma di corvo. La poesia mi ha fatto immediatamente ricordare un simile fado portoghese, con parole di J . Monge, "O Corvo", appunto: "Tenho um corvo à flor de pele / Vive de uma ferida aberta / (...) / Entra pela minha vida / Como a lua no jardim / (...) / Diz que se chama Saudade" . La depressione, o la saudade, ci comunicano sempre un senso dell'inutilità delle cose, anche della scrittura quindi, senso destinato a sparire però dopo un po', anche perché, come acutamente nota il Garbellini, c'è sempre, in qualche angolo del mondo, qualcuno nelle nostre stesse condizioni, che trarrà un giovamento di natura omeopatica nel leggerci.» |
Inserito il 06/08/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Il corvo" di Luciano Tarabella |
«Leggendo questa suggestiva composizione, anche se sbaglio, mi vengono in mente più che altro gli anni Cinquanta. Quel clima, pieno di simboli americani (e qui il poeta ricorda il juke box, una mitica marca di sigarette, certe moto...) e il cui film più rappresentativo è forse "Un americano a Roma" con Alberto Sordi, mutò radicalmente nei secondi anni Sessanta, con l'introduzione di nuovi valori ed anche di un modo diverso di vedere la vita, e i giovani furono portati a giudicare spesso negativamente alcuni di quei simboli di dieci anni prima. A ciascuno il suo (tempo passato)!» |
Inserito il 05/08/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Joke Box" di lucio lucentini |
«I treni si prestano molto bene a servire l'immaginazione poetica, con le loro varie simbologie. Qui il poeta si intrattiene con abilità ed efficacia su un treno notturno; di notte, quando la mente non è distratta da altri rumori né da altre visioni, il treno che passa sembra farla salire in carrozza, per condurla in posti sconosciuti o più spesso ben conosciuti, in un viaggio verso (come dice l'ultima parola della poesia) la nostalgia.» |
Inserito il 20/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Treno di notte" di ex Lorenzo Crocetti |
«Tutto vero ciò che il poeta, con i suoi misurati e ben congegnati versi liberi, scrive a proposito di Gaeta, questa affascinante cittadina che per tanto tempo ha segnato il limite nordoccidentale del Regno di Napoli e che, come tutte le città di confine, è stata sempre caratterizzata anche dalla presenza dei militari (e lo è ancora) . A Gaeta è possibile ascoltare contemporaneamente gente che parla il dialetto napoletano ed altra che usa il romanesco, in una simbiosi che suona come auspicio per la tolleranza, per l'abolizione dei superati campanilismi. A Gaeta (e il poeta lo ricorda) il pesce sembra essere più buono che in altri posti, sembra uscire da solo dal mare per allietare il palato del visitatore che alla cittadina si è affezionato!» |
Inserito il 17/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Gaeta" di Hariseldom |
«Purtroppo l'uomo, che con tanti sforzi si è creato un'anima, l'abbandona rapidamente quando insorgono in lui i primitivi e (finora) ineliminabili istinti animali. Questa poesia me ne ricorda una del mio amato Raffaele Viviani, "Si vide a ll'animale": "Si vide a ll'animale / ca stanno 'ncopp''a terra / tu pienze sempe a mmale, / tu vide sempe guerra. / 'O cane, cu nu strillo, / vo' muzzeca' 'o muscillo, / ca afferra 'o suricillo / pure 'a dint''o mastrillo! / (...) Largo e tunno; / chisto è 'o munno: / pure ll'uommene, se sa, / s'hann''a massacra'. / Che l'afferra / che na guerra / ogne tanto s'ha da fa'? / Forse pe' sfulla'? ! / So' 'e putiente, / malamente, / ca cchiù 'a vorza hann''a 'ngrassa', / senz'ave' pietà. (...) "» |
Inserito il 15/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Le due facce diverse della vita" di sergio garbellini |
«Sono d'accordo con l'autore. Da sempre tifoso del Brasile (perché ha sempre giocato il più bel calcio al mondo), sono rimasto davvero sconcertato nel vedere quella partita. Sono comunque cose che capitano talvolta a chi crede (o è obbligato a credere) di essere il migliore al mondo, e che alimenteranno quel sentimento di saudade (all'origine di molte pregiate creazioni artistiche) di cui il Brasile (col Portogallo) resta (almeno in quello) l'indiscusso campione.» |
Inserito il 10/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Sette a uno!" di Luciano Tarabella |
«Leggo di tanto in tanto le poesie di questo autore (leggerle tutte è un'impresa quasi impossibile, talmente egli è prolifico!) , e devo dire che, anche se la forma che usa non è forse fra le più poetiche, i contenuti (soprattutto quelli di aspetto sociale) sono spesso ben scelti e forti. Qui si punta giustamente il dito contro quegli avvocati "azzeccagarbugli" (e ce ne sono, nel nostro Paese!) capaci, manipolando le leggi, di far risultare innocenti i colpevoli e colpevoli gli innocenti. Se avessero un minimo di dignità, questi personaggi dovrebbero rifiutarsi di prendere le difese di qualcuno la cui colpevolezza è sotto gli occhi di tutti...» |
Inserito il 06/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Avvocato Temocle Scapece" di Michaelsanther S |
«E' un tema molto attuale. Quando vado a comprare le sigarette (ammetto di avere quest'altro vizio) vedo le tabaccherie piene di persone (soprattutto donnette mature) intente a giocare ("Gratta e vinci" ed altre diavolerie del genere) con avidità, come se da lì dipendesse il loro destino... Il buon Maometto, più ancora di altri vizi, condannava aspramente quello del gioco (e pare che avesse parlato con Dio in persona...) E' inutile aggiungere che la poesia è stata scritta con somma maestria tecnica.» |
Inserito il 04/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Il vizio del gioco brucia più del fuoco" di sergio garbellini |
|
«Anche se non ha usato una forma molto poetica, direi che la scrittrice ha messo il dito nella piaga di tanti rapporti di lavoro italiani. E' proprio così, come essa specifica in nota: la sincerità e l'etica non pagano, ma spesso addirittura ghettizzano. Si creano combriccole di incapaci che difendono meglio, così, i propri interessi, continuando una politica tipica delle scuole (dove ho insegnato per 36 anni), in cui ad essere seguiti ed incoraggiati sono gli alunni più deboli e problematici, e ad essere trascurati sono spesso quelli dotati di un quoziente intellettivo superiore. Dalle scuole ai luoghi di lavoro, soprattutto pubblici, la prassi si estende e si ripete: è così che la nostra povera Italia perde sempre più competitività!» |
Inserito il 03/07/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Branchi" di Gabriella Cocciglia |
«Intensa e sofferta poesia, con un'interessante domanda: "Ora è tardi, o fu sempre tardi? " Saremmo portati a rispondere più "ora", ma, se ci si pensa bene, e come insegnano anche i miei adorati fado portoghesi, la vera risposta, anche se forse più amara, è probabilmente "sempre", perché più si avanza nell'età e più ci si rende conto che quelle cose che da giovani pensavamo di poter cambiare con un po' di forza di volontà sono in realtà immutabili, fanno parte del nostro destino, del corredo con il quale la natura ci ha fatto nascere.» |
Inserito il 28/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Tardive speranze" di Cuccu Anna Maria |
«Il poeta, non so se consapevolmente, applica qui alla parola un potere cabbalistico: basta aggiungere o togliere una lettera (qui la erre) per cambiare totalmente il senso del termine. Mi ricorda la storia che da poco ho finito di leggere, quella del rabbino che nel Seicento, a Praga, creò il Golem: appose sulla sua fronte le lettere EMET, che significa "verità"; quando si accorse che la creatura cominciava a produrre dei danni, gli tolse la E, e il Golem si spense, perché MET significa "morte" .» |
Inserito il 19/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Vangelo del terzo millennio (o della guerra senza confine)" di Gesuino Curreli |
«E' storia vecchia in Italia, purtroppo! Già quasi cent'anni fa Raffaele Viviani metteva queste parole in bocca al suo "Don Nicola", a proposito delle ruberie susseguitesi al terremoto di Avezzano: "Io stevo 'Avezzano 'mpiegato / e d''o terremoto so' nu scampato: / ma 'e sorde che hanno mannato / pe soccorrere 'e danneggiate / e p''e case sgarrupate / nun l'avimmo viste manco pittate; / pecché chille d''o Cumitato / se l'hanno passate l'uno cu ll'ato; / e 'e sorde se songo assuttigliate, / e mano mano songo squagliate. / Sicché 'e signure se l'hanno cuntate, / 'e signure se l'hanno arunate, / e 'e signure se l'hanno magnate. (...) / E io, povero sfortunato, / songo restato comm'a ll'ate: / curnuto e mazziato. "» |
Inserito il 10/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "I VERI LADRI non rubano le caramelle" di sergio garbellini |
«La poetessa ha ben colto e reso il senso della saudade che, come sintetizza lo studioso portoghese A . J . Saraiva, "si caratterizza per la sua duplicità contraddittoria: è un dolore dell'assenza e un compiacimento della presenza, da parte della memoria. E' l'essere in due luoghi allo stesso tempo, che può essere interpretato anche come un rifiuto di scegliere: è un non voler accettare pienamente il presente e non volere riconoscere il passato come passato" (testo riportato da V . Arsiello nella postfazione al volume "Il fado", di Rui Vieira Nery, ed. Donzelli) .» |
Inserito il 08/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Saudade" di Anna Di Principe |
«Poesia bellissima, per contenuto (il suo ottimismo mi ricorda vagamente addirittura la baudelairiana "Invitation au voyage") e per l'originale struttura: la poetessa organizza la sua poesia in cinque strofe formate da quartine di endecasillabi più un settenario finale; ogni verso finale di una strofa fa rima con l'iniziale della strofa successiva, e l'ultimo verso della poesia fa rima col primo (riassumendo, abbiamo questo interessante schema: ABBAC CDDCE EFFEG GHHGI ILLIA) .» |
Inserito il 03/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Salendo la scala della vita" di Dorella Dignola |
«"Italia, Paese di santi, di poeti e di navigatori", diceva un tale ("e di grandi amatori", avrebbe potuto aggiungere) . Ed ora? Proprio là dove nascono, le cose sono destinate a più rapida decadenza! Così i santi, secondo il Montale di "Satura", "bisognerà cercarli fra i cani [ San Bernardo ] ", i navigatori si "divertono" a distruggere enormi navi (e vite umane) per stupidi "inchini" agli scogli, e i poeti amano seguire strade diverse da quelle del sonetto... (E dove s'annideranno mai i grandi amatori, ancora ben presenti nell'immaginario collettivo soprattutto delle donne dell'Est Europa, che giungono tanto speranzose da noi?)» |
Inserito il 01/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "In morte del sonetto" di ex Lorenzo Crocetti |
«Ho molto apprezzato questa poesia, perché ho sempre pensato che, se c'è un Dio che ci ha creato, il regalo più bello che ci ha fatto è stato quello dell'intelligenza e del libero pensiero. Ci sono tante cose che non si possono fare nella vita (mancanza di soldi, di salute, ecc.) , ma il pensiero (quando c'è) va sempre sfruttato, messo in circolo. Penso che Dio (se c'è) ne sarebbe contentissimo, e se la prenderebbe assai con coloro che (in tutte le religioni) credono di rappresentarlo soprattutto ostacolando questa nostra divina (è proprio il caso di dirlo) facoltà dell'intelletto!» |
Inserito il 01/06/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Riflessione di un animo laico " di Francesco Rossi |
«Ogni strofa di questa composizione colpisce per efficacia e per nitidezza, proprio come se fossero delle azioni e delle reti di questo nostro vero, grande campione dentro e fuori il campo da gioco. (Ebbi modo, nel 1974, da militare, di ammirarlo allo stadio Sant'Elia di Cagliari, quando la sua piccola grande squadra isolana sconfisse la Fiorentina per uno a zero.)» |
Inserito il 29/05/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Come un tuono" di Saverio Chiti |
«Penso che il pregio fondamentale della poesia sia quello di esprimere chiaramente concetti comuni a tanti lettori, facendoli assaporare ed immergendoli nel mare della bellezza poetica, formato dalle regolari ondate della metrica. Ebbene, questa splendida poesia ci cattura immediatamente proprio perché possiede al massimo grado proprio le doti sopra evidenziate. (E, leggendola, pare che da essa nasca una sorta di incantesimo, capace di illuderci di riparare davvero, per un attimo, i nostri errori del passato.)» |
Inserito il 28/05/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Memoria e rimorso" di ex Lorenzo Crocetti |
«Sono apprezzabili il contenuto e le belle rime. Il poeta si è espresso in ottonari, tre dei quali però, secondo il mio modestissimo parere, sono un po' difettosi, o per metrica o per posizione degli accenti tonici. Se posso permettermi, suggerirei, secondo i miei (discutibilissimi) gusti, di modificare, al 6° verso, "con il" in "col", al 9° "ma" in "però", e al 13° "erano" in "eran" . Il poeta mi scuserà per l'intromissione.» |
Inserito il 19/05/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Anni passati" di Evetti Primo |
«Con questi scorrevolissimi ottonari, il poeta insorge contro il razzismo verso i gatti neri, visto come metafora, forse, del razzismo tra uomini di diverso colore, ancora più deprecabile, perché almeno, per i gatti neri, pare che ci sia un motivo anticamente piuttosto valido: attraversando una strada buia di notte, il gatto nero non si vede, e può farci inciampare e cadere...» |
Inserito il 07/05/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Anche il GATTO NERO si ribella" di sergio garbellini |
«Ho talvolta l'impressione che l'insuperabile Luciano Tarabella non sia letto, apprezzato e commentato ancor più di quanto lo è già per motivi linguistici (anch'io, che bazzico abbastanza il livornese, ho talora qualche difficoltà di comprensione) . Proverò pertanto a spiegare questa geniale poesia agli italofoni puri. Essa riecheggia un po' "La ballade des dames du temps jadis" di Villon e "La canzone dell'amore perduto" di De André (come si sono ridotte quelle donne un tempo splendide, e i favori sessuali negati in gioventù non potranno essere concessi più avanti negli anni!) . Ma è nella coda che si nasconde il "veleno" dell'autoironia: del resto, dice il poeta, anche se volessi, avrei bisogno di una gru per tirar su un certo arnese...» |
Inserito il 24/04/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Ogni lasciata è perza!" di Luciano Tarabella |
«Le feste comandate hanno effettivamente spesso il potere di acuire tante nostre debolezze, di riportarci indietro verso tempi più felici e spensierati, di accentuare la malinconia, la tristezza, la nostalgia, il "blue", la "saudade" o lo "spleen" che dir si voglia... Per esprimere con maggiore efficacia questi concetti in poesia (ma anche tanti altri, secondo me) non c' è accompagnamento musicale più adeguato che un buon jazz, e la poetessa ci dà la possibilità di prendere due piccioni con una sola fava: penetrare nella sua poesia e gustare l'insuperabile voce della grandissima Billie Holiday!» |
Inserito il 19/04/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "Vigilia" di elena rapisa |
«Ho letto con molto interesse questa amara riflessione di Amara, una poetessa di solito ermetica che, per mia ignoranza, non riesco quasi mai a comprendere fino in fondo. Invece stavolta l'autrice si pone dubbi, sembra quasi paventare la fine della funzione della poesia, che, invece, potrà godere ancora di ottima salute se si farà una rivoluzione. Ebbene, secondo il mio modestissimo parere, in Italia la rivoluzione poetica potrebbe essere un ritorno al passato (non è spesso così, ad esempio, anche in politica?), a quel passato di poesia classica troppo velocemente abbandonato, quando non apertamente (e talvolta rozzamente) condannato: l'uso di schemi collaudati, dentro i quali agiscano però parole nuove, potrebbe salvare la nostra arte.» |
Inserito il 16/04/2014 da Antonio Terracciano alla poesia "L'acqua di rose puzza" di Amara |
|