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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 462
«In questa sua armoniosa poesia, il nostro Lorenzo prova (e fa bene) a vestire i panni dell'avvocato difensore dell'ironia, quella qualità (oserei dire quella virtù) troppo spesso accusata e condannata da certi "giudici" eccessivamente seriosi (se non addirittura "integralisti") . L'ironia (come leggo nella quarta di copertina del libro "Amica ironia" di Guido Almansi, ed. Garzanti) permette all'artista di "sfruttare la capacità d'invenzione senza sentirsi minacciato da onestà, sincerità, genuinità, naturalità, i cavalieri angelici tanto più rovinosi dei cavalieri dell'Apocalisse" .»
Inserito il 11/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Improvvisato sonetto sull'ironia" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 461
«Sono efficaci versi, che si riferiscono alle tante attese cui siamo costretti nel corso della nostra vita. A pensarci bene, infatti, tutta la vita è un'attesa. Come ebbe a dire una volta, in un'intervista, lo scrittore francese Louis - Ferdinand Céline, "gli uomini aspettano di vivere, ma non vivono mai, in realtà! Aspettano la pensione, aspettano una promozione, aspettano di superare l'esame di maturità, aspettano sempre qualcosa. Aspettano l'essere amato, hanno qualche mese di estasi, qualche rapporto sessuale, e poi tornano nella vita e nei suoi numerosi obblighi... No, la loro sorte non è divertente! "»
Inserito il 10/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "L'attesa" di Giacomo Precone  

Commento n° 460
«Con queste tre quartine di perfetti endecasillabi, il poeta ci propone l'attualità (purtroppo) della fiaba del lupo e dell'agnello (quasi tutte le grandi favole hanno un significato immortale) . Riscontriamo questa attualità quasi ogni giorno, a partire dalle grosse vicende internazionali (come l'aggressione all'Iraq di Saddam che, per ammissione tardiva degli stessi Americani, non possedeva affatto armi spaventose), per finire alle nostre semplici vite, talvolta ricoperte di maligne dicerie da parte di chi vorrebbe prendere il nostro posto!»
Inserito il 04/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Andazzo generalizzato" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 459
«Già ieri questa poesia mi aveva colpito per la sua elegante e velata sensualità, come avevo rapidamente scritto in bacheca (le parole usate creano vivide immagini che ci comunicano un fascino speculare a quello evidentemente posseduto dalle ragazze che il poeta ha voluto rappresentare) . Ma, mi sono chiesto oggi, da dove viene questa raffinatezza? Secondo il mio modesto parere, è sempre l'uso della tecnica a contare. La poesia ha 20 versi sciolti (di cui solo 6 endecasillabi; gli altri hanno 7, 12, 13, 14, 15 o 16 sillabe), tutti però con l'accento principale sulla sesta sillaba: è questa (se mi è consentito sostenerlo) una delle caratteristiche che possono aiutare a distinguere una poesia da una prosa.»
Inserito il 28/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Le ragazze di Cracovia" di Pier Giorgio Cadeddu  

Commento n° 458
«E' una bella poesia, composta prevalentemente da armoniosi settenari. Sono stato pure io, da teenager, amico di una vecchia bicicletta, con la quale percorrevo anche 60, 70 km. al giorno (tornando a casa la sera), e il viaggio Roma - Londra lo feci purtroppo soltanto in treno, perdendo naturalmente le piacevoli emozioni così bene espresse dall'autore (il treno è comunque sempre meglio dell'aereo...) Anche il pallone, nel gioco del calcio, è un amico, ma traditore, perché passa dai propri piedi a quelli degli altri con estrema facilità, mentre la bici è forse più di un'amica, è un'amante fedele (e guai a chi ce la tocca!)»
Inserito il 26/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Tu, che un anima non hai" di Lorenzo Rosi  

Commento n° 457
«E' una poesia che con poche e nette parole risolve (positivamente) il dilemma dell'attesa della persona amata, quel dilemma tanto più angosciante e paralizzante quanto più l'attesa è lunga. Scriveva Roland Barthes (nei "Frammenti di un discorso amoroso") : "L'attesa è un incantesimo: io ho avuto 'l'ordine di non muovermi' . L'attesa di una telefonata si va così intessendo di una rete di piccoli divieti, 'all'infinito', fino alla vergogna: proibisco a me stesso di uscire dalla stanza, di andare al gabinetto, addirittura di telefonare (per non tenere occupato l'apparecchio) ", e " 'Sono innamorato? - Sì, poiché sto aspettando! (...) La fatale identità dell'innamorato non è altro che: 'io sono quello che aspetta' . "»
Inserito il 23/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Verrà" di paolo corinto tiberio  

Commento n° 456
«Il corpo morto per annegamento si trasforma, ed esercita un particolare macabro fascino sull'osservatore (mi ricordo, ad esempio, della canzone "La ragazza annegata", del 1929, di Brecht e Weill, nello spettacolo "Das Berliner Requiem") . Il talento del Baiocchi ha qui colto in modo davvero originale ed illusoriamente rassicurante i cadaveri di quei poveri immigrati: l'acqua è stata capace di trasformarli (vedendoli da lontano) in turisti alquanto abbronzati e ben nutriti che godono dei raggi del sole in un mare aperto ed esclusivo! A suo modo, la poesia è consolatoria: certe volte la morte sembra finalmente concederci ciò che in vita non avremmo mai potuto avere.»
Inserito il 21/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Una vacanza al mare" di Enrico Baiocchi  

Commento n° 455
«E' una composizione che mi ha colpito per i suoi forti e decisi toni di denuncia sociale. Il mio parere è che il passaggio attraverso una qualche droga (si può andare da una semplice sigaretta a un'infatuazione religiosa, dall'alcool a un'esagerata passione politica...) sia inevitabile nella vita di un giovane, quando egli cerca un modo per ricondurre il suo mondo a quell'eden che durante l'infanzia si era illuso che fosse. Per quanto concerne il futuro (il lavoro), è vero che la sua ricerca è più difficile al giorno d'oggi, ma ciò può avere anche degli aspetti positivi: evitare di accontentarsi troppo presto di un'attività facile e sicura che magari non si confà alle proprie tendenze, perdere tempo per trovare poi la propria vera strada.»
Inserito il 19/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Giorni senza respiro" di Sara Acireale  

Commento n° 454
«Trovo godibilissima ed efficacissima questa satira in perfette quartine di endecasillabi. Il congiuntivo appare morto tre volte: assassinato dall'oratore, ucciso dall'ascoltatore e suicidatosi da solo. E, al posto del congiuntivo, quante altre cose potremmo mettere! Faccio un solo esempio, quasi a caso: l'economia. Vi sono economisti internazionali che, in nome di certe novità, sembrano minare le sue basi, persone comuni che, nella speranza di guadagnare di più, fanno investimenti rischiosi e azzardati, e forse, se si andasse a pregare sulla sua tomba, neppure essa saprebbe dirci che cosa è stata veramente...»
Inserito il 18/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Monumento funebre al congiuntivo" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 453
«Anche se forse si serve di una struttura troppo semplice, apprezzo e condivido questa poesia, che ci parla dei viaggi sulla carta (da lettore e da scrittore), viaggi che alcune volte hanno il potere di rasserenarci ed emozionarci più di un viaggio reale. Mi è piaciuto molto il primo verso (viaggiare attraverso le rime), del quale la poetessa cerca di darci qualche esempio pratico nel prosieguo della composizione. E' infatti questa una vecchia mia fissazione: le rime, che scorrono parallele come i binari di una ferrovia, non servono forse anche a rendere la lettura più sicura, come il treno rende il viaggio più stabile rispetto agli altri mezzi di trasporto?»
Inserito il 14/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Amo viaggiare tra i versi" di Claudia Colangelo  

Commento n° 452
«Questa bella poesia, che con toni delicati ma convinti si intrattiene su ciò che dovrebbe essere la vera amicizia (aiutare l'amico nel momento del bisogno) e che mi riporta inevitabilmente alla mente un capolavoro di G . Brassens sullo stesso argomento ("Chanson pour l'Auvergnat") , ci conduce (come Brassens ci trasportava in Alvernia) in un territorio appartato ma generoso dell'Italia, Tissi in provincia di Sassari. Non sono mai stato a Tissi (conosco solo Sassari), ma ho ugualmente un suo ricordo indelebile, da quando, contento della lettura di un bel libro sulla bossa nova edito da una piccola casa editrice del paese, scrissi una lettera di congratulazioni, ricevendo una lunga e gentilissima risposta dalla proprietaria della casa ed.»
Inserito il 13/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Al tramonto, tra le colline di Tissi" di Francesco Falconetti  

Commento n° 451
«Non sono ancora vecchio, ma avverto nitidamente la verità espressa da questo pensiero poetico. Le stagioni, che continuano a susseguirsi in natura, non sfiorano ormai più il vecchio, dentro il cuore del quale ce n'è una sola, l'inverno, caratterizzato dall'impossibilità di essere ancora amati (e di potere amare) . La coda di questa poesia è all'altezza della famosa canzone in cui Léo Ferré vecchio diceva: "Avec le temps on n'aime plus" .»
Inserito il 08/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Non importa al vecchio" di giuseppe gianpaolo casarini  

Commento n° 450
«Triste e potente poesia, bella in entrambe le versioni. Forse la sua forza traspare maggiormente dal testo in francese (nonostante un paio di trascurabili refusi), soprattutto nella finale invocazione del vento del nord, capace di distruggere ma anche di creare una qualche forma di nuova vita, un vento che mi ricorda quello famoso di J . Brel nella sua canzone "Le plat Pays": " (...) Avec le vent du nord qui vient s'écarteler / Avec le vent du nord écoutez- le craquer (...) " ("Con il vento del nord che viene a lacerarsi, / con il vento del nord: sentitelo scricchiolare! ")»
Inserito il 01/04/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Dietro i vetri" di Silvana Poccioni  

Commento n° 449
«Poesia amara, ma che sa chirurgicamente sezionare quel sentimento chiamato amore. Non conoscevo il dialogo tra l'illuso Verlaine e il lucido Rimbaud, ma, per rimanere nell'ambito della letteratura francese, potrei citare altri esempi, come le tante massime sull'amore del grande moralista La Rochefoucauld, del Seicento. Ne prendo una sola, la 77: "Si dà il nome di amore a un infinito numero di attività e di commerci in cui esso ha un'importanza non superiore a quella del Doge a Venezia [ città in cui allora a comandare erano in realtà gli aristocratici] . "»
Inserito il 30/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "L'amore non esiste" di Rosetta Sacchi  

Commento n° 448
«Sono contento di trovare, in questa misurata poesia sul capoluogo piemontese, impressioni di una torinese che non sono tanto diverse dalle mie, che fui un paio di volte un semplice visitatore della capitale sabauda. Al fascino delle vie rette, uguali in ogni stagione, la poetessa aggiunge quello della nebbia di certi periodi dell'anno, una nebbia che non è soltanto un fastidioso fenomeno della natura, ma può indurre un'anima sensibile a meditazioni filosofiche e a fantasie poetiche.»
Inserito il 26/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Torino" di Diana Blancato  

Commento n° 447
«Forse perché in primavera sono nato, essa è da sempre da me la stagione preferita. La poetessa, con parole semplici (come trovo sia giusto debba avere la poesia, nata come arte popolare), ma inserite in perfette quartine di endecasillabi rimati (che ci aiutano a ricordarla meglio, volendo anche a memoria), ci illustra alcuni degli aspetti salienti dell'avvento di questa stagione, con una delicatezza e un'armonia encomiabili. Che la lettura di questa poesia possa aiutare tutti noi a godere serenamente la bellezza della rinascita della natura!»
Inserito il 24/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "E arrivata Primavera" di Dorella Dignola  

Commento n° 446
«Cosa sarebbe un uomo senza il pensiero? Cosa sarebbe un gatto se non si sentisse (come mi pare di percepire dall'immagine) un po' leone? Azar Rudif esprime molto bene, in questa sua opera, l'esigenza di ogni essere umano di cibarsi di pensieri, semplici o elevati è di secondaria importanza, come imprescindibile pane quotidiano del suo spirito.»
Inserito il 22/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Pensieri e venti clandestini" di Azar Rudif  

Commento n° 445
«Il poeta, per dimenticanza, o più probabilmente per modestia, non scrive che questo è un sonetto, un ottimo sonetto con schema ABAB ABAB CDC DCD . Per quanto riguarda il contenuto, è difficile trovare parole migliori di queste per descrivere un amore difficile, un amore sofferto, un amore forse impossibile. Ci riuscì, tanti anni fa, in una canzone, "Madeleine", il grande Jacques Brel: pur sapendo, in cuor suo, che la sua bella non sarebbe mai venuta all'appuntamento, un giovanotto l'aspettava immancabilmente ogni settimana, a una fermata di tram a Bruxelles, con un mazzo di fiori in mano che era costretto poi, ogni volta, a gettare.»
Inserito il 19/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il tuo risveglio è come una canzone" di Adriano Lungosini  

Commento n° 444
«Hanno ragione Pagu (la poesia sembra una canzone, soprattutto perché usa gli ottonari) e Leo (la legge della guerra è "dura lex, sed lex") . Però, anche per restare in tema di canzoni, esisterebbe un'alternativa (che sarebbe meno pericolosa se tanti soldati la mettessero in pratica...) : la diserzione. Ed essa fu magistralmente cantata per la prima volta, credo, dal poliedrico Boris Vian, tanto poi imitato, nei primi anni Cinquanta: "Je viens de recevoir / mes papiers militaires / pour partir à la guerre / avant mercredi soir. / Monsieur le Président, / je ne veux pas la faire / je ne suis pas sur terre / pour tuer des pauvres gens. / (...) Ma décision est prise, / je m'en vais déserter. "»
Inserito il 17/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il soldato" di Davide Ghiorsi  

Commento n° 443
«Questa intensa (e anche un po' dura) poesia mi ha richiamato alla mente un brano del bellissimo romanzo "Il resto di niente", dedicato dal compianto scrittore e giornalista napoletano Enzo Striano alle sfortunate giornate della Repubblica Partenopea del 1799. Un generale francese cercò, nel giorno del "miracolo" di San Gennaro, di spiegare garbatamente alla plebe napoletana la falsità di quell'evento, ma non ottenne alcun successo: capì, a malincuore, che per ottenere la (del resto alquanto precaria) fiducia del popolino doveva far finta di credere anche lui all'accadimento! Sono passati più di due secoli, ma per la maggior parte delle persone la tixotropia è ancora quasi una parolaccia!»
Inserito il 17/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Mendicanti" di Anna62  

Commento n° 442
«Ho avuto la fortuna di conoscere quella zona di Parigi con e senza Beaubourg. Nel 1971 le Halles stavano per essere abbattute, e devo dire che l'aspetto dello spiazzo era molto suggestivo. Qualche anno dopo vi trovai il museo che, pur con tutte le sue qualità bene evidenziate dall'architetto Giussani nella sua bella poesia, mi lasciò un po' perplesso, mi diede quasi l'impressione di essere un usurpatore del luogo. Forse ebbi una sensazione simile a quella che i Parigini di fine Ottocento avevano del Champs- de- Mars prima e dopo la Tour Eiffel...»
Inserito il 16/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Beaubourg" di Claudio Giussani  

Commento n° 441
«Trovo che sia salutare prendere ogni tanto in giro la nostra arte (forse ognuno dovrebbe farlo con la propria professione), perché tutto è relativo e probabilmente non c'è niente sulla terra che meriti la serietà ed il rispetto assoluti. Ho perciò molto gustato la simpatica invenzione dello "Strimpellatore", che mi ha fatto anche ricordare una vecchia scenetta televisiva, con Renzo Arbore nei panni dell'intervistatore e con, in mezzo ai fumi dell'Aldilà, Roberto Benigni in quelli di Dante: quando Arbore gli ricorda alcuni suoi famosi versi, Benigni / Dante (ormai da tempo, anche se ridotto a puro spirito, preda dell'Alzheimer!) si meraviglia alquanto, e dice: "Perché, ho scritto io questa roba? "»
Inserito il 14/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Congresso su Dante" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 440
«Questa chiara introspezione del Ghiorsi (in musicali versi quasi sempre endecasillabici) ci fa capire che egli ha davvero le carte in regola per fare il poeta o, ancor di più, forse, il romanziere. Il suo atteggiamento verso il prossimo è infatti quello tipico, ad esempio, del mio adorato Georges Simenon: ricostruire le vite degli altri da uno sguardo o da un atteggiamento, immedesimandosi in essi, e scoprendo infine che tutti, in fin dei conti, ci rassomigliamo e che inganniamo il tempo qui sulla terra per rimandare il più possibile l'appuntamento con l'incognito e spaventoso Aldilà.»
Inserito il 08/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il ladro di silenzi" di Davide Ghiorsi  

Commento n° 439
«Non credo che sia facile illustrare le opere d'arte in versi, tanto più se essi sono in metrica e rimati, ma il Leone (e non è la prima volta) vi riesce benissimo, svelando inoltre delle particolarità di quelle opere che portano anche un lettore non particolarmente preparato, come me, ad interessarsi ad esse e ad amarle maggiormente.»
Inserito il 08/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "La Pietà di Michelangelo" di Leone Franco  

Commento n° 438
«E' una piccola opera che però ben definisce la nascita della poesia in chi la scrive. All'inizio sono emozioni, sensazioni che non mostrano subito l'esigenza di essere messe su carta, ma che poi si trasformano, quando si è portati, in poesia scritta. Mi è piaciuta l'ultima parte in particolare, quella in cui la poetessa ci spiega che le radici la poesia le mette dopo, pian piano, forse quando ci accorgiamo che quelle emozioni, quelle sensazioni rischierebbero di essere dimenticate, di morire se non si facesse ricorso a quella loro magica salvatrice che è la penna.»
Inserito il 07/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Poesia 2" di Claretta Frau  

Commento n° 437
«Ho letto con molto piacere questi bellissimi ottonari che, oltre a trovarmi pienamente d'accordo sul contenuto (l'insensatezza della guerra), mi hanno richiamato alla mente (pure per la presenza della foto) la vicenda personale (non so se volutamente evidenziata dall'autore) di Giuseppe Ungaretti, anche per la presenza di parole come "foglia", "poesia" ... Durante la prima guerra mondiale, al fronte, dovevano essere più o meno questi i pensieri che attraversavano la mente del Lucchese, mentre, per combattere la paura e per ingannare il tempo, scriveva tante poesie.»
Inserito il 06/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Trincea" di Davide Ghiorsi  

Commento n° 436
«E' un'ipotesi certamente inquietante, e speriamo che resti di pura fantasia. Quando il fanatismo religioso prende il sopravvento, si dirige verso i simboli artistici che vuole combattere o che non capisce. Del resto, cosa fece il primo Cristianesimo? Non profanò proprio sul nostro suolo i monumenti dell'antica romanità, facendoli a pezzi, o, cosa forse peggiore, trasformando tanti edifici, tante basiliche del mondo classico in chiese cristiane?»
Inserito il 03/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "E' vero la PAURA fa brutti SCHERZI" di sergio garbellini  

Commento n° 435
«Quando tutto è ormai svanito, perduto, non resta che una consolazione: immedesimarsi nella propria arte. E per il poeta, per il vero poeta, la migliore compagnia è data dalle parole, dall'immergersi "nei fondali di fonemi" finché le forze lo permetteranno, finché la morte non si concretizzerà attraverso la potente immagine finale dell'"emorragia d'inchiostro" . Questi concetti sono sviluppati nitidamente, e quasi stoicamente direi, nella bellissima poesia del Serino.»
Inserito il 03/03/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Nei fondali" di Felice Serino  

Commento n° 434
«E' un'intensa poesia sul potere del nome proprio, a proposito del quale Proust, ad esempio, torna spesso, non solo nella "Recherche" . A differenza del nome comune (alla neutra portata di tutti), il nome proprio può essere sì da tutti conosciuto e pronunciato, ma assume un valore unico, particolare, per la persona che ama colui / colei che lo porta (e talvolta può trattarsi anche di un luogo): "Asilo dei sogni, i nomi sono le calamite del desiderio. " (Da adolescente, spesso passavo il tempo a scrivere in continuazione il nome proprio di una ragazza che credevo di amare, illudendomi - o era vero? - di impossessarmi così delle sue caratteristiche, dei suoi pregi e dei suoi difetti.)»
Inserito il 27/02/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il tuo nome" di Matilde Marcuzzo  

Commento n° 433
«"Dopo il crollo di ogni duro muro / ogni popolo ha perso il suo futuro", scrive il poeta forse un po' troppo assertivamente, ma il concetto mi trova essenzialmente d'accordo. L'ideologia non è in realtà scomparsa, ma è diventata a senso unico: è quella del dio denaro. Era più bello, invece, prima della caduta dei muri, il mondo così come l'avevo studiato a scuola: c'era una gara, pacifica (anche se veniva chiamata "guerra fredda") , tra blocchi di nazioni per la supremazia nel campo delle scienze, del sociale, dello sport, della politica, ecc. (e, sia detto tra parentesi, allora non c'era nessun estremismo religioso, perché quei gruppi che ora lo praticano erano attratti dall'una o dall'altra ideologia politica dominante...)»
Inserito il 23/02/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "L'Ideologia" di Aldo Messina  

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