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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 492
«La poetessa, dietro l'eccelsa bellezza e delicatezza del suo perfetto madrigale, cela un grande rammarico, quello di vedersi circondata dall'indifferenza generale, tipica dei nostri tempi. E quando manca il calore umano, l'empatia, anche la natura può sembrarci ostile, pietrificata in modo spaventoso e priva di primule, di fiori, di quei suoi doni così cari in particolare alla sensibilità femminile.»
Inserito il 19/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Sola" di Dorella Dignola  

Commento n° 491
«In questo impeccabile sonetto, chi ha scritto la poesia esprime un paio di grandi verità: un'amicizia si rompe sempre per colpa di entrambi gli amici, il più sensibile dei quali però proverà a lungo un forte dispiacere. Del resto, forse non è il caso di essere troppo sentimentali in questi casi, e conviene invece tener conto di una riflessione dello scettico La Rochefoucauld (Massima 81): "Noi amiamo solo in riferimento a noi stessi, e seguiamo semplicemente il nostro gusto e il nostro piacere quando gli amici ci piacciono più di noi stessi; del resto, è soltanto attraverso questa preferenza che l'amicizia può essere vera e perfetta. "»
Inserito il 15/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Le amicizie perdute" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 490
«Pochissimi poeti sono capaci, come il Tarabella, di introdurre nelle loro poesie tre elementi che assumono la stessa importanza: tecnica magistrale, sincerità spesso amara e verve frizzante. Per quanto riguarda il secondo elemento, nessuno, tranne forse pochissime eccezioni, si metterebbe del resto a scrivere e a leggere se avesse continuamente successo nella vita, e poesie così ben concepite e realizzate riescono nell'intento di risollevare il morale inizialmente a chi le scrive, e poi soprattutto a coloro che le leggono ed in esse si riconoscono un po'.»
Inserito il 11/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Le donne der poeta" di Luciano Tarabella  

Commento n° 489
«In questa originale poesia rimata, composta prevalentemente da ottonari, l'autore smitizza bonariamente i grandi personaggi delle religioni, Confucio, Buddha, Maometto e in particolare Gesù Cristo. Appaiono costoro redivivi come clandestini, dubbiosi e quasi scettici nei confronti di ciò che dissero e fecero qualche migliaio di anni fa, critici verso coloro che vennero dopo e che vollero usare il loro nome per edificare complesse e talvolta sanguinarie dottrine religiose; il loro intento, invece (soprattutto quello di Gesù), era più semplice, era quello di portare una parola di pace sulla terra.»
Inserito il 07/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia ""Clandestino"" di valerio cecca  

Commento n° 488
«La poetessa saprà perdonarmi se vado fuori strada, ma leggendo parecchie sue poesie, come questa, respiro delle atmosfere non tanto dissimili, soltanto meno cupe e più femminili, da quelle che si sprigionano dai testi del suo grande corregionale Cesare Pavese. Quest'arsura estiva di luglio così fisicamente e profondamente interpretata dalla Vercelli non ci ricorda un po' lo "specializzato in campagne e periferie piemontesi" (parole sue) della "Bella estate", o i versi, ad esempio, di "Lavorare stanca" ("Ci sono d'estate / pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese / sotto il sole che sta per calare, e quest'uomo, che giunge / per un viale d'inutili piante, si ferma ") ?»
Inserito il 06/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Di luglio e altre intemperanze" di carla vercelli  

Commento n° 487
«Da quando è stato inventato il linguaggio umano, i nomi (soprattutto quelli propri) rivestono una grande importanza. Gli altri animali possono amare soltanto dei corpi, ma noi, attraverso quei nomi particolari, abbiamo forse inventato anche l'anima, che essi sembrano racchiudere. E' ciò che leggo in questa nitida poesia, ed anche in assenza della persona amata evocare il suo nome sembra riportarla immediatamente alla nostra presenza (e tanto meglio se, come nel caso della poetessa, quell'adorato nome è raro...)»
Inserito il 05/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il tuo nome" di Rosetta Sacchi  

Commento n° 486
«Il poeta non è indelicato se pone l'accento su un fenomeno che non si può negare: il linguaggio dell'uomo e quello della donna (tranne eccezioni) sono lievemente diversi (mi pare che la lingua giapponese contempli delle espressioni che possono essere usate solo dagli uomini ed altre solo dalle donne) e possono portare a delle incomprensioni o addirittura all'insopportabilità (in una mia vecchia poesia qui nel sito avevo scherzosamente consigliato di munirsi di un ombrello per proteggersi da certe intense piogge di parole femminili...) . Nessuno dei due linguaggi è superiore all'altro: semplicemente si basano su codici differenti.»
Inserito il 05/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "L’eloquio delle donne" di Pasquale Farallo  

Commento n° 485
«Direi che è un ottimo programma poetico, da me pienamente condiviso. E' vero: la poesia spesso nasce da certe idee, da certi pensieri che si sono insediati da giorni nella nostra testa, e che a un certo punto premono per uscirne. La prima stesura è piuttosto impulsiva, è un abbozzo dettato forse dal cuore, che ha bisogno, poi, per assumere una forma artistica definitiva, del lavoro paziente, artigianale della nostra mente: tutti questi vari passaggi sono chiaramente evidenziati nei versi di quest'opera.»
Inserito il 03/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Artigiano Paroliere" di Andrea Guidi  

Commento n° 484
«In queste incantevoli quartine di endecasillabi sciolti il poeta ci fornisce un'indovinata (e amara) metafora della vita umana. L'universo, nel suo complesso, è come un mare infinito che noi, al timone di una misera imbarcazione e, tutto sommato, da soli, siamo stati chiamati a solcare per un brevissimo tratto soltanto. Quel mare è sempre tempestoso, e magari fosse come l'Atlantico nel Quattrocento per Cristoforo Colombo! Dopo tante tribolazioni, egli riuscì comunque a raggiungere una terraferma che per noi, navigatori della vita, è soltanto una fugace illusione, una fatamorgana, un miraggio.»
Inserito il 01/07/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il mare senza confini" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 483
«E' un'intensa poesia sul tango che con dettagliate parole cerca di descrivere ciò che accade ad un tanguero e ad una tanguera quando sono avvinti in quella danza argentina del Novecento, danza che ventitré secoli dopo ha finalmente dato un'espressione musicale e artistica a ciò che Platone aveva scritto nel "Simposio": "Quando la forma originaria fu tagliata in due, ciascuna metà aveva nostalgia dell'altra e la cercava; così, si gettavano le braccia intorno e si annodavano l'uno all'altra per il desiderio di ricongiungersi. "»
Inserito il 29/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Tanghèro" di Giovanni Monopoli  

Commento n° 482
«E fa bene la poetessa, anche se non è esperta, a cimentarsi con la sua bellissima "limba sarda" (anch'io, partendo dalla sua stessa condizione, l'ho fatto due o tre volte col dialetto napoletano): il non sentirsi padroni di un linguaggio ci fa stare più attenti, ci spinge a controllare meglio ciò che esce dalla penna. E da quella della poetessa è venuto fuori un bellissimo inno d'amore per la sua amata terra, composto di parole che, come la sua isola, stanno in mezzo tra l'italiano e il catalano (carigno, praia...) , sottolineando quella funzione di ponte sul Mediterraneo occidentale propria della Sardegna.»
Inserito il 28/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Sentimentos" di Maria Antonietta Sestu  

Commento n° 481
«E' una struggente poesia sulla breve durata della giovinezza, che non si rassegna alla sua fine, soprattutto quando ripensa a quei fiori incontrati lungo il suo cammino, fiori che hanno, a distanza di tempo, accresciuto il loro profumo. La fervida fantasia del poeta immagina che ora possa pensarci il suo fantasma a riportarlo nel leggiadro tempo passato. Da un punto di vista tecnico, devo convenire che lo spezzettamento dei versi del sonetto dà alla poesia una forza maggiore, evidenziando meglio i pezzetti di frase o addirittura le parole singole che hanno una più forte rilevanza.»
Inserito il 27/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Sonetto stile antico" di Luciano Tarabella  

Commento n° 480
«E' una delicata poesia sull'innamoramento, su quel fingere da ambo le parti di ignorare cosa sta succedendo, ciò a cui ormai il fato non darà possibilità di scampo (e questo è ben sintetizzato nei primi due versi) . La poetessa pone anche un adeguato accento sulle città; c'è una forte similitudine tra una città visitata e un uomo o una donna amati: per quanto noi ne scandagliamo con dedizione e passione i dettagli, rimane sempre qualche lato oscuro, nebbioso, qualche angolo ignoto (nella storia della città / nella vita dell'amato / a) che non si svela alla nostra conoscenza.»
Inserito il 24/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Velati incontri" di Marilena Alfano  

Commento n° 479
«E' un'ennesima variazione sul perché della nascita di una poesia. Ma la sua equilibrata ed armonica struttura in versi liberi (cosa difficile da ottenere) e l'uso ponderato di parole rare ("morganatica" e "poiesi", che magari ci stimolano a consultare il dizionario, ma non a tenerlo costantemente in mano, come invece accade per certe composizioni che si apparentano più - a mio modo di vedere - con un test linguistico che con un'opera d'arte) ce la fanno gustare particolarmente. E' proprio così: siamo compagni passeggeri del dio (o della dea) della poesia, e le nostre opere sono prodotti per metà divini e per metà umani.»
Inserito il 21/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Poièsi" di Francesco Falconetti  

Commento n° 478
«E' un testo molto intenso, in cui ciò che colpisce maggiormente è la presenza di un solo attore, il poeta, che nel sogno si traveste da vari personaggi, nel vano tentativo di trovare un senso a tutto ciò. Penso che, da un punto di vista psicologico, ci siano pochi dubbi: "C'è un senso in cui la solitudine è un dato inoltrepassabile dell'esistenza umana che non può mai uscire dal 'suo' mondo e dal 'suo' modo di percepire e vedere le cose; questa situazione, che la filosofia chiama 'solipsismo', sottolinea l'assoluta invalicabilità della coscienza personale" (U . Galimberti, "Dizionario di psicologia") .»
Inserito il 20/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Alla ricerca di me stesso" di giuseppe gianpaolo casarini  

Commento n° 477
«Quando questa poesia apparve nel sito, io non mi ci ero ancora iscritto. La poetessa mi perdonerà pertanto se mi aggiungo tardivamente al coro dei suoi ammiratori e delle sue ammiratrici. E' questa una valida riscrittura della poesia di Montale, che appartiene alla sezione "Finisterre" di "La bufera e altro", una composizione in cui il Maestro è "lacerato tra il 'cupio dissolvi' e l'impegno" e "ogni tentativo di comunicare s'infrange" (G . Manacorda) . E' un utile esercizio transitorio che anch'io (come il Crocetti, come il Tarabella), sulla scia dei "Pastiches et mélanges" proustiani, ho talvolta praticato: dopo avere così meglio digerito il mostro sacro, ci si avvia finalmente alla percorrenza di una strada personale.»
Inserito il 19/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Una lettera non scritta" di Zima  

Commento n° 476
«Chi non ha mai impiegato, almeno una volta nella vita, rivolgendosi alla sua bella, qualcuna delle similitudini elencate dal poeta? Egli ha costruito una succinta enciclopedia, un "Bignami" delle espressioni più usate per le donne amate, con apprezzabile grazia poetica. Viste col senno di poi, o da chi innamorato non è, quelle frasi possono sembrare un po' ridicole, ma in realtà testimoniano la verità, ciò che davvero sente colui che è stato colpito da un'insidiosa freccia di Cupido.»
Inserito il 17/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Le parole dell'amore" di Raffaello Conca  

Commento n° 475
«Anche se purtroppo non l'ho mai visitata, è proprio così, attraverso le leggere, fini e talvolta quasi eteree parole della poetessa che immagino quella città russa che io preferisco chiamare semplicemente (come nell'Ottocento) Pietroburgo. Ho letto il mese scorso "Le notti bianche" di Dostoevskij, e questa poesia ne è quasi un'eco (con i suoi particolari tramonti ed albe, con il sognatore, con le notti bianche...) , a conferma che le belle città, come le belle donne, suscitano sentimenti similari negli spiriti artistici.»
Inserito il 15/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "San Pietroburgo" di Paola Riccio  

Commento n° 474
«E' adeguata, secondo me, la scelta delle parole aspre usate dal poeta, perché si confanno all'argomento trattato. L'uomo è sì un animale socievole, ma quando le società sono troppo numerose e concentrate in pochissimo spazio, come quello di un autobus, egli fa emergere la sua parte peggiore, gli istinti che possono pendere anche verso un larvato razzismo. I difetti (degli altri e nostri), tollerabili se osservati da lontano, si ingigantiscono con la vicinanza, coi contatti non voluti che ci mettono sotto gli occhi soprattutto gli aspetti più sgradevoli della nostra specie.»
Inserito il 13/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "In autobus, la moderna antropologia" di andrea ristori  

Commento n° 473
«Il poeta, fantasticando su un suo personale evento che ci auguriamo il più lontano possibile, con poche e calibrate parole mostra quasi il presentimento che la dea della poesia verrà per un'ultima volta a trovarlo e a dettargli ancora dei versi. Chissà, forse è proprio vero che chi è dominato da qualche grande passione (l'avaro, magari, non troverà di meglio che pensare ai soldi lasciati sulla terra) se ne va da questo mondo, se è un artista, con un verso, con l'idea di un romanzo, di un quadro o di una composizione musicale che probabilmente non avrà la possibilità di tramandarci!»
Inserito il 09/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Dal giardino dei sogni" di Felice Serino  

Commento n° 472
«Pur volendo tralasciare il caso paradossale (e clinico) di coloro che in "Facebook" dichiarano di appartenere ad un altro sesso, questa poesia in buon dialetto napoletano (belle quartine di endecasillabi rimati) afferma una verità evidente a tutti coloro che non sono più tanto giovani: una volta l'amicizia era diversa, basata (con i suoi risvolti positivi e negativi) sul rapporto umano, a tu per tu, mentre ora è stata sostituita dall'artificio, del quale il computer è un potente e freddo veicolo.»
Inserito il 06/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "L'amice 'e mo' (Gli amici di adesso)" di Antonio Guarracino  

Commento n° 471
«Una poesia, a volte, come una donna, ha bisogno di qualche piccolo neo, di qualche quasi inavvertibile dissimmetria per essere ancora più bella. E' il caso di questa poesia d'amore, un sonetto non canonico. Ma quanta grazia, quanta eleganza, quanta finezza! Inizia con un titolo quasi montaliano ("Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale") , per addentrarsi, poi, in tematiche forse più vicine a Mallarmé, con quella ricerca costante di parole rare, di accostamenti non ovvi e di aspirazione all'assoluto. E' un gran bel lavoro.»
Inserito il 02/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Scendevi, soave, scale di quarzo" di Lisippo Ugenta  

Commento n° 470
«In un accattivante e sensuale dialetto ligure, il poeta ci restituisce l'atmosfera di un porto, in cui l'attività lavorativa dell'uomo di mare si mescola alla ricerca dei piaceri del sesso. Anche se priva di musica, questa poesia mi riconduce alle indimenticabili atmosfere del mitico album "Creuza de ma", di Fabrizio De André ("Umbre de muri, muri de mainé / dunde ne vegnì, duve l'è ch'ané... ", in "Creuza de ma", o "E u direttù du portu c'u ghe vedde l'ou / 'nte quelle scciappe a reposu da u lou... ", in "A Dumenega") .»
Inserito il 01/06/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "U Pòrtu" di toshiro  

Commento n° 469
«La poetessa scrive in un modo abbastanza diverso dal mio, per usare le sue parole con "perfetto disordine" (e il disordine è un altro tipo di ordine solo quando è perfetto...) , ma per il resto usa le mie stesse armi: il sentimento non disgiunto dal pensiero, la ricerca quotidiana (raramente - ahinoi! - fruttifera), e l'impegno di evitare le ripetizioni, la grafomania e il nonsenso, tre nemici mortali della nostra arte. Sono poesie quelle della Vercelli? Senz'altro sì! (Le approvazioni oneste e sincere dovrebbero essere sempre benvenute, perché ognuno ha difficoltà a giudicarsi da solo.)»
Inserito il 21/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Fare poesia" di carla vercelli  

Commento n° 468
«Questa poesia, non eccezionale per stile, ci parla però con semplicità e schiettezza di una grande verità: il connubio con la musica è capace di dare a parole anche modeste una forza in più, e quelle canzoni così nate si fanno ricordare volentieri e accompagnano tanti momenti della nostra vita spesso più efficacemente di musiche impegnative o di poesie famose. Un po' amari, ma certamente veri, gli ultimi versi: le canzoni confortano e fanno sognare anche, e forse soprattutto, coloro che dalla vita non hanno avuto grandi soddisfazioni.»
Inserito il 19/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Musica e parole" di antonietta pullano  

Commento n° 467
«Trovo questa poesia degna di nota per almeno un paio di motivi. Un motivo è la sua stesura in buoni ottonari che (per caso, o volutamente?) ben richiamano la rappresentazione grafica dell'infinito, che è proprio un otto coricato. L'altro motivo è l'efficace descrizione dell'amore vero (quello che si incontra per caso e, forse, una sola volta), con il conseguente consiglio finale (valido soprattutto per i più giovani, perché agli errori fatti dai più anziani non si può rimediare!) di non abbandonarlo (per superficialità, per cercare qualcosa di meglio che in realtà non esiste) .»
Inserito il 17/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Amore= Infinito" di adriana sini  

Commento n° 466
«Ho davvero gustato questa fresca poesia in dialetto ligure, dedicata a una cittadina della Riviera di Ponente, la Spotorno di un secolo e mezzo fa. La prevalenza di agili senari e l'incantevole dialetto ligure (così affascinante e simile al portoghese, soprattutto a quello del Brasile) ci immergono in un mondo antico e quasi fatato, dove (anche se non ho ben compreso tutte le parole) si incontrano tranquilli boschi e un bel mare, dove la luna è ancora l'unica luce notturna, dove non servono locali di lusso per vivere sereni, immersi nella natura e accompagnati da un bicchiere di buon vino bianco!»
Inserito il 15/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Spotorno, estate 1870" di Valerio Giongo  

Commento n° 465
«Mi è molto piaciuta questa composizione, dedicata dalla poetessa, credo, alla sua cara mamma che non c'è più. Ciò che mi ha particolarmente colpito è l'intuizione del valore psicologico del cucire, cosa sulla quale non avevo mai riflettuto finora. Molte donne anziane cuciono quasi con accanimento (anche mia madre lo faceva), e la poetessa ci mette sulla buona strada per arrivare a una possibile spiegazione di ciò: attraverso quella ripetitiva attività manuale, esse in realtà vogliono forse tenere insieme, ricucire tutti i pezzi della loro vita che rischiano di dissolversi, vogliono rimandare il momento in cui essi si dissolveranno davvero, irrimediabilmente.»
Inserito il 14/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Intenta a cucire" di Daniela Dessì  

Commento n° 464
«Purtroppo ci sono dei treni (quelli che conducono alla felicità) che non si fermano mai (forse per nessuno), mentre altri (avete capito quali...) , anche se non lo vorremmo, effettuano per tutti, presto o tardi, la loro fermata! Da un punto di vista tecnico, non sono d'accordo col commentatore precedente: ci sono delle poesie come queste (quelle che lasciano un po' di amaro in bocca), in cui la presenza delle rime darebbe un eccessivo senso di armonia e di dolcezza a un argomento che non ne possiede tanta.»
Inserito il 12/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Il treno perduto" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 463
«E' interessante questa poesia della giovane (lo capisco dalla "mela verde") poetessa: con poche efficaci parole ci fa notare che il mondo è talvolta abitato da persone che amano nascondersi, scomparire silenziosamente (anche per non pesare sugli altri), lasciando in chi le conosceva molti interrogativi irrisolti. Talvolta questa scomparsa può essere tragica (può significare scegliere la morte), ma, quando non lo è, viene chiamata "fuga all'inglese", cantata da Paolo Conte e teorizzata in molti romanzi del premio Nobel Patrick Modiano. Il titolo della poesia è molto indovinato: queste persone non erano che fumo quando si trovavano tra di noi, ed ora sono addirittura un "fumo scomparso"!»
Inserito il 11/05/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Fumo scomparso" di Alyssa Sermidi  

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