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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 582
«Il poeta non se la prenda a male se confesso che lo leggo spesso perché i suoi componimenti in dialetto napoletano scritto alquanto approssimativamente producono su di me un effetto esilarante, e quindi benefico per la salute. Mi soffermo solo sul titolo che, scritto così (anziché come dovrebbe essere, cioè " 'A bella d''a città") , è addirittura trilingue (anglo- portoghese- italiano) e, anziché significare "La bella della città", si tradurrebbe con "Una campana della città" .»
Inserito il 27/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "A bell d'a città" di Raffaele48  

Commento n° 581
«Tanto tuonò che piovve! Ho sempre pensato che in parecchie poesie del Crocetti ci fosse qualcosa di proustiano, ed ora egli lo fa notare chiarissimamente (a chi non se ne fosse avveduto) fin dal titolo. Per quanto riguarda la struttura del sonetto, è forse quel DEE finale a portare un po' fuori strada, ma non si può negare che quella combinazione (proprio perché abbastanza rara) abbia un suo indubbio fascino.»
Inserito il 26/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Alla ricerca del tempo perduto" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 580
«"El mond l'è bel parché l'è vari" ("Il mondo è bello perché è vario"), diceva la mia nonna pesarese (1893 - 1973, proprio come Carlo Emilio Gadda...) con una punta di malcelata rassegnazione, quando vedeva certe nuove mode del secondo dopoguerra. In questa composizione, di profondo spessore filosofico, la poetessa ci invita a non concentrarci su un solo argomento di riflessione, onde evitare piaghe (o pieghe: è quasi la stessa cosa) da decubito, paragonando acutamente la mente al fisico. E' proprio così: il nostro cervello funziona meglio quando sa sottrarsi agli argomenti monotematici che, per quanto nobili (l'amore, la fede, la bontà...), ci impediscono l'esame della complessa molteplicità (in qualche modo sempre bella) della vita.»
Inserito il 25/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Pensa laterale" di poeta per te zaza  

Commento n° 579
«La grandezza (e la voglia di scrivere) di un poeta, o di un romanziere, può essere a volte inversamente proporzionale all'attenzione che gli si dedica. Ieri sera, su "Rai 5", c'è stato un bel ricordo di Carlo Emilio Gadda. L'ingegnere, che per tutta la vita aveva avuto difficoltà a pubblicare, ricorrendo anche ad editori a pagamento, quando, nel 1957, ormai anziano, ottenne finalmente il successo con il "Pasticciaccio", venendo corteggiato da tutti, che lo volevano intervistare e adulare, ebbe un trauma così grande che (aggiungendosi a quelli che già aveva) bloccò la sua creatività: non scrisse più nulla fino al 1973, l'anno della sua morte!»
Inserito il 23/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Psicopatologia del moderno poeta" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 578
«Come tutto appare più bello quando è raro! La neve su Genova (uno spettacolo non tanto frequente, credo, nel capoluogo ligure) risveglia la poesia, bella e rara, di una città famosa più per i commerci e (ingiustamente) per l'avarizia, come più belle e più rare risultavano le canzoni d'amore dei cantautori della scuola genovese degli anni Sessanta, come "Ma se ghe pensu" è forse l'unica, ma insuperabile, canzone genovese sull'emigrazione (gli amori e le emigrazioni dei meridionali sono invece ormai inflazionati...) E, finale poesia nella poesia, la prostituta che, a causa del maltempo, non può esercitare e si rifugia in una chiesa sembra quasi sfiorare la santità osservando quella coltre bianca!»
Inserito il 21/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Ammìa, cùme nèia (guarda, come nevica)" di toshiro  

Commento n° 577
«La poetessa ci lascia immaginare che, dopo essersi rifocillato e riposato, il barbone se ne sia tranquillamente andato via, ma i suoi momentanei timori non erano certo infondati, perché il proverbio "Fai del bene, e ricevi i calci" è sempre in agguato. Da ragazzo vidi in televisione un film francese del 1932 (i film francesi degli anni Trenta restano insuperati!) , "Boudu sauvé des eaux", di Jean Renoir, in cui un clochard parigino (interpretato da un magnifico Michel Simon) viene salvato, nelle acque della Senna, da un benestante libraio, che lo porta a casa sua, proprio come la nostra Franca; ma quel clochard vi si installa a lungo, approfittando di tutti gli agi della magione, insidiando la moglie del benefattore, ecc.»
Inserito il 19/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "L’omo ar parco (ultima parte)" di Franca Merighi  

Commento n° 576
«Le poesie si possono paragonare a tante cose, ad esempio a una bevanda, a un caffè, a un tè... Leggo volentieri tutte le poesie del Garbellini, scritte (ma è superfluo ribadirlo) con una tecnica perfetta, e che trattano soprattutto argomenti amorosi e problemi sociali con profondità e acume. Ma ciò che più mi colpisce nelle sue poesie, come in questa, è la loro lunghezza, che equivale un po' a un caffè lungo (o a un tè), col quale è possibile accompagnare (e digerire) anche un'abbondante colazione. Ebbene, le poesie del Garbellini accompagnano (e ci fanno digerire) tutte le problematiche sociali ed amorose con la massima chiarezza e spesso con la nostra totale condivisione.»
Inserito il 16/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Con l'acqua alla gola si vive male" di sergio garbellini  

Commento n° 575
«Conosco personalmente (mio malgrado) esperienze simili a quella sulla quale il poeta, nella sua pregevole composizione, si intrattiene. E mi permetto di rincuorarlo (se questo può essere un conforto) ricordandogli che la buona poesia nasce proprio da qualche fallimento (la poesia che a volte si produce quando tutto sembra andare bene risulta spesso piuttosto melensa), dalla sublimazione, come ben sa la psicoanalisi: "L'artista è un uomo che si distacca dalla realtà e lascia che i suoi desideri d'amore si realizzino nella vita della fantasia", scriveva Sigmund Freud. E così si ottiene anche la bellezza poetica perché, sempre secondo Freud, "l'amore per il bello sarebbe un classico esempio di impulso inibito nella meta" .»
Inserito il 13/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "L'amore taciuto" di Ronny  

Commento n° 574
«Mi soffermerei su due cose. Per quanto riguarda i clan regionali, ho notato anch'io che certi poeti amano circondarsi di ammiratori prevalentemente della loro stessa regione: è evidentemente, in alcune zone, un'abitudine radicata, anche in altri ambiti sociali... Per ciò che concerne la contentezza di scrivere innanzitutto per se stessi, mi tornano prepotentemente in mente gli ultimi versi di "Les trompettes de la renommée" del mio amato cantautore Georges Brassens, i quali dicono (non ho lo spazio per trascriverli anche in originale): "Se il pubblico vuole le mie canzoni, le canto subito; se non le vuole, le rimetto nella mia chitarra. Rifiuto di pagare il prezzo della gloria, e sul ramo di alloro mi addormento come un ghiro! "»
Inserito il 12/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "I grandi poeti, vati da emulare" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 573
«E forse non è solo nel sogno che, come acutamente osserva la poetessa, abbelliamo inconsciamente l'immagine della persona amata e, di conseguenza, anche quella di noi stessi, ma spesso pure quando scriviamo una poesia (soprattutto d'amore), che a volte equivale quasi a un sogno ad occhi aperti. E' nella natura umana non accontentarsi facilmente della realtà, modificarla fino a idealizzarla, come ben sapeva, ad esempio, Baudelaire, capace, come sappiamo, di idolatrare anche la figura di qualche povera prostituta (oltre a se stesso) .»
Inserito il 10/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Qualsiasi lui" di Amara  

Commento n° 572
«Con il suo solito stile tecnicamante perfetto, ma che denota modestia ed umiltà, il poeta, quasi scusandosi di non sapere scrivere la poesia ermetica, coglie ancora una volta una grande verità: passando alla prosa ipermoderna, leggevo proprio l'altro ieri che, nel mondo, parecchi traduttori degli oscurissimi romanzi di Joyce (in particolare di "Finnegans Wake") sono andati in crisi, si sono ammalati, e pare che uno o due siano letteralmente impazziti! Anche per il bene della nostra salute, forse ci converrebbe evitare la lettura di certe poesie francamente incomprensibili...»
Inserito il 10/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Due poveri sonetti fuori moda" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 571
«E' bellissimo, delicatissimo e profondo questo omaggio, in versi e in immagine, al gatto. Modificando leggermente la più classica delle frasi delle prime lezioni di inglese ("The cat is under the table") , la poetessa e pittrice pone l'animale "on", al posto cioè che per la sua importanza quasi regale, a un passo dal divino, gli compete. Basta guardarlo, basta un attimo, ed ecco che le pennellate e i versi diventano più veloci, più sicuri, più vicini all'indole del sacro animale proveniente da un mondo fatato.»
Inserito il 10/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "The cat is on the table" di carla vercelli  

Commento n° 570
«Fino a pochissimi anni fa non avevo mai pensato di essere capace di scrivere un sonetto, ed è stato proprio leggendo, in questo sito, quelli di Crocetti e di un altro toscano che mi è venuta la voglia: ne ho pubblicati tre o quattro. Mi sono accorto che riuscire a farlo dà una soddisfazione un po' diversa da quella che si ottiene dagli altri generi poetici: rispettare il suo schema esige un lavoro di ricerca linguistica ben più paziente, e ciò porta, forse (almeno nel mio caso), anche a una maggiore freddezza e a più distacco; pur inoltrandoci in un argomento personale, alla fine si ha quasi l'impressione che i sentimenti si siano universalizzati e che valgano per tutta l'umanità!»
Inserito il 01/02/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Ode al sonetto" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 569
«Come scrive la poetessa, è vero che la (troppa) memoria può essere una condanna, e Jorge Luis Borges, nel suo racconto "Funes el memorioso", ha rappresentato proprio questo: l'impossibilità di vivere una vita normale da parte di un uomo che ricordava tutto, proprio tutto. In realtà nessuno può fare a meno di abitare la prigione delle proprie esperienze passate, e per questo, spesso, anche i colloqui più amichevoli risultano equivoci: ognuno vede la realtà dell'altro con gli occhi che guardano dentro la sua personale prigione.»
Inserito il 30/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Libera" di alias Marina Pacifici  

Commento n° 568
«In queste tre notevoli e preziose quartine di endecasillabi sciolti, Lorenzo ci illustra con chiarezza ciò che produce la depressione (Freud, in "Lutto e melanconia", associa la depressione al lutto, non già per una persona davvero morta, ma in qualche modo abbandonata): un paesaggio risplendente di tutti i suoi più bei colori si trasforma in un quadro grigio e anonimo; si vorrebbe il conforto di qualcuno/a per scacciare questo difetto di visione dell'anima, ma amaramente ci si accorge di essere soli a sopportarne il peso!»
Inserito il 29/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Depressione" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 567
«Certo esagerando, non molti mesi fa pubblicai una poesia in cui immaginavo che delle nostre molecole fossero rimaste attaccate ai muri della casa o della strada in cui abitavamo un tempo. Con molto più realismo, e usando uno spagnolo lindo e facilmente comprensibile anche da chi, come me, non è specialista di quella lingua, la poetessa, in questa sua semplice ma godibilissima poesia, ricorda con nostalgia quella "callecita", quella stradina che conobbe tutto di lei, che la vide crescere e che assisté alla sua prima storia d'amore.»
Inserito il 24/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Callecita" di Franca Merighi  

Commento n° 566
«Parole divine (è il caso di dirlo) queste di Lorenzo: come Dante si riferiva al Creatore con i due famosi versi "Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole; e più non dimandare" ("Inferno") , così il Crocetti, in questo suo chiarissimo sonetto, rivendica la (seppur soltanto umana) piccola onnipotenza del poeta, che decide fino a che punto spingersi nell'esposizione delle sue vicende (la poesia non è confessione religiosa né seduta psicoanalitica); e il lettore non deve essere un novello Sainte - Beuve, il quale commetteva il "peccato" di identificare la produzione letteraria di uno scrittore con la sua vita.»
Inserito il 24/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Dietro la porta chiusa" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 565
«In questo suo bel sonetto dialettale, il poeta esprime senz'altro una verità: abbiamo tutti (o quasi tutti) una sola lingua madre, ed è in essa che riusciamo a scrivere più spontaneamente e correttamente. Però credo che la consultazione di un buon dizionario (anche dialettale, se occorre) non faccia mai male (pare che lo usasse frequentemente, ad esempio, anche il grande Eugenio Montale): esso permette di chiarire dubbi, che spesso si presentano, di trovare un sinonimo magari più efficace, di "raffreddare" quel tanto che basta quel piatto troppo "caldo" che è la poesia appena sfornata dalla nostra mente prepotentemente ispirata...»
Inserito il 22/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "È mmegghiu lu tialettu" di Giuseppe Vita  

Commento n° 564
«"Sa l'o mè, an t'l'a te" ("Se l'ho io, non l'hai tu") : questa era l'unica Salomè che conoscevo da bambino, inserita nel gioco di parole che faceva la mia nonna pesarese. Per comprendere appieno quella bellezza maledetta, quel simbolo della lussuria, quella ragazzetta fatale (altro che "Lolita"! ) , rappresentata a teatro (Wilde), in pittura (Moreau), e soprattutto in letteratura (Flaubert, Laforgue, Mallarmé, Heine, Huysmans: "Elle commence la lubrique danse qui doit réveiller les sens assoupis du vieil Hérode") , bisogna avere una certa età, e l'autore di questa poesia, con la scelta di efficaci ed adeguate parole, penetra bene nell'animo perverso di quella fanciulla.»
Inserito il 20/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Alla Salomè del ritratto" di Edoardo Iosimi  

Commento n° 563
«"In fin dei conti, l'uomo è nient'altro che una macchina! ": ricordo che, da bambino, non capendo bene, sentivo da alcuni adulti dire ciò. In queste, come al solito, chiare e perfette quartine di endecasillabi a rima alternata Lorenzo Crocetti ci illustra, in modo garbatamente spietato, codesta verità. Le speranze volano, le illusioni si rivelano un mito e chi spera si mostra per quello che è, un credulone, quando è messo di fronte ai fulmini (quelli sì, veri!) della vita. L'automobile di cui sopra, che sembra quasi un essere umano quando noi la riempiamo di orpelli, di ninnoli e di cianfrusaglie, torna ad essere un ben poco attraente ammasso di lamiere subito dopo un grave incidente!»
Inserito il 17/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sogni e illusioni" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 562
«Attratto dal titolo, tenchiano al cento per cento, ho letto volentieri questa poesia, che elenca alcuni dei motivi per cui ci si può innamorare, anche se, per dire la verità, io resto fedele a quelli magistralmente cantati, cinquant'anni fa, da Luigi Tenco: "Ho capito che ti amo / quando ho visto che bastava / un tuo ritardo / per sentir svanire in me / l'indifferenza / per temere che tu / non venissi più. / Ho capito che ti amo / quando ho visto che bastava / una tua frase / per far sì che una serata / come un'altra / cominciasse per incanto / a illuminarsi (...) "»
Inserito il 13/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Ho capito che ti amo" di Paolo Lorussi  

Commento n° 561
«"Più è grande il sentimento che ho per te, più è forte la mia codardia", dicono gli ultimi versi di questa poesia: quante volte succede davvero che sia una donna sia un uomo si sentono tanto più imbarazzati di fronte al partner quanto più amano! Franca Merighi, in queste cinque quartine di prevalenti ottonari, scrive un testo che, per la sua musicalità e per il suo contenuto ("Non riesco a dirti quanto ti amo, morirò se non ti accorgi di me, sono pazza d'amore, non diamo retta alla gente" ...) sarebbe adattissimo a diventare un tango, che sento già invadere le mie orecchie.»
Inserito il 12/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Cobardía" di Franca Merighi  

Commento n° 560
«Da giovane andai al cinema a vedere "La grande bouffe", o "La grande abbuffata", un film di Marco Ferreri allora appena uscito, in cui un gruppetto di amici (tra i quali un indimenticabile Ugo Tognazzi) decide di suicidarsi nel modo più piacevole che possa esserci, mangiando cioè fino all'eccesso. Questa poesia di Lorenzo (non un sonetto, una volta tanto) mi ha fatto rivivere piacevolmente un po' quell'atmosfera, e potrebbe candidarsi ad essere un valido epilogo di quel famoso film: i morti, insaziabili, resuscitano per potere poi di nuovo morire nel più dolce dei modi!»
Inserito il 10/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sogno di morte e d'abbuffata" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 559
«Trovo in questa bella poesia echi di Pessoa e di Baudelaire. L'inizio è molto simile ai versi coi quali il Portoghese trovava ridicole le lettere d'amore, e quell'uccello senza piume ricorda molto lo sgraziato albatro baudelairiano. E' vero: le poesie sono sostanzialmente ridicole, ma direi che non dobbiamo crucciarcene troppo, perché esse rispecchiano la vita, spesso ridicola al sommo grado.»
Inserito il 10/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Poesie ridicole" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 558
«Come sostiene Gigi Proietti nel suo brillantissimo libro appena pubblicato ("Decamerino", ed. Rizzoli, 2015) , "l'importanza dei dialetti sta nella sintesi: tutti i dialetti ce l'hanno, ma il romano ha una marcia in più" . E inoltre, chi più dei Romani ha la capacità e il diritto, dopo tanti secoli di oppressione papalina (finita solo ufficialmente), di prendere (garbatamente) in giro certe vicende? Sabrina Balbinetti, per il primo e il secondo motivo, ci fa qui gustare un piccolo capolavoro.»
Inserito il 09/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Er Giubbileo... becche stegge!" di Sabrina Balbinetti  

Commento n° 557
«Non credo che siano coloro che masticano latino e greco, né i filosofi, i più adatti a fare belle poesie; al contrario, proprio quelli che ammettono la loro modestia e pensano che le loro opere non avranno lunga vita sono capaci, a volte, di fornirci preziosi gioiellini, come fa il poeta in questo suo rassegnato ma chiarissimo e garbato sonetto dedicato, come spesso, quasi sempre succede nell'arte poetica, ad una donna per qualche motivo irraggiungibile o inavvicinabile.»
Inserito il 07/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Carenza" di Adriano Lungosini  

Commento n° 556
«Io non c'entro niente col Venezuela, però avevo un'amica, all'Università, bella e intelligentissima, nata a Caracas, ma a sette anni di età costretta a trasferirsi con la famiglia in Italia, a causa di certi sconvolgimenti politici avvenuti, se non erro, nel 1957. In questa pregevole poesia la poetessa ci fa capire proprio questo: il Venezuela (alcuni sostengono che, per il confluirvi di razze diverse, lì ci siano le ragazze più belle del mondo), col Sudamerica in generale, è una terra baciata da Dio, ma governata spesso da uomini indegni, che riducono i suoi abitanti in miseria, e fanno vivere loro una vita difficilmente sopportabile.»
Inserito il 03/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "¡Que te hicieron Venezuela!" di Franca Merighi  

Commento n° 555
«"Sono tanti i pericoli di questa vita", cantava in portoghese Vinicius De Moraes, e tra questi, come ci espone chiaramente con i suoi sempre impeccabili versi il Garbellini, ci sono anche quelli annidati in certe operazioni bancarie, spesso proposte e fatte spudoratamente. Però io darei un po' di colpa anche a certi clienti che, per ingordigia, firmano contratti che promettono alti tassi di interesse, non rendendosi conto (ingenuamente?) che ogni medaglia ha il suo rovescio. Bisognerebbe essere un po' meno avidi perché, come dice il proverbio, "chi troppo vuole nulla stringe"!»
Inserito il 03/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La crisi bancaria s'avverte nell'aria" di sergio garbellini  

Commento n° 554
«Con l'ausilio dell'assertività della lingua spagnola, la poetessa, in questa sua pregevole composizione, fa un deciso elogio della bellezza di una ragazza bruna, immergendoci in un'atmosfera quasi tanguera: "Morenita" è il titolo della poesia, e "La morocha" è quello del primo tango famoso, di A . G . Villoldo (parole) ed E . Saborido (musica), del 1905. E' difficile resistere alla tentazione di accostare le convinte parole della poetessa a quelle di "La morocha": "Soy la morocha argentina, / la que no siente pesares, / y alegre pasa la vida / con sus cantares. (...) Yo soy la morocha / de mirar ardiente, / la quien en su alma siente / el fuego de amor. "»
Inserito il 02/01/2016 da Antonio Terracciano alla poesia ""morenita"" di Franca Merighi  

Commento n° 553
«Le poesie in castigliano hanno questo di particolare: la struttura della lingua e le parole sempre nette, mai velate da suoni indistinti, come invece accade nei vicini portoghese e catalano, per non parlare del francese e dell'inglese, e perfino del (falsamente) duro tedesco, conferiscono alle espressioni spagnole sempre qualcosa di definito, di incontrovertibile, una indiscutibile (almeno apparentemente) verità. E la poetessa, in questa sua eccellente composizione, incide, anche mediante quella lingua, come su pietra parole che ben ci lasciano in bocca l'amaro sapore di un sogno purtroppo irrealizzabile.»
Inserito il 27/12/2015 da Antonio Terracciano alla poesia "Anhelo" di Franca Merighi  

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