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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 672
«Questa breve composizione mi ha immediatamente collegato a un detto e a un verso. Il detto è napoletano: "Campa 'nu juorno e càmpalo buono! " ("Vivi un giorno solo, ma vivilo bene") . Il verso è quello bellissimo di Mallarmé, cui circa un mese fa avevo dedicato una poesia: "Le vierge, le vivace et le bel aujourd'hui" ("Il vergine, il vivace ed il bell'oggi") . L'autore, con poche parole, è riuscito ad introdurci nella popolare saggezza napoletana e nell'estetica bellezza francese, ricordandoci che la vita andrebbe gustata (anche se l'impresa è per quasi tutti noi parecchio ardua) giorno per giorno, perché, come scriveva il grande Lorenzo (de' Medici) "del doman non c'è certezza"!»
Inserito il 02/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Vive immagini " di Francesco Rossi  

Commento n° 671
«L'unica cosa, forse, che sono in grado di aggiungere a questo chiarissimo (pur se in dialetto!) sonetto del Vita è che quando si scrive seguendo le regole classiche si è sempre sicuri di avere composto una poesia, anche se spesso mediocre, mentre prima di dare la patente di poesia ai versi liberi ci sarebbe bisogno di un rigoroso esame, che di solito verrebbe superato soltanto da chi si è precedentemente dilettato (anche magari solo tramite letture poetiche) con la metrica. La patente per condurre camion e bus non si può concedere a chi non possiede già quella per guidare le automobili! E questo lo sapevano bene Rimbaud, Mallarmé, Montale...»
Inserito il 27/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Li rèculi" di Giuseppe Vita  

Commento n° 670
«Pensandoci, l'argomento trattato in questa poesia sarebbe adatto anche a un haiku giapponese, in cui potrebbe essere condensato. Ma quanto perderemmo! Nella pregevolissima opera della poetessa, per quanto molto elegantemente celata, c'è partecipazione emotiva alla giornata della vispa farfalla che, nello haiku puro, non si sarebbe potuta manifestare. La ricercatezza lessicale poi, che culmina nel bellissimo ed empatico endecasillabo finale, avvicina questo lavoro ai capolavori dello stesso genere di Eugenio Montale ("Te insidia giovinezza, / quella il lacciòlo d'erba del fanciullo", ad esempio, è il paragone che egli instaura fra una ragazza e una lucertola, in "Falsetto") .»
Inserito il 26/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Micro" di carla vercelli  

Commento n° 669
«Penso che, come gli alimenti sono il cibo per la nostra bocca, così le lingue e i dialetti siano il cibo per le nostre orecchie. E, come esistono le tolleranze e le intolleranze alimentari, così ci sono le tolleranze e le intolleranze linguistiche. Non faccio l'elenco delle lingue e dei dialetti che non riesco a digerire, ma voglio chiaramente dire che, per motivi senz'altro misteriosi, la parlata (che diventa forse ancora più bella e preziosa quando viene scritta) genovese (o ligure) mi trova in particolare sintonia con essa, come in questo caso, in cui, con tanta finezza, il poeta si intrattiene sul lavoro dei barcaioli (che si ripercuote sulla società circostante, anche soltanto nel ricordo) .»
Inserito il 25/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "O - issa" di Giovanni Ghione  

Commento n° 668
«Piacciono anche a me, come al primo commentatore, soprattutto i primi sette versi, che esprimono molto bene l'angoscia che si prova a Lisbona, là dove il fiume Tago si allarga così tanto che sembra volerci trascinare, volenti o nolenti, in mare aperto, in pieno oceano; lì, più che altrove, è forse possibile capire come la geografia determini le scelte dei popoli, comprendere che i Portoghesi erano predestinati ad abbandonare le loro terre per intraprendere una fatale esplorazione dell'ignoto, accompagnata inevitabilmente dalla saudade per ciò da cui, a malincuore, erano costretti a separarsi.»
Inserito il 25/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sulla riva del Tago" di Carlo Barretta  

Commento n° 667
«In mezzo a tanta produzione in versi liberi, spesso di non elevatissimo valore, è difficile riconoscere ciò che emerge davvero. Ed io ho commesso a lungo l'errore di considerare le poesie del Perri alla stessa stregua di tante altre. Ammetto il mio sbaglio: scrivere una poesia come questa, ad esempio, è possibile soltanto quando si è davvero innamorati (della propria moglie o compagna, della propria famiglia) e quando si è perfettamente padroni dell'arte poetica; per ciò che può valere il parere di un signor Nessuno come me, sappia il Perri (e sappiano soprattutto i suoi purtroppo non numerosissimi lettori) che, anche se dovessi non commentarlo più (non amo ripetermi), le sue poesie sono e resteranno di un livello veramente superiore.»
Inserito il 24/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sipario" di Giovanni Perri  

Commento n° 666
«Commento questa poesia, anche se con qualche giorno di ritardo, per l'indubbia importanza del suo contenuto (pur se certi versi mi appaiono, in verità, un po' oscuri) . Penso anch'io che le lodi bisognerebbe farle solo se sono veramente meritate (troppo zucchero fa male...) e che la critica negativa debba essere costruttiva (un po' di sale dà sapore al piatto...) Aggiungerei soltanto che ogni poeta dovrebbe essere felice di ricevere critiche negative, se ben motivate (ed io per primo lo sono): esse aiutano a migliorarci nel campo della nostra bellissima arte, e noi dilettanti siamo qui per questo! P . S . Ah, quanto mi piacerebbe avere una "bella" critica negativa da Valerio Magrelli, ad esempio!»
Inserito il 24/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La critica" di Wilobi  

Commento n° 665
«Giorgio Bassani pensava che la sua amatissima Ferrara avesse avuto più titoli di Bologna per diventare il capoluogo dell'Emilia- Romagna. Talvolta io penso la stessa cosa di Salerno (qui tanto amorevolmente evocata dalla poetessa) che, se guardiamo soprattutto alla storia medievale, aveva più carte da giocare rispetto a Napoli (la quale forse sarebbe dovuta restare, con probabili vantaggi per tutti, una meta essenzialmente turistica) . Aggiungo poi volentieri che ultimamente Salerno è stata ulteriormente abbellita da un sindaco (ora passato a un più alto incarico in ambito regionale) ingiustamente criticato soltanto da chi non sa bene cosa significa amministrare davvero una città.»
Inserito il 22/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Città viva" di Matilde Marcuzzo  

Commento n° 664
«Ecco una poesia perfettamente a suo agio col verso libero, perché chiaramente ispirata dalla musica più libera che c'è, il jazz (in questo caso quello estraniante e quasi metafisico di John Coltrane - "There is none other. / God is. It is so beautiful. / Thank you God. God is all" scriveva il jazzista nel 1964 -, il memorabile interprete di "A Love Supreme") . Ho riascoltato quel CD, ed ho avuto anch'io le sollecitazioni così bene espresse dal poeta: l'edificazione di un segreto alloggio, situato magari presso le pure acque dell'Oceano Atlantico e difeso da un bambino (dall'innocenza), dove poter godere delle bellezze dell'universo e dove riuscire a difendersi dalle inevitabili avversità della vita.»
Inserito il 21/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La luna nel sax" di Giovanni Perri  

Commento n° 663
«La poesia è bellissima, ma vorrei soffermarmi sulla nota, in cui gentilmente la poetessa ci fornisce indicazioni per comporre un bel sonetto. Mi domando (e non so darmi una risposta): "Come è possibile che, soprattutto in questi ultimi tempi, in cui molti poeti e poetesse del sito si stanno dedicando con passione all'haiku (che pure possiede rigidissime regole metriche), essi disdegnino invece le nostre regole? E' un po' come amare soltanto il sushi (pericoloso, del resto, perché il pesce è crudo), e schifare le nostre belle grigliate, fritture, ecc., di cui la cucina italiana è maestra e può senz'altro andare fiera! "»
Inserito il 19/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Un mattino la nebbia" di Dorella Dignola  

Commento n° 662
«A volte i migliori poeti sono quelli che non credono di esserlo, quelli che si ritengono magari troppo freddi. E' il caso dell'Amaddeo: sarà pure, questa sua, una poesia fredda, ma come egli sa leggere lucidamente in un futuro neppur troppo lontano (ed io sono in sintonia con lui)! In una delle sue ultime (e per me più belle) poesie, "Laggiù", del 1969, Eugenio Montale aveva scritto qualcosa di simile, giocando col nome del cane San Bernardo: "La terra sarà sorvegliata / da piattaforme astrali (...) Sperare - flatus vocis non compreso / da nessuno / Il Creatore avrà poco da fare / se n'ebbe / I santi poi bisognerà cercarli / tra i cani / Gli angeli resteranno / inespungibili refusi" .»
Inserito il 18/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Artificiali" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 661
«Confesso onestamente di leggere di rado questo eccelso poeta esclusivamente a causa del suo dialetto (un ibrido tra parecchio siciliano e un po' di napoletano che, come tutti gli ibridi - come soprattutto l'inglese, ibrido al quadrato - mi fanno venire, ma è solo un mio difetto, il mal di testa) . Detto sinceramente ciò, come non dare ragione al poeta sui premi Nobel? Restando alla letteratura, quanti Nobel ormai non sono letti più, come Anatole France, come François Mauriac, come Carducci, come la Deledda, mentre un giovane sprovveduto che volesse farsi una cultura basandosi esclusivamente su quei premi perderebbe Proust, Kafka, Ungaretti, Gadda... C'è un solo vero distributore di premi, ed è il tempo!»
Inserito il 18/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Lu premiu Nobel" di Giuseppe Vita  

Commento n° 660
«Forse, come canta Gianni Morandi, la poesia in versi liberi "una (volta) su mille ce la fa", ma, quando ce la fa, prevale anche sulla migliore poesia classica. Quando leggo un componimento "moderno" come questo, ne resto affascinato. La poetessa è stata capace di descrivere minuziosamente e con attento "impressionismo" (un po' come, in pittura, fece Claude Monet con le sue famose quattro versioni della cattedrale di Rouen) gli effetti che la nebbia produce sull'ambiente (l'incantevole ambiente del Matese, in questo caso) e nell'intimo delle persone nei vari momenti di una mattinata. Quando i versi liberi sono usati così, non c'è che da inchinarsi davanti alla bravura di chi li ha scritti!»
Inserito il 17/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Una domanda alla nebbia" di Mina Cappussi  

Commento n° 659
«Come in politica c'è la destra e l'estrema destra, la sinistra e l'estrema sinistra, così, in poesia, c'è chi è abbastanza classico (come me) e chi è estremamente classico (come lo Zaino) . Questo autore è capace, con le sue opere, di immergerci nel clima dei secoli passati, ma io, pur difendendo questo tipo di poesia, credo che esso debba ammodernarsi (come in politica si sono ammodernati certi partiti che ben sappiamo), conservando senz'altro l'impianto metrico e, quando è possibile, l'uso delle rime, ma rinunciando all'eccessiva lunghezza e, soprattutto, all'impiego di un lessico ormai da troppo tempo desueto e di non immediata comprensione.»
Inserito il 16/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Poesia e Canzone" di Massimiliano Zaino  

Commento n° 658
«E' un sonetto anomalo, formato da versi di metri diversi (stupendi i primi due novenari), ma che rispecchia lo schema di rime (ABAB ABAB CDC DCD) . Al di là, però, di queste tutto sommato secondarie disquisizioni tecniche, direi che il poeta è stato capacissimo, con semplicità e con vigore encomiabili, di esprimere una condizione che tutti gli uomini insicuri hanno sperimentato: la vicinanza (o talvolta addirittura il solo pensiero) della donna amata li trasforma profondamente (anche se purtroppo spesso soltanto temporaneamente) .»
Inserito il 16/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Uomo da niente" di Adriano Lungosini  

Commento n° 657
«Mi verrebbe quasi la voglia di parafrasare il contenuto di questa godibilissima poesia dialettale in questo modo; "Disse un napoletano di provincia (io) a un altro napoletano di provincia (il Cassese): 'Le tue poesie dialettali sono così belle che fai benissimo a produrne in gran numero, mentre le mie tre o quattro sono state così sudate che ho fatto bene a non scriverne più! ' " Per quanto riguarda la nota, anch'io ho presente un simile fatto reale, successo quando ero bambino. Mio padre, sarto, aveva delle lavoranti, tutte giovanissime. Un giorno ne rimproverò una perché si era presentata con una scollatura un po' troppo ampia. Costei, senza scomporsi, gli disse: " 'On Nico', 'a robba bella se caccia 'a fora! "»
Inserito il 13/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "'E ddoje sore (Le due sorelle)" di Peppe Cassese  

Commento n° 656
«Se l'autore me lo consente, prendo il suo haiku quasi a caso (anche se mi ha colpito il primo verso, di 6 sillabe anziché 5) per esprimere un'idea su questo genere poetico che io non potrei mai scrivere. Come ci spiegava il grande semiologo R. Barthes, ne "L'impero dei segni", bisogna essere giapponesi, o almeno buddisti zen, per essere capaci di capire che il vero haiku non ha mai nessun senso, e che per questo non si può neppure commentare: "Lo haiku riproduce il gesto indicatore del bambino piccolo che mostra col dito qualsiasi cosa dicendo soltanto: quello! La scia del segno che sembra sia stata tracciata, si cancella: nulla è stato acquisito, la pietra della parola è stata gettata inutilmente, non ci sono né onde né colate di senso" .»
Inserito il 11/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Haiku#1" di Paride Giangiacomi  

Commento n° 655
«Uno dei versi più belli, e un tantino misteriosi, di tutta la letteratura italiana, il 103 ° del Canto V dell'"Inferno" dantesco, è spiegato in questa armoniosa poesia di endecasillabi in modo delizioso e sopraffino: l'amore è una dolce malattia, che non perdona, non consente a chi ne è contagiato di liberarsene neppure se lo volesse intensamente. Chi ha scritto questa poesia, di livello senz'altro superiore, riesce a far capire nel modo più chiaro possibile il senso del famosissimo verso anche a chi (come accadde a me) in verde età potrebbe essere eventualmente su di esso un po' dubbioso.»
Inserito il 08/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Amor ch'a nullo amato" di giovanni bianchi  

Commento n° 654
«Non credo (e non sono certo solo io a pensarlo) che esista una metrica migliore dell'endecasillabo, soprattutto per affrontare certi argomenti come, in questo caso, la rassegnata ma calma e quasi positiva tristezza ispirata dal ricordo di una cara persona che non c'è più. Il Crocetti, talvolta maestro di raffinatissima ironia, qui ci appare nella sua veste più intima e indifesa, ed il suo stile è capace di far nascere emozioni e ricordi analoghi in tutti i lettori dotati di un minimo di sensibilità ed amanti della bella poesia.»
Inserito il 05/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Memoria in un giorno d'ottobre" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 653
«La nota dell'autore e la sua collocazione in "satira" ci forniscono la chiave per interpretare più approfonditamente il significato di questa simpatica poesia. Viviamo in tempi di analfabetismo di ritorno, e la gente fa sempre più fatica a ragionare col proprio cervello ed a rendersi conto di dove sia la verità. Ci sono tante persone che vedono i "ciucci che volano" (come si diceva una volta dalle mie parti), che danno credito a dicerie non comprovate dai fatti, e questa metafora della terra piatta e del sole che gira ci fa pensare, ad esempio, a quegli individui, bravi ma ingenui, che al giorno d'oggi cadono in trappole tese magari da evanescenti e ridicoli "grilli parlanti", salvo poi pentirsene, sperando che non sia troppo tardi...»
Inserito il 04/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "E' solo uno scherzo, non mi sparate!" di sergio garbellini  

Commento n° 652
«Quando eravamo ragazzi, conoscevamo alquanto vagamente i segreti più intimi della poesia (metrica, figure retoriche, ecc.) , ma una cosa ci era chiara: per essere degna di chiamarsi così, la poesia doveva possedere almeno qualche rima. A ciò si aggiungevano la semplicità, l'ingenuità, la purezza dell'anima e del cuore, che a quei tentativi preadolescenziali conferivano una particolare grazia, non più alla portata degli adulti. La poetessa ha fatto benissimo a proporre questa sua fresca opera dedicata al nonno e scritta quando aveva soltanto tredici anni di età: essa ci risolleva lo spirito, spesso troppo appesantito dai gravosi saperi della maturità.»
Inserito il 02/10/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Vecchio" di Claretta Frau  

Commento n° 651
«Con il suo solito stile, scorrevole e limpidissimo, in queste quartine il poeta ci regala una favola appropriatissima sul dirompente potere della verità: essa è come un gas venefico che non si può respirare, come (aggiungo io) un sole accecante che non si può guardare se non attraverso spesse lenti che ne attutiscono l'immane luminosità, come quel famoso bambino da castigare severamente e immediatamente perché ardisce dire che il re è nudo... Per quanto riguarda il "difetto" tecnico del quale il poeta si autoaccusa in nota, preferisco lasciare ad altri lettori la soluzione del caso...»
Inserito il 28/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Lo zaino abbandonato" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 650
«Questo veemente componimento (che vedrei meglio in "Ribellione") esprime l'indignazione arrecata dal tradimento di persone a noi (molto) vicine. Però forse l'autrice è ancora parecchio giovane se continua a coltivare certi entusiasmi, se non si è ancora accorta che il tradimento è una delle principali caratteristiche umane, nei confronti del quale già le religioni ci hanno messo in guardia (Caino, Giuda...) ; ed esso non è solo individuale, ma a volte anche collettivo (si pensi all'Italia in entrambe le guerre mondiali...) Il rimedio è forse quello di darlo per scontato, e di rallegrarci quelle (poche) volte in cui, per fortuna, non si manifesta!»
Inserito il 20/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Celata falsità" di Rosanna Peruzzi  

Commento n° 649
«In questa sua originale poesia, la poetessa sembra assecondare ciò che cent'anni fa scrisse il grande aforista viennese Karl Kraus: "La donna prende uno per tutti, l'uomo tutte per una" . Ma secondo me c'è, in entrambi i sessi, un difetto di visione: né gli uomini né le donne sono tutti uguali, ed uno degli esercizi sentimentali più faticosi è quello di scoprire le nascoste differenze individuali che esistono sempre, ma che vengono vieppiù celate in questa società moderna così (apparentemente) uniformata.»
Inserito il 18/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Fatti con lo stampino" di Rosetta Sacchi  

Commento n° 648
«Sono molto d'accordo con il commento di Rosetta Sacchi, ed anch'io vorrei soffermarmi solo sul concetto di "una poesia al giorno" . Penso che, se non si è eccezionalmente dotati (cosa rarissima) come lo fu Giuseppe Gioacchino Belli (che riusciva talvolta a scrivere anche quattro o cinque sonetti al giorno, sempre sapidi e tecnicamente perfetti), sia quasi impossibile produrre quotidianamente una valida poesia (si rischia di fare quelle che io scherzosamente chiamo "prose verticali" ...) . Però ci sono anche nuovi poeti (come successe a me nei primi mesi in questo sito) che pubblicano quasi una poesia al giorno perché le avevano già pronte, perché esse erano nel cassetto da mesi o addirittura da anni.»
Inserito il 16/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Una poesia al giorno" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 647
«E' molto amara questa poesia scritta e pubblicata, come ci informa l'autore, ormai cinquant'anni fa (ed è resa ancor più tetra dall'uso del maiuscoletto, come se fosse incisa sulla lapide dietro la quale riposa per sempre la nostra nazione) . L'incapacità italiana di sapere bene amministrare la cosa pubblica è probabilmente endemica: il Regno di Sardegna era forse un'eccezione, e si illuse di potere esportare facilmente le sue sane istituzioni nel resto del Paese; non aveva fatto i conti con le inveterate abitudini clientelari di tanti piccoli staterelli, con la profonda ignoranza delle masse del Mezzogiorno, con la presenza costante e invadente, prima palese e poi camuffata, di uno Stato teocratico...»
Inserito il 08/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Quousque tandem" di Gino Ragusa Di Romano  

Commento n° 646
«"Cada palabra es una obra poética", sosteneva Jorge Luis Borges nella sua conferenza "La poesia", aggiungendo che ogni parola identifica la realtà in modi diversi. E proprio a proposito della luna (la protagonista di questa poesia) Borges pensava che il termine greco "selene" fosse troppo complesso, che l'inglese "moon" fosse ammirevole per la sua (quasi) circolarità, che il francese "lune" avesse qualcosa di misterioso, e che l'italiano e spagnolo "luna" si distinguesse per le sue due sillabe ben marcate (le due facce dell'astro?) Direi che la luna ligure di questa poesia, una via di mezzo tra quella italiana e quella francese, aggiunge un senso ulteriore di mistero a quello che la lingua nazionale pur già esprime.»
Inserito il 07/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Lûnn- a Settembrinn- a" di Giovanni Ghione  

Commento n° 645
«La lettura di questa schietta poesia dialettale ha immediatamente fatto rinascere in me quelle fantasie geografiche che mi porto appresso da quando ero bambino. Se si unissero in un unico comune (chiamato magari Reme o, meglio forse, Mere, richiamando così il francese "mer", mare, e "mère", madre, in omaggio alle loro antichissime origini), Messina e Reggio Calabria avrebbero una peculiarità unica in Italia e in Europa (una città appartenente a due regioni diverse), da condividere, nel mondo, forse soltanto con Istanbul (per metà europea e per metà asiatica) . Chissà se migliorerebbero la vita sociale e l'economia (anche senza ponte)!»
Inserito il 04/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Terra i suduri e sacrifici" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 644
«In questo suo ennesimo perfetto sonetto il Crocetti ci spiega (qualora ce ne fosse bisogno) che il vero poeta non è colui che, circondato magari da un gruppetto di "amici", scrive (talvolta maluccio, o in modo banale, o non originale) per ottenere tante letture e tanti commenti, ma colui che scrive unicamente per amore della bellezza della poesia. Aggiungerei soltanto che forse il vero poeta non è tanto contento quando si dedica al suo "vizio", perché esso, quando è genuino, anche se può evolvere verso forme di poesia tranquille e perfino gioiose, nasce spesso da sofferenze interiori, delle quali l'autore farebbe volentieri a meno.»
Inserito il 03/09/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Chi è il Poeta" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 643
«E' noto ciò che Pablo Picasso disse a un suo allievo: "Vuoi disegnare come me, in modo moderno? Allora prima impara bene, come feci io, a disegnare in modo classico! "; ed Eugenio Montale confessò che per comporre i suoi capolavori lottava continuamente contro le rime e la metrica, che gli si presentavano con insistenza. Ecco, Lorenzo Crocetti si cimenta in questa veritiera poesia sulla malinconia usando versi sciolti e (moderatamente) liberi, partendo però dal suo solido retroterra classico. Mi si permetterà di osservare che la differenza con poesie simili di parecchi altri autori c'è, e si avverte!»
Inserito il 31/08/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sui sentieri dell'esistenza" di ex Lorenzo Crocetti  

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