«La brava poetessa ritiene che sia meglio, nelle poesie, parlare di se stessi, lasciando da parte quelle che possono sembrare soltanto narcisistiche esibizioni di cultura (l'Africa, i quadri famosi, i poeti del passato, la storia...) Io però sono convinto (come cercai di dimostrare spiritosamente in "Una dritta") che ogni autore parli sempre di se stesso: se sceglie un episodio della storia, un'opera d'arte, un luogo geografico, ecc., lo fa non per mostrare una più o meno vaga cultura enciclopedica, ma perché quell'episodio, quell'opera, quel luogo lo hanno così tanto segnato che ormai fanno parte della sua vera personalità.» |
Inserito il 14/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Capita" di Rosetta Sacchi |
«Le poesie dialettali (soprattutto forse se scritte in dialetti rari) hanno sempre un grande valore di testimonianza, ci ricordano quanto è varia la nostra bella Italia. E qui il poeta, scrivendo in un dialetto novarese che, se non erro, assomiglia molto più al milanese che al torinese, evidenzia una verità sovente sottaciuta: a volte un cambiamento, anche minimo, di residenza, specialmente quando avviene da ragazzi, può aprirci le porte di un nuovo mondo, più simpatico, più facile, più affettuoso di quello in cui siamo nati. "Nemo propheta in patria", dicevano i Romani, e probabilmente non avevano torto...» |
Inserito il 10/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Mi vuria savé" di Mario Chinello |
«Saggia decisione, quella del Prenna. Marcel Proust rimase alquanto deluso quando ebbe l'occasione di conoscere di persona il suo idolo di allora, il premio Nobel Anatole France (il Bergotte della "Recherche") , e quel grande lettore (e scrittore) che è Corrado Augias, nel suo libretto "Leggere", scrive: "Nella mia esperienza, sono rimasto molte volte deluso dalla conoscenza diretta di un autore del quale avevo apprezzato l'opera. Tanto che spesso ho evitato di invitare uno scrittore in televisione nel timore che, comportandosi in modo inadatto, si danneggiasse da solo; avendo amato il suo libro, ho preferito chiamare qualcuno che parlasse in sua vece" .» |
Inserito il 09/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Un pensiero" di Michele Prenna |
«La psicologia considera "marginali" "quelle persone che, pur avendo diritto, non giungono a fruire delle risorse e dei privilegi di cui gode il resto della comunità" ("Dizionario di Psicologia" del Galimberti) . Anch'io ho spesso privilegiato gli ultimi banchi, le ultime carrozze, le ultime qualità delle persone amate... Stare all'ombra delle cose e delle persone certo ci impedisce di essere al centro dell'attenzione, ma forse proprio per questo ci permette di vedere meglio ciò che passa davanti agli occhi, al riparo dal sole troppo forte, che sovente può danneggiare la vista, falsare la visione...» |
Inserito il 06/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Vivere ai margini" di Simone32 |
«Questa composizione rispecchia fedelmente la mia idea sul voto al referendum dell'altro ieri. Intuisco che, come me, l'autore ha votato "sì", concentrandosi sul contenuto della riforma, e non su chi l'aveva più degli altri propagandata (gli uomini passano, i cambiamenti restano, almeno per un po') . Ciò che mi ha particolarmente impressionato è stato il voto dei giovani, così diversi da quelli che giovani erano stati: un tempo noi, esagerando, volevamo cambiare tutto, ed ora essi, facendosi magari abbindolare da alcuni anziani con secondi fini, pare non vogliano cambiare niente!» |
Inserito il 06/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Altri valori" di Giancarlo Fiaschi |
«Con questi versi davvero "delicati e vellutati" il validissimo autore presenta una concezione della poesia simile alla mia. Se, spesso, la poesia è l'arte di richiamare i ricordi di giorni tanto amati e ormai perduti, ebbene è inefficace e quasi inutile andare alla ricerca di parole troppo forbite, rare, difficili, siccome quei ricordi affiorano nel modo più semplice possibile, con le parole di allora, quelle "della scuola", alla mente dei poeti fatalmente "inconcludenti" (del resto, è ben difficile che una persona positivamente concludente abbia la voglia di cimentarsi con una poesia...)» |
Inserito il 04/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Parole" di Gesuino Curreli |
«Secondo il mio modestissimo punto di vista a proposito delle preoccupazioni espresse dal valente poeta in questa sua interessante opera, il progresso, la civiltà, la cultura, il benessere sono molto democratici, non scelgono un popolo eletto e beneficano alternativamente le nazioni e i popoli del mondo. Se il XIX secolo era stato indubbiamente europeo ed il XX non so quanto fortunatamente americano, il XXI, che sta ormai diventando maggiorenne, appare sempre più chiaramente cinese (e alla fine forse diventerà russo) . Bisognerà probabilmente aspettare (lo vedranno i nostri pronipoti) il XXII secolo per assistere di nuovo alla supremazia europea sugli altri continenti del mondo...» |
Inserito il 29/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La vecchia Europa stanca e assediata... gliela farà?)" di rob ponzani |
«"C'è un'Ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va... / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa"; mi sono venuti in mente questi versi di Trilussa nel leggere la profonda poesia di Carla Vercelli: la scrittura e la pittura sono arti indubbiamente bellissime, ma sempre sussidiarie delle bellezze della natura e dell'amore, le quali vanno gustate con gli occhi e con il cuore, e possibilmente in silenzio, perché a volte anche una sola parola può mal rappresentare ciò che è essenzialmente appunto indicibile, innominabile.» |
Inserito il 28/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Salvaguardia" di carla vercelli |
«Il poeta accompagna il proprio figlioletto a San Gregorio Armeno, la zona nel cuore di Napoli famosa per la vendita dei presepi. Ma, in mezzo alla massa dei venditori di statuette, si distingue una vecchia donna, ottantenne e muta, che vende bei fiori di carta. Ha davvero solo ottant'anni, o forse duemilacinquecento, quanti ne ha la città? E' forse l'ultima rappresentante della sua pura grecità ed è forse muta perché, a causa del troppo tempo passato, le antichissime tradizioni non riescono più a parlare alla sorda indifferenza generale? Intanto il figlio del poeta si è stancato e ha bisogno di riposarsi, e alle domande nate dalla sua piccola ma intensa esperienza darà, crescendo, probabilmente delle risposte.» |
Inserito il 26/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Donna" di Giovanni Perri |
«"Me pare 'n'ata strata... / invece è sulo 'o tiempo ca è passato": è l'amara conclusione di questa bella e veritiera opera del poeta napoletano, che pone l'accento sulla tristezza che inevitabilmente ci assale quando torniamo a vedere il posto in cui abitavamo da bambini. E talvolta una cosa non esclude l'altra: il tempo che passa cambia anche la strada, alla quale spesso i comuni apportano delle modifiche (quella dove sono nato io, ad esempio, aveva due larghi marciapiedi, che ora sono diventati minuscoli per fare spazio a uno spartitraffico centrale) .» |
Inserito il 25/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Duje passe addò so’ nato" di Andrea Sbarra |
«Le considerazioni sociali del poeta sono giustissime e (è ormai inutile dirlo) armonicamente rese in poesia. Il nostro cervello, come la nostra vita, è un contenitore limitato, e lo si può riempire in modo superficiale con tante cose, o in modo approfondito con poche cose, o addirittura con una sola. E noi tutti siamo destinati a non essere mai contenti perché, mentre l'uomo tuttofare si sentirà sempre insoddisfatto della vaghezza delle sue conoscenze, l'uomo specializzato rimpiangerà tutto ciò in cui non ha neppure provato a cimentarsi.» |
Inserito il 24/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Considerazioni di carattere sociale" di sergio garbellini |
«Questa poesia leggermente surreale descrive acutamente il quartiere "Gianturco" di Napoli che, come quasi tutti i quartieri in prossimità delle grandi stazioni ferroviarie, pare sprovvisto di poesia, di ordine, di pulizia, e fa posto ai piccoli espedienti, alla vita alla giornata, agli affari ai limiti della legalità. I quartieri nei pressi delle grandi stazioni sembrano a volte terre di nessuno, come tanti ma nessuno sono quei viaggiatori che salgono e scendono dai treni.» |
Inserito il 23/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "A Gianturco non c'è vento" di Giovanni Perri |
«José Saramago inserì nel capitolo intitolato "Il paradiso ritrovato" la sua descrizione di Sintra, in "Viaggio in Portogallo", ed aveva proprio ragione! Io e la Vercelli abbiamo almeno una cosa in comune, il piacere di scrivere poesie su città dove siamo stati, e anche, nel caso di Carla, non stati (i miei ricordi di quella cittadina sono del resto alquanto sfocati, perché risalgono al 1972...) La complessa poesia della nostra brava poetessa (e non è da trascurare il supporto iconografico né quello musicale) ci fornisce giustamente l'idea di una Sintra quasi orientaleggiante, dove la vita assume un significato leggermente diverso da quello della quotidianità, e si fa apprezzare anche per quei due originali versi che ci immergono nell'eco.» |
Inserito il 22/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Sintra" di carla vercelli |
«Accettabile satira, ma vorrei soltanto ricordare che il Divin Marchese, al di là dei suoi indubbi eccessi, seppe individuare, più di un secolo prima di Sigmund Freud (o di Karl Kraus) non solo l'importanza del sesso anche (e forse soprattutto) per le donne, ma pure il valore della parità sociale dei sessi (in quei pochi mesi che trascorse a Napoli non riuscì a capacitarsi del perché, anche nei salotti più elitari, la conversazione tra uomini e donne fosse considerata disdicevole, e praticamente bandita) . Nella prefazione a "La philosophie dans le boudoir" de Sade scrisse: "Solo attraverso la voluttà quel disgraziato individuo che è l'uomo può riuscire a seminare alcune rose sulle spine della vita" .» |
Inserito il 21/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "A luci rosse" di moreno marzoli |
«Il giovanissimo poeta (ha la "mela verde") appare già pienamente consapevole della bellezza e dell'importanza delle rime (altrimenti, come egli ci lascia intendere alla fine della sua poesia, perché studieremmo ancora Dante?) L'autore ci dice che le rime gli nascono spontanee, e che ha combattuto, senza riuscirci, per eliminarle (egli saprà certamente che anche Montale si impegnava, ottenendo un esito diverso, nella stessa battaglia) . Per quanto riguarda le rime che possono dare l'impressione di una stupida filastrocca per bambini, ciò è, secondo me, parzialmente vero, ma tale pericolo si presenta quasi esclusivamente quando si usano gli ottonari, i versi con la classica metrica della filastrocca appunto.» |
Inserito il 20/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "E io la uso" di Angelo 2000 |
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«Questa intensa poesia d'amore a rime baciate si legge davvero, come è già stato notato in bacheca, d'un sorso. Io ho avuto addirittura l'impressione di fare un brevissimo viaggio in treno (l'inizio di un viaggio) . Ciò è dovuto probabilmente, oltre alle rime baciate, che rendono l'idea del parallelismo dei binari, al mutamento graduale e progressivo della metrica (i primi quattro versi sono dodecasillabi, i seguenti nove sono endecasillabi, e l'ultimo è un decasillabo), che conferisce alla lettura l'impressione della partenza del convoglio, il quale procede dapprima lentamente ed acquista man mano velocità.» |
Inserito il 18/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Unbreakable" di The white Swan |
«Sono d'accordo con le considerazioni dell'autrice, soprattutto se per arroganza si intende il vizio di volere aver ragione su tutto, anche sulle cose che non si conoscono bene (e in questo caso, dalle mie parti, tali persone vengono chiamate "ciucci e presuntuosi") . A volte, poi, l'arroganza può essere anche divertente, quando l'accusa viene formulata proprio da un altro arrogante ("Une fesse dit merde à l'autre", dicono i Francesi; beh, avete capito...) , come, in questo periodo referendario, da un uomo politico un tempo molto importante, ma ormai "rottamato", e famoso proprio per la sua arroganza, nei confronti del Presidente del Consiglio, in realtà forse esente da questo difetto...» |
Inserito il 18/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Arroganza" di Daniela Dessì |
«L'autore compie su di sé (e tutti potremmo estenderla a noi stessi) un'appropriata analisi. Con umile consapevolezza (o con consapevole umiltà) egli ci fa sapere (attraverso una simpatica invenzione linguistica) di considerarsi soltanto un "poe", un poeta a metà, perché la vita lo ha portato (come ha portato tutti noi) a sbrigare faccende più impellenti: impegni di lavoro, motivi di famiglia, preoccupazioni per la salute, ecc. mal si conciliano con l'opera richiesta dall'esigente Musa. Ma, egli ci dice, d'ora in poi, dandosi da fare, riuscirà forse ad aggiungere una "t" a quella sua qualità dimezzata (e, perché no? - glielo auguro di cuore -, ad arrivare a completare del tutto quella prestigiosa parola) .» |
Inserito il 16/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Chiamatemi poe" di Wilobi |
«La bravura classica, estremamente classica, del poeta è fuori discussione (è forse l'unico, nel sito, a saper scrivere così) . Per quanto riguarda l'anello al dito, beh, dipende dall'indole individuale: io, come lo Zaino, mi sarei tosto fatto indietro, ma un mio amico dell'adolescenza sosteneva (forse non a torto...) che ci fosse più gusto a tentare la conquista di donne con quel prezioso oggetto digitale...» |
Inserito il 16/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La Passante" di Massimiliano Zaino |
«E' vero: nei métro (italiani e stranieri) i passeggeri tendono ad assumere atteggiamenti fin troppo seriosi, forse per la brevità del viaggio, per la troppo fugace presenza di persone estranee, e per il tetro paesaggio sotterraneo (notavo, a Parigi, che quando il métro sbucava in superficie l'atteggiamento della gente mutava un poco) . Ogni tanto un giocherellone (come l'amico della poetessa), un mendicante o un suonatore sono necessari, per riscaldare la forzata freddezza dei passeggeri e per permettere l'espulsione (anche se soltanto dai finestrini) dei loro umanissimi sorrisi.» |
Inserito il 15/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Talvolta in flashback sottintesi" di carla vercelli |
«Penso che ogni forma di poesia abbia a che fare con un tipo di musica, e che i versi liberi del Perri siano molto imparentati col jazz (del resto, ricordo di aver commentato, un mese fa, una sua poesia ispirata da Coltrane) . Il buon jazz è improvvisazione solo fino a un certo punto, come i versi liberi, così bene propostici dal poeta anche questa volta (e tutti ci auguriamo che suo figlio non diventi preda dell'omologazione, anche se, al giorno d'oggi, l'impresa è piuttosto ardua) . "Si apprende col tempo a distinguere gli 'avanguardisti' del giorno dagli eletti, i ciarlatani dai poeti", scriveva il critico Hugo Friedrich nel suo libro "La struttura della lirica moderna": ebbene, secondo me quel tempo, per il Perri, è già arrivato!» |
Inserito il 15/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Etica e subbuteo" di Giovanni Perri |
«E' una poesia in versi liberi ottimamente strutturati: non disdegnano qualche rima ed inseguono l'armonia. Il poeta si pone il problema del senso della vita e, non trovandolo con certezza (e chi lo trova?) , ci dice che, nell'incertezza, preferisce dedicarsi alla poesia (definita molto suggestivamente, con tre parole con la stessa rima: un misto di fantasia, melodia e malinconia) . Il poeta, inoltre, sottolinea un'importante funzione della nostra arte: essa porta l'oblio, ci aiuta a dimenticare (come una droga non nociva) i nostri spesso incerti e deprimenti passi in questo troppe volte triste e tristo mondo.» |
Inserito il 14/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Proficuo utilizzo del tempo" di Angelo 2000 |
«E' una poesia- acrostico latrice di un erotismo molto delicato e formata, non so quanto volutamente, da sette settenari, cioè da quarantanove sillabe (sette al quadrato) . Ora, da un punto di vista cabbalistico, questa ripetuta presenza del numero sette, questa sua elevazione, ha un significato molto benefico (adattissimo all'argomento trattato), perché quel numero rappresenta la creazione biblica e, se usato con scrupolo e con attenzione, apre le porte ad una positiva libertà, ad una grande fortuna.» |
Inserito il 11/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Acme" di Antonio Guarracino |
«Qualche giorno fa "Lavoisier", ora "Newton": è un esperimento assai interessante quello che sta portando avanti il Bianchi, un poeta molto raffinato e tecnicamente perfetto. Egli ha cercato, in entrambe le poesie, di spiegare alcune caratteristiche dell'amore mediante due famose leggi fisiche dei summenzionati scienziati. L'autore vuole forse dimostrare una cosa che io penso da quando ero adolescente, e cioè che le lettere e le scienze sono state arbitrariamente separate a partire, più o meno, dal Rinascimento, mentre esse hanno tutti i numeri per cooperare e per sviluppare, se stanno insieme, ulteriormente l'intelligenza umana.» |
Inserito il 10/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Newton" di giovanni bianchi |
«Le poesie si possono occupare di tutto e, come questa, essere anche didattiche. Il poeta è riuscito a sintetizzare in non molti versi tutte le cose più importanti del gioco degli scacchi, o almeno a far venire la voglia, come al primo commentatore, di imparare. Quando, all'Università, seppi che il più grande linguista moderno, il ginevrino Ferdinand de Saussure, aveva rifondato la linguistica basandosi anche sulla sua esperienza di giocatore di scacchi, mi venne voglia di imparare, anche se ci sono riuscito (molto modestamente) solo pochi anni fa, grazie a un programma del mio computer. Ha ragione il poeta: si vinca o si perda, giocare porta sempre un arricchimento alla mente (e, aggiungo, un senso di soddisfazione e di tranquillità) .» |
Inserito il 08/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Il gioco degli scacchi" di FedericoCalderone |
«Secondo il mio parere, questo acrostico è davvero riuscito. Ogni verso indica una delle più importanti caratteristiche delle Marche: il paesaggio, i borghi che lì non sono mai paesoni, ma sempre piccole città, la determinazione dei suoi abitanti, la poesia (soprattutto di Leopardi), le tradizioni nate dalla storia e dalla religione, il microcosmo marchigiano. Le Marche sono l'unica regione italiana obbligatoriamente plurale in grammatica (per gli Abruzzi e le Puglie è facoltativo), e c'è in ciò un chiaro motivo: nel viaggio di 150 chilometri da Pesaro ad Ascoli si possono provare, in piccolo, quasi le stesse sensazioni che in quello da Milano a Palermo; chi conosce le Marche si impossessa, economicamente, di una cultura varia e vasta!» |
Inserito il 08/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La Città smisurata. Le care Marche" di Paride Giangiacomi |
«Se "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare", tra il pensare e il dire c'è solo un fiumicello, che viene spesso facilmente varcato, a partire da "a pensar male si fa peccato, ma di solito ci si azzecca", una famosa frase del cattolicissimo Giulio Andreotti. E non è forse un caso che a pronunciare quella frase fu un uomo molto cattolico, perché, secondo il filosofo Galimberti, la superbia è un peccato essenzialmente cristiano (nel mondo classico c'era molto di più l'orgoglio): da essa deriva talvolta anche la maldicenza, messa in pratica, non sempre ma spesso (a mo' di ingiusta, ma umanissima rivincita), da uomini che si ritengono superiori e che in questo mondo, pervaso di (pelosa) religiosità, non vedono riconosciuti i loro meriti.» |
Inserito il 07/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "La maldicenza " di Alberto De Matteis |
«Il contenuto di questo sonetto dialettale corrisponde perfettamente a ciò che io penso da tantissimo tempo: se ognuno avesse la possibilità, soprattutto nel lavoro, di seguire le sue inclinazioni, la società sarebbe senz'altro migliore! Purtroppo, a causa di condizionamenti familiari, economici, ambientali o d'altro tipo, raramente le cose vanno così, ed i malfunzionamenti della società in cui viviamo sono dovuti spesso a scelte scolastiche sbagliate, e a susseguenti lavori intrapresi con lo scopo principale di guadagnare (scopo comprensibilissimo, ma che mette a disagio il lavoratore e a repentaglio la comunità!) P . S . Ho la fortuna di conoscere un idraulico davvero appassionato e competente: quanto è bello vederlo lavorare!» |
Inserito il 07/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Fa' cuddu ca sa' fari" di Giuseppe Vita |
«Ci sono a volte delle poesie semplici, magari pure, come suol dirsi, un po' discorsive, ma che hanno il potere di commuoverci, di condurci in un mondo forse inesistente, ma cui l'animo tanto anela. Anche se amo più i gatti, confesso che mi è quasi scappata una lacrima leggendo questa poesia, che evidenzia la fedeltà del cane al suo padrone oltre ogni limite. In tutta la composizione l'autrice è stata abile nel catturare l'attenzione del lettore, immergendolo in questa triste storia, riscattata però, nella seconda parte, dall'originale e sognante descrizione di un paradiso che, se fosse davvero così, toglierebbe a tutti, uomini e animali, la paura della morte!» |
Inserito il 05/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Volevo essere tuo amico" di Vincenza Lepore |
«So che la poetessa apprezza i commenti sinceri, e allora sinceramente le dico che questo suo haiku è forse superiore a tante poesie "all'italiana" da lei pubblicate. Ciò dipende probabilmente dal fatto che lo haiku è essenzialmente prosastico e che, oltre ad un riferimento temporale, pretende il rispetto soltanto della semplice regola del 5- 7-5 . Qui c'è tutto ciò, anche se (volendo cercare il pelo nell'uovo) forse un giapponese buddista non avrebbe scritto "ringrazia il sole" al terzo rigo, perché ciò permette di avanzare il dubbio di un riferimento morale (evidenziato in qualche commento precedente) . Lo haiku tende sempre verso il vuoto, il nulla, e forse un monaco zen avrebbe scritto "ha voce acuta" .» |
Inserito il 04/11/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Haiku 4" di Sara Acireale |
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