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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 732
«In queste bellissime quartine di endecasillabi rimati, il poeta pone l'accento almeno su un paio di caratteristiche della poesia, che anche a me stanno a cuore. In quasi ogni opera poetica non si può prescindere dalla finzione (quelle bugie che ingigantiscono un po' le storie vissute, che ci arrecano una pace piacevolmente noiosa, come un bel sogno) e dalla narcosi (quelle morfine che, senza eccessi, ci restituiscono i profumi delle cose perdute, delle donne che ci siamo lasciati sfuggire, delle occasioni non colte) . Quando una poesia è così ben scritta e articolata, diventa un'autentica cura per l'anima di chi la scrive e di chi la legge.»
Inserito il 05/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Bugie" di Gesuino Curreli  

Commento n° 731
«Originale e interessante poesia, questa dedicata al corridoio, visto dapprima in senso materiale, e poi quasi metaforico. Quale bambino non ha amato il corridoio della sua casa, non gli ha confidato segreti e marachelle, certo del silenzio e della complicità del rappresentante della parte più umile, più servile della casa? Ma poi il corridoio, o forse meglio il francese "couloir", quel posto dove tutto "coule", scorre, si trasforma, mi sembra, in un'immagine mentale, in quel luogo della mente in cui i nostri pensieri sono più liberi, più sciolti, anche se, diventando noi adulti, essi non avranno più quella duttilità, quella leggerezza e neppure quella poesia che avevano quando eravamo bambini.»
Inserito il 04/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il corridoio (viva la noia)" di Angelo 2000  

Commento n° 730
«Le poesie sul potere seduttivo degli occhi, specchio dell'anima, ci lasciano sempre, come questa, senza fiato, ci fanno pensare a quante cose essi possano rappresentare. E mi è sovvenuto automaticamente il "Poema dos olhos da amada", la poesia (diventata poi canzone) di Vinicius de Moraes, che, tradotta in italiano, suona più o meno così: "Amata mia, che occhi i tuoi! / Banchine notturne piene di addii, / miti bacini con tracce di luce / che brillano lontano, nel catrame. // Amata mia, che occhi i tuoi! / Quanto mistero negli occhi tuoi, / quante barche e quante navi, / quanti naufragi negli occhi tuoi! // Amata mia, dagli occhi atei, / chissà se un giorno, volendo Dio, / potrò vedere lo sguardo mendico / della poesia, negli occhi tuoi! "»
Inserito il 03/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Bastano gli occhi" di Rosetta Sacchi  

Commento n° 729
«Questa semplice e graziosa poesia mi trova perfettamente d'accordo sul contenuto (il foglio bianco visto talvolta come il migliore amico), e mi ha portato a fare un'interessante osservazione. Il foglio bianco ci piace tanto essenzialmente perché è muto, perché accetta, senza reagire, tutto ciò che gli diciamo (che gli scriviamo sopra) . Ebbene, forse anche la principale virtù dell'ideale vero amico dovrebbe essere il silenzio, la capacità di sapere ascoltare, senza intervenire, i problemi dell'altro, aiutandolo così a svuotarsi delle sue preoccupazioni, delle sue fantasie, del suo passato, a pulirsi l'anima (svolgendo in pratica, per amicizia, la stessa funzione dello psicoanalista) .»
Inserito il 02/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Foglio bianco" di Agostino Biddau  

Commento n° 728
«Non conosco bene i dialetti dell'estremo Sud, ma penso che la poesia sia scritta in messinese, così simile, per certi aspetti, al reggino. La struttura del dialetto e l'abilità dell'autore hanno reso questa breve poesia davvero efficace. All'inizio pensavo che fosse un'opera umoristica, che il "pilu" fosse quello perennemente in bocca all'onorevole Laqualunque, il riuscitissimo personaggio di Antonio Albanese, ma ho poi constatato che è davvero il "pelo nell'uovo" e che la poesia esprime con semplicità una grande verità (simile alla famosa pagliuzza nell'occhio, di Gesù): quando si è determinati a colpire una persona, non è difficile trovargli qualche minimo e inevitabile difetto (come, ad esempio, successe al sindaco Marino a Roma) .»
Inserito il 01/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "'U Pilu 'nta l'ovu" di FedericoCalderone  

Commento n° 727
«Con una struttura metrica interessante e con piacevoli rime, il giovane poeta pone lucidamente l'accento su certe moderne "guerre di religione", dando la colpa a entrambe le parti. Certo, i Cristiani non hanno il diritto di incolpare esclusivamente gli Islamici, perché i primi hanno una ben più solida esperienza al riguardo, con le lotte fratricide tra Cattolici e Protestanti di cinque secoli fa e, peggio ancora forse, con le Crociate di mille anni fa, che non furono altro che il primo gratuito insulto al mondo musulmano, nato invece anche per cercare un certo equilibrio in mezzo ai diverbi tra Cristiani ed Ebrei...»
Inserito il 01/02/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Se serve, ben venga!" di Angelo 2000  

Commento n° 726
«L'ottimo poeta, in questa concisa poesia formata prevalentemente da novenari, torna sul tema della genesi dell'opera letteraria, e nota che il pensiero, affacciatosi improvvisamente e misteriosamente alla mente, è senz'altro il suo incipit. Il problema, secondo me, si pone al momento di decidere quali frutti possa dare tale pensiero, se si svilupperà in una poesia, in un racconto, in una semplice considerazione personale, ecc. Come le vie del Signore sono infinite, così quelle del pensiero hanno porti diversi cui approdare.»
Inserito il 31/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ispirazione" di Giovanni Ghione  

Commento n° 725
«Secondo il mio modesto parere, per interpretare bene questa profonda poesia bisogna partire dalla terza strofa, da quelle goethiane "affinità elettive" che non nascono per caso, ma solo se ci sono stati precedenti solidi retroterra. Mi sembra che la poetessa voglia giustamente sostenere che due persone si piacciono tanto più quanto più i loro gusti sono simili ("Chi si somiglia, si piglia", diceva mia nonna) . E allora una donna e un uomo che hanno la stessa passione per una certa musica, per l'evasione poetica, per un tipo di pittura, per alcune città, per sofisticati film erotici, quando si incontrano si riconoscono facilmente, e facilmente può scoccare la scintilla dell'amore.»
Inserito il 28/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Câblé n. 5" di carla vercelli  

Commento n° 724
«Sì, come sostiene il poeta l'ideale sarebbe forse quello di toglierci le maschere e di comportarci reciprocamente con la massima schiettezza possibile, seguendo la nostra vera natura. Già, ma esiste ancora la nostra vera natura? Talvolta ho l'impressione che, se era presente alla nascita, essa sia stata, a mano a mano, irrimediabilmente modificata da tutte quelle maschere che abbiamo dovuto usare (in famiglia, a scuola, in società, con l'altro sesso...) , e che ora il nostro io, pur mettendolo a nudo, si mostri senza più speranze falsificato, simile ai famosi OGM dell'agricoltura!»
Inserito il 25/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ti fori e ti intra" di Giuseppe Vita  

Commento n° 723
«E' una sapiente composizione prevalentemente in settenari e con gradevolissime rime sparse, che cerca di far capire, a chi non è poeta, cosa sia esattamente comporre una bella e vera poesia. Dapprima viene la voglia di scrivere (ce la invia un dio, come sosteneva Valéry?) , poi bisogna destreggiarsi per domare la fantasia, a volte troppo capricciosa, simile ai cavalli bradi. Ogni tanto si deve guardare nel vuoto, dal quale giungeranno, non rapidissimamente, le parole mancanti che, se ben ponderate, avranno il potere di innalzare (alquanto fugacemente - ahinoi!) il poeta al di sopra del mondo dei vinti in cui egli vive (in cui tutti viviamo) .»
Inserito il 24/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Sto scrivendo" di Giovanni Ghione  

Commento n° 722
«Conosco questa triste esperienza, per averla vissuta, ormai tre anni fa, con mia madre. Ciò che ci fa più rabbia è il sentirci impotenti di fronte alle sofferenze altrui, che vorremmo tanto alleviare, senza purtroppo riuscirci. Confesso che mi misi allora a considerare (e lo penso tuttora per me, per quando arriverà la mia ora) positivamente la mitica figura di "s'accabadora" (un avanzo della civiltà punica, che ha lasciato tracce visibili solo in Sardegna?) , quella badante sarda delle persone anziane la quale, quando comprende che l'esistenza sta ormai per concludersi, accelera un poco, esclusivamente a fin di bene, la fine, esaudendo probabilmente il vero desiderio (talvolta anche chiaramente espresso) del malato.»
Inserito il 23/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Che ti fosse carezza la sera" di alias Marina Pacifici  

Commento n° 721
«La validissima poetessa ci dà, com'è suo solito, una descrizione raffinatissima della natura, in questo caso della sua isola "prima della neve", collegandola ai sentimenti amorosi, che forse tutto comandano e armonizzano, anche i fenomeni naturali. Per quanto riguarda la forma, direi che la poetessa si è, almeno occasionalmente, ottimamente "convertita" a un tipo di poesia più classico, che non disdegna rime né assonanze (mi piace far notare ai lettori l'ultima parte della pregevolissima opera, formata da due terzine a rime invertite) .»
Inserito il 16/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "L’isola prima della neve" di carla vercelli  

Commento n° 720
«"Non siamo mica qui per cambiare i connotati al mondo! ", direbbe probabilmente un simpatico uomo politico piacentino ormai sulla via del tramonto, e Georges Brassens, a proposito dei suoi versi, cantava: "Si le public en veut je les sors dare- dare / S'il n'en veut pas je les remets dans ma guitare" . Questo è il messaggio che mi sembra di cogliere nella chiara, semplice e breve poesia del Prenna: la nostra attività riesce a renderci un po' appagati per il solo fatto di svolgerla, senza pensare ad eventuali ma improbabili successi o alla ricerca di grandi ma forse inesistenti verità; se poi avremo la fortuna di trovare qualche lettore che avrà la bontà di mettersi sulla nostra scia, tanto meglio!»
Inserito il 11/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Al lettore" di Michele Prenna  

Commento n° 719
«Beh, forse l'ultimo verso ha un contenuto un po' esagerato, ma la poesia, in belle rime, pone nel complesso garbatamente l'accento su uno dei difetti di parecchie poesie (anche famose): quello di essere troppo convenzionali. Le frasi consumate, o frasi fatte, abbondano, e ognuno corre costantemente il rischio di formularle, ottenendo così scarsa originalità e poco successo già il giorno dopo. Tale piaga, poi, è ancora più presente nei versi di tante canzoni; se, a cinquant'anni dalla sua morte, ad esempio, Luigi Tenco (almeno agli intenditori) sembra ancora vivo, è anche perché sapeva rifuggire dalle banalità ("Mi sono innamorato di te, perché... non avevo niente da fare! ")»
Inserito il 07/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Frasi Consumate" di Franca Merighi  

Commento n° 718
«E' una composizione originale e interessante, in cui si fanno sfilare su una passerella i numeri, dando loro un portamento e un carattere adeguati alla loro forma. Li si vede cioè in una veste complementare a quella della numerologia, della cabbala, che attribuiscono ad essi vari significati (alcuni tra i tanti: 1, l'inizio; 2, l'ambiguità; 3, il dinamismo; 4, la responsabilità; 5, la giustizia; 6, la bellezza; 7, la disciplina; 8, l'armonia; 9, il mistero; lo 0 fu portato, come ben sappiamo, dopo, dagli Arabi...)»
Inserito il 05/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Numeri in passerella" di Fjaba  

Commento n° 717
«E' una poesia scritta in modo delizioso e accattivante e che ci invita a riflettere. Ingaggiando una battaglia con le rime, il poeta sembra pervenire ad un esito diverso rispetto a quello raggiunto da Montale, e cioè a confermare l'importanza del loro valore. Le rime (da non cercare sempre e per forza!) sono indubbiamente una costrizione, ma quante volte, soprattutto da giovani, non ci si rende conto della bontà delle costrizioni, e magari si mangiano spaghetti al cioccolato (che schifo!) o si guida l'auto al di fuori di ogni norma del codice stradale (e per miracolo si resta vivi) ... Come sostiene il poeta, le rime sembrano addirittura avere il potere di darci talvolta l'ispirazione, quando essa momentaneamente latita!»
Inserito il 05/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ma il verso ti trascina" di Angelo 2000  

Commento n° 716
«Nulla da obiettare al contenuto di questa poesia in dialetto napoletano sulle virtù del sogno (ci dà i numeri da giocare al lotto, ci consente di parlare coi morti, ecc.) e al finale dubbio a proposito della sua vera identità, ma mi permetterei molto umilmente di consigliare all'autore di porre sempre le vocali alla fine delle parole: anche se non si leggono, esse servono a dare alle parole quel suono finale indistinto di cui il napoletano deve andare fiero, perché è simile a quello di tante lingue prestigiose (francese, inglese, tedesco, portoghese...)»
Inserito il 05/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "O’suonn" di Giovanni Celardo  

Commento n° 715
«La poetessa ci fornisce un'efficace immagine psicologica: quella di un nostro interiore lago del silenzio (apparente), in cui confluiscono le nostre pene, i nostri fallimenti, che lì si sedimentano. Gli impegni quotidiani ci aiutano, finché durano, a dimenticare quella brutta immagine, a illuderci che non esista, ma poi, allorquando essi cessano, ecco che la nostra ragione si concentra di nuovo su quella zona oscura della psiche, ecco che, per uccidere in un modo un tantino masochistico il tempo, va dolorosamente a ripescare tutte le occasioni perdute, tutte le azioni sbagliate o incompiute che riposano per sempre in quel tenebroso lago psichico.»
Inserito il 03/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il mio lago" di Elena Poldan  

Commento n° 714
«Se io talvolta commento il Vita, lo faccio anche (e forse soprattutto) perché immagino che egli non mi contraccambierà. Ci sono invece non pochi autori che non sanno scindere l'attività di poeta da quella di commentatore, di critico, e che immaginano che sia una cosa naturale fare un commento (sempre molto positivo) a chi lo ha fatto a lui. Ma talvolta ciò può rasentare il ridicolo: attribuire, ad esempio, ad una poesia una metrica perfetta laddove essa è in realtà alquanto lacunosa, o, poniamo, rilevare un'elegantissima ironia in un'opera in cui ci sono soltanto grevi battute da avanspettacolo. Ne può risentire, in qualche caso (diciamolo francamente, come forse vuol farci capire il Vita), la credibilità della nostra arte!»
Inserito il 03/01/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "È sulamenti scanciu" di Giuseppe Vita  

Commento n° 713
«La poetessa mette baudelairianamente a nudo il suo cuore, e per questo motivo la sua condizione esistenziale potrebbe sembrare eccezionale ad un eventuale lettore distratto. Ma così non è, perché la maggior parte delle poesie nascono da questi stati d'animo, anche se la maggioranza di chi scrive preferisce forse, come me, ricoprire quel cuore con un panno qualsiasi. I sogni infranti perché magari troppo arditi, le fredde ombre di un passato senza semine, l'impressione di vivere in un tempo che esiste solo per noi sono sensazioni comuni a tante donne e a tanti uomini sensibili, e sono uno dei concimi ideali per la nascita di una sincera, bella ed empatica poesia.»
Inserito il 31/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Assente" di Elena Poldan  

Commento n° 712
«Se non erro, questo poeta si è affacciato da poco tempo a questo sito, ma le sue non molte poesie sono già sufficienti a farci capire, senza dubbi, lo spessore della sua arte (e lo dice uno che non ama particolarmente i versi liberi) . Ho conosciuto Trieste solo d'estate, ma posso ben immaginare (anche dalle amatissime letture di Svevo, di Magris...) come sia d'inverno, con quella bora quasi metafisicamente descritta dal poeta, con quel freddo ed impetuoso vento di fronte al quale tutti si sentono un po' colpevoli: il cappotto che non scalda, i cappelli che perdono la testa dei proprietari, e soprattutto le anime delle persone "importanti", impietosamente trascinate nel mare dalla bora, che impartisce loro così una lezione di umiltà.»
Inserito il 30/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Bora scura" di Andrea Sossi  

Commento n° 711
«Condivido appieno il contenuto di questi ottonari: razionalmente il capodanno dovrebbe essere considerato non come una festa, ma quasi come un lutto, perché ci priva di un altro dei pochi anni della nostra breve esistenza. Però, guardando il famoso bicchiere mezzo pieno, ciò che spinge anche (o forse soprattutto?) parecchi anziani ad essere contenti di quel giorno è il poter dire "ci sono ancora, ho visto nascere un altro anno! ", cioè un altro giorno "vierge, vivace et bel" (che tanto attraeva il pur triste Mallarmé) elevato alla potenza, moltiplicato per trecentosessantacinque.»
Inserito il 30/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Ogni anno lo mandiamo a quel paese" di sergio garbellini  

Commento n° 710
«Penso che l'autore abbia trattato un argomento davvero interessante (e talvolta trascurato) in questa sua composizione. L'evoluzione della specie umana, così complessa (ma non è la sola: le razze dei cani, ad esempio, non sono parecchio diverse l'una dall'altra?) , ha portato ad una differenziazione accentuata tra i vari individui. E' verissimo, non siamo affatto tutti uguali, e tenerlo sempre presente eviterebbe tanti equivoci e malumori. Quante volte diamo, ad esempio, un consiglio che in realtà è efficace solo per noi a un altro, e viceversa? Il possesso, anche in questo caso, di un sano principio voltairiano di tolleranza non può che giovare a tutta l'umanità.»
Inserito il 29/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "No, non sono tuo fratello" di Pagu  

Commento n° 709
«Questa poesia, in sapienti e raffinati versi liberi, mi è piaciuta molto. Essa, attraverso l'accurata scelta di alcuni vocaboli (il bucato, le biciclette, il profumo, gli amori timidi, l'alba, il principe azzurro, la felicità, ecc.) , ci riporta indietro nel tempo, agli anni Sessanta credo, ma potrebbe forse ulteriormente retrocedere, fino ai tempi dei nostri genitori o dei nostri nonni. Questa poesia ha il potere di introdurre una ventata di freschezza all'interno della solo apparentemente aperta vita moderna (in cui quei valori sono ormai scomparsi) e dello stanco mondo adulto (che li può cullare solamente come amabili ricordi) .»
Inserito il 27/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "I miei amici" di Teresa Esposito  

Commento n° 708
«Dubbioso nel decidere se l'autore abbia colto meglio l'atmosfera di Lisbona o quella del suo grande poeta del Novecento, preferisco affermare che entrambe sono state analizzate con una precisione quasi chirurgica (i vicoli azzurri, i sapori speziati, il tempo segreto per la città, e gli eteronimi, il vuoto dell'esistenza, il vino per Pessoa) . La profondità dell'analisi farebbe pensare che il poeta viva, o abbia vissuto, nella capitale lusitana, ma a fargli scrivere questi profondi versi potrebbe essere stato anche soltanto un grande amore per Fernando (la letteratura è capace pure di questi miracoli) . Muito, muito bem!»
Inserito il 23/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Pessoa" di Andrea Sossi  

Commento n° 707
«In quel grande patrimonio dell'Italia che è la "limba sarda", la quale di solito poco indulge a sdolcinature e che spesso vede con concretezza le cose, chi ha scritto questa poesia, con la ripetuta (e un tantino retorica) domanda "It'est custu Nadale? " ("Cos'è questo Natale? ") pone l'accento sui mali del mondo, che non cessano neppure in questo periodo, ai quali nemmeno le cerimonie religiose riescono ad accordare una tregua. Il poeta si rifugia nella poesia, amato vizio di gioventù, e alla fine proprio alla gioventù passata sembra dare la colpa di non potere più godere di questa festa, a quella leggiadra gioventù che aveva il potere (essa soltanto) di portare l'allegria, l'amore e la felicità.»
Inserito il 21/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Nadale" di Gesuino Curreli  

Commento n° 706
«Secondo la mia lettura, in questo bel sonetto forse giustamente "non rivisto", come specifica il poeta in nota (talvolta è meglio non aggiustare l'espressione dei veri moti del cuore) e come è confermato dalla presenza di un paio di dodecasillabi, l'autore mostra un aspetto dell'amore, o dell'innamoramento, che volge al termine, ma che, come tutte le cose dure a morire, si sbizzarrisce a dare degli intensi colpi di coda, forse gli ultimi e i più dolorosi: essere seduti dietro una donna tanto, sia pur vanamente, amata dà delle emozioni che ogni uomo sensibile ha provato e che il Lungosini ha saputo così bene mettere in poesia.»
Inserito il 18/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Ascoltando un tango seduto dietro di te" di Adriano Lungosini  

Commento n° 705
«Può sembrare strano, ma secondo me uno dei generi poetici più difficili da realizzare è quello delle poesie di argomento amoroso: si rischia spesso di essere troppo sdolcinati, soprattutto quando ci si serve di una lingua o di un dialetto "morbidi" . C'è bisogno di contrappesi, che qui il poeta ha trovato con due espedienti: l'atteggiamento eccessivamente "romantico" del giovanotto (che porta il lettore quasi a ridere, benevolmente, di lui) e l'uso del dialetto "duro" della Lombardia settentrionale, di quell'Italia che ormai sconfina nella Svizzera franco- tedesca (e "tedesche" sono alcune parole della poesia, come "ur" e come "coeur", francesissima ma germanica per il suono) .»
Inserito il 15/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Al balcun" di Michele Prenna  

Commento n° 704
«E a quale poeta dilettante (a cominciare da me, che non ci riuscirò mai!) non piacerebbe raggiungere l'essenzialità ungarettiana di "Mattina"? L'ermetismo di Ungaretti è, nelle sue poesie più note, particolare, non appare quasi incomprensibile come nella maggior parte delle opere di quel genere, ma si apparenta, secondo me, col simbolismo, ci dona frammenti di frasi capaci di essere talvolta comprese anche da un bambino. Nel migliore Ungaretti le parole (che rompono fugacemente il silenzio per poi tornare a tacere) ci lasciano, come tutte le cose che durano poco, un loro ricordo imperituro.»
Inserito il 15/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "L'ermetismo" di Antonio Guarracino  

Commento n° 703
«Anche se sul contenuto di qualcuno dei numerosi versi di questa lunga poesia non sono d'accordo al cento per cento, l'opera mi è piaciuta, perché le rime riescono ad ammorbidire alquanto la potente ribellione al mondo in cui viviamo che scaturisce dall'animo dell'autore. Il messaggio che egli lancia sembra essere questo: la terra soffre già di tante sue malattie, contro le quali non possiamo fare niente; cerchiamo almeno di non peggiorare il suo stato di salute con scriteriate scelte delle quali solo il genere umano deve ritenersi responsabile!»
Inserito il 14/12/2016 da Antonio Terracciano alla poesia "Colpevole" di gabriele vacca  

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