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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 792
«"Odio l'estate", cantava il grande Bruno Martino quando ero un ragazzino, e allora non sapevo perché mi piacesse tanto quella canzone. Ma, crescendo, ho cominciato ad apprezzare sempre meno il sole caldo, le spiagge affollate e la "secchezza del ciliegio", metafora ben scelta dal poeta per indicare la mancanza di ispirazione; ho amato certe estati solo quando esse erano più piovose o fredde, a Parigi o in Normandia. Credo che avesse ragione Montesquieu, quando collegava il clima alle attività umane, e molti studiosi pensano che la prodigiosa fioritura artistica (e tecnica) della Firenze del Cinquecento sia stata favorita da un clima allora particolarmente rigido. L'estate mediterranea secca tutto, a volte anche gli amori...»
Inserito il 26/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ancora contro l'Estate" di Angelo 2000  

Commento n° 791
«A mano a mano che procedevo nella lettura di questa pur bella poesia, avvertivo una strana sensazione di "déjà vu", e alla fine ho svelato il mistero: questa composizione, nella seconda parte, assomiglia molto a "Falsetto" degli "Ossi di seppia" di Eugenio Montale, usa parole ed espressioni quasi uguali (la giovinezza insidiata, l'acqua che ritrova e rinnova, l'equorea creatura, i fortilizi diroccati, il ritorno al lito più pura...) Se l'autore (come immagino) non l'ha fatto apposta, si può dire che egli ha sfiorato l'esperienza del Pierre Menard di Jorge Luis Borges (di quel personaggio cioè che scrisse una copia identica del "Don Chisciotte" di Cervantes senza averlo mai letto!)»
Inserito il 26/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "A te figlia mia" di Universo Arte  

Commento n° 790
«E' una poesia di buona fattura che, con semplicità, entra nei cuori di molti lettori, soprattutto dei poeti e dei poeti potenziali, perché essi jn modo particolare hanno vissuto, in gioventù, quelle esperienze inconcludenti ma intensissime che il Conte mette benissimo in evidenza. L'estremo impaccio di giorno e le fantasie più sfrenate di notte: quanti di noi sono passati attraverso queste solo apparentemente contrastanti esperienze! E la poesia si conclude con una precisazione molto veritiera: quegli amori si dimenticano più facilmente (talvolta si rinnegano addirittura) quando si conoscono le sorti della ragazza, mentre ben difficilmente vanno via dalla testa quando non si sa più niente di lei!»
Inserito il 20/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Amor fanciullo" di pompeo conte  

Commento n° 789
«Certo, il poeta non usa tanti eufemismi (e fa bene) per denunciare l'imbecillità che ci circonda! "La madre dei cretini è sempre incinta" è un modo di dire - ahinoi! - sempre attuale. Per quanto riguarda, in particolare, tanti politici, mi piace riportare il pensiero (tratto dal "Dizionario della stupidità" di Piergiorgio Odifreddi) di tre notissimi uomini inglesi: W . Churchill sosteneva che parlare con un politico è come parlare con un suo elettore (sono stupidi entrambi), B . Russell sottolineava che gli eletti non possono (per fortuna!) essere più stupidi dei loro elettori, e G . B . Shaw pensava che le democrazie avessero introdotto l'elezione di molti incompetenti al posto di pochi corrotti...»
Inserito il 15/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Quanta ce ne vuole di pazienza (o di pasienza o di pacienza)" di rob ponzani  

Commento n° 788
«Con la sua solita ed esauriente chiarezza, il poeta si chiede se il suo vero posto nel mondo sia sulla terra, oppure sotto o sopra. Credo che questo sia un quesito che tutti si sono posti. Se pensiamo all'estrema brevità della vita rispetto all'infinita lunghezza della morte, non ci sono dubbi: la nostra vera dimensione non sta in questo mondo, ma in un altrove che ognuno, secondo la sua sensibiltà religiosa (forte o debole) può porre dove meglio crede. "Siamo solo di passaggio su questa terra! " è un popolare modo di dire che non può certo essere contestato!»
Inserito il 15/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Dov'è il mio posto?" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 787
«L'ironia, quella "forma di distaccato umorismo che mira, secondo l'insegnamento socratico, alla relativizzazione delle false sicurezze e alla presa di distanza da atteggiamenti intransigenti e dogmatici" (U . Galimberti), quella via di mezzo tra la comicità e la satira, ha sempre trovato la maggioranza degli Italiani piuttosto impreparati, e sembra quasi che per lei, come scrive il Crocetti in queste quartine di endecasillabi, si stia preparando il funerale. Noi Italiani siamo spesso maggiormente attratti dalla seriosità (più che dalla serietà) ad ogni costo (salvo sfociare, talvolta, nell'umorismo volgare), e perdiamo così i sublimi doni che l'ironia ben concepita sa elargire all'intelletto.»
Inserito il 13/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Funerale dell'ironia" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 786
«Con questi efficaci ottonari, l'autore evidenzia una spiacevole verità: la fiducia, per ottenere la quale spesso abbiamo tanto penato, può venire improvvisamente a mancare per qualche piccolo errore commesso; anzi, paradossalmente, più siamo saliti in alto e più facilmente possiamo ridurci a quel "guano" efficacemente nominato dal poeta (si pensi, ad esempio, alla fine che hanno fatto alcuni personaggi storici...) Forse non hanno tutti i torti coloro i quali evitano di far conoscere le proprie qualità e i propri meriti (a loro queste disgrazie difficilmente possono capitare...)»
Inserito il 13/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ancora In Volo!" di Omar Vitali  

Commento n° 785
«Con la sua solita e penetrante ironia, Lorenzo Crocetti ci riporta alla mente il verso (il primo del Canto VII dell'"Inferno") forse più enigmatico della "Divina Commedia" . Secondo il dantista Manfredi Porena, comunque (lo scriveva già nel 1925) , queste parole, messe in bocca a Pluto, e rivolte contro Dante, significherebbero "primo nemico del Papa", cioè di Bonifacio VIII, avaro e corrotto, e quindi "amico" di Pluto ("pape" sarebbe il genitivo di "papa", "satan" in ebraico significa "nemico", e "aleppe" sarebbe una deformazione di "aleph", la prima lettera ebraica che assume anche il valore di "uno, primo") . A meno che non abbia ragione Roberto Benigni, secondo il quale "la frase ha un senso esclusivamente sonoro, musicale" ...»
Inserito il 06/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Pape satan" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 784
«Il validissimo poeta, con le sue ormai solite armoniose e chiare quartine in rima, affronta un argomento molto noto, cioè che le poesie (valide) possono nascere soltanto quando c'è l'ispirazione. E, quando essa c'è, tutti gli argomenti possono essere trattati, e inoltre chi è abituato a scrivere in rima si accorge che essa sgorga in modo naturale, e non forzato, dal suo cervello. E' stato davvero saggio il fantasma di quell'anziano letterato (in realtà forse la coscienza dell'autore stesso) a dare quel consiglio!»
Inserito il 01/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "C'è sempre da imparare nella vita" di sergio garbellini  

Commento n° 783
«E' interessante, come al solito, l'argomento trattato questa volta dal Crocetti: gli ostacoli di varia natura che si frappongono a una vera unità dell'Europa, sogno che coltivo da ragazzo e che ancora non si è realizzato. Ma io non dispererei: ci vorrà ancora tempo, ma se pensiamo a quanto era divisa la bellissima regione di Lorenzo, la Toscana, solo pochissimi secoli fa, dobbiamo nutrire speranze! Delle vecchie divisioni politiche della Toscana ormai restano solo innocui stereotipi e gustosissime barzellette con le quali le varie sue città si prendono amichevolmente in giro: auguriamoci che accada, in breve tempo, la stessa cosa per l'Europa!»
Inserito il 01/07/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Unità d'Europa" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 782
«Prima di essere "costretto" a visitare Cagliari (una costrizione benedetta!) per il servizio militare, nel 1974, avevo conosciuto Lisbona, e appena approdai nel capoluogo sardo, via mare (come suggerisce il poeta), notai subito una notevole somiglianza tra le due città (che qui non è il caso di spiegare) . Il Vacca, con un'altra delle sue poesie che coinvolgono tutti i nostri sensi (anche quello tattile: sembra quasi di toccare le bellezze che egli descrive), compone in versi una preziosa guida turistica della sua città che neppure il grande Pessoa fu in grado di fare per la sua Lisbona (la scrisse in prosa) .»
Inserito il 26/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "La mia Città" di gabriele vacca  

Commento n° 781
«E' bello quando una città come Firenze (che io conosco solo molto superficialmente) è baciata dall'armonia fra la natura e gli uomini! E' ciò che ci fa sapere il Crocetti in questa sua poesia a me (bontà sua!) dedicata. Purtroppo non si può dire la stessa cosa di Napoli, sia che si prendano per buone le parole del famoso quasi omonimo del poeta, B . Croce (che le trasse da alcuni viaggiatori stranieri dei secoli precedenti), "un paradiso abitato da diavoli", sia che si dica l'opposto, "un inferno abitato da angeli", come scrisse una ventina di anni fa il francese J . - N . Schifano (inferno per la presenza del Vesuvio, dei Campi Flegrei...) : la disarmonia, purtroppo, nella capitale del Mezzogiorno c'è comunque!»
Inserito il 23/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Pensiero su Firenze" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 780
«In una delle sue "Lettere a Milena" (Jesenska), Franz Kafka scrisse: "Tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso" . Come la presenza di una bella donna può trasformarsi a volte in uno strumento di tortura, mettendo in evidenza tutte le nostre imperfezioni, così questa concisa, efficace e lucida poesia sottolinea che ogni giorno, ogni momento, ogni sguardo, e soprattutto ogni verso, possono far male, in particolare quando componiamo poesie introspettive, che più di altre sembrano sezionare dolorosamente la nostra psiche.»
Inserito il 20/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ogni verso" di Giovanni Piludu  

Commento n° 779
«La buona tecnica, e soprattutto le scelte lessicali, sempre precise, nitide e concrete (posso dire molto sarde?) di questo autore rendono le sue poesie accessibili a tutti, ed immergono senza equivoci il lettore nelle atmosfere da lui create. Qui il Vacca ci parla della bellezza e dell'utilità degli "orti" di un tempo, contrapposti ai moderni "giardini", spesso soltanto vanamente ornamentali. (Conosco la differenza, perché da bambino abitavo in una delle seicento case, quasi tutte uguali, del rione industriale della mia cittadina, case costruite sul finire del Ventennio, e dotate ciascuna del suo orto; purtroppo mio nonno morì troppo presto per svelarmi i loro preziosi segreti...)»
Inserito il 19/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "L'orticello" di gabriele vacca  

Commento n° 778
«Le poesie di Carla Vercelli (che è anche un'ottima pittrice) hanno sempre il potere di accarezzare i nostri sensi, come un leggero e ben manovrato pennello sa accarezzare la tela. In questa poesia mi è piaciuto soprattutto il verso in cui l'autrice precisa che le poesie sono "semplici, ma non facili" . Sembrerebbero due sinonimi, ma non è così: secondo il "Devoto- Oli", ad esempio, "semplice" è ciò che è "unitario, omogeneo, privo di complessità", mentre "facile" è quello "che non richiede alcuna dote di applicazione particolare", quello che si può fare tranquillamente ogni giorno, come infilarsi le scarpe (e le poesie non sono scritte coi piedi...)»
Inserito il 16/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Natura morta su un crinale d’ombra" di carla vercelli  

Commento n° 777
«Credo che quest'opera possa sembrare un po' ironica (in difesa della poesia), ma che contenga invece un fondo di verità. In realtà cos'è una poesia se non una specie di malattia contagiosa che ci viene trasmessa sin dalla scuola elementare? La vita è altrove, sembra dirci l'autrice, e la simbolica uccisione del poeta potrebbe mostrarsi, a lungo andare, benefica anche per il poeta stesso, troppo spesso pieno soltanto di sogni, di vane illusioni e di vuote rime!»
Inserito il 16/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Uccidi il poeta!" di Sabyr  

Commento n° 776
«Uno dei più rilevanti motivi dell'incomprensibilità di tante poesie ermetiche è connesso forse proprio con ciò che sostiene il Crocetti in questa sua bella poesia sull'ermetismo, ma non ermetica! Non esistono parole adatte a ciò che passa nella mente del poeta, soprattutto quando egli si cimenta con qualcosa di assoluto, di trascendentale, di sovrumano: le parole che, con molti sforzi, trova per esprimere tali concetti sono sovente inadeguate, imperfette, transitorie. (Come può il lettore gustare appieno queste poesie, se quelle parole - feci qualche esperienza giovanile in tal senso - diventano spesso, dopo un po' di tempo, quasi incomprensibili per l'autore stesso?)»
Inserito il 14/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Ermetismo" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 775
«In questa interessante e delicata poesia, il Ghione (già distintosi più volte nel sito per la sua eccelsa produzione in ligure) mette giustamente in rilievo che i dialetti sono capaci di esprimere sfumature di senso che mancano alle lingue nazionali. Del resto, come non si vive di solo pane, così non si può vivere solamente di dialetti e, per il funzionamento decente degli Stati moderni, occorre a volte, con poca pietà, "ucciderli" ufficialmente (la Francia fu forse la prima nazione al mondo a fare la guerra, già dal Seicento, ai suoi numerosi dialetti, col risultato che ora la francofonia è in tutto il mondo pressoché identica, con notevoli vantaggi per la reciproca comprensione, anche se il francese talvolta può sembrare poco spontaneo) .»
Inserito il 12/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Dialetto" di Giovanni Ghione  

Commento n° 774
«Manco da molto tempo da Spaccanapoli, dal cuore della greca Neapolis, ma riconosco bene le sensazioni che dà la via leggendo le parole usate dall'autore di questa raffinata poesia. Come, vedendo un vecchio, ci vuole molta immaginazione per pensare a come egli sarà stato da bambino (ma tutti sono stati bambini!), così quella zona di Napoli che, pur con i suoi palazzi ovviamente più volte ricostruiti, sta lì, allo stesso posto, da quasi tremila anni, suggerisce, a chi la sa ascoltare quella che fu la sua vita passata, la vita di quando Neapolis era veramente la città nuova.»
Inserito il 06/06/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Spaccanapoli" di Claudio Giussani  

Commento n° 773
«Maestra nel capire e nel descrivere le città, stavolta Carla Vercelli ci presenta Genova, in una poesia con rime e assonanze che spuntano laddove meno te le aspetti, proprio come le grazie di Genova, talvolta nascoste da una solo apparente ruvidezza. Si avverte, in questa poesia, in ogni suo verso, quella meraviglia non disgiunta da un po' di sconcerto, quella contiana "faccia un po' così" che probabilmente è tipica di tutti i piemontesi che visitano la "Superba" . Per molti aspetti simile a Napoli, Genova se ne differenzia per il suo cuore, più nascosto, inizialmente più inaccessibile, ma forse più genuino...»
Inserito il 31/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Genova" di carla vercelli  

Commento n° 772
«In questa sua deliziosa poesia in spagnolo, l'autrice tocca un tasto molto importante riguardante il cambiamento dei rapporti umani. Quando si scriveva "con pluma y papel", ci si conosceva meglio, si entrava con maggiore sicurezza nel mondo, nell'intimità dell'altra persona, mondo e intimità peculiari che si riflettevano nei tratti di penna particolari (per questo era nata la grafologia!) Ora tutto è andato a rotoli, la grafologia è stata messa in soffitta, e gli equivoci e le fregature sono aumentati! Condivido appieno, poi, la nota della poetessa: una poesia, quando la si traduce, non è più la stessa, la si compone praticamente daccapo (e ci fa fare lo stesso viaggio, sì, ma con un mezzo di trasporto alquanto diverso...)»
Inserito il 30/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Con pluma y papel" di Franca Merighi  

Commento n° 771
«E' vero ciò che scrive il Prenna in questo suo come al solito chiarissimo pensiero poetico: le chiese (forse quanto più piccole sono, quanto più incenso usano, quanto più spoglie appaiono...) sono capaci di suscitare (anche se momentaneamente) la spiritualità pure in chi non è tanto praticante, tanto credente, o addirittura in chi si considera ateo. Una tradizione bimillenaria (o anche soltanto millenaria, come nel caso dell'Europa dell'est) non può non aver lasciato dei forti echi (e coloro che avrebbero voluto abolire le chiese, come i rivoluzionari francesi e poi quelli russi, hanno dovuto in seguito fare inevitabilmente una decisa marcia indietro!)»
Inserito il 25/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "In chiesa" di Michele Prenna  

Commento n° 770
«Il bravo poeta ci illustra, in questa sua bella poesia, uno dei patrimoni della natura più affascinanti d'Italia, la cagliaritana spiaggia del Poetto. E ci fornisce dettagli che io, militare del C . A . R . a Cagliari nel 1974, nella vicina caserma "Monfenera", non riuscii a cogliere completamente durante quelle sporadiche passeggiate che mi potevo permettere in libera uscita (e che non colsi del tutto neppure tre lustri dopo, quando tornai - in borghese! - a visitare il capoluogo sardo) . Se posso dire la mia, ci sono, nel Sud e nelle altre isole, spiagge altrettanto belle, ma il Poetto le supera per il suo nitore, il suo ordine e la sua quasi geometrica conformazione .»
Inserito il 23/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il Poetto" di gabriele vacca  

Commento n° 769
«"Il pleure dans mon coeur / comme il pleut sur la ville" ("Piange il [ 'nel', più esattamente ] mio cuore / come piove sulla città") : questi due versi, famosissimi, di Paul Verlaine, sono forse i più adatti a chiosare il sofferto e interessante lavoro dello Scimonelli. Quando si è tristi, quando si hanno dei problemi, se piove, ci si sente meno soli, perché le lacrime del cielo sembrano fare compagnia alle nostre. Invece, soprattutto quando si vive al Sud, in Sicilia come a Napoli (" 'o paese d''o sole" ...) , il bel tempo, troppo costante, sembra quasi farsi beffe dei nostri dolori, delle nostre sventure, delle nostre inquietudini!»
Inserito il 21/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Amo la pioggia" di Giacomo Scimonelli  

Commento n° 768
«Sono d'accordo sul contenuto della garbata ed elegante critica del Crocetti alla moda italiana (passeggera, suppongo) di fare haiku giapponesi. Però non sono certo di ciò che il poeta prefigura alla fine della poesia (cioè un Giapponese che si rifiuta di imparare a comporre un sonetto): i Nipponici amano molto la nostra cultura, percependo nella loro qualcosa di mancante; come vengono in Italia per imparare la nostra musica (lirica, soprattutto: una volta conobbi personalmente, a Pesaro, una giapponesina lì recatasi per studiare Rossini), restando talvolta delusi (a Napoli, negli anni Ottanta, non trovarono neppure un maestro di mandolino...) , forse ci verrebbero pure, con determinazione, per apprendere a scrivere i sonetti!»
Inserito il 18/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Nuove metodologie poetiche" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 767
«Interessante introspezione (e riflessione) sul tempo, questa del Prenna. Quando vediamo fenomeni che si ripetono puntualmente allo stesso modo (nella natura, negli alunni a scuola, nelle coppiette di giovani innamorati...) , il tempo sembra essere fermo, e pare che sia passato soltanto per noi osservatori! In particolare, per quanto riguarda il mondo della scuola, fu osservato da una professoressa e scrittrice francese che il lavoro dell'insegnante è il più alienante (anche) in questo senso, perché egli è condannato ad avere, a trenta come a sessant'anni, alunni sempre della stessa età: il tempo sembra scorrere malauguratamente solo per lui!»
Inserito il 17/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il tempo" di Michele Prenna  

Commento n° 766
«Le donne, gli uomini, gli amori, i treni, le stazioni... Bella questa poesia dell'ingegnere cagliaritano, ben calibrata come un'opera ingegneristica e non sdolcinata come non lo è la schietta anima sarda! E' una poesia che può competere con uno dei migliori testi del compianto capostazione Gianmaria Testa, un cantautore rimasto purtroppo semisconosciuto in Italia ("Le donne nelle stazioni / c'è sempre uno che le aspetta / e quando arriva il treno è già lì / che sventola le mani / e se ne vanno via in compagnia / e ti sembrano diverse / e non si voltano più, non si voltano più... ") I treni e le stazioni, dove tutti sono passeggeri, elevano al quadrato una ricorrente caratteristica dell'amore, anch'esso sovente così passeggero!»
Inserito il 13/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "I treni non si fermano" di Pier Giorgio Cadeddu  

Commento n° 765
«Mi sembra di cogliere, in questa chiara e intensa composizione, un forte incoraggiamento all'amicizia che, quando è vera, dovrebbe servire principalmente alla comunicazione delle sventure personali, mirare a un rapporto in cui, alla fine, mediante la funzione salvifica della parola, si alleggeriscono le pene sia di chi le esprime sia di chi le ascolta, perché tanto tutti le abbiamo, prima o poi, provate. E' ciò che aveva intuito il Cristianesimo, con la confessione, e che Freud ha ribadito con quella confessione laica che è la seduta psicoanalitica. Ma ho l'impressione che nel nostro convulso mondo moderno siano sempre più pochi coloro disposti a "perdere tempo" in questo modo, purtroppo!»
Inserito il 10/05/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Parla con me" di Lucidi Danilo  

Commento n° 764
«Aprile (penso di conoscerlo un po', perché ci sono nato...) è un mese particolare, senza un carattere ben definito o, come scrive il poeta, con molti caratteri diversi: situato tra marzo, capriccioso per antonomasia, e maggio, il baldanzoso mese delle rose, aprile non sa mai bene con chi apparentarsi, ed appare spesso (tralasciando certi accostamenti politici proposti dal poeta...) come il Fernando Pessoa dei mesi, perché quasi ogni giorno esibisce un eteronimo diverso, senza sapere mai bene chi è veramente!»
Inserito il 28/04/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Se nevica a Aprile" di Michele Prenna  

Commento n° 763
«E' un sogno ad occhi aperti, quello del poeta, che ogni tanto capita pure a me di fare. Sono anch'io del parere che gran parte della nostra infelicità sia nata nel lungo periodo in cui ci separammo dalle nostre antenate, le scimmie, illudendoci di diventare i padroni dell'universo, ma in realtà creandoci infiniti problemi. Chissà, forse la leggenda biblica dell'uscita di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre per colpa di quella mela proprio a ciò vuole alludere: al debito che dobbiamo continuamente pagare al creato per avere mangiato (e per mangiare ancora, sempre più abbondantemente) il frutto della conoscenza...»
Inserito il 28/04/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "La forza del sogno" di Marco Viti Benocci  

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