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Responsabilità sociale
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Trovati 1032 commenti di Antonio Terracciano

Commento n° 852
«E’ una poesia che con delicatezza tratta del problema (? ) di molte persone introspettive: la solitudine. Questa strana malattia (? ) è sempre in agguato, e addirittura, come scrive la poetessa, sembra spesso precederle: quando esse sono in mezzo alla gente, sanno che la solitudine è da qualche parte ad aspettarle, come una gelosissima amante. Ma a volte la solitudine non è davvero sola, perché può essere in compagnia di immagini belle e passate, di momenti particolari ed eletti che sono stati un tempo vissuti dalla persona solitaria e che la realtà di tutti i giorni non riesce neppure lontanamente ad eguagliare...»
Inserito il 10/02/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Arrivi sempre prima" di margherita cutolo  

Commento n° 851
«Quando si scrivono poesie di questo tipo, c’è il "rischio" di essere un vero poeta. Già, perché il vero poeta non è chi va a caccia di vittorie, di coppe, di medagliette, non è chi si fa pubblicare (a pagamento) un libro cartaceo, illudendosi così di conquistare la gloria, ma è colui che quasi si vergogna delle sue capacità letterarie, in questo mondo che ci vorrebbe tutti allineati con le regole del successo (soprattutto economico) in ogni campo... Il vero poeta è sempre un po’ nevrotico, si pone continuamente, come l’Amaddeo (che ben cita Pessoa), domande sulla sua vera identità, ma esercita comunque un’azione benefica, alleviando (seppur solo momentaneamente) i dolori dei lettori che hanno i suoi stessi problemi.»
Inserito il 10/02/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Falsi poeti" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 850
«Ogni tanto la gioventù ha l’illusione di scrivere la storia, per poi magari accorgersi di essere stata astutamente manipolata da qualche potere occulto al quale, pur sforzandosi, non riesce a dare un nome. Chi fu davvero a "sviare giovani menti", ad ammodernare "ancestrali miti", a creare quei "luoghi fatui e indefiniti" senza "nesso"? Forse lo scopo era proprio quello di non far "crescere il libero pensiero" nelle masse, ottenendone vantaggi, da parte di una élite camuffatasi da altruistica amica del popolo... La bella e profonda analisi poetica (anche se probabilmente da me un po’ travisata) dell’autore mi ha fatto rivivere quegli anni e ripensare a ciò che il mezzo secolo trascorso non ha ancora saputo ben chiarire.»
Inserito il 06/02/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Il Sessantotto" di Pasquale Farallo  

Commento n° 849
«Con versi semplici e schietti, e proprio per questo più diretti ed efficaci, il poeta esprime sentimenti senz’altro condivisibili almeno da coloro che hanno superato il mezzo secolo di vita, o che vi si stanno avvicinando. Il progresso è una bella cosa, ma non quando va contro i fondamentali bisogni dell’umanità: come sostiene il poeta, esso ha ormai ucciso la conversazione in famiglia (fondamento di ogni appagante relazione domestica) e i semplici giochi per strada (almeno si prendeva un po’ d’aria!) Dominato sempre più dal web e dalla telefonia mobile, questo mondo sembra ormai preparare ragazzi senza ricordi (che sono la vita virtuale di passate esperienze reali, mentre non possono essere la virtualità di un’altra virtualità!)»
Inserito il 04/02/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Nostalgia" di Luigi Berti  

Commento n° 848
«Trovo piena di grazia questa poesia che tratta con notevole delicatezza i ricordi di un amore ormai passato. L’autore ritorna in "quel parco gelido, nebbioso ed alberato" (verso che si ripete tre volte) alla ricerca di ciò che fu, e vi trova solo le ombre di un ragazzo e di una ragazza che si volevano bene un tempo. L’atmosfera (il gelo, la nebbia...) è "nordica" (ma il luogo potrebbe benissimo trovarsi anche al Sud) e così accompagna meglio il rimpianto di ciò che non è purtroppo continuato, di quei baci (reali o sognati) dissoltisi ormai fra le brume, ma abilmente rievocati dalla struttura della poesia (otto strofe di due versi ciascuna, con rime baciate, appunto...)»
Inserito il 31/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Dialogo sentimentale" di Pio De Michelis  

Commento n° 847
«Sentita e originale poesia che, nelle sue cinque strofe, fa parlare un internato nei campi di concentramento nazisti. Ma, a pensarci bene, non potrebbe essere quell’internamento inteso anche come una metafora delle nostre vite di tutti i giorni? Non si comincia col far credere ai giovani che "Arbeit macht frei", mentre li si trasforma in numeri? E quella strana musica che sembra risuonare nei lager e che allontana la tristezza non equivale forse ai moderni concerti rock? Ci illudiamo di essere liberi solo perché il filo spinato non lo vogliamo vedere, e quella doccia serale (sulla quale la poetessa si sofferma due volte) potrebbe corrispondere a qualche tranquillante, a qualche sonnifero che ci permette almeno di dormire un po’ ...»
Inserito il 28/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Numeri in fumo" di Cinzia Gargiulo  

Commento n° 846
«Già sentirmi dire "come va? " mi mette in imbarazzo (occorrerebbe almeno un’ora di spiegazioni...) Figuriamoci poi il cafonesco "tutto a posto? " (che si presta anche ad un’altra, più volgare, interpretazione...) , così diffuso ormai, come giustamente sottolinea il Capaldo, nel nostro spesso irritante Sud! Converrebbe ignorare (o, meglio, mandare a quel paese) le persone che ci salutano in quel modo, ma, per buona creanza (da questi personaggi immeritata), ci adeguiamo, e rispondiamo con un "sì", con un "certamente", con un "senz’altro", espressioni del tutto inadeguate, che ci fanno pensare che sarebbe stato molto meglio non avere mai incontrato quelle persone!»
Inserito il 22/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Tutto a posto" di Luciano Capaldo  

Commento n° 845
«Il genere umano si distingue dagli (altri) animali anche perché ogni suo rappresentante ha un nome proprio, e questo, tra l’altro, permette all’amore un grado di raffinatezza senz’altro superiore. Questa breve poesia, al confine tra la linguistica e la psicologia, afferma sostanzialmente la grande importanza del nome proprio (come appunto fanno la linguistica e la psicologia), di quella parola cioè che "acquista la densità e lo spessore di un corpo, si erotizza, diviene un significante carnale e, nello stesso tempo, il corpo acquista lo stesso valore simbolico del nome, appare a sua volta unico, intraducibile, insostituibile, diverso da tutti gli altri, incomparabile" (Massimo Recalcati) .»
Inserito il 22/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Dentro il tuo nome" di Antonio Biancolillo  

Commento n° 844
«Apprezzo Demetrio Amaddeo, perché è un poeta "diretto": ha il coraggio di non interporre schermi tra la sua verità e la sua poesia. La maggior parte di noi (me compreso) scrive le sue opere in modo "indiretto", cioè proteggendosi (mediante un certo stile, la metrica, l’ermetismo, il simbolismo e qualunque altro mezzo) dall’espressione cruda di tante idee che gli passano per la testa, per non soccombere alle troppo amare realtà veicolate da tante vite umane, per conservare un certo equilibrio, che la visione e la descrizione diretta della Cosa (come la chiamava lo psicoanalista Lacan), cioè del vuoto, del nulla, dell’assurdo, rischierebbe di alterare pericolosamente.»
Inserito il 17/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Beati voi" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 843
«E’ una misurata e gradevole poesia introspettiva, nella quale la poetessa confessa di ispirarsi ai gatti ed alle gatte per ricavare lezioni di saggezza e di vita. Ed in effetti gatte e donne sono parecchio simili, salvo forse in una cosa (se mi è permesso citare scherzosamente un aforisma del medico- scrittore milanese dell’Ottocento Giovanni Rajberti): "La gatta si fa tutta bella col mezzo della lingua: e molte belle donne colla lingua riescono a parer brutte. "»
Inserito il 11/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Leziosa beatitudine" di carla vercelli  

Commento n° 842
«Nostalgico e bello, questo sonetto del Crocetti, che mi ha fatto ricordare i tempi in cui anche a Napoli c’erano numerosi tram e filobus, i cui conducenti dovevano ogni tanto scendere per rimettere a posto i trolley che si staccavano dall’aerea linea elettrica... Erano inconvenienti che piacevano poco alla maggioranza dei viaggiatori, ma che probabilmente non dispiacevano troppo agli eventuali poeti e poeti "in nuce", perché sembravano quasi un’apertura verso l’imprevisto e il caso, che tanto hanno a che fare con buona parte della creazione artistica...»
Inserito il 10/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Lavori a Firenze per la nuova tramvia" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 841
«Beato/a chi ha la fortuna di vivere presso un albero, come è bene evidenziato in questa sincera composizione! Penso che, insieme alla luna ed ai gatti, gli alberi siano i più importanti amici dei poeti e delle poetesse, ed anche i più docili: li possiamo toccare, accarezzare quando vogliamo (la luna mai, e i gatti non sempre...) E l’autrice mi ha fatto subito ricordare una vecchia canzone del mio idolo Georges Brassens, quando egli cantava: "Auprès de mon arbre / Je vivais heureux... "»
Inserito il 09/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Albero mio amico sincero" di Stefana Pieretti  

Commento n° 840
«Giunge opportuna, direi, questa ironica considerazione del Crocetti. Ognuno di noi, nel periodo di chiusura del sito, avrà sperimentato vari sentimenti: il mio è stato quello di mettere in discussione tutte le mie pubblicazioni, quello di chiedermi se avrei potuto spendere il tempo loro dedicato in modo diverso, e forse migliore. Penso che, se la chiusura fosse stata definitiva, col tempo avrei provato una Todestrieb rivolta contro il mio Io poetico, un senso di godimento nel vedere perse per sempre quelle mie miserrime cose, un godimento simile, forse, al convinto mutamento di vita di Rimbaud o al desiderio di Kafka di vedere bruciati i suoi romanzi...»
Inserito il 02/01/2018 da Antonio Terracciano alla poesia "Il sito risuscitato" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 839
«Questi semplici ma profondi versi mi hanno richiamato alla mente un detto che mia nonna, nei pochi anni trascorsi, fresca sposa, a Milano, nell’immediato primo dopoguerra, aveva lì appreso: "To’ a chi piagn, e dà a chi rid" (mi scuso per il mio approssimativo dialetto) . Spesso è così: la persona che soffre veramente tende, per pudore e per non far soffrire gli altri, oltre che per sentirsi un po’ meglio essa stessa, a sorridere, o addirittura a ridere, mentre c’è da dubitare delle lacrime e dei lamenti esibiti talvolta da gente che cerca magari solo il proprio tornaconto!»
Inserito il 26/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Strano incontro" di Michele Prenna  

Commento n° 838
«Al di là della (pur importantissima) sua valenza religiosa, il Natale aveva una funzione sociale in tempi di magra, quando la gente aspettava la festività per potersi finalmente dedicare ad un lauto pranzo, o anche solamente per potere ricevere in dono un allora costoso panettone... La troppo lunga istituzionalizzazione di un evento (di un qualsiasi evento) porta lentamente al suo rigetto, perché i tempi non sono più quelli in cui esso aveva una sua elevata (e pratica) motivazione, e quasi verrebbe la voglia di fare il contrario di ciò che la tradizione impone (un bel digiuno a Natale - perché no? -, e magari una grande abbuffata il Venerdì Santo...)»
Inserito il 25/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Natale gastronomico d’altri tempi" di ex Lorenzo Crocetti  

Commento n° 837
«In questa pregevole poesia, con numerose piacevoli rime, il poeta sottolinea con forza e sicurezza una delle principali caratteristiche della scrittura poetica, da me già evidenziata altre volte: l’ispirazione (quasi divina) nasce all’improvviso, spesso in momenti inaspettati, e bisogna essere attentissimi a coglierla, a memorizzarla per appuntarla al più presto; ma poi è la nostra razionalità a doversi mettere all’ opera, per completare con pazienza la poesia (la sua parte senz’altro più corposa) .»
Inserito il 24/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "L’estro fugace" di gabriele vacca  

Commento n° 836
«E’ un innovativo sonetto, con schema ABAB ABAB CDC DCD, ma formato non da endecasillabi, bensì da trisillabi (e ci vuole un grande talento già solo per immaginarlo: figuriamoci per realizzarlo!) E’ una poesia "d’amore", ma non ne parla nel solito modo strappacuore della maggioranza delle opere su questo argomento: si avverte un tono ironico, scanzonato, e la domanda finale ("Vuoi un caffè? ") è ambigua, perché potrebbe significare la nascita di una storia come una rinuncia ad essa. La poesia, insomma, è un gioiellino: non ripudia affatto la forma classica, ma la rinnova (un po’ alla Palazzeschi, se vogliamo) il più possibile.»
Inserito il 13/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Dove sei?" di giovanni bianchi  

Commento n° 835
«Come tutti gli uomini, anche gli scrittori si possono dividere in due categorie: quelli che i panni sporchi li lavano soltanto in casa, e quelli per i quali l’erba del vicino è sempre più verde. Michaelsanther ed io apparteniamo alla seconda categoria: non è la prima volta che egli parla un po’ male del suo Molise (piccola regione che invece a me piace, o almeno piaceva), usando il suo personalissimo stile, ricco di inusuali, eccentriche immagini, come non di rado io sono stato piuttosto critico su Napoli nelle mie poesie. Chissà se si può esprimere davvero un giudizio sulle regioni, sulle città, o se invece esso risulta nullo, perché derivante dalla somma algebrica dei tanti pareri con segno più e dei tanti con segno meno?»
Inserito il 06/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Certi Luoghi (Molise)" di Michaelsanther S  

Commento n° 834
«Un ottimo modo di rendere omaggio al grande Giuseppe Gioacchino Belli è stato quello di dedicargli un sonetto (con schema ABBA ABBA, più volte usato dallo stesso Belli, per le quartine, e CDC DCD per le terzine), genere poetico del quale Giuseppe Gioacchino era un vero maestro (ne scriveva anche tre o quattro al giorno...) L’autore resta un po’ male nel vedere il monumento del Belli piuttosto malandato, ed immagina che il grande poeta dell’Ottocento sia triste per la scomparsa della sua Roma papalina; ma lo invita a non crucciarsi troppo perché, anche se la città non è più quella di una volta, i suoi abitanti rimangono ancora fumantini, cioè svegli, focosi e un po’ litigiosi.»
Inserito il 04/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Er monumento ar belli" di Giuseppe Caporuscio  

Commento n° 833
«Uno dei principali crucci dei poeti (dei veri poeti) è quello di sentirsi spesso isolati dal resto dell’umanità, perché il poeta (ed ogni persona sensibile in generale) sente dei cattivi odori laddove l’uomo comune li avverte buoni, e viceversa talvolta. L’Amaddeo (come succede a volte anche a me) sembra quasi invidiare, in questa poesia dai sapori sinceri e forti, i suoi amici, i suoi vicini di casa, apparentemente tanto felici e spensierati forse perché hanno l’abilità di saper nascondere bene le loro sofferenze. Temo - ahinoi! - che essi non risponderanno mai all’invito del poeta, che volentieri accetterebbe da loro una maggiore apertura e schiettezza.»
Inserito il 01/12/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Miei cari amici" di Demetrio Amaddeo  

Commento n° 832
«Secondo la mia lettura, è questa una profonda e raffinata fantasia sulla genesi di una poesia (soprattutto di stile piuttosto moderno) . Nella prima strofa la poetessa ci fa sapere di non disdegnare l’endecasillabo (le "undici carezze" che in questo lavoro ricorrono quattro o cinque volte), che non sempre, però, per l’urgenza dell’emozione che vuole essere comunicata, è possibile impiegare; allora, tolte anche le rime, le assonanze e le consonanze, i versi si mostrano più liberi, più vicini forse alla vita, all’amore. La simbiosi della poetessa coi suoi versi, già chiaramente delineata nella seconda strofa, si accentua ancor più, diventando una vera e propria identificazione, nella terza breve strofa.»
Inserito il 29/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Inno al verso" di carla vercelli  

Commento n° 831
«Appassionato di treni fin da bambino, e discreto viaggiatore sulla strada ferrata da giovane, ho fatto parecchie riflessioni su quel mezzo di trasporto, ma mai così originali come quelle che la poetessa, in questa sua ben calibrata composizione in lunghi versi liberi, ci regala soprattutto all’inizio. Quel "cielo sui treni " che "ha l’anima d’acciaio" e quella "nostalgia nel gusto del metallo amplificato" sono, a mio avviso, delle immagini davvero significative, che forse accennano alla sostanziale estraneità della natura e del regno minerale dai precari sentimenti umani. Sono certo che, se fosse ancora vivo, Gianmaria Testa, il piemontese cantautore "ferroviere", apprezzerebbe molto questa poesia, tanto vicina alle sue corde.»
Inserito il 28/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il cielo sui treni" di Franca Donà astrofelia  

Commento n° 830
«Ciò che l’autore di questa chiara poesia in versi liberi chiama "altro me" (e che io, in un lavoro pubblicato parecchio tempo fa nel sito, chiamai "fratello alieno") è un’entità illusoria, che però sembra reale soprattutto agli animi più sensibili. E’ la personificazione, forse, del nostro desiderio di perfezione, della necessità di immaginare come si sarebbero sviluppate le nostre vicende se fossimo stati assistiti da una maggiore fortuna, è l’Io ideale che corrisponde alle nostre doti più vere, rimaste latenti, e che talvolta si manifesta di notte, nei sogni più felici ed appaganti.»
Inserito il 26/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "A volte" di Vincenzo Strani  

Commento n° 829
«Beato chi sa scrivere (bene) in qualche dialetto, perché i dialetti sanno spesso dare alle vicende umane un’intensità maggiore di quella della lingua nazionale! Leggendo questa nostalgica poesia del Prenna, ho provato un po’ le stesse sensazioni di quando ascolto varie canzoni di Enzo Jannacci ("Per un basin" ...) o le bellissime traduzioni in milanese che Nanni Svampa fece di tante perle di Georges Brassens ("I me’ moros d’on temp" ...) . Parlare dei vecchi innamoramenti, che nel Sud è una cosa quasi inflazionata, acquista in milanese, in lombardo, una maggiore preziosità, perché sembra quasi un’eccezione, nell’industrioso Nord, "perdere tempo" con quei sentimenti "accessori" ...»
Inserito il 21/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Amur da giuvin - Amore da giovane" di Michele Prenna  

Commento n° 828
«E’ interessante questa particolare poesia del Capaldo che, se ho ben compreso, cerca di porre un freno alla dilagante mania degli elogi facili. Secondo me, in base alle loro esperienze infantili, ci sono persone che vorrebbero sempre riceverne ed altre che sono più contente se non ne hanno, o addirittura se hanno critiche negative. In base alla mia passata esperienza di insegnante di scuola media, posso soltanto dire che poi, ai licei, ottenevano risultati migliori, di solito, gli alunni che erano stati più severamente giudicati alle medie rispetto a quelli che erano stati incensati con elogi e con lodi...»
Inserito il 16/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Il mio elogio" di Luciano Capaldo  

Commento n° 827
«Chi ha individuato, in questa poesia, con tanta finezza ed acume le impressioni che nascono dall’ascolto di una bossa nova evidentemente, come me, non sarà tanto giovane, perché il periodo d’oro di quella musica si colloca negli anni Sessanta e Settanta (anche in Italia) . Nata negli anni Cinquanta, la "bossa" cercò di dare una vera carta d’identità musicale al Brasile, perché il samba, fino ad allora imperante, rappresentava soprattutto l’anima africana di quella grande nazione, un’anima troppo semplice ed allegra per le complicazioni che l’uomo bianco porta sempre con sé: non c’era niente di meglio che far sposare il samba con il jazz (newyorkese) per definire una volta per tutte ciò che è davvero il Brasile.»
Inserito il 15/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Musica" di Pasquale Lettieri  

Commento n° 826
«Il grande e un po’ atipico siciliano Leonardo Sciascia prevedeva, già cinquant’anni fa, che la "linea della palma", ovvero la mentalità mafiosa, si sarebbe progressivamente estesa dalla Sicilia al Nord dell’Italia (e dell’Europa): ora ne abbiamo tante prove! La (come al solito) tecnicamente perfetta poesia del Garbellini ha un tono rassegnato, forse troppo, perché sostiene che al giorno d’oggi il comportamento più conveniente sia quello delle proverbiali tre scimmiette (riassunto in siciliano, se non erro, nell’espressione "nente sacciu") . Sì, forse così si può vivere più tranquillamente, ma io sono del parere che, per il bene dei nostri discendenti, sarebbe meglio recuperare con forza un ideale di illuministica chiarezza.»
Inserito il 11/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Abbiamo l’esempio delle tre scimmiette" di sergio garbellini  

Commento n° 825
«"Quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai / e non lo sai, perché non te l’ho detto mai. / Ma anche se resto in silenzio tu lo capisci da te. / Quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai / non l’ho mai detto e non lo dirò mai. / Nell’amor le parole non contano / conta la musica" . Quali parole meglio di queste del mio quasi coetaneo Roberto Benigni potrebbero dar ragione alla poesia della Zagaglia? L’amore è un po’ come il sole, o come il Dio per gli Ebrei: non lo si deve mai guardare in faccia e non lo si deve mai nominare direttamente, se non si vuol correre il rischio di restarne accecati...»
Inserito il 07/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Questo e’ l’amore" di Gabriella Zagaglia  

Commento n° 824
«Come negli "Orecchini" di Montale, come nei tre "Eventail" di Mallarmé (più un altro "Ventaglio", dello stesso Montale), anche qui un oggetto personale soprattutto femminile (il foulard) dà il titolo alla poesia ed accompagna il lettore in un viaggio raffinato (e molto sottilmente erotico) nei meandri cerebrali in cui esso risiede. Il poeta è stato abile nel fare affiorare le delicate sfumature di senso che il foulard, così sottile e così leggero (come un’anima?) ci suggerisce.»
Inserito il 07/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Foulard" di Claudio de Lutio di Castelguid  

Commento n° 823
«Direi che bene ha fatto l’autore ad aggiungere una nota esplicativa alla sua poesia un po’ ermetica (per i lettori mediocri come me tali note sono come le istruzioni per l’uso degli elettrodomestici...) : se ne gusta così appieno il significato e la bellezza. Il poeta evidenzia un tema a me caro: il linguaggio umano è un bene o un male? Certo, vedendo di buon’ora una città ancora semiaddormentata ed i cui suoni sono soltanto quelli della natura, c’è da dubitare alquanto che le nostre parole apportino sempre un beneficio alla vita dell’universo...»
Inserito il 05/11/2017 da Antonio Terracciano alla poesia "Visione" di NicolaGiordano  

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