A ¾ circa del cammino di tutte le vite, in quella valle, trovai Pitagora, Platone ed Euclide che disegnavano geometrie sulla sabbia.
“Figliolo! – mi disse Platone- Siedi che ti mostro gli errori di questi due”.
Lì dappresso, Socrate discuteva, con uno strano tipo, su dove fosse l’uomo.
Più in alto era Dio che chiamò un tizio dai capelli bianchi ed arruffati: “forza Albert, prendi i dadi che ti concedo la rivincita”.
Nel dire ciò, un triangolo luminoso sulla sua testa deformava i propri lati ora concavi ora convessi.
A tal vista, Euclide, corrucciando la fronte stupefatto, sembrò pensare: “Qualcosa deve essermi sfuggito”, e cancellò i segni geometrici che aveva appena disegnato sulla sabbia agli altri due.
Albert, giungendo vicino a Dio, disse: “E chi sarà, stavolta, l’arbitro?”
“Il nostro buon Giulio Cesare, chi meglio di lui?” rispose Dio.
Intanto, Platone sorridendomi: “Vedi figliolo, ciò che ti appare non sempre è ciò che anche ti sembra. Mai accontentarsi di spiegazioni finite e definite. La realtà è infinita anche per le cose piccole e semplici. Apparentemente semplici, ma sostanzialmente semplici in tale visione infinita delle cose. E, pur nascondendo infinite verità alla fine la reale verità è una sola proprio perché infinita”.
Intanto, arrivò Giulio Cesare accolto dalle linguacce di Albert.
“Alea iacta est” lo apostrofò divertito l’arbitro Giulio.
“UFFFF, se avessi avuto uno stiletto volevo vedere che dicevi” rispose Albert e tirò i dadi.
“12” – urlò Albert – “stavolta ho vinto” continuò saltando di nuvola in nuvola.
Giulio passò i dadi a Dio: “Mi raccomando” – disse- “niente trucchi!”
“Truccare Io? HAHAHAHA … e quando mai ho barato?” Rispose, divertito, Dio.
Platone fece per rispondere, ma uno sguardo di Dio lo fulminò e zittì ed i dadi furono gettati.
I dadi si fermarono.
Su uno vi erano zero punti e sull’altro 26.
“COSAAAA???” esclamò Albert mentre Giulio esaminava il dado.
Platone, in un indecente spettacolo per cotanto uomo, era ormai pancia all’aria dal gran ridere.
Pitagora tirava fuori le sue tabelline mentre Euclide disegnava e ridisegnava cubi contandone nervosamente le facce.
“Hai perso, Albert. Mi devi un altro barattolo di cioccolatini e mi raccomando che siano fondenti stavolta” – disse Dio puntandogli l’indice in modo un po’ minaccioso.
Stava per andarsene quando mi vide.
“E tu chi sei figliolo, anzi, dato che so tutto, che fai qua?”
“Figliolo? Anche tu come Platone mi chiami figliolo?” Risposi.
“Io ne ho ben diritto, Platone chiama tutti figlioli, ma non ho ancora sentito qualcuno chiamarlo papà”.
“Io sono io –risposi – e sono venuto a restituire il biglietto di viaggio. Eccolo”
E gli porsi il biglietto di andata e ritorno.
“Cosa? Mi restituisci il biglietto di andata e ritorno? Ma non è ancora il tuo momento di tornare!”
“Lo so, ma il posto dov’ero non era come quello visto sui cataloghi, non mi piaceva piu’ ed ho deciso di restituire il biglietto. Adesso o mi fate tornare o mi date un’altra destinazione”
“Mi spiace –rispose Dio- ma è scaduto il termine di restituzione già da molti anni per ora resterai dove sei stato mandato. Comunque, toglimi una curiosità: “perché non ti piace? Ci ho messo ben 7 giorni per farlo!”.
“Il posto in sé non è niente male, è la razza umana che mi è divenuta insopportabile. Sempre a piangere e quando non piangono cercano motivi per procurarsi altri dolori. Se sono in pace creano guerre, se sono in guerra cercano la pace per poi creare altre guerre ancora peggiori. Non hanno rispetto per il lavoro che Tu hai fatto in 7 giorni e poi si lamentano che la loro terra è avvelenata. Creano una religione e subito creano l’odio per le altre religioni. Le loro leggi non danno giustizia. Parlano di amarsi, ma poi si tradiscono a vicenda. Si derubano senza sosta e senza mai saziarsi. Ormai è un mondo pieno di esseri tronfi e presuntuosi pieni di ogni tipo di idea e basta che dicano che è una loro idea perchè questa diventi una verità assoluta, per loro.
“Un momento – interruppe Dio- Chiariscimi solo un particolare. Ma il mondo che ho creato ti piace o no?”
“Certo che mi piace. Questo universo è di sicuro quanto di meglio si poteva creare”.
“Dunque è ciò che ha fatto la razza umana che non ti aggrada. Ed io che c’entro, scusa? Quello che fa la razza umana è una sua libera scelta io mica intervengo sulle vostre decisioni. Se non vi piace come vivete, cambiate!”
“Facile a dirsi e come si fa?”
“Boh! Io cosa posso saperne, sono affari vostri. Voi avete creato ciò che a te non piace. Se non ti piace vai e cambia tutto, non sarò io ad ostacolarti.”
“Con tutti questi cervelloni che ti circondano, non sai darmi una risposta?”
“Anziché ringraziarmi che stò qua a sorbirmeli ed a tenerli buoni, mi riprendi pure? Mah! Vuoi sapere una cosa? Prenditeli pure e portateli da dove sei venuto. Prima fa una cosa, però. Se vedi passare Odino e Zeus digli che la partita a tresette è per stasera sul monte Calvario.”
“Tresette? Giocate a carte?”
“Certo, e perché non dovremmo?”
“No, potete certo che potete, ma chi farà il morto?”
“Non temere, il morto ci sarà, eccome se ci sarà. Ora devo andare. Sono atteso per una gara di corsa con Achille e la sua tartaruga. Secondo te sono favorito o no?”
“Dipende”
“Dipende? Da cosa?”
“Da dove correrai”
“E dove dovrò correre affinché io vinca?”
“Semplice. Se correrai nel loro infinito perderai. Se correrai nel tuo infinitesimo vincerai”.
“Uhm. Devo dire che inizi a comprendere. Forse c’è una speranza per la tua razza.”
“Grazie”.
“Ciao, figliolo e torna presto a trovarci.”
“Certo, ma cosa ci fanno quà Odino e Zeus…….” ma Dio era già scomparso…….
Ma dove sono capitato!
Nel rimuginare su questi pensieri m’incamminai per un sentiero ai piedi di una collina e col capo chino guardavo dove posavo i miei stanchi piedi.
D’improvviso, davanti a me, vidi due piedoni impolverati in sandali impolverati anch’essi che mi sbarravano il passo.