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Come la marea

Amore

Antonia indossò un impermeabile, calzò stivali di gomma, prese la borsa e uscì di casa. Il vento era forte, il cielo pieno di nuvole grosse e nere, ma questo non la dissuase dall’ idea di camminare per schiarirsi le idee e calmare la tempesta che le devastava l’ anima.

Prese la strada asfaltata e cominciò a percorrerla lentamente, attraversò il piccolo ponticello, poi una breve discesa che la portava sul lungomare, e lasciò che i ricordi, i dubbi, fluissero senza paura, senza fretta.

Aveva scelto di vivere in quella piccola cittadina di mare dopo la fine del suo matrimonio, un sogno dissoltosi come neve al sole.

All’ epoca aveva vent’ anni, suo marito Carlo ventisette, lei commessa in un supermercato, lui appena laureato aveva seguito le orme del padre affiancandolo nell’ azienda agricola di famiglia.

Dopo il matrimonio Antonia si convinse che aiutare nell’ azienda fosse un dovere, e si gettò in quella che definì la grande avventura. Convinse marito e suoceri che potevano gestire diversamente una parte dei prodotti della loro azienda, aprendo un piccolo spaccio e dare vita alla produzione di marmellate, conserve e miele.
L’ idea si rivelò vincente, Antonia era orgogliosa del suo lavoro e di quanto avesse prosperato nel giro di pochissimi anni. L’ unico cruccio era stato non avere avuto figli, Carlo non amava parlarne, aveva semplicemente accantonato il problema, fingendo che non esistesse. Antonia soffriva in silenzio e si concentrava sul lavoro per non pensare, ripetendosi che era ancora giovane e che tutto poteva ancora succedere.

Ma il silenzio era cresciuto pian piano anche tra di loro, le serate erano tranquille, troppo tranquille, davanti ad un televisore seguito distrattamente, poi sempre più solitarie, perché Carlo aveva preso l’ abitudine di uscire con le scuse più disparate. Antonia si ripeteva che andava tutto bene, ma quella freddezza le si appiccicava addosso come un sudario.

Una sera di alcuni mesi prima, rincasando, Antonia trovò sotto lo zerbino di casa una busta, con il suo nome scritto in stampatello. La raccolse ed entrò in casa con una strana inquietudine nell’ anima. Posata la borsa e le chiavi l’ aprì lentamente, estraendo un foglio; sopra erano incollate delle lettere, ritagliate da qualche giornale. Poche parole, “ Svegliati, tuo marito ha un’ altra e aspetta un figlio da lei”

Antonia ebbe un sussulto e una vertigine la costrinse a sedersi, rileggendo quelle righe forse cento volte.

Carlo la trovò così, seduta sul divano, gli occhi rossi fissi sulla grande finestra del salone, e quel foglio stretto tra le mani abbandonate sul grembo. Impallidì immaginando già cosa fosse potuto succedere, sedette sulla poltrona di fronte, passandosi le mani nervosamente tra i capelli, poi senza preamboli le disse “ Immagino cosa ci sia scritto su quel foglio, è vero Antonia. Amo un’ altra e lei sta per avere un bambino. Immagino chi ti possa aver inviato quel messaggio, qualcuno che mi conosce molto bene e che mi ha incrociato nel parcheggio dell’ ospedale dove Amanda è andata per i controlli, ed io l’ ho accompagnata. Ti dovevo parlare da tempo, ma non trovavo mai né coraggio né parole adatte. Mi dispiace”

Antonia sentì le lacrime scivolarle lungo le guance, e si disse che almeno non aveva fatto scenate, ammettendo tutto e in fretta, quasi liberandosi di un peso. Nel giro di due ore la sua vita era andata in frantumi, tutti i suoi sforzi, i sacrifici, le rinunce, i sogni, tutto era stato invano. Solo un “ Mi dispiace” per chiudere un amore, un matrimonio.

Si alzò, lentamente, si chiuse in camera e non ne uscì che la mattina seguente, con due valige colme, lasciando le chiavi sul tavolino del salotto, senza una parola, senza voltarsi.

Carlo era rimasto nella loro casa, Antonia non avrebbe sopportato di continuare a vivere fra quelle pareti dove tutto le ricordava i momenti più belli della sua vita, o almeno quelli che aveva creduto fossero tali.

Era tornata a casa dai suoi, nel paese d’ origine, piccolo ed affacciato sul mare, aveva lasciato il lavoro nell’ azienda del marito, poi, attingendo a risparmi e liquidazione, aveva aperto un piccolo negozio di abiti per bambini. Era stato l’ istinto a scegliere quel genere di abbigliamento, o forse chissà uno strano scherzo del destino.

Carlo non lo aveva più voluto né sentire né vedere, dando mandato ad un avvocato di gestire tutte le pratiche della separazione.

Era stato un periodo convulso e frenetico, denso di cambiamenti e molto stressante, e l’ unico conforto erano state sua madre e sua sorella, che l’ avevano aiutata e confortata.

Fu così che tre mesi dopo, mentre era in cucina, sentì la testa svuotarsi, e un malessere improvviso s’ impadronì del suo corpo, poi la nausea improvvisa e prepotente.

Antonia sedette sulla seggiola, le mani sul tavolino, e si disse che la stanchezza le stava davvero facendo brutti scherzi. Passato quel momento, si ripromise di riposare di più e tornò alle sue occupazioni, con più calma e lentezza.

Nei giorni successivi però Antonia continuò a stare male, così dopo averne parlato con la sorella, decise di recarsi dal vecchio dottore di famiglia, che l’ aveva vista nascere e crescere. Il dottor Guglielmo dopo averla ascoltata e visitata, si sedette alla scrivania, si tolse gli occhiali e guardandola negli occhi le disse semplicemente: “ Non sei malata cara, sei solo incinta, e direi abbondantemente al quarto mese. Possibile che non ti sia accorta di nulla?”

Antonia pensò di non aver compreso, improvvisamente il mondo iniziò a girarle intorno, come una immensa giostra. Incinta? Ma non era possibile, erano passati tre mesi da quella maledetta sera. Com’ era potuto succedere? E quando?

Antonia ripercorsi i mesi passati, e si ricordò della sera del suo compleanno, esattamente un mese prima di conoscere del tradimento di Carlo, aveva festeggiato con pochi amici e i genitori del marito, avevano mangiato, riso, e bevuto, tanto, forse troppo. Sicuramente era successo quella sera, una delle rarissime volte in cui la fiamma dell’ amore si era riaccesa tra loro, per spegnersi con la velocità di un lampo. Si, doveva essere successo quella sera, non c’ era altra spiegazione.

Passarono alcuni giorni da quella visita, in balia di pensieri e sensazioni contrastanti. Quanto lo aveva desiderato quel figlio? Era l’ ultima opportunità, lo sapeva bene, per diventare madre, per colmare un vuoto che ora, e forse solo ora, si rendeva conto di aver coperto con una finta indifferenza. Aveva quasi paura ad immaginarlo, accarezzava il ventre, appena rigonfio, e un groppo alla gola le impediva persino di respirare. Avrebbe tenuto quel figlio, nonostante tutto, ma doveva risolvere il problema più importante: come dirlo a Carlo? E soprattutto doveva dirglielo? Dai suoi calcoli il figlio che aspettava da Amanda doveva essere già nato da un paio di mesi. Ma il destino come sempre avrebbe stravolto tutto, ma non subito.

Erano trascorsi due anni, Antonia aveva avuto una bimba, Elettra, una bionda dolcezza con gli occhi nocciola, gli stessi di Carlo, che le rallegrava la vita ogni momento.

Sua madre l’ aveva aiutata sin dal primo momento e continuava a farlo prendendosi cura della piccola mentre lei era al lavoro.

Un pomeriggio di fine novembre Antonia, di ritorno da un fornitore, decise di fermarsi all’ autogrill per fare benzina, e concedersi una piccola pausa.

Entrò nel bar ed ordinò un caffè e un tramezzino prese la sua consumazione e si diresse sul bancone dirimpetto. Gli occhi fissi sul telefonino intenta a vedere alcuni messaggi, una voce alle sue spalle la chiamò: “ Ciao Antonia, come stai? “ Antonia sobbalzò, avrebbe riconosciuto quella voce fra mille. Si girò, fissò i grandi occhi scuri di Carlo, quelli di cui si era innamorata tanti anni prima e riuscì a balbettare un “ Bene, grazie!” mentre lui si sedeva accanto con una tazza di caffè fumante tra le mani, senza aspettare di essere invitato.

“ Sai era da un po’ che volevo chiamarti, mi ha fatto piacere incontrarti così, casualmente. Mi dispiace di come siano andate le cose tra di noi. “ Poi rimase in silenzio per un paio di minuti e dopo essersi schiarito la voce alzando nuovamente gli occhi e guardandola intensamente le disse: “ Con Amanda le cose non vanno bene, anzi diciamo che ci stiamo allontanando sempre di più da quando ha perso il bambino”.

Antonia rimase impietrita a fissarlo mentre nella mente si affollavano mille pensieri.

Come faceva a dirgli di Elettra, come dirgli “ Hai un figlio sai? Una bimba bella come il sole”.

Dopo un imbarazzante silenzio riuscì solo a dirgli “ mi dispiace, per entrambi”

Carlo iniziò a raccontarle di quel parto travagliato, della morte crudele del bimbo alla nascita, di troppi mesi trascorsi in un crescendo di dissapori, di tensioni e litigi, e di come avesse preso la decisione di andarsene da casa; nessuno dei due aveva avuto la forza di essere di sostegno all’ altro, quel dolore così atroce ed ingiusto li aveva divisi per sempre.

Poi le domandò a bruciapelo ” E tu? Lavori? Hai un compagno adesso?? Sai ultimamente ti penso spesso..” e lasciò la frase in sospeso aspettando una risposta.

Antonia gli rispose a monosillabi, dicendogli che il lavoro la occupava totalmente, che aveva un negozio di abiti per bambini e che non aveva un compagno.

Poi quasi di corsa si alzò, guardando l’ orologio, scusandosi per la fretta e con il pretesto di un appuntamento.

Carlo tuttavia la seguì sino alla macchina e prendendole la mano le disse “ Ti chiamerò Antonia, vorrei parlarti ancora”.

Antonia non riuscì a rispondergli, ritirò la mano frettolosamente e con un cenno di saluto salì velocemente in macchina, avviò il motore e partì verso casa. Durante il viaggio ripensò all’ incontro, alla sensazione che le aveva procurato rivederlo, parlargli, sentirlo accanto, al calore amato di quella mano che l’ aveva sfiorata per un momento. Le era dispiaciuto davvero sapere della perdita del bambino, e poteva solo immaginare il dolore lacerante di Amanda, ma soprattutto apprendere che si erano lasciati le aveva procurato sentimenti contrastanti che non sapeva o forse non voleva analizzare.

Passarono giorni da quell’ incontro, Carlo l’ aveva chiamata, e più volte, ed avevano chiacchierato a lungo, ma Antonia ancora non gli aveva detto nulla di Elettra, non sapeva come affrontare questo discorso. Sicuramente Carlo sondava il terreno, e il cuore di sua moglie, per capire se in fondo in fondo c’ era ancora traccia di quell’ amore che li aveva uniti un tempo, e quindi la possibilità, chissà, di riprendere un discorso interrotto.


Era sul lungomare quel pomeriggio, l’ aria era fredda e il mare era gonfio e rumoreggiava senza sosta, le onde si schiantavano sugli scogli in mille spruzzi selvaggi, ribollendo come i pensieri di Antonia, così intensamente ripiegata su se stessa da non sentire dei passi avvicinarsi. “ Ciao Antonia”. Sussultò, ancora una volta quella voce così calda, così amata. Antonia capì che non lo aveva mai dimenticato, anzi che non aveva mai smesso di amarlo. Quel sentimento che tornava, come quelle onde che sotto di lei si gonfiavano per poi spegnersi prepotenti e chiassose. Faceva rumore quell’ amore che invano aveva cercato di reprimere, che la devastava, che ogni giorno ritrovava negli occhi di sua figlia, identici a quelli del padre. Doveva ad Elettra quella verità taciuta, doveva informare Carlo della sua esistenza, non poteva negargli sua figlia.

Antonia si girò lentamente: “ Ciao Carlo, non ti aspettavo”

“ Lo so cara, ho capito che se te lo avessi chiesto non avresti mai voluto rivedermi, dopo quel nostro incontro, così sono passato qui, e sono andato direttamente a casa di tua madre, ricordavo dove fosse naturalmente”. E sorrise, quel sorriso tenero che ad Antonia aveva scaldato il cuore tante volte.

“ Mi ha aperto, riconosciuto, c’ era con lei una bellissima bambina bionda….Abbiamo parlato un po’ Antonia.” Si schiarì la voce e continuò” E’ molto bella Elettra”.

Antonia capì che sua madre non era stata capace di tacere e senza esitare rispose” E’ tua figlia, ma questo lo sai già vero? Del resto ti somiglia molto.”

Carlo le prese le mani e le strinse forte, l’ abbracciò e restarono così davanti a quel mare agitato e inquieto, mentre nell’ anima ognuno cercava di acquietare le proprie tempeste, i propri timori. Poi iniziò il torrente delle parole, tante, alcune taciute per anni, tra lacrime e sospiri. Dopo alcune ore, quando tornarono a casa, mano nella mano, Elettra corse incontro ad entrambi saltellando e sorridendo. Poi d’ istinto prese le gambe del padre e le abbracciò forte.

Antonia e Carlo, si guardarono, gli occhi inondati di lacrime, si strinsero ancora più forte la mano, in un muto giuramento d’ amore.


Franca Canfora 02/10/2024 20:13 34

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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