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Il castrino: mitico "chirurgo" al servizio dell’antico mondo contadino

Sociale e Cronaca

Il castrino, figura artigianale tipica del mondo contadino aveva il compito di castrare gli animali, con l’ obiettivo di renderli più facilmente "gestibili", nel senso che il contadino aveva un solo riproduttore maschio, che doveva servire per tutte le fattrici. I nati maschi venivano castrati e anche le femmine di suino venivano sottoposte a castrazione, perché nell’ allevamento allo stato brado veniva lasciato solo un numero determinato di fattrici, mentre il resto del branco veniva destinato esclusivamente all’ ingrasso.
Oltre ai suini erano sottoposti a castrazione anche i bovini, e i polli maschi, per farne dei capponi, usati soprattutto nel periodo natalizio.
Il coltello per il castrino (chiamato "castrino" anch’ esso) è uno strumento a lama pieghevole. Quest’ ultima è munita di un prolungamento posteriore, che serviva per tenere aperta l’ incisione e consentire la manipolazione da parte dell’ operatore.
La dotazione comprendeva tre tipi di strumenti.
Il primo serviva per raschiare la pelle privandola di peli e setole, una sorta di rasatura, e preparare così l’ animale all’ incisione.
Il secondo era il vero e proprio strumento chirurgico e serviva per tagliare la pelle e i tessuti sottostanti, in modo da consentire l’ asportazione, nelle femmine, delle ovaie, e nei maschi, dei testicoli.
Infine, la strumentazione era completata con appositi aghi, a forma ricurva, che servivano per ricucire la ferita. Figura mitica e ritenuta sapiente nell’ antico mondo rurale, il castrino passava di paese in paese restando lontano da casa anche per mesi. Dall’ Umbria si spingevano fino nell’ Alto Lazio, la Toscana e le vicine Marche.

Fino agli anni ‘ 60 io stesso ho sbiaditi ricordi di questo personaggio con giacca di fustagno, cappello a larghe falde e fazzoletto al collo o invece nitido il ricordo delle urla del maialino "operato" a vivo!

Questo mestiere, con la fine della mezzadria, che presupponeva di avere tutte le razze, di tutte le età, in stato brado promiscuo, fini anch’ esso.

Si racconta che il castrino suscitasse un particolare interesse nelle donne contadine belle e rubiconde pronte all’ occorrenza a trasformare in alcova i caldi fienili. Ma significativa è la storia di un famoso castrino che operava tra Umbria e Toscana. Si chiamava Cacena sopranominato "l’ infallibile" sia per la sua destrezza nell’ operare i maialini sia per la Sua fama di conquistatore e donnaiolo implacabile. Si muoveva a bordo di una Guzzi 500 (quelle con il volano esterno) color rosso Guzzi. Vestito sempre con giacca e pantaloni di fustagno, stivali di cuoio e pochette al taschino oltre l’ immancabile capello Stetson colpiva per il suo sorriso accattivante e i suoi modi da gentlemen che lo metteva in risalto in un ambiente particolarmente rozzo e rurale. Correva voce che segnasse tutte le conquiste amorose nella sua agenda sgualcita di fianco alla lista delle fattorie da visitare. Di solito era un castrino particolarmente veloce nel suo operare, avendo più fattorie su cui intervenire, ma spesso era lento, procedeva con incertezza quasi con fare sospettoso. Giravano voci che la cosa accadeva quando adocchiata una rubiconda contadina il corteggiamento e l’ approccio, per la resistenza della stessa, non era immediato ma occorreva tempo. Allora Cacena inventava scuse, problematiche varie per fare in modo che la predetta cadesse nella sua rete come la mosca nella tela del ragno. Cacena non solo era, irresistibile nel suo lavoro per destrezza, competenza, intuizione ma era altrettanto seducente con le allegre contadinotte. Mai nessuna era riuscita a resistere al suo fascino. Presumibilmente un po’ per le sue capacità seduttive un pò per il digiuno diciamo di "affetti" prolungato che le stesse dovevano sopportare dai loro mariti solitamente stanchi morti, affaccendati di notte e di giorno. Qualche marito provò a chiedergli se era sposato, forse più per sincerarsi del grado di pericolosità dello stesso nel procurargli " corna" (non si sa mai) che per reale interesse. Lui soleva rispondere che mal sopportava svegliarsi la mattina con una estranea nel letto seguita da una sonora risata. Conoscendo il soggetto, viene in mente che la risata fosse accompagnata dalla classica nuvoletta (o balloon come si dice nel gergo fumettistico) che raffigurava la testa del marito con un bel paio di corna da stambecco adulto. Un bel giorno le cose si complicarono non poco per l’ intraprendente Cacena. Fu chiamato da un contadino che aveva deciso di allevare maiali. Il destino spesso ci mette del suo nel rendere le cose quasi ineluttabili, predestinate già stabilite. Vi chiederete perché? Ebbene, il contadino si chiamava Fauno. Non solo i genitori gli avevano affibbiato quell’ infausto nome (nella mitologia romana essere di forma umana, con i piedi e le corna di capra) ma, Lui già abbondantemente avanti con l’ età, aveva sposato una moglie molto più giovane di nome Loredana. Loredana di forme giunoniche, con capelli neri e occhi altrettanto neri che sembravano trafiggerti guardandoti. Loredana non era gelosa ma era possessiva. Qualcosa che era suo, sia un affetto, sia una cosa preziosa o meno doveva essere solo per lei. Non e’ che avesse particolari rapporti con il marito sia per motivi anagrafici ma anche per mancanza di tempo visto che tra campi, stalla e famiglia arrivava alla sera stanca morta. Sia ben chiaro, volendo, energia ulteriore ne avrebbe trovata vista la sua esuberante prosperità, ma l’ impegno per la sua dolce metà sarebbe stato troppo impegnativo. Cacena con l’ istinto che lo contraddistingueva punto subito la preda. Tra se e se si domandò se avrebbe chiuso la partita il tempo di castrare un maialino oppure le cose sarebbero andate per le lunghe. Mai come questa volta il dubbio lo assaliva. Cercò velocemente di fare due calcoli e considerando la differenza di età e la prosperità voluttuosa della preda la cosa si sarebbe dovuta chiudere in fretta, ma non era del tutto convinto. Nel dubbio Cacena pensò di preparare un piano B. Inventare qualche scusa, uno strumento dimenticato, un filo da sutura difettoso per tornare i giorni successivi.

Per farla breve Cacena conquistò la focosa Loredana. Il pagliaio divenne la loro alcova. Cacena per allungare il brodo e incontrarsi più volte con la sua conquista pensò di castrare un maialino al giorno per un lavoro che poteva effettuare con due giorni al massimo. Per il castrino era la prima volta che invece della solita “ toccata e fuga” aveva prolungato la sua fugace relazione per più giorni. Ma Cacena aveva questa volta fatto i conti senza l’ oste, perché in Loredana ogni giorno che passava con Lui ribolliva come sangue in testa quella voglia innata di possesso che esternava finanche nel momento del massimo godimento urlando a squarcia gola “ mio solo mio sempre mio”. Cacena non ci faceva caso abituato a sentire spesso quelle manifestazioni di piacere.

I maialini da castrare erano finiti gli ultimi due Cacena se li riservò per il giorno dopo comunicandolo a Loredana e facendole capire che l’ avrebbe fatto solo per Lei. Loredana le chiese di lasciargli un ricordo di questa avventura, un oggetto qualsiasi.

Sapete cosa gli chiese? Il castrino quel coltello dalla forma strana che serviva a castrare i maialini. Cacena prese la custodia in pelle sgualcita estrasse un “ castrino” dal manico di osso e lo regalo a Loredana con un sorriso beffardo (non era persona abituata a gesti amorevoli).

Il giorno dopo per Cacena sarebbe stato il giorno degli adii, finito il lavoro, finita la tresca avrebbe ripreso la strada verso altri allevatori.

Sul più bello Loredana con un gesto repentino da “ castrina” consumata evirò Cacena “ l’ infallibile” . “ Mio solo mio sempre mio” quel grido rimbombò nella mente di Cacena. Il castrino castrato!!!


rob ponzani 11/04/2024 20:08 174

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