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Vita da profughi

Sociale e Cronaca

Addossati gli uni agli altri ai confini di una terra promessa, intere famiglie allargate, gelosamente, disperatamente, il più possibile strettamente unite, con mamme e bimbi in mezzo a protezione per quanto possibile della loro riservatezza, onde evitare possibili contatti con estranei maschi a loro ostili...

Ed ovvio che bisognasse pure pensare ad altro: occorreva infatti che qualcuno provvedesse al procacciamento, preparazione e distribuzione di eventuali alimenti disponibili da donazione o se possibile cacciando, procurar qualche capo di selvaggina, rimediando anche qualche topo od altro, essendosi rivelata purtroppo a questa povera gente per l’ occasione la necessità di divenire, come si dice“ di bocca buona”

Ed che altri occorreva poi, curando il fuoco acceso, provvedesse per la legna, ed anche i morti a seppellire.

Per i suddetti motivi, più di qualcuno era costretto ad allontanarsi dai suoi delegando ad altri membri le cure e la difesa e persino dell’ onore familiare.

Nonostante l’ elevato senso del pudore di queste donne e la severità dei loro maschi tutori, nella forzata promiscuità di giorni e notti all’ aperto, tra alcuni singoli e tra la comunità nel suo insieme, una certa sia pur vaga conoscenza anche personale, aveva potuto necessariamente più o meno fare breccia tra elementi di famiglie diverse limitata, almeno finora a componenti appartenenti allo stesso sesso, specie se anziani; ma c’ erano anche state, nello stesso tempo e non potevano mancare, come si può immaginare, discussioni, più che furiose.

Per quanto riguarda l’ armonia all’ interno dei gruppi, non erano naturalmente mancate piccole liti intra- ed extra- familiare, dove era volato qualche scappellotto disciplinare da parte di chi di dovere, e cioè d’ un uomo, spesso somministrato al figlio, oppure alla donna, colpevole di non essere stata capace di sottrarsi con la dovuta rapidità agli sguardi lascivi d’ un scellerato estraneo al gruppo.

Capitò purtroppo anche a Pamira qualcosa di simile, anche se a lei non era sembrato di aver superato certi limiti consentiti, ma suo padre era un uomo onesto e rispettato, ed a somministrarle la sempre sua giusta correzione fu esattamente suo padre.

Pamira era una giovinetta carina, di quattordici anni, età giusta per scegliersi un marito, naturalmente del tipo e nei modi consentiti nelle leggi non scritte della sua gente; la ragazza era in quella età per sua natura critica, soggetta a facili innamoramenti; da tenere perciò sotto un continuo controllo da parte dei grandi, ai quali non mancava la giusta esperienza da poter insegnare alle giovani, onde preservarle dai tremendi rischi cui possono essere soggette se lasciate incontrollate, il peggiore dei quali è che creschino depravate, come parecchie che vivono nei paesi cosiddetti evoluti. Ma con Pamira il problema non si poneva, lei era una ragazza assolutamente normale, finora si era comportata benissimo, bastava solo non lasciarla sola; e solo suo era il tormento interiore, lei non faceva finora proprio nulla di male.

Quel ragazzo, già! … la faceva arrossire solo al comparirle nella mente; poi, onestamente bisognava pur riconoscere che lo sguardo che le rivolgeva era solo di lui, in quanto da lei assolutamente non trattenuto, e meno che mai ricercato. Da un certo momento in poi però le cose erano cambiate ma sempre solo per lei, solo per lei era il tormento; quel pensiero divenne un calvario anche se per un certo verso piacevole: ma non troppo, perché nello stesso tempo le procurava un certo senso di colpa.

Quel ragazzo di un gruppo estraneo che si manteneva sempre non troppo distante dal suo le aveva cambiato l’ esistenza, che quando erano abbastanza vicini o addirittura si incontravano, lui non perdeva occasione per guardarla, anche intensamente, in particolare proprio sul viso, cercandone gli occhi. Lei allora arrossiva sino alla punta dei piedi, e in preda ad affanno volgeva la testa altrove, come se dovesse andare in altra direzione, sentendosi venir meno e vacillando sulle sue gambe che le facevano giacomo- giacomo.

Per fortuna non era mai sola altrimenti era suo timore di non poter più riuscire a controllarsi.

Quel giovane le piaceva enormemente, anche se non ne comprendeva esattamente il perché ma già sentiva addirittura di non riuscire più vivere senza di lui.

Ed era anche a conoscenza di certe voci secondo le quali lei sarebbe stata destinata a un matrimonio con un suo cugino rimasto a casa per non aver fatto in tempo a fuggire; era suo timore ora che al loro ritorno quelle voci si avverassero e prendessero forma attraverso un matrimonio forzoso; ciò la riempiva di spavento ora che tutto per lei era cambiato; poi però, riflettendo neppure sapeva cosa pensasse quello di lei adesso, sapendola in terra straniera tra gente forestiera, anche se protetta per quanto possibile dai suoi familiari, l’ avrebbe voluta ancora? E sperava di no con tutto il cuore!

Da parte sua il giovane non poteva non essersi accorto che il suo interesse verso la fanciulla trovava ampia corresponsione; e ne era entusiasta perché ormai sentiva di amarla come ancora

nessuna aveva amato in vita sua. Dietro il suo atteggiamento così tranquillo si nascondeva un certo fermento una irrequietezza, ed anche quando lei non era in vista egli si sentiva preda di un’ ansia che non lo faceva ragionare: sapeva soltanto che avrebbe voluto esserle vicino, toccarla magari. Ed in varie circostanze passandole vicino avrebbe anche potuto farlo se non fosse stato poi soggetto ad imprevedibili quanto gravi conseguenze da parte dei familiari di lei.

Continua... forse.



pompeo conte 29/11/2021 19:24 772

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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Pamira è un nome di pura invenzione.»

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Il primo racconto pubblicato:
 
Salvataggio reciproco (18/07/2015)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
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Salvataggio reciproco (18/07/2015, 1960 letture)


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