La fretta. E' senza dubbio la fretta a rendermi maldestra e le troppe maniglie che mi vengono incontro: un altro livido e le sue sfumature a colorarmi il braccio per giorni e giorni!
Ma mi aspetta un biondo “ grammelot” dal sorriso sdentato e malandrino, fossette e occhi d'ambra ed un innato istinto alla fascinazione. Quattro anni di bambino quasi mio. Quasi.
Corridoio lungo e percorso accidentato – quando ha traslocato quel peluche? - slalom tra piccoli bolidi rossi e benne senza escavatori, dribblo un cesto traboccante di non so che cosa, schiaccio una palla rossa che urla “ uhééé”, scavalco una bici sbilenca, prendo una storta su un mattoncino... mi appoggio alla parete per riprendere fiato - sono quasi vicina alla stanzetta – busso alla porta e mi scontro con un'altra maniglia.
Entro massaggiandomi il gomito dolorante e mi accoglie un abbraccio stile valanga ed un minuetto per lividi e vertigini con sottofondo di un'impudente risata maschile genitoriale- attento che cadi dalla sedia – e poi sollevo il piccolo per stampargli un'impronta d'affetto sulla guancia.
“ Sei pronto per la passeggiata, grammelottino?” chiedo mentre accendo il traduttore simultaneo.
“ Bele bache beli toni, Cicci sì” risponde impetuosamente. Lo guardo ed annuisco: scarpette e pantaloncini blu proprio belli e il cappellino? Blu, anch'esso, ed è sul lettino.
Mi prende per mano e lo recuperiamo però prima è un allegro saltellare sopra le coperte ed un mantra di contentezza: “ Tassinomolemole, sì!” fino a quando un capogiro, il mio, blocca una probabile e disastrosa caduta dal materassino che è effettivamente molto morbido.
Sguardo di finta commiserazione paterna – daddipa, non m'incanti, uh – e, con accortezza, usciamo schivando innocue apparenze di giocattoli e maniglie in stato d'allerta.
Riscoprire il mondo attraverso gli occhi dell'innocenza dall'eloquio complesso è un'avventura da vivere con entusiasmo. Basta indossare jeans, scarpe da tennis e lo spirito dell'esploratore senza mappe. Ed un amore senza limiti.
Ci accoglie il pomeriggio inoltrato di un giorno di fine estate e una leggera brezza che trasporta i profumi della natura e delle pizzerie che sconvolgono sensi e succhi. Gastrici.
“Dida, checchere dui checcherechevo io,...me e aguagua, tu, sì?”: già fame? Frugo nel borsone, infilo un dito in una lima - che male, la pelle staccata dall'unghia! - sposto telefonino, rossetto, fazzolettini e - questo non è, proprio no – aggancio vittoriosa un pacchetto di crackers ed una bottiglietta d'acqua. Raggiungiamo una panchina a passi da canguro e, mentre Ciccisì si siede con un tonfo, io aggiungo un tatuaggio lilla al ginocchio destro. La lista si allunga.
Sbuffo con eleganza, di lato, e porgo i crackers e l'acqua al piccolo marsupiale sorridente.
Intorno a noi il verde di un giardino e le voci gioiose e capricciose di bambini ed il mormorio delle fontanelle. E lo sgranocchiare veloce di una dentatura ai soldini di fata.
“ Didaguà...aca... oh, tetapissionisu... uni, duri, teri, canteri so, ola!!! - e mi indica una vasca piena d'acqua e una statua con ricami biancoverdastri sulla testa elargiti dai voli di colombi in piena digestione. Menomale che la statua raffigura San Francesco: tutto torna.
Si avvicinano una mamma con il suo bambino che ha in mano una palla. Sembra coetaneo del mio piccolo naturalista che lo ferma e gli chiede: “ Iociccipaiatu, bam e bam, sì?”. A raffica, una risposta: “Iomacopaiame e te, bam e bam, uhuh!”. Socializzazione e linguaggio: che c'entrano gli adulti dal lessico avaro? La signora ed io ci guardiamo, ci sorridiamo e lasciamo che Marco e Ciccisì inizino la partita. Colpi di palla e urla felici di “...parallà...io... nono... sì sì.....ohoh ...no aca... gogogollo...!!!”. Che vitalità! Bello, bello “ sinite parvulos”...oh, sì!
Mi arriva la palla sul piede sinistro ed un “Dida... tufa'su...” e mi ritrovo a lanciare palla e alluce sull'incrocio delle zampe in ferro della panchina: non è questione di abilità o di problemi psicologici irrisolti – maldicente chi dice il contrario – sono una maldestra essenziale e basta!
Salutiamo i nuovi amici e ci incamminiamo verso casa: leggermente claudicante io, a balzelli Balotelli che mi chiede:” No, lellalleladò?”...” No, tesoro... niente altalena, è già il tramonto”.
Si volta, osserva il sole che lentamente scompare, si ferma incantato e dice: “Oh, tolle mallemalle!”
“ Sì, è grande il sole e lo sei anche tu se rendi completa, felice ed appagata una sempre ammaccata come me”. Lo splendido sorriso che mi inonda osserva gomito, ginocchio e piede e, sornione ...
“ Lo sei, Dida, dappertutto, sì!” dice.
Spengo il traduttore.