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La barca esausta ancora segue
con le vele da tempo tarpate
la coreografia bisbetica del mare,
da mostri irrequieti invitato a danzare.
E quanto è angusto lo spazio
in cui siamo stipati, come merci
vendute per due soldi al mercato nero;
barca nostro banco, nostro cimitero.
E quanto è angusto lo spazio
nel petto che trabocca di pena,
cruenta baleniera del mio cuor
che selvaggio e indomito si dimena.
Oh, miei cari compagni
quante ne abbiamo vissute!
Forse troppe, certo abbastanza
per desiderare di non vivere più.
Ho solo un gruzzolo di sogni scarni:
scorgere il faro di una speranza,
una lettera per accorciar la distanza,
un porto di braccia a cui fare ritorno.
Il mio corpo è un vascello fantasma:
non un verme che sta conficcato all'amo
non un pesce alla deriva o sbranato
vorrebbe far cambio con la mia sorte.
E la Nostalgia mi fa da consorte
su questo altare che patibolo pare
a me che ho le gambe storte dalle onde,
che sputo parole per addolcire la bile.
Queste mie orecchie vagabonde
come conchiglie sulla battigia,
vorrebbero sentire urlare "Terra!",
essere accolte da benvenuti, magari
e da porte aperte, da visi cordiali
ma sentono solo sibili di guerra.
Ho compassione di loro che non sanno
che il mondo non è biglia, è bomba.
Morte, mio approdo sicuro:
lascia che io esplori le tue lande
come molti prima di me, anch'io
sono giunta alla fine del mio viaggio.
E a terminare la mia storia vergo in te
come punto questo tuffo, un abbraccio
alle tue acque tiepide e ti confesso
che il naufragar m'è amaro in questo mar. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Scritto dedicato agli immigrati che lasciano a malincuore la propria patria devastata dalla guerra per cercare una terra pacifica, trovando solo un'altra guerra da combattere, anche se di natura diversa; che navigano per settimane, stipati in luoghi angusti, in condizioni pessime.
E come sempre giunge l'ultima ed estrema consolazione: la Morte (non dico che sia la soluzione migliore, anzi è assolutamente da evitare, ma io come sapete sono un'inguaribile pessimista e le sono troppo affezionata per non metterla in quasi ogni mio scritto)» |
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