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Questa è una poesia erotica: se può turbare la tua sensibilita o se non hai più di 18 anni dovresti evitare di leggerla.
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| T'odio, o Tempo del Padre che non cessi!
Di là e di qua la brama mia rimbalza,
saltando su ologrammi nella rete
dei soli disconnessi.
Dove ci porterai,
tu canguro ipnagogico
che tra i baratri in mezzo alle stelle
balzi? – di Morte frenesia, e di Vita!
Cosa cerco, Sigillo? Sempre meno
lo so, intanto che il tempo passa. Cerchi
tu cosa invece, Sigillo? Mio specchio,
egolalia riflessa nell'imago
di vanità solipsistica, parla!
«Finestre nuove cerca di varcare
lo sguardo, verso nuovi più ampi spazi»
disse la voce antica,
che è stata la mia, che è la tua, Sigillo.
I was I was – io ero, o forse eri tu
Sigillo, a far suonare l'ora all'ombra
del Tempo che fu?
Nella mattina vanisce ogni voce
al primo raggio, ancora di benzina
i pomeriggi e il tedio spalmo, amica
la nuova notte attendo – nuove notti
sono in attesa, cercano un Principe
per il reset del Tempo che fu:
Odia il Padre, Sigillo!
Odia il Padre, Sigillo!
Odia il Padre, Sigillo!
Il Principe perì, un manto di stelle
fu la sua lapide. Ti fisso,
Sigillo, perso tra le stelle. D'esse
però nulla m'importa – lo confesso –,
né nulla mai m'importò – che spariscano
pure tutte, che crepino tutte, ora!
Una ruffiana dalle cosce aperte
attende ancora nel Tempo che fu:
nel casolare del Tempo che fu
c'è sempre qualche ruffiana che attende,
Principessa mancata o pretendente,
chiusa in agguato, in qualche ripostiglio
celato nel cantuccio
del Tempo che fu.
«Ma soltanto il giardino del passato
là fuori attende e il passo mio incatena»
la cantilena antica quella voce
continua, risuonando
dal Tempo che fu.
I was I was – ero io Sigillo o eri tu
a cantar l'ombra all'ombra
del Tempo che fu?
Odia il Padre, Sigillo!
Odia il Padre, Sigillo!
Odia il Padre, Sigillo!
«A notte, le raganelle
cantano la serenata per le piccole stelle» –
cantano, quelle stupide ranocchie;
odi, Sigillo, il canto dalla notte
del Tempo che fu?
Non sanno ancora, loro, che di stelle
non ce ne sono più.
Il Principe perì. Che a farsi fottere
vada la Principessa! Che nell'odio
del Padre l'ombra si mangi la mia anima,
Sigillo, mentre ti fisso nel grembo
d'inedia del Baal della Madre. D'essa,
confesso, di quest'anima mia, nulla
m'importa, né mai nulla m'importò –
che crepi l'anima, crepi l'assenza
presente, nell'ora assente passata
del Tempo che fu.
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Pan23 |
12/02/2011 02:23| 4672 |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«I versi tra virgolette sono tratti da un'altra mia poesia, "Neanche i mandorli lo comprendono", i primi quattro, mentre gli ultimo due sono tratti dalla poesia "La primavera" di Ugo Betti.» |
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