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♦ Michelangelo Cervellera | |
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Un quadro, un gran bel quadro alla parete:
Questo solo voleva essere il vecchio
Nick, non arnese forbice coltello
O altro utile utensile, ma soltanto
Estetico monile, per se stesso
Delizia e per il mondo: questo il vecchio
Nick pensava dinanzi ad uno specchio
Che gli artigliava l'ipoattivo volto,
Questo voleva contemplando il solco
Reattivo delle rughe da iperboreo
Dandy. E rigò la superficie liscia
Del riflesso avanzando col lascivo
Dito stridente, mentre piano un brandy
Sorseggiava; e un pensiero nuovo in mente
Gli balenò, compresso da altri diurni
E quotidiani, e poco conciliante –
Davvero poco conciliante! – un niente:
"Vedo – si disse – delle cento vite
I mille volti qui riflessi, e mille
Altri, re e mendicanti, sono forse
Ancora alle mie spalle. Ma a me pare
D'ogni esperire univoco il prodotto,
Se mendicante o re dolore tanto,
Noia tantissima e gioia poca è il frutto
Suo, comunque. Il molteplice provare
A nulla vale dunque, e l'esperienza
Di mille e più girandole ad un solo
Punto equivale, e tutto il niente eguaglia
Quando l'isola amorfa della terra
Ultima, nel blu notte del suo mare
Intona un nome che tu non sei. O Vita
Grande e terribile, qualcosa devi
Ai casi miei, se il nume della Morte
Imprime il marchio suo indelebilmente
Su tutto quel che è, mobile od inerte,
Con vorticosi fuochi di letame
Gorgogliante! Ma avverto come un fiume
Come un niagara di golose forze
Che scuote le mie tempie: è come un seme
Di parole parlate in un samsā ra
Vuoto, oh sì, d' illusioni e di parole
Un seme tumescente, che trabocca
Dal Labirinto dal nome inviolato
E che Potere Polvere e Piacere
Da lì suona". Così, dopo aver questo
Pensato, a tutta bocca per il Cosmo
Nick proclamò – d'ogni dovere avendo
Riluttanza: "Voler senza dolore
Scorgere un nucleo di divina essenza,
Ecco la mia devianza; a me venite,
Angeli- uomini- bestie, al mio cospetto
Su un altare di vomiti e di ebbrezze,
A me venite dunque; e poi sparite
E poi tornate: incerto è il mio capriccio.
Una risoluzione adesso ho preso,
L'ultima forse, se tra lo sparire
Della morte che sa di vita solo
La brama è certa, la brama e il tornare
Della vita che sa di morte: torno
Sparendo sull'amniotica montagna
Che vide la mia nascita: tornando
Lì, sparisco alla vista della sorte
Grifagna". – Scolò l'ultimo bicchiere
Di brandy detto questo, e verso le albe
D'arancia dell'arabico deserto
S'avviò pertanto il vecchio Nick, lasciando
All'oblio nella Polvere neglette
Le sue cineserie scialbe, volando
Via come lancia sul vello ondeggiante
D'un tappeto d'Armenia, e vi stette
Tra sogni steso e pirobati matti,
E in tal maniera attraversò sabbie
Ruggenti, mentre i Jinn con ululati
E ronzii lo lambivano. Raggiunse
Così di Lord Caos – il più antico amico –
Le dimore interdette; e dalle gabbie
Questi liberò qualche concubina
Sua, in concessione a Nick la dette, e un'acqua
Di oscure chiarità gli concesse anche,
Un'acqua che dei cupio mori l'ansia
Non placa nella sete multiforme
Dell'Oggi, nei resurgam d'innovati
Ieri placasse. Dopo aver da un ramo
D'abete un bel randello ricavato,
Col suo nuovo corteo di gigantesse,
Talvolta percuotendo con quel bacchio
Biforcuto – d'Ermete vanto e scettro
Novello – le sue cortigiane adepte
Strambe, Nick ormai spettro appiedato
La marcia proseguì, e intanto la morte
Sua presunta piangevan pitonesse
E prefiche su lunghe orme lasciate
Dietro sé, in guisa di madreperlacee
Ombre, adagiate sopra punteggiati
Ricordi come pavé sfatti e fondi.
Ma Nick nel mentre proseguiva lento,
Allocava il ventre in camere di lusso
Per cento e più meublè, giocondi in fitte
Trame di bisso e notti senza fine:
Spariva lì dentro di tanto in tanto,
In quelle ragnatele dall'ignota
Deità, fedele a se stesso soltanto
Nell'anomia d'un ultimo pensiero –
Voragine infinita e buco nero
In perenne ricerca di qualcosa.
Oh Noi, quadri distopici e imbrattati,
Sempre in cerca di morbide pareti
Rosa, cui lasciar pendere insicure
Novità verso un rifugio solenne! | |
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Pan23 |
05/12/2010 01:11| 1693 |
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«Tratta da "La Morte siede alla mia tavola".» |
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