Era una serata, credo, di fine settembre, quando la sera iniziava a rinfrescare e la notte si faceva umida.
Ero fuori, davanti casa, le mie amiche erano tutte andate via, forse era l’ ora di cena, io sostavo ancora accanto al muretto, come tutti i ragazzini, della zona, e noi ragazzine, a cui piaceva improvvisare ogni sorta di gioco, su quel muretto, insomma ero sola, ed era già sera inoltrata, ecco, tutto d’ un tratto, sento avvicinarsi a grandi falcate e con tonfi pesanti un uomo dal mantello nero.
Il fiato mi si fermò in gola, vedere quell’ uomo alto, il cui volto era quasi nascosto da un cappellaccio a larghe falde, per cui non potetti vedere il viso, quando, con voce rude, mi chiese:- La casa di don Saverio....? Io risposi con voce quasi tremante: - E’ questa -.
Aprì il grande portone grigio ferro, che dava su un atrio altrettanto grigio, di pietra che menava
alle scale, altrettanto di pietra. Non sapevo se seguirlo o restare ad ascoltare dall’ esterno della casa ciò che avrebbe voluto da mio padre quell’ uomo misterioso...
Esitai ... per un po‘, non rientrai; ad un certo punto, sentii la voce di mio padre dire che non aveva denaro da dargli, era senza, il taglio del bosco a cui quell’ uomo, come tanti altri avevano partecipato, era andato male, forse non aveva ricevuto la somma di denaro, a sua volta pattuita col committente. Erano tanti i rischi che, mio padre correva essendo imprenditore boschivo.
All’ epoca, (circa cinquant’ anni fa) i mezzi non adeguati per il taglio di un bosco, rendeva difficile la sicurezza stessa degli operai. Ma, quando i soldi venivano a mancare, per un taglio risultato poco redditizio, quello era ancora più grave, piochè da questo dipendeva il sostentamento di tante famiglie del Cilento.
Sì, era lì, nei boschi del Cilento -Vallo di Diano, zona boschiva, dove mio padre con grandi sacrifici, lavorava. Insomma, quella sera forse è stata la serata più dura e più umiliante per mio padre; lo fu anche per me che ascoltavo e, credo per mia madre.
L’ uomo col cappello e col pastrano (si chiamava così il mantello che portava) quella sera, rivendicava il suo salario, purtroppo mio padre non aveva soldi, forse promise lui che avrebbe pagato, quando tutta la legna prodotta sarebbe stata venduta ma questo, io non posso saperlo, so che mio padre era un uomo di parola, ciò, purtroppo, avveniva se le vendite non erano adeguate al lavoro eseguito.
So per certo che, quella sera mio padre ha rischiato la vita, poiché quell’ uomo lo minacciava e diceva di non poter sfamare i propri figli.
Ero sul punto di rientrare in casa, temevo per mio padre. Ad un tratto sentii l’ uomo misterioso scendere le scale, me ne accorsi dal tonfo che provocavano i suoi scarponi: uscì dal grande portone chiudendoselo alle spalle e con una grande falcata fece roteare il suo mantello per ricoprire una grossa pagnotta di pane che, con certezza, mia madre intervenuta nella discussione, gli aveva donato per tranquillizzarlo e lo vidi sparire dietro l’ angolo della casa.
La mano della “ Provvidenza divina” è grande! Mio padre era salvo!
Corsi di sopra, a grandi falcate le mie gambe fecero gli scalini a due a due, entrai trafilata in
cucina … mio padre era chino sul tavolo, il viso coperto dalle sue grandi mani, facevano notare l’ umiliazione provata.
Anch’ io, in quel momento, provai una stretta alla gola, poiché non avrei mai immaginato che... un uomo così forte e importante come lui, avrebbe mai potuto subire un affronto così umiliante .
Per fortuna i problemi, infine si risolsero, anche se mio padre non potette mai dimenticare quella sera.
A distanza di tanti anni ricordo questa storia rimasta nel cuore, perché rispecchia ancora la povertà in cui si trova il sud della nostra bella Italia.
Dedicato a mio padre e alla santa donna di mia madre che, con la sua umiltà, donò all’ uomo dal mantello nero, la pagnotta di pane che aveva fatto con le sue stesse mani.