" Fragile è il ferro allor ché non resiste/di fucina mortal tempra terrena/
ad armi incorrottibili ed immise/d’ eterno fabro)...."
T. Tasso (Gerusalemme Liberata- Canto VII- vv)
"Ecco Rinaldo con la spada adosso/a Sacripante tutto s’ abbandona;/
e quel porge lo scudo, ch’ era d’ osso/,con la piastra d’ acciar temprata e buona./
L. Ariosto (Orlando Furioso- Canto II)
La scoperta dei metalli, delle leghe metalliche e il loro uso, dall’ età del ferro all’ era moderna, quella degli acciai inossidabili e delle superleghe, hanno accompagnato ed accompagnano l’ evoluzione e la storia dell’ umanità nonché il suo modo di vivere. Nella pratica quotidiana, per limitarci al loro impiego in casa, in ufficio e nei mezzi di trasporto, i metalli, sotto forma di oggetti e di manufatti, i più disparati, ci sfiorano e ci sono a portata di mano anche tale continua familiarità lo fa spesso dimenticare e porta alla ingrata indifferenza. Tuttavia non solo nella praticità e nel campo della scienza e del mondo industriale ma anche nel campo delle arti i metalli hanno dato e danno direttamente un significativo contributo all’ appagamento di altri bisogni e necessità dell’ uomo, quelle dell’ estetica e del bello: basti pensare alle statue bronzee della antichità classica ed alle moderne sculture in acciaio inossidabile. Indirettamente, e questo è il tema di questo excursus, vedremo come sempre nel campo degli appagamenti culturali e dello spirito i metalli abbiano offerto ed offrano immenso materiale nel campo della letteratura. Spaziando in questo campo, dall’ antichità ai tempi nostri è facile riscontrare, punto di riferimento la Divina Commedia, nella quale sono state evidenziate e commentate a suo tempo le innumerevoli terzine con riferimento ai metalli, come gli stessi metalli non siano sfuggiti alla penna di storici, pensatori e poeti per evocare immagini, suggestioni, riflessioni degne della nostra attenzione. Nella presente memoria, data la vastità dell’ esplorazione, il campo di indagine è stato confinato alla classicità greco- romana. Vedremo come questa, attraverso i versi di Esiodo, Omero, Ovidio, Lucrezio, Virgilio e Tibullo, offra un immenso tesoro di riferimenti alla metallurgia ed alla lavorazione dei metalli: metalli come simbolismo tra dei, miti e leggende, suggestivi versi sull’ origine della metallurgia, sull’ impiego e l’ uso dei metalli, le loro proprietà, l’ usura, la corrosione, il riciclaggio, nonché sfolgoranti descrizioni e una profusione di oggetti metallici. Ai poemi cavallereschi della letteratura italiana, se ci sarà, il prossimo appuntamento a cominciare dal Tasso e dall’ Ariosto.
PAROLE CHIAVE
Esiodo, Opere e Giorni, Omero, Iliade, Odissea, Ovidio, Metamorfosi, Tibullo, Virgilio, Eneide, Bucoliche, Lucrezio, De Rerum Natura.
INTRODUZIONE
Fluit aes rivis aurique metallum, vulnificusque chalybs vasta fornace liquescit (Scorrono a ruscelli il bronzo e l’ oro, l’ acciaio atto a ferire si liquefa nel vasto forno): questo frammento di un famoso distico tratto dall’ Eneide virgiliana, risulta impresso, quale motto, sulla moneta etrusca raffigurante Vulcano, il dio dei metalli, adottata come stemma dall’ Associazione degli Industriali Metallurgici, primo atto di quella che sarà in seguito l’ Associazione Italiana di Metallurgia ed è apparso per la prima volta nel numero di settembre del 1917 della nostra rivista La Metallurgia Italiana a testimonianza del connubio che sempre dovrebbe ricercarsi tra scienza ed arte.
A partire da tale frammento, già citato a suo tempo nelle ricerche su Dante, i suoi mentori e la Divina Commedia (1- 3) cercheremo di scoprire, con riferimento alla classicità greco- latina, le immagini, le suggestioni e le riflessioni che i metalli hanno evocato e prodotto nei versi dei poeti di quel tempo antico. Tale breve ricerca, oltre che sprone per i giovani cultori della metallurgia ad una più approfondita ricerca in questo campo, vuole rendere un modesto omaggio a tutti quegli studiosi che in passato non hanno disgiunto l’ amore della scienza con quello della letteratura, primo fra tutti l’ Ing. Giuseppe Cozzo e poi: E. Crivelli, A. Uccelli, G. Somigli e I. Guareschi (4- 7)
I METALLI COME SIMBOLISMO: TRA DEI, MITO E LEGGENDA
L’ antropologia moderna analizzando la preistoria e la protostoria dell’ umanità, classifica la sua evoluzione attraverso le seguenti età: età della pietra (paleolitico, mesolitico, neolitico), età del bronzo e età del ferro in funzione della natura dei primi utensili impiegati dall’ uomo e dalla cronologia della scoperta e dell’ uso dei metalli. Anche nell’ antichità seppure strettamente legata a superstizioni, suggestioni di interventi divini tra miti e leggende varie, l’ importanza dei metalli, come fattori di progresso, era già stata fortemente sentita e percepita nonché tradotta anche in componimenti epici o liriche nostalgiche ed accorate.
Inizialmente, sia nel mondo greco e poi in quello latino, al pari della visione biblica dell’ Eden o Paradiso terrestre, la prima fase della storia dell’ umanità veniva confinata nell’ età dell’ oro, età ove regnano pace e serenità, seguita poi, come punizione divina, a periodi di guerre e di discordie: metalli sottratti all’ aratura dei campi e trasformati in armi letali.
Classicità Greca
Per primo, Esiodo, epico greco della fine dell’ VIII sec. A. C., nelle "Opere ed i giorni" (8) enumera cinque età del mondo, fondate proprio sull’ uso dei metalli, ed nelle quali si sarebbero avvicendate altrettante "specie umane", o in altre parole, altrettanti stadi della civiltà. La prima detta "età dell’ oro" in cui vecchiaia, preoccupazioni ed affanni della vita erano stati risparmiati agli uomini e dove il suolo fertilissimo avrebbe offerto spontaneamente erbe e frutta in abbondanza. A questa sarebbe seguita la stirpe " dell’ età dell’ argento" distrutta da Zeus per la pochezza della sua intelligenza e per il disprezzo verso gli Dei; terza "l’ età del bronzo", vigorosa ed indomabile e dal cuore duro conclusasi tra lotte tremende e crudeli. Ad esse seguiranno una quarta, come fase di transizione, per poi ultima "l’ età del ferro", quella in cui visse il poeta, piena di sofferenze, di miserie, di delitti e di empietà."Prima una stirpe aurea di uomini mortali/ fecero gli immortali che hanno le olimpie dimore... come dè i vivevano, senza affanni nel cuore,.. il suo frutto dava la fertile terra../Come seconda una stirpe peggiore assai della prima,/argentea, fecero gli abitatori delle olimpie dimore,..vivevano ancora per poco, soffrendo dolori../né gli immortali venerare volevano,/ né sacrificare ai beati sui sacri altari,../ Zeus padre una terza stirpe di gente mortale/fece, di bronzo, in nulla simile a quella d’ argento,..di bronzo eran le armi e di bronzo le case,/col bronzo lavoravano perché il nero ferro non c’ era... di nuovo una quarta, sopra la terra feconda,/fece Zeus Cronide, più giusta e migliore,/di eroi, stirpe divina, che sono detti semidei, .../combattendo per le greggi di Edipo,..../là il destino di morte li avvolse;/ma poi lontano dagli uomini dando loro vitto e dimora/il padre Zeus Cronide della terra li pose ai confini./...Zeus, poi, pose un’ altra stirpe di uomini mortali/dei quali, quelli che ora vivono.../perché ora la stirpe è di ferro; né mai di giorno/cesseranno da fatiche e affanni, né mai di notte,/affranti; e aspre pene manderanno a loro gli dè i."
Classicità Latina
A quella medesima e felice età dell’ oro ricordata da Esiodo si richiameranno più tardi anche i poeti elegiaci latini. In particolare, Ovidio (43 A. C.-18 D. C.) nel Libro I delle Metamorfosi sembra ripercorre, descrivendo le varie età dell’ evolversi dell’ umanità, gli stessi versi e le stesse evocazioni dell’ epico greco: "Per prima fiorì l’ età dell’ oro, che senza giustizieri/o leggi, spontaneamente onorava lealtà e rettitudine./.........non v’ erano trombe dritte, corni curvi di bronzo, né elmi o spade: senza bisogno di eserciti, la gente viveva tranquilla in braccio all’ ozio/Quando Saturno fu cacciato nelle tenebre del Tartaro/e cadde sotto Giove il mondo, subentrò l’ età d’ argento,/peggiore dell’ aurea, ma più preziosa di quella fulva del bronzo./.......Terza a questa seguì l’ età del bronzo: d’ indole/più crudele e più proclive all’ orrore delle armi/,ma non scellerata. L’ ultima fu quella ingrata del ferro./E subito, in quest’ epoca di natura peggiore, irruppe/ogni empietà; si persero lealtà, sincerità e pudore,/e al posto loro prevalsero frodi e inganni,/". (9)
Tibullo (55- 18 A. C.) nel suo accorato carme" In terre sconosciute" mette anch’ egli a confronto il suo periodo e lo spensierato periodo di un tempo antico: l’ umanità viveva in un mondo idilliaco, senza pericoli, animali e piante elargivano doni in abbondanza ed il metallo non era stato ancora forgiato sotto forma di armi dedite alla morte."Com’ era felice la vita sotto il regno di Saturno,/...nessuna casa aveva porte e/...Stillavano miele le querce/e spontaneamente le agnelle/gonfie di latte offrivano le poppe/...Non c’ era esercito, né rabbia, guerre/o un fabbro disumano/che con arte crudele foggiasse le spade." (10) .
Anche Virgilio (70- 19 A. C.), nell’ Eneide (LibroVIII), ricorda come Saturno e la sua età dell’ oro abbiano influenzato la nascita della civiltà nel Lazio, civiltà poi degradatasi progressivamente:"Saturno il primo fu che in queste parti/ venne, dal ciel cacciato, e vi s’ ascose/ E quelle rozze genti, che disperse/ eran per questi monti, insieme accolse/ e diè lor leggi: onde il paese poi /da le latè bre sue Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido impero/ con giustizia, con pace e con amore si visse un secol d’ oro, in fin che poscia/ l’ età, degenerando, a poco a poco/ si fe’ d’ altro colore e d’ altra lega. (11)
Tema dell’ età dell’ oro ripreso poi dallo stesso Virgilio in una sorta di profezia messianica, anche nelle Bucoliche (IV Ecloga): "O Muse sicule, cantiamo poesie più elevate: non a tutti piacciono gli arbusti e le basse tamerici;/se cantiamo i boschi, siano boschi degni di un console. /E’ giunta l’ ultima età / di nuovo nasce un grande ciclo di secoli e già torna la Vergine, tornano i regni di Saturno, già una nuova generazione viene fatta scendere dall’ alto cielo./Tu, casta Lucina, sii propizia al bambino che sta per nascere / al tempo del quale inizierà a scomparire la generazione del ferro/ e in tutto il mondo sorgerà quella dell’ oro; il tuo Apollo regna già./"(12).
LA METALLURGIA NEI GRANDI POEMI DELL’ ANTICHITA’
La nascita della metallurgia: la lavorazione dei metalli e l’ uso dei metalli
Il poeta latino Tito Lucrezio Caro (98- 54 A. C.) nel suo De Rerum Natuta (13), fedele al pensiero di Epicureo e partendo dall’ analisi delle particelle minime ed indivisibili, gli atomi, ed analizzando i processi della conoscenza umana ed i meccanismi che presiedono ai fenomeni naturali, ci introduce, poeticamente nel Libro V alla nascita della metallurgia ed alla lavorazione dei metalli.:"Comunque sia, quale che fosse la causa per cui l’ ardore/delle fiamme aveva divorato con orrendo fragore le selve/dalle profonde radici e aveva cotto a fondo col fuoco la terra,/colavano dalle vene bollenti confluendo nelle cavità della terra/rivoli d’ argento e d’ oro e anche di rame e di piombo./E quando gli uomini li vedevano poi rappresi/risplendere sul suolo di lucido colore,/li raccoglievano, avvinti dalla nitida e levigata bellezza,/e vedevano che erano foggiati in forma simile a quella/che aveva l’ impronta dell’ incavo di ognuno./Allora in essi entrava il pensiero che questi, liquefatti al calore,/potessero colando plasmarsi in qualsiasi forma e aspetto di oggetti,/e che martellandoli si potesse forgiarli in punte di pugnali/quanto mai si volesse acute e sottili,/sì da procurarsi armi e poter tagliare selve/ed asciare il legname e piallare e levigare travi/ed anche trapanare e trafiggere e perforare/.
Le proprietà dei metalli
Di seguito e sempre nel Libro V, Lucrezio mette in evidenza come, dopo la scoperta della metallurgia, gli uomini abbiano imparato a conoscerne subito le caratteristiche e l’ utilità:" E dapprima s’ apprestavano a far queste cose con l’ argento e l’ oro/non meno che con la forza violenta del possente rame,/ma invano, poiché la tempra di quelli vinta cedeva,/né potevano sopportare ugualmente il duro sforzo./Difatti ‹ il rame› era più pregiato e l’ oro era trascurato/per l’ inutilità, perché si smussava con la punta rintuzzata./" ma, come mette in evidenza Lucrezio i tempi cambiano: "/Ora è trascurato il rame, l’ oro è asceso al più alto onore./Così il volgere del tempo tramuta le stagioni delle cose:/ciò che era in pregio, diventa alfine di nessun valore;/"...
Usura e corrosione dei metalli
L’ osservazione di Lucrezio sui metalli e sul loro decadimento con specifico riferimento alla concezione atomistica delle cose, si fa ancora e più profonda (Libro I): qualsiasi sia la natura del metallo o della lega: oro, ferro, bronzo, al pari delle pietre, tutto ciò, con l’ impiego e nel tempo, si usura e si corrode senza che noi ne possiamo conoscerne il perché: "Per di più, nel corso di molti anni solari l’ anello,/a forza d’ essere portato, si assottiglia dalla parte che tocca il dito;/lo stillicidio, cadendo sulla pietra, la incava; il ferreo vomere/adunco dell’ aratro occultamente si logora nei campi;/e le strade lastricate con pietre, le vediamo consunte/dai piedi della folla; e poi, presso le porte, le statue/di bronzo mostrano che le loro mani destre si assottigliano/al tocco di quelli che spesso salutano e passano oltre./Che queste cose dunque diminuiscano, noi lo vediamo,/perché son consunte. Ma quali particelle si stacchino in ogni/momento, l’ invidiosa natura della vista ci precluse di vederlo./ "
Riciclaggio
Virgilio, nel Libro VII dell’ Eneide, ci offre un saggio poetico sui riciclaggi del ferro e dell’ acciaio: il nemico incombe e bisogna difendersi: attrezzi agricoli e mezzi per dissodare il terreno vengono rifusi e trasformati sotto forma di armi e di corazze: " Cinque grosse città con mille incudi/ a fabbricare, a risarcir si dà nno/ d’ ogni sorte armi: la possente Atina,/ Ardea l’ antica, Tivoli il superbo,/ e Crustumerio, e la torrita Antenna./ Qui si vede cavar elmi e celate;/ là torcere e covrir targhe e pavesi:/per tutto riforbire, aü zzar ferri,/ annestar maglie, rinterzar corazze,/ e per fregiar piú nobili armature,/ tirar lame d’ acciar, fila d’ argento./ Ogni bosco fa lance, ogni fucina/ disfà vomeri e marre, e spiedi e spade/ si forman dai bidenti e da le falci."/
Sfolgoranti descrizioni
Omero (IX sec. A. C.), nell’ Iliade come nell’ Odissea e parimenti Virgilio, nell’ Eneide, quasi gareggiando tra di loro, ci offrono a profusione, "forgiando" indimenticabili versi, una sfolgorante descrizione di metalli in varie forme e dalle fogge e decorazioni le più diverse: armi, scudi, cocchi divini, vasellame, suppellettili, abitazioni, strumenti musicali; per brevità ci si dovrà limitare solo ad alcuni rimandi: al lettore diligente la voglia ed il compito di dar seguito a personali approfondimenti.
Gli scudi di Achille e di Enea
Di seguito sono riportati i versi che descrivono il lavoro di Efesto- Vulcano nell’ atto di forgiare, su richiesta di Teti, la madre di Achille, il nuovo scudo del Pelide dopo che quello indossato in sua vece da Patroclo era stato preda di Ettore a seguito dell’ uccisione del fraterno amico."Eran venti che dentro la fornace/per venti bocche ne venì an soffiando,/e al fiato, che mettean dal cavo seno,/or gagliardo or leggier, come il bisogno/chiedea dell’ opra e di Vulcano il senno,/sibilando prendea spirto la fiamma./In un commisti allor gittò nel fuoco/argento ed auro prezï oso e stagno/ed indomito rame. Indi sul toppo/locò la dura risonante incude,/di pesante martello armò la dritta,/di tanaglie la manca; e primamente/un saldo ei fece smisurato scudo/di dè dalo rilievo, e d’ auro intorno/tre ben fulgidi cerchi vi condusse,/poi d’ argento al di fuor mise la soga./Cinque dell’ ampio scudo eran le zone,/ (14)
Non da meno è l’ abilità poetica di Virgilio, nell’ VIII libro dell’ Eneide, nel descrivere il lavoro dei Ciclopi, intenti nelle nere fucine etnee del dio Vulcano, a forgiare, su richiesta di Pallade- Atena, le armi di Enea: "Tosto che giunse: « Via, - disse a’ Ciclopi -/ sgombratevi davanti ogni lavoro,/ e qui meco guarnir d’ arme attendete/ un gran campione. E s’ unqua fu mestiero/ d’ arte, di sperï enza e di prestezza,/ è questa volta. Or v’ accingete a l’ opra/ senz’ altro indugio». E fu ciò detto a pena,/ che, divise le veci e i magisteri,/ a fondere, a bollire, a martellare/ chi qua chi là si diede. Il bronzo e l’ oro /corrono a rivi; s’ ammassiccia il ferro,/ si raffina l’ acciaio; e tempre e leghe/ in piú guise si fan d’ ogni metallo./ Di sette falde in sette doppi unite,/ ricotte al foco e ribattute e salde,/ si forma un saldo e smisurato scudo,/ da poter solo incontro a l’ armi tutte/ star de’ Latini. Il fremito del vento /che spira da’ gran mantici, e le strida/ che ne’ laghi attuffati, e ne l’ incudi/ battuti, fanno i ferri, in un sol tuono/ ne l’ antro uniti, di tenore in guisa /corrispondono a’ colpi de’ Ciclopi,/ ch’ al moto de le braccia or alte or basse/ con le tenaglie e co’ martelli a tempo fan concerto, armonia, numero e metro/"
Una profusione di oggetti metallici
Poi in un crescendo di citazioni, sia in Omero che in Virgilio, appaiono magnifiche descrizioni di: cocchi divini, vasellame, suppellettili, abitazioni, strumenti musicali:
Iliade
Nel bel mezzo della battaglia tra Achei e Troiani, ecco intervenire in aiuto dei due schieramenti, alcune divinità armate di tutto punto (Iliade- Libro V):"Immantinente al cocchio Ebe le curve/ruote innesta. Un ventaglio apre ciascuna/d’ otto raggi di bronzo, e si rivolve/sovra l’ asse di ferro. Il giro è tutto/d’ incorruttibil oro, ma di bronzo/le salde lame de’ lor cerchi estremi./Maraviglia a veder! Son puro argento/i rotondi lor mozzi, e vergolate/d’ argento e d’ô r del cocchio anco le cinghie/con ambedue dell’ orbe i semicerchi,/a cui sospese consegnar le guide./Si dispicca da questo e scorre avanti/pur d’ argento il timone, in cima a cui/Ebe attacca il bel giogo e le leggiadre/pettiere; e queste parimenti e quello/d’ auro sono contesti. Desï osa/Giuno di zuffe e del rumor di guerra,/gli alipedi veloci al giogo adduce./Né Minerva s’ indugia. Ella diffuso/il suo peplo immortal sul pavimento/delle sale paterne, effigï ato/peplo, stupendo di sua man lavoro,/e vestita di Giove la corazza/di tutto punto al lagrimoso ballo/armasi. Intorno agli omeri divini/pon la ricca di fiocchi Egida orrenda,/che il Terror d’ ogn’ intorno incoronava/"
Odissea
Oro, argento, rame: questa l’ offerta, segno dell’ opulenza delle case di Ilio, di un prigioniero troiano onde aver salva la vita come descritto nel libro VII: "L’ aggiungono anelanti i due guerrieri,/l’ afferrano alle mani, ed ei piangendo/grida: Salvate questa vita, ed io/riscatterolla. Ho gran ricchezza in casa/d’ oro, di rame e lavorato ferro./Di questi il padre mio, se nelle navi/vivo mi sappia degli Achei, faravvi/per la mia libertà dono infinito."
Sempre nello stesso libro:"Palagio chiara, qual di sole o luna,/Mandava luce. Dalla prima soglia Sino al fondo correan due di massiccio/Rame pareti risplendenti, e un fregioDi ceruleo metal girava intorno./Porte d’ô r tutte la inconcussa casaChiudean: s’ ergean dal limitar di bronzo/Saldi stì piti argentei, ed un argenteo Sosteneano architrave, e anello d’ oro/Le porte ornava; d’ ambo i lati a cui, Stavan d’ argento e d’ô r vigili cani:/Fattura di Vulcan, che in lor ripose" ... "Canto arricchillo. Il banditor nel mezzo/Sedia d’ argento borchiettata a lui/Pose, e l’ affisse ad una gran colonna:/Poi la cetra vocale a un aureo chiodo/Gli appese sovra il capo, ed insegnagli/,Come a staccar con mano indi l’ avesse."
Ecco, nel libro X dello stesso poema, la munificenza di oro, argento, bronzo, che arreda le maritali stanze della maga Circe dove Ulisse riprende le vigorose forze:"Bei tappeti di porpora, cui sotto/Bei tappeti mettea di bianco lino:/L’ altra mense d’ argento innanzi ai seggi/Spiegava, e d’ oro v’ imponea canestri:/Mescea la terza nell’ argentee brocche/Soavissimi vini, e d’ auree tazze/Coprì a le mense: ma la quarta il fresco/Fonte recava, e raccendea gran fuoco/Sotto il vasto treppié, che l’ onda cape./Già fervea questa nel cavato bronzo,/E me la ninfa guidò al bagno, e l’ onda/Pel capo mollemente e per le spalle/Spargermi non cessò, ch’ io mi sentii/Di vigor nuovo rifiorir le membra./Lavato ed unto di licor d’ oliva,/E di tunica e clamide coverto,/Sovra un distinto d’ argentini chiovi/Seggio a grand’ arte fatto, e vago assai,/Mi pose: lo sgabello i piè reggea/.E un’ altra ninfa da bel vaso d’ oro/Purissim’ acqua nel bacil d’ argento/ "
Eneide
E non da meno, come descrizioni di opulenza e di splendori metallici, risultano questi vrsi tratti dal libro II dell’ Eneide: Poscia che ciò come profeta disse,/ comandò come amico ch’ a le navi/ gli portassero i doni, opre e lavori/ ch’ avea d’ oro e d’ avorio apparecchiati/, e gran masse d’ argento e gran vaselli /di dodonè o metallo: una lorica/ di forbite azzimine; e rinterrate/ maglie, dentro d’ acciaro e ‘ ntorno d’ oro/, una targa, un cimiero, una celata,/ ond’ era a pompa ed a difesa armato/ Në ottò lemo altero".
CONCLUSIONI
La letteratura della classicità greco- latina, come messo in evidenza, offre un immenso tesoro di riferimenti alla metallurgia ed alla lavorazione dei metalli: metalli come simbolismo tra dei, miti e leggende, suggestivi versi sull’ origine della metallurgia, sull’ impiego e l’ uso dei metalli, le loro proprietà, l’ usura, la corrosione, il riciclaggio, nonché sfolgoranti descrizioni e una profusione di oggetti metallici. Ai poemi cavallereschi della letteratura italiana, se ci sarà, il prossimo appuntamento a cominciare dal Tasso e dall’ Ariosto.
BIBLIOGRAFIA
1) G. Casarini: " Riferimenti ad arti e mestieri alchemici metallurgici nella Divina Commedia: Fabbri e Ferraioli"-28° Convegno Nazionale A. I. M.-Milano Novembre 2000- Atti- Vol. 2- pagg 635- 541
2) G. Casarini:" Metallurgia e scienza nei gironi danteschi"-Civiltà degli Inossidabili- Ediz. Trafilerie Bedini- Dic. 1992
3) G. Casarini:" Dante Alighieri e la Metallurgia"- Pianeta Inossidabili- Ediz. Acciaierie Valbruna- Giu. 1995
4) G. Cozzo:" Le origini della metallurgia- I metalli e gli dei"-Editore G. Biardi- 1945 Roma
5) E. Crivelli:" La metallurgia degli antichi"-Supplem. Ann. Enciclopedia della Chimica- Unione Tipografica Editrice- 1913 Torino
6) I. Guareschi: "Storia della Chimica- I colori degli antichi"- "-Supplem. Ann. Enciclopedia della Chimica- Unione Tipografica Editrice- 1905 Torino
7) A. Uccelli- G. Somigli:"Dall’ alchimia alla chimica- Storia della Metallurgia e delle lavorazioni meccaniche nel medio- evo"-Enciclopedia storica delle scienze e loro applicazioni"-U. Hoepli Editore- Milano
8) Esiodo: " Le opere e i giorni"-Trad. G. Arrighetti- Ediz. Garzanti- 1985
9) Ovidio:" Metamorfosi"-Ediz. varie
10) Tibullo: "Elegie"_Ediz. varie
11) Virgilio:"Eneide"-Trad. A. Caro- Ediz. varie
12) Virgilio: "Bucoliche"-Trad. L. Canali- Fabbri Editori
13) Lucrezio: "De Rerum Natura"
14) Omero: "Iliade"-Trad. V. Monti- Ediz. varie
15) Omero: Odissea"-Trad. I. Pindemonte- Ediz. varie
16) T. Tasso: " La Gerusaleme Liberata"-Ediz. varie
17) L. Ariosto: " Orlando Furioso"-Ediz. varie