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Fame d’amore. Parte quarta

Amore

Presa di coscienza.

Il mattino seguente puntuale la notifica di un buongiorno insolito, faccine d’ amore, cuori a ruota libera.
Brutte immagini sterili, un decrepito amore senza fondamenta.
Laura non si stimava più. Quella storia senza un punto di riferimento la faceva sentire quasi un punto e virgola, a metà strada tra l’ estasi e le profondità degli inferi. Un Caronte che l’ avrebbe traghettata dove si perdono le speranze e i sogni sono solo incubi vestiti d’ apparenza.
Voleva uscire da quella situazione; il pensiero costante è di andare via, sparire per un po’ cambiare aria; oppure parlarne con qualcuno.
Le mancava la sua amica Giusi; le avrebbe dato dei buoni consigli. Sicuramente con lei si sarebbe sentita in pace ma Giusi non c’ era e il suo richiamo, l’ urlo allegro, non si sentiva più. Quel grido, urlato nei momenti di gioia, ora si è perso tra le nebbie di una stagione insolita, quella della tristezza; indefinibile esistenza, a metà tra una dimensione e un’ altra dove non si aspetta altro che il passaggio si apra per correre ancora insieme.

"Basta!"
Aveva urlato Laura.
"Tempo perso".
Paolo non donava nulla, ma solo vincoli che strangolavano.
Intanto piangeva lacrime calde e i suoi singhiozzi: una liberazione.
Una consolazione: l’ animo si alleggeriva, il pianto scioglieva il nodo e si aprivano spiragli verso altre vie.
Nuove decisioni occorrevano.
Poi un passo indietro:

"Perché mai devo troncare?
Non voglio! Poche parole rubate all’ etere, mi fanno sentire bene e allora perché non continuare?"
Due volti dentro di lei! La decisione terribile tardava e allora perché non parlare con Paolo e cercare di carpirgli un appuntamento?

Poche parole in chat.

Ti aspetto prima possibile, viene per favore ho bisogno di parlare con te.
L’ immediata risposta:
Anch’ io!
Vediamoci domani al nostro solito locale.

Laura cambiò umore e l’ emozione provata pervase il suo corpo. Fili invisibili di emozione oltrepassarono la sua pelle. I peli dritti come se li avesse trapassati una scossa elettrica e attendevano" il tocco magico di una carezza". Assaporare quelle labbra sognate, il profumo sensuale dell’ altro corpo.
Sensazioni desiderate e agognate da una vita. La mente si ostina a cercare per saziare quella fame d’ amore.
Domani lo avrebbe rivisto, chissà forse sentiva la sua mancanza.
Si avviò al lavoro con l’ animo leggero e la speranza che la sua vita sarebbe cambiata, senza non prima aver lasciato in chat un messaggio.

"Abbiamo poco, forse nulla, ma dentro è bello, risplende come
il sole del mattino. Ti lascio questo messaggio, poche parole tristi ma vere. La vita è semplice, noi la complichiamo e forse un giorno si scriverà di questo nostro complicato sentimento.
Buongiorno e poi notte e aspetto con ansia domani, sicuramente sarà un giorno migliore, quello che deciderà il nostro destino. Albe e tramonti non sono nulla senza di te, i giorni e le notti ciclicità sterili quando manchi tu; ti dedico la mia vita senza darti nessun fastidio.”

Mimose.

Un piccolo fiore che oscilla e si piega al vento, un fiore tenero, giallo come il colore della luce e il sole è entrato in questa pianta.
Un arbusto che mima e resiste al vento. Si piega e non si spezza è la sua resistenza è flessibile, usata e sbandierata per assaporare una ventata di libertà.
Donne sottomesse, per un giorno si sentono alla ribalta senza capire che l’ inganno sta proprio lì, regalare una ventata di emancipazione.

Perché Paolo aveva scelto quel giorno?
L’ otto di marzo si festeggia il riscatto della donna, perché si sente il bisogno di celebrare questa giornata?
Uomini trogloditi regalano una parvenza di parità, ma il gioco è sottomettere e anche Paolo si presta a farlo.

Ignara Laura va al lavoro. Entra nella sala professori, dove colleghi assorti nel riguardare il loro programma del giorno e anche lei si presta a farlo.
Leggera come un cardellino, colorata simile al piumaggio di un pappagallo, si presta a tirare fuori dall’ armadietto e dalla sua cartella l’ occorrente.
Si toglie il cappotto, scansa la sedia, si accomoda e a un tratto sente un fischio soffocato, un piccolo urlo che la distoglie dalla sua leggerezza.
Alza gli occhi, non vede nessuno, cerca con lo sguardo chi ha emesso quel suono e in un angolo in penombra vede un uomo.
Lui le sorride e lei non comprende; non riconosce e si deve avvicinare.
Si alza, va in quella direzione e quando è vicina lo riconosce subito. Un suo vecchio compagno di università: Danilo.
Incredula, aveva dimenticato quel ragazzo, ora adulto, ma non molto cambiato. Una piccola simpatia condivisa, ma lei cercava sempre qualcosa di unico: l’ amore divinizzato.
Danilo si alza e le prende la mano.
"Non ti ricordi di me"?

"Sì, come non ricordarti".

"Che cosa fai qui"?
"Lavoro!
Ho vinto il concorso e finalmente mi hanno dato la cattedra".
"Bene sono contenta".
Non aveva nulla da dire, ma quel fischio le echeggiava nella mente.
Perché aveva fischiato in quel modo?
Nessuna conosce quel segnale, tantomeno lui.
Erano trenta anni che non si vedevano.
Lui le racconta brevemente la sua vita. Precario da sempre e in giro per l’ Italia e ora aveva trovato questo posto di ruolo e non avendo legami ha potuto accettare senza problemi.
"Ora devo solo trovare una sistemazione. Sono in albergo, ma urge una piccola casa tutta per me.
Mi aiuti"?
"OK"!
Laura aveva perso la voce e le parole.
Quel suono le rimbombava nelle orecchie, era dentro di lei e solamente quella mattina aveva chiesto aiuto a Giusi. Si era quasi arrabbiata con la sua amica, non sentiva la sua presenza e si era trasportata ancora una volta dentro il gioco di Paolo.
Ora domani s’ incontravano e avrebbe fatto parlare prima lui.

"Certo" rì Rispose a Danilo.

"ti aiuto sicuramente.
Ora ti devo lasciare perché la lezione inizia tra un po’, poi ci vediamo".


Annamaria Gennaioli 28/05/2018 13:57 987

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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