Era un freddo terribile, Alicia lentamente si spostava la ciocca d'ebano dalla fronte; una fronte alta e nivea su due occhi profondi e grandi; tanto scuri quanto chiari.
La luce le batteva proprio al centro dell'iride: " Occhi vivi di vita".
La tazza del thè le scaldava le mani: lo lascerò quel posto pensava, niente ormai mi appartiene...
E mentre diceva questo, una nuvola di pioggia attraversò il cielo oscurandolo.
Oltre i vetri appannati dal tempo, si udì un guaito prolungato, piovve molto quella sera, le stelle rimandarono con faticosa leggerezza la loro entrata.
E il vento, non osò scuotere neppure una fronda dei tigli sotto casa.
Alicia si lasciava attraversare dai ricordi: senza nessuna resistenza rievocava nei vapori del thè il giorno che se ne andò di casa.
Inalava nel vento la forza ribelle, un desiderio irrefrenabile di sparire vaporizzarsi nel niente, annullarsi nel tutto. Mai più, mai più avrebbero saputo di lei.
Neoplasia dell'anima, lo definiva: necrosi delle cellule vitali, urlo lento e silenzioso che tiranneggia ogni sorriso.
Non una malattia improvvisa fulminante, ma un percorso lento inesorabile, verso la disillusione.
Sara la fissava senza muovere ciglio, ripassando nella mente il giorno in cui l'odore della vernice si mescolava alle tele ormai pronte al trasloco, gli zaini colmi di vestiti come cuori intenti ad esplodere di tristezza.
La casa d'Arte in cui Alicia aveva riposto tutte le sue aspettative la stava attendendo in un'altra città, e la stazione non molto lontana sarebbe stato il suo ultimo saluto alla spensieratezza, ai giochi di sorelle agli sguardi di nido dei genitori.
Il tempo in quei tre anni era trascorso come in una visione surreale di un quadro, ma non un quadro paragonabile a Salvador Dalì, dove si mette sempre in evidenza una malinconica linea d'orizzonte, pressante e angosciosa. Quello che nel tempo sviluppò in quel luogo, fu una dimensione umana che oltrepassava la logica stilistica delle tele, trasformando la realtà nel sogno onirico più devastante.
Tre anni, e adesso le due sorelle erano di nuovo una di fronte all'altra, quasi due donne … distanti da quello che era stato il loro passato; le risa la sera a cena con i genitori, le canzoni cantate a squarciagola davanti allo specchio prima di uscire.
Per un attimo Sara ripensò a quando neppure adolescente faceva le imitazioni a tutti i membri della famiglia, e le risate di Alicia riecheggiavano in quella cucina stracolma di amore (com'era lontano quel tempo nel cuore) .
Non poteva riconoscere in quella “ quasi- donna “ sua sorella, sentiva il fondo che le aveva attraversato le viscere, rabbrividì quando le disse che quel mondo, da cui si aspettava sensibilità e bellezza, altro non era che uno squallido compromesso di piaceri: il talento la bellezza, solo il contorno di un'ipocrita cerchia.
Gli amori malati, la droga … tutto, tutto era dipinto in quegli occhi che non avevano più il coraggio di fissarla.
Me ne devo andare: ripeteva ossessivamente Alicia, ma la depressione che nel frattempo le si era insinuata nelle ossa le impediva ogni movimento; la vergogna di quella sconfitta che, le aveva portato via per sempre l'ingenuità, lavorava nel suo animo come un parassita silenzioso, lasciandola inerme e senza più forze.
Come erano diverse nel loro assomigliarsi: una ripiegata su se stessa, l'altra tenacemente ancorata alla luce.
A piccoli passi … a piccoli passi sussurrò Sara.
Adesso sono qui con te, finalmente ti sei decisa a chiamare, e sono qui per te, continuò!
Si guardarono per un secondo, ritrovando quella luce complice di tanto tempo prima.
Quelle scelte individuali che le avevano divise, ora sembravano dissolversi come una stanza buia trafitta dalla luce; finito il thé, andarono a letto.
La mattina seguente c'erano zaini zeppi di roba sparsi per la stanza, la pioggia; il vento della notte precedente che aveva reso l'aria elettrica e tersa, sembrava complice di quell'energia frizzante sui volti luminosi delle sorelle.
Il fischio del treno, uno stormire di partenze e ritorni: e la mamma e il babbo? Chiese Alicia con un'aria di timore.
Ti aspettano dal giorno che sei partita rispose Sara.
A piccoli passi, mano nella mano.