< No! >
Rispose il ragazzo, < ma, penso che tu debba per un po’ calmarti e non andare in giro come fai ora>.
Non ho commesso nessun reato, non ho fatto nulla di male.
Le mie vesti?
L’abbigliamento non crea problemi a nessuno, solo più comodo.>
Tornarono insieme alla casa sulla collina. Roberto non sapeva cosa fare, il padre era furioso e lui non voleva ritornare in quell’abitazione, ma lo doveva fare per sua madre, non poteva lasciarla, sarebbe stata in balia della sua collera.
Una soluzione la doveva trovare, possedeva una casa sua, ereditata da uno zio, fratello di sua madre, gli aveva lasciato quella proprietà non avendo figli.
Il ragazzo era emotivamente concitato, la sua mente cercava tutte le possibilità e quella un’ottima soluzione. La madre doveva abitare con lui e anche Giulia. Insieme avrebbe combattuto quella faida con il padre.
Padre padrone, despota e tiranno. Una vita passata, a tiranneggiare e spadroneggiare chiunque gli passasse davanti, a chi lo abbia intralciato e chi non gli avesse ubbidito. Un medico, aveva prestato il giuramento di Ippocrate, di essere al servizio dei malati e curato chiunque, senza guardare da che parte stava, oppure se era ricco o povero. Egli faceva queste distinzioni, i poveri dovevano morire se non erano più utili come lavoratori.
Giulia, al momento di salutare Roberto, gli disse di non preoccuparsi per lei e di tornare a casa e cercare di aiutare la sua mamma, aveva bisogno di lui, poi da cosa nasce cosa, prima doveva mettere ordine la sua vita e poi avrebbero deciso insieme.
Tornato a casa, la mamma lo aspettava trepidante, sapeva tutto, il marito l’aveva aggiornata sugli eventi, rimarcando che il figlio era morto per lui.
Sofia non si ribellava accettava tutto da quell’uomo, aveva paura della sua reazione, sapeva quanto fosse cattivo. La donna racconta il suo segreto al figlio di quando il marito le imponeva di stare con degli uomini e la clessidra doveva segnare il tempo per l’atroce violenza. Esaurita la sabbia, l’uomo doveva essere sostituito con altri. Lei una prostituta e lui un guardone di altri tempi. Solo così provava emozioni ed erano contorte. Le vittime, torturate da lui stesso, frustate a sangue fino che non perdevano conoscenza, oppure morivano. Sapeva usare le sue conoscenze per prolungare l’agonia degli oppressi. Un demone senza pietà e un sadico senza limiti.
La sua parola non smentita, lui era il dottore e lo straniero preso dai suoi sgherri, un povero diavolo senza arte né parte: un vagabondo. Gli sfortunati non riuscivano a fare nulla con la donna e la clessidra scandiva velocemente il tempo, poi la sentenza, fino a che Sofia non rimase incinta di lui, allora quelle torture smisero e il padre rinunciò a quella pratica agghiacciante. L’erede era stato concepito ed era suo, non chiedeva altro. Ora la moglie poteva essere messa in un angolo e lui poteva avere tutte le amanti e le giovani contadine indifese. Carne fresca. Ragazze violentate e costrette al silenzio sia per paura sia per vergogna; il loro peccato confessato e assolto da un prete che con la scusa del segreto era partecipe a quello scandalo. Tutti sapevano e come con Rosina il sapere e fare finta di nulla era la regola.
Quando dolore in quella casa, scoprire la barbara indole di un uomo dalla facciata apparentemente normale, di una libidine nascosta che si eccitava colpendo gli sventurati e solo dopo poteva possedere la moglie.
Roberto rimase sbigottito, aveva anche lui quel sangue, ma non sentiva quella cattiveria. Aveva paura, ed era la sua peggiore consigliera, ma scoprire quel dramma era troppo.
La madre non seguì il figlio, non poteva lasciare il marito, le donne non avevano voce in capitolo, dipendevano in tutto per tutto dall’uomo. Prima dal padre e poi dal marito, se avesse seguito il figlio, sarebbe andata contro la legge e punibile. Le conseguenze non la preoccupano, non le importa di morire. La sua vita era stata tutta una tragedia e la farsa si stava completando in quel periodo. Ormai le pentole si scoperchiavano e il potere stava vacillando e quell’uomo malvagio iniziava a perdere le redini.
Astolfo sentiva questa debolezza e incolpava Giulia e parlando da solo a voce alta:
< la colpa è di quella donna, ha scompigliato la mia vita, maledetto il giorno del suo arrivo>. Voleva vendicarsi, fargliela pagare e doveva trovare il modo di farla arrestare. Allontanarla da quel luogo che, era il suo territorio.>
Roberto immaginava quell’epilogo, il padre prima di cedere avrebbe architettato qualunque messinscena pur di far allontanare Giulia, anche fisicamente con la prigionia, con la morte, qualunque cosa pur che sparisse.
Roberto trasferitosi nella sua nuova dimora, voleva che Giulia andasse ad abitare con lui. La ragazza titubante non credeva di essere in pericolo veramente. Invece Roberto era sicuro di quel fatto e pure sua madre pressava sul figlio purché andassero ad abitare insieme, solo insieme sarebbero stati forti.
Roberto propose a Giulia una soluzione: il matrimonio.
Diventando sua moglie nessuno poteva dire nulla e anche le autorità non potevano procedere. Giulia comprende la gravità, la vede negli occhi di Sofia. La paura in quegli occhi per la loro sorte. Acconsentì di sposare Roberto.
I preparativi veloci, bastava andare in chiesa e registrare il matrimonio, Giulia è preoccupata, non si sente sicura di fare quel passo, ma sente che lo deve e parla con Roberto:
< cosa ti aspetti da me?
Vuoi una moglie completa, non lo so se sono pronta, devo avere i miei tempi>.
Scampare da quel pericolo, poi poteva vivere insieme con lui come un fratello e una sorella.>
Non sapeva nulla di lei, da dove veniva.
Chi era?
Ancora era una sconosciuta, solo l’amore che sentiva e si fidava, ma non sapeva niente del suo passato>.
Giulia, laconica e un po’ fuori combattimento per gli eventi susseguiti.
Rispose con una flebile voce quasi un gettar la spugna.
Sei cambiato, e sarai rispettato sempre come marito, ma non sarò sottomessa.
Se cerchi una moglie che stia sotto di te hai sbagliato persona, voglio la mia indipendenza e voglio continuare a fare il mio lavoro.>
Disse Giulia.
Rispose Roberto.
Aveva paura anche di sfiorarla, non sapeva mai se sbagliava o faceva bene, aveva paura di perdere quel bene ormai troppo prezioso.
Arrivò il giorno del matrimonio, la cerimonia intima con solo la madre e tutta la famiglia della casa sulla collina. Commossi e felici fu anche una bella festa e partirono subito per il viaggio di nozze.
Con il calesse arrivarono poco lontano, bastava per uscire da quel luogo, in un paese poco distante pernottarono nella locanda.
Una camera insieme e con l'animo agitato, entrambi pensavano che ormai il più fosse fatto.
Si prepararono per la notte, il bagno era fuori. La camera con un letto a baldacchino, una toletta con specchio, un piano di marmo grigio dove potevi posare l’occorrente per spazzolare i capelli. Una catinella, una brocca con l’acqua, non era male, solo l’imbarazzo di stare in quel luogo.
Anche Roberto non era messo meglio, indeciso, prese la mano di Giulia, la sentì fredda, il suo cuore le batteva veloce e non riusciva a parlare. Lacrime rigavano le guance di Giulia, la ragazza piangeva. Non era facile che lo facesse, non si abbandonava facilmente, ma quel momento era diverso. Si trovava con un uomo dentro una stanza, sposata e sola dentro un’epoca che non era la sua. Quelle lacrime erano il sudore del destino e scendevano copiosamente per sciogliere quel nodo che aveva in gola. Sentiva il bisogno di aprirsi, voleva condividere il suo segreto e Roberto ormai era suo marito e aveva fornito prova di fiducia e in più c’era il suo amore, ma sarà in grado di capire?
O forse è meglio aspettare ancora?