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Al di là di tutto

Amore

"Così non va! Ti stai fossilizzando!" esclamò Cristina.

"Cosa?" chiese Lorenzo.

"Dico che sembri un fossile! Stai sempre lì buttato sul divano a guardare la tv e a bere birra! Non hai voglia di far niente! Sei apatico e privo d'interessi!"

"Non avrai mica intenzione di ricominciare con questa storia è?"

"Certo! E se ricomincio la colpa non è mia! Io provo a far finta di niente ma quando vedo che da parte tua non c'è mai e dico mai un cambiamento, non riesco a sopportarlo!"

"Senti Cristina, lavoro come un dannato tutto il giorno e quando torno a casa la sera sono stanco, tutto qui".

"Tu fai così anche quando non lavori! Il Sabato ad esempio, non mi porti a cena fuori, non mi porti al cinema, non ti va di uscire nemmeno per una semplice passeggiata con il cane! Solo di due cose sembri non essere mai stanco! Una è l'alcool e l'altra... bé, lo sai a cosa mi riferisco".

"Non mi pare poco, non credi? E poi di quella cosa anche tu non mi sembri essere stanca".

"Si, certo... tu prova a non cambiare e vedrai. A tutto c'è un limite".

"Che palle che sei. Dove vuoi che ti porti, sulla luna?"

"Senti ti lascio perdere perché se no mi metto a urlare!"

"Stai già urlando, calmati, stavo solo scherzando".

"Come sempre nel momento meno opportuno! Porto Bacco a fare pipì al parco, che fai?"

"Ti aspetto".

"Quando fai così ti odio!" concluse infine Cristina sbattendo la porta di casa.

Giunta al parco liberò il cane e si mise a pensare a quando si conobbero. All'epoca vivevano in due paesi abbastanza distanti fra loro, lui con i genitori, lei con la sorella e Lorenzo, pur di riuscire a vederla anche solo due o tre ore al giorno, terminato il lavoro volava a casa, si faceva una doccia veloce e la raggiungeva in macchina sul far della sera. Giunto da lei mangiavano qualcosa, parlavano del più e del meno e quando avevano voglia di un po' d'intimità, se a casa c'era la sorella scendevano a farlo giù in cantina su una piccola sedia di legno. Quando la casa era libera prediligevano farlo sul tavolo della cucina, nel divano o sul letto. In quel periodo impararono a conoscere bene i rispettivi corpi, l'uno le zone erogene dell'altra per intenderci, scoprirono come accarezzarsi e fondersi in un tutt'uno di sensazioni magiche. Durante il week end avevano più tempo a disposizione perché Lorenzo non lavorava e lo passavano in giro. Dove non aveva molta importanza. Potevano essere ristoranti, piazze, strade, biblioteche, vicoli, bar, panchine, locali notturni o giardini sperduti, inghiottiti dalla notte, in cui cercare angoli nascosti dove potersi amare sicuri di non essere visti. Quello che contava era lo stare assieme . Ogni tanto si chiedevano come sarebbe stato convivere ma lo facevano in modo superficiale, così, tanto per alimentare una fantasia, poi, quando con l'andare avanti del tempo constatarono che il sentimento che provavano l'uno per l'altra era reale, iniziarono a considerare la faccenda seriamente. Lorenzo allora aveva un impiego a tempo determinato ma sapeva di piacere al suo datore di lavoro e sperava che, una volta scaduto il contratto, tanto potesse bastare a farlo assumere definitivamente. Le sue aspettative si realizzarono, così, certi di uno stipendio fisso iniziarono la ricerca di un appartamento e dal momento che Cristina era disoccupata, ne trovarono uno non troppo distante dall'azienda in cui lui lavorava. All'inizio le cose andavano per il meglio, c'erano unione, voglia di crescere assieme, partecipazione e tutti i buoni propositi del caso che facevano sperare in un rapporto duraturo, poi però, con lo scorrere del tempo, in modo lento e graduale, l'entusiasmo da parte di Lorenzo andò perdendosi. Si era impigrito nei suoi confronti, aveva smesso di manifestarle anche solo un piccolo gesto d'affetto, non era più lo stesso uomo: quel sentimento che lei credeva indissolubile si stava forse affievolendo? Paradossalmente, la convivenza li stava allontanando? Cosa lo aveva fatto cambiare? Cristina non sapeva darsi delle risposte e continuava a logorarsi dentro. Quando si riebbe dai pensieri scosse la testa come per scrollarseli di dosso, chiamò a sé il cane, lo legò e tornò a casa. Era un Venerdì sera.

"Mentre eri fuori ha chiamato il Dingo. Fra un'oretta esco", disse Lorenzo.

"È no è, no è, no! Ma allora prima di cosa abbiamo parlato?"

"Dai Cristina non fare così".

"Così come!"

"Non lo vedo quasi mai".

"Dici così di ogni amico che ti chiama e alla fine mi ritrovo sempre sola!"

"Da come parli sembra che queste cose accadano all'ordine del giorno e invece capitano si e no un paio di volte al mese".

"Si, guarda caso sempre il Venerdì o il Sabato e quando non ti chiama nessuno te ne stai stravaccato con le palle all'aria! Sono stufa di ripeterti le stesse cose!"

"Esci con una delle tue amiche".

"Non posso uscire con una delle mie amiche perché LORO i week end li passano con i propri compagni!"

"Usciamo domani, d'accordo? Te lo prometto".

"Lorenzo non dire fesserie! Se esci col Dingo farai le ore piccole, ti ridurrai uno straccio e domani non avrai voglia nemmeno di alzarti dal letto!"

"Dai, su, non farne un dramma".

"Stronzo!"

"Abbiamo una vita davanti".

"Non esserne troppo convinto!" urlò infine Cristina andandosi a chiudere in camera.

Quando Lorenzo rincasò era notte fonda. Per non disturbare si tolse le scarpe e si diresse al bagno in punta di piedi. Dal momento ch'era un bel po' brillo non riuscì nell'intento e andò a sbattere contro la gamba di una sedia facendo cadere dalla mano destra la scarpa sinistra. “ Adesso mi uccide” pensò, rimase fermo qualche secondo e attese. Dalla camera non sopraggiunse nessun rumore. Poggiò a terra la scarpa destra e proseguì verso il bagno. Una volta entratoci urinò e vomito nel cesso. Quando uscì e vide che la porta della stanza da letto era aperta, si chiese come mai Bacco non gli fosse andato incontro a fare le feste. “ Strano” pensò, poi entrò in camera e scoprì che Cristina e il cane non c'erano. Guardò l'orologio a muro: erano le tre e ventidue di una notte del cazzo. A quel punto si spogliò, mise il pigiama, andò in cucina, si sedette, si rialzò, tornò in camera, prese dalla tasca esterna del cappotto il tabacco, i filtri, le cartine, tornò a sedersi in cucina, si rullò una sigaretta e se

l'accese. Non aveva una bella cera, si sentiva tutto ammaccato, aveva un occhio nero e gli faceva male la testa. Diede una bella boccata e soffiò il fumo verso la finestra aperta domandandosi dove diavolo fosse finita Cristina. Non era da lei andarsene senza avvisare. Nonostante l'ora provò a chiamarla sul cellulare ma il telefono era spento. Iniziò a d'innervosirsi e a d'imprecare, terminò la sigaretta, buttò la cicca nel lavandino e dal momento che non c'era altro da fare, andò a letto e si addormentò dopo una decina di minuti. L'indomani si svegliò all'una del pomeriggio sentendosi peggio della sera prima. Corse in bagno ad urinare, dopodiché andò in cucina, sciolse una bustina di OKI in mezzo bicchiere d'acqua, si sforzò di mangiare un paio di biscotti, bevve l'intruglio e tornò a stendersi. Dopo circa una mezz'oretta cominciò a sentirsi meglio, si rialzò e dal momento che Cristina non era ancora rincasata, riprovò a chiamarla. C'era la segreteria telefonica. Dopo una quindicina di minuti ritentò. Il cellulare era spento. Bestemmiò, si preparò un caffè, un paio di sigarette e andò a defecare. Dopo aver finito di fare quello che doveva, dal momento che la carta igienica era esaurita, si pulì con dei fazzoletti scottex, regolò la temperatura dell'acqua e s'infilò sotto la doccia. Mentre si lavava sentì aprire e chiudere l'uscio di casa e un attimo dopo vide spuntare dalla porta del bagno il muso di Bacco. Si sciacquò il sapone di dosso, chiuse il rubinetto, uscì dal box, mise l'accappatoio e volò in cucina.

"Dove diamine sei stata?!" le chiese urlando.

"Lorenzo... mamma mia... cos'hai fatto all'occhio?" domandò Cristina.

"Non cambiare discorso! Dimmi dove hai passato la notte!"

"Da Milena".

"Ma cazzo, non ci si comporta così! Dovevi avvisarmi! Potevi telefonarmi o lasciarmi un biglietto sul tavolo! È da ieri notte che chiamo inutilmente! E poi non avevi detto che le tue amiche i week end li passano con i propri uomini?"

"Ho fatto un giro di telefonate e ho scoperto che Milena era libera, le ho chiesto se aveva voglia di uscire, ha detto di si e così siamo uscite".

"Perché non mi hai detto niente?"

"E me lo chiedi pure? Ero arrabbiata".

"Si va bé, va bé, lasciamo stare che è meglio..." disse infine Lorenzo andandosi a chiudere in camera.

Dopo una ventina di minuti Cristina lo raggiunse e lo trovò sdraiato nudo a guardare la televisione. Si avvicinò, si sedette sul bordo del letto e senza dire una parola lo scrutò dalla testa ai piedi. Passarono così un paio di minuti, dopodiché si sdraiò accanto al suo corpo, iniziò ad accarezzargli la testa con dolcezza e tornò a chiedergli: "Mi dici cos'hai fatto all'occhio?"

"Mmm aaa..." farfugliò Lorenzo, poi spense il televisore e rispose: "Ieri sera io e il Dingo abbiamo avuto dei problemi con un gruppo di teppistelli".

"Vuoi spiegarti meglio?" Incalzò Cristina.

"Eravamo da poco usciti dal Truzzo, un locale in periferia dove c'eravamo fermati a mangiare e a bere qualcosa, non so se lo conosci..."

"No, non lo conosco, vai avanti".

"Bé, a circa un isolato di distanza c'è un parco, no, dove io e il Dingo abbiamo deciso di fermarci a fumare qualcosa, non so se mi spiego..."

"Si, si, ho capito benissimo".

"Ci siamo guardati attorno... il luogo era tranquillo, c'era solo un barbone che dormiva

sdraiato s'una panchina. Ci siamo sistemati a circa dieci metri di distanza dal posto che occupava, dopodiché il Dingo ha tirato fuori l'erba e si è messo a rullare. Eravamo lì beati a fumare quando ad un certo punto è entrato un gruppetto di cinque ragazzini di circa vent'anni. Sai come sono i ragazzini in gruppo, no? Sono chiassosi, rumorosi, fastidiosi... a quel punto ho detto al Dingo ch'era il caso di andarcene e così dopo aver finito di fumare ci siamo incamminati verso l'uscita. Una volta fuori dal parco abbiamo iniziato a sentire dei colpi sordi e così siamo rientrati per vedere cosa stava succedendo... bé, quei cinque stronzetti avevano preso di mira il barbone e gli stavano lanciando addosso sassi e castagne. Uno di loro, il più euforico, ha detto che avrebbe offerto da bere a chi avesse avuto il coraggio di colpirlo in testa. All'inizio l'uomo ha fatto finta di niente ma quando un sasso lo ha colpito alla nuca, ovviamente ha reagito. Da sotto la panchina ha preso un bastone, si è alzato e mantenendo le distanze, ha iniziato a brandirlo in aria con il solo scopo di scoraggiarli e farli andar via. Non lo avesse mai fatto, gli sono saltati addosso e hanno iniziato a riempirlo di calci e pugni facendolo stramazzare al suolo. A quel punto io e il Dingo avevamo visto anche troppo, siamo intervenuti per fermarli e si sono rivoltati anche contro di noi. Ci hanno urlato dietro che quello era un rifiuto della società, un parassita schifoso che non meritava di vivere e che evidentemente noi non eravamo da meno. Senza starli a sentire mi sono avvicinato a quell'uomo per aiutarlo ad alzarsi e uno di loro mi ha colpito alle spalle. Mi sono girato pronto a reagire ma il Dingo mi ha fermato. Dopo alcuni istanti gli altri del gruppo hanno tirato per un braccio quello che mi ha colpito, sono usciti dal parco e in sella ai loro scooter del cazzo, sono andati via sgommando e suonando i clacson a tutto spiano".

"Che idioti".

"Già... tu invece cos'hai fatto con Milena?"

"Niente di particolare. Abbiamo bevuto un paio di birre in un pub del centro."

"Tutto qui?"

"Si, dopo siamo andate a casa sua, abbiamo visto un film e verso le due ci siamo messe a dormire".

"E il suo ragazzo?"

"È tornato dalla madre... sai, le cose fra loro non vanno molto bene e così hanno pensato di prendersi una pausa".

"Cosa le hai raccontato di noi?"

"Niente di particolare stai tranquillo".

"Si, si, come no, faccio finta di crederti".

"Ma è la verità... che tu ci creda o meno".

"D'accordo", concluse infine Lorenzo.

Qualche giorno dopo Milena telefonò a Cristina.

"Ciao" disse "Venerdì sera dal Truzzo c'era un mio amico che conosce Lorenzo di vista. Mi ha detto che ha combinato un bel casino. Ne sai qualcosa?"

"So che ha preso un cazzotto in faccia per difendere un barbone al parco".

"Bé, a me non è stato raccontato questo..."

"E cosa ti sarebbe stato detto?" chiese Cristina.

"Ha trovato da dire con un ragazzo solo perché a suo dire lo aveva guardato male. Il tizio ha provato a dirgli che non era vero ma lui non ha voluto sentire ragioni, gli ha strappato la birra dalle mani e gliel'ha rovesciata in testa..."

"Oddio no, non ci posso credere".

"Già... il ragazzo gli ha tirato uno schiaffo, sono volate delle sedie, dopodiché hanno preso Lorenzo e lo hanno sbattuto fuori. Il tizio era lì con due suoi amici. Lo hanno seguito fuori dal locale e hanno iniziato a suonargliele. Uno di loro gli ha sferrato un pugno in faccia mentre gli altri lo prendevano a calci... per fortuna il Dingo è riuscito a placare gli animi... se non era per lui mi sa che lo mandavano all'ospedale", concluse Milena.

Cristina senza dire una parola chiuse il telefono e lo lasciò cadere sul divano. Quando giunta sera Lorenzo rincasò dal lavoro, come d'abitudine si avvicinò per baciarla ma lei lo respinse e gli chiese: "Come va l'occhio?"

"Va meglio, si sta sgonfiando".

"Lorenzo, mi dici cosa diavolo ti prende?"

"Vuoi spiegarti meglio?"

"Mi ha telefonato Milena e ho scoperto come sono andate veramente le cose Venerdì sera".

"Ma di che diamine parli. Milena non era con te Venerdì?"

"Si, ma dal Truzzo c'era un suo amico che ha visto tutto".

"Capisco... e chi sarebbe questo suo amico?"

"Non lo so, non me lo ha detto ma che importanza ha?"

"Voglio rompergli il culo a quello spione maledetto!"

"Ma che cavolo dici! Ma ti senti? Tu non sei questo... non sei questo... cosa ti sta succedendo?"

Lorenzo senza risponderle andò in bagno, si spogliò e s'infilò sotto la doccia. Cristina legò Bacco, uscì, lo portò al solito parco e giunta nel tratto più isolato, lo liberò. Dopo qualche minuto, seguito da un ragazzo che cercava invano di richiamarlo a sé, vide un altro cane libero puntare verso il suo. I cani si misero a rincorrersi e a giocare.

Quando Cristina rincasò tanto per cambiare trovò Lorenzo sdraiato sul divano del soggiorno a bere birra e a guardare la televisione. Non disse niente, si diresse verso il bagno, si lavò le mani e poi andò in cucina a preparare la cena.

"Ma sentili quei maiali!" disse Lorenzo riferendosi ad alcuni politici intervistati dai giornalisti di un tg nazionale "Sono buoni solo a sparare cazzate! Ma cosa vuoi che ne sappiano del disagio giovanile e della fatica che fa la gente per tirare a campare, è? Cavano il sangue dalle rape, non si privano di nulla e un loro stipendio basterebbe a pagare quello di una decina di operai! Se almeno le cose funzionassero... uno magari non presterebbe molta attenzione alla ricchezza e allo sfarzo di cui si circondano ma così è inevitabile. Ci prendono per il culo dalla mattina alla sera e poi si meravigliano se qualcuno in piazza, dopo aver perso il lavoro e le speranze, perde la testa e combina un guaio".

"La violenza non è mai giustificata".

"Lo so, lo so, dobbiamo prenderlo nel sedere manifestando pacificamente".

"Ma scusa, vorresti mettere a ferro e fuoco il paese? Non lo sai che la violenza genera altra violenza?"

"Si certo ma è retorico quello che dici. Cosa credi che a me non piacerebbe vivere serenamente e in pace? Ma non è così purtroppo e sono un po' stanco di tutto..."

"Oh, Lorenzo".

"Senti, vuoi sapere cosa non va al tuo fossile? Mi sono rotto del lavoro che faccio! Con alcuni colleghi non riesco ad andare d'accordo. Sono prepotenti e dispotici. Se non svolgo le cose come

dicono mi rompono le scatole e a me di fare quello che vogliono non va. È una questione di principio, capisci? Non sono una marionetta! Il lavoro lo conosco bene e ottengo buoni risultati, di conseguenza vorrei continuare a svolgerlo senza avere sul collo il fiato di nessuno. Il problema è che loro sono lì da molto più tempo di me e pensano di poter vantare chissà quale potere sugli ultimi arrivati. Vorrebbero piegarmi, avere il controllo totale della mia persona, dimenticandosi che adesso occupiamo la stessa posizione. Dicono che da quando sono stato preso a tempo indeterminato ho cambiato atteggiamento e certo dico io! Prima sottostavo per timore che non mi rinnovassero il contratto ma ora non ci sto a farmi trattare con i piedi. Sai quanti interinali hanno fatto scappare? E io lì a resistere perché speravo che una volta assunto fisso cambiassero atteggiamento e invece no! Non è cambiato niente. Se agli altri questo va bene affari loro ma a me non sta bene. Mi sento solo e credimi, non è piacevole andare a lavorare in queste condizioni. Da qualche giorno poi sono arrivati due nuovi. Pensavo che questo li distraesse dal rompermi le scatole ma mi sbagliavo. Quanto dovrò lottare ancora per guadagnarmi il loro rispetto, è? Temo che mi stiano prendendo di mira. Il lavoro già è quello che è e così mi sta diventando insopportabile".

"Non puoi parlarne con il responsabile?"

"Si certo, per farmi dare della femminuccia, del piagnucolone, dello spione o del finto duro? No Cristina, in posti come quello non è così che funzionano le cose. Peggiorerei la situazione, se la legherebbero al dito e sai, ci sono molti modi per rendere a qualcuno la vita

ancora più difficile di quanto già non sia e per giunta, senza darlo a vedere a nessuno. No,

non mi va di cominciare una guerra".

"Cosa intendi fare allora?"

"Non lo so, vorrei andarmene".

"E dargliela vinta?"

"Ma cosa c'è da vincere in un posto come quello! Sono imbestialito. Questo sistema è uno schifo. Una volta non andavano così le cose. Se ad uno non andava bene un mestiere aveva la possibilità di cambiare fino a quando non ne avesse trovato uno più consono alla sua persona. Ora invece ci si deve attaccare a qualunque cosa, subire oltraggi, ingiustizie, stare zitti e un altro poco ringraziare di riuscire a portare a casa uno stipendio. Dove sono finite le alternative? Così non c'è futuro. Non ci sono i mezzi per voltare pagina e ricominciare. Poi figurati, oggi che il lavoro scarseggia e ci sono mari di disoccupati di cui ad esempio anche tu fai parte o di precari per giunta laureati, dove vuoi che vada io con una maturità classica? Se le cose non cambieranno temo che mi toccherà marcire infelice nel mio bel posto fisso e naturalmente ritenermi fortunato. Sempre che l'azienda non chiuda i battenti per via della crisi. Hai capito adesso cosa mi sta succedendo?"

Cristina non rispose, mescolò il sugo, lo coprì con un coperchio, lo mise a cuocere a fiamma bassa e andò a sedersi sul divano accanto a lui.

"Senti", riprese Lorenzo dopo aver spento il televisore "mi dispiace per quello che è successo Venerdì sera, di essermela presa con quel ragazzo e di averti mentito raccontandoti quella panzana sul barbone. So di non prestarti le attenzioni che meriteresti, riconosco il modo in cui ti adoperi per noi e a casa fai praticamente tutto lasciando che io faccia ben poco; insomma, sto cercando di dirti che mi dispiace trascurarti ma non sto attraversando un bel momento. I problemi sul lavoro non sono una noia da poco. Mi sento demoralizzato, senza via di scampo e le uscite con gli amici sono solo un diversivo".

"Un diversivo, certo... cosa vuoi che ti dica, ok", concluse Cristina alzandosi e tornando ad occuparsi del sugo. Era amareggiata. Avrebbe voluto chiedergli cosa fosse lei per lui, se un'equivalente alla routine, alla monotonia o a ciò che è normale amministrazione ma non lo fece. Quella parola, “ diversivo”, faticava a digerirla ma infine decise di non darle troppa importanza. Poco dopo fu pronta la cena. Senza più argomentare mangiarono un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico, dopodiché, Lorenzo andò in camera e si mise nudo a letto. Cristina sciacquò i piatti e lo raggiunse. Gli si sdraiò accanto, poggiò la testa sulla sua spalla, gli accarezzò la pancia e con l'indice gli arrotolò i peli del petto. Dopo alcuni istanti si girarono sul fianco uno difronte all'altra e cominciarono a baciarsi. Lorenzo prese a spogliarla, le sfilò la maglietta, le sganciò il reggiseno, le tolse i pantaloni, le calze e le mutandine. Con le mani, le braccia, le gambe e i piedi si sfregarono i corpi, dopodiché, s'intrecciarono come a formare nodi di carne e sangue, ossa, sensi, sudore e sospiri. Si accesero. Le fiamme della passione divamparono mandando a fuoco il resto del mondo e il letto mutò in un'isola sperduta cinta da oceani di corallo. C'erano palme attorno, spiagge assolate e onde vorticose a cullarli nei tormenti dell'amore... sapevano bene che una volta terminato l'amplesso tutto sarebbe tornato come prima, di conseguenza, l'intento comune era di far si che non finisse troppo presto, di allungare quel lasso di tempo tenendo lontano almeno un po' il grigiore dei giorni e i relativi affanni. Cristina salì sopra di lui, glielo prese in mano e lo condusse dentro sé. Lorenzo afferrò il piumone, le coprì le spalle, le accarezzò i seni e dopo i fianchi. Lei appoggiò il busto al suo e gli accarezzò la testa. Andarono avanti così per un po' quando ad un tratto lui la sentì distante. Non disse niente e d'altronde cosa poteva dire. Era tutto così maledettamente chiaro. Glielo tolse, la fece spostare, le accarezzò il viso e le baciò una guancia. Lei si sdraiò a pancia in su e gli fece cenno di salirle sopra.

"Ne sei sicura?" le domandò.

"Si, certo, non fare caso a..." rispose Cristina lasciando la frase a metà; così Lorenzo riprese a penetrarla con dolcezza ma ormai un velo era sceso a coprire il cielo della loro isola. Il letto stava tornando ad essere un oggetto di uso comune e gli oceani di corallo, solo fredde mattonelle. Le realtà, come spine nella testa avevano squarciato ogni parvenza illusoria prima del tempo, rendendo a ciò che veniva dopo qualcosa di meno magico e più tristemente amaro. Cristina non riusciva a fare a meno di ripensare alle parole di Lorenzo, era chiaramente dispiaciuta, si sentiva impotente, avrebbe voluto piangere ma si trattenne. Se Lorenzo avesse lasciato il posto sarebbero stati costretti a tornare dalle proprie famiglie e a retrocedere piuttosto che andare avanti. Erano in mezzo a due fuochi e il dissesto che il paese stava attraversando peggiorava la situazione. Anche lei come prima lui iniziò a chiedersi dove fossero finite le alternative. Decise di non fargli pressioni di alcun genere. Sperava che le cose si sistemassero e che quello fosse solo un periodo di crisi passeggero ma sentiva il terreno della loro storia sfaldarsi e l'equilibrio venire meno. Ecco, dunque, nella buona o nella cattiva sorte, quanto potevano incidere le condizioni sociali in una relazione di coppia. Era forse l'inizio della fine? Sapeva che Lorenzo aveva un carattere forte e non era da lui arrendersi difronte agli ostacoli ma quanto ancora avrebbe potuto resistere se la situazione non si fosse aggiustata nei limiti di un tempo ragionevole? Che aspetto avrebbe avuto il futuro e come lo avrebbero vissuto se le cose non fossero cambiate? Non riuscirono ad arrivare all'epilogo dell'atto amoroso. Lorenzo si alzò, andò in cucina a bere un bicchiere d'acqua, tornò in camera, le si sdraiò affianco e l'abbracciò. Poco dopo si addormentarono con Bacco che sistematosi ai piedi del letto e ignaro dei fatti, li guardava sereno.


Giuseppe Morelli 02/03/2014 11:09 952

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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