La vide volteggiare sul trapezio e sorrideva, bella, tra gli inchini. Il cuore divenne un gonfio palloncino che volava a catturare lei, i suoi occhi neri. Avvenne tutto in pochi giorni, giusto il tempo che il circo rimase nella piazza;si presentò alla famiglia e senza troppo tergiversare disse: io me la porto via e sarà per sempre. Lei lo seguì ascoltando il cuore; uno sguardo malinconico al tutù, cui predisse la soffitta guardando bene gli occhi del suo uomo.
I boschi stavano tornando a respirare, come le strade nel tacere delle armi; si liberavano le foglie di strazianti pianti e dalle radici dell'uomo riapparve magico un sogno di libertà; era la fine di una guerra. Partivano affollati bastimenti e in tasca i centesimi del re, verso quella zia vestita d'oro; lui, l'innamorato, comprò per lei vestiti lunghi alle caviglie e una casetta; aveva l'orto e le ciliegie, rose canine sulla rete a ombreggiare sguardi, pochi grappoli d'uva a sfiorare i capelli nel settembre; le lasciò suo figlio attaccato al petto e con quelle navi andò a cercar fortuna. Presto conobbe la nostalgia, presto tornò, quando divenne pianto.
Passavano gli anni e quei carretti che ruzzolavano ferro, sbattendo gli zoccoli sui sassi. Passavano gli anni e vennero le biciclette dai larghi e comodi manubri; un ragazzo ci correva sopra rubandola a suo padre; andava a cercare amici in biblioteca, viaggiava su due ruote e con la fantasia girava il mondo, il tempo...Quando dentro lo prendeva la nostalgia, pizzicava le corde di un violino, o quelle di una chitarra accompagnando la voce di sua madre, poi tornava a cercare l'uomo e il super'uomo, la neve della steppa, senza farsi mancare uno sguardo alle stelle e ai pianeti.
Voleva fuggire, fuggire da quel vento fastidioso che sentiva al suo passaggio, quando dandosi di gomito le comari, a quel mezzo zingaro ammiccavano. Era un vento che andava verso il temporale, la tempesta del sangue e della razza. E furono piccole comunità prese d'assalto, lontano dai pazzi urlanti nelle piazze, venne l'orrore dei tanti uccelli che sputavan fuoco. La mente del ragazzo si aggrovigliò come un serpente, avvinghiando stretto il suo respiro.
Non c'era eroe o medaglia al petto, in quel non esser degni di se stessi.
Il viaggio fu breve e generò il futuro, lui, solo seppe, che quella "cosa" avrebbe corso in altre vene.
E venne il silenzio...e se ascolti, nel fiume della vita, lo puoi sentire scorrere ancora.