Prese la borsa sportiva con dentro il kimono bianco di lino, con la cintura marrone, e uscì in strada che ancora era calda, le serate in palestra lo spossavano, ma per fortuna, era quasi finita, uscendo lentamente per potersi ambientare col freddo cane che c'era fuori .
Lentamente si avviò verso l'auto in sosta, concentrato. Sul luogo del parcheggio, della sua ALFA ROMEO e si diresse verso l'auto.
IL telegiornale delle venti e trenta lo prese che stava alla frutta, pochi secondi di notizie assurde e si disse di spegnerlo, per poter digerire in santa pace, pensò alla moltitudine di canali che facevano la concorrenza, alla loro spazzatura, e pessime notizie una dietro l'altra, come giochi miliardari e grandi idioti dello spettacolo buoni solo a pensare ai loro interessi nelle loro banche.
Si consolò sapendo che il telecomando lo aveva ancora, si fece un sorriso tra se e si diresse in camera da letto a cambiarsi, per la serata massacrante che gli toccava quella sera.
Seduto nel salotto arredato con mobili moderni di legname finto, che aveva scelto per risparmiare
qualche milione di lire, misurò con l'igrometro l'umidità dell'aria, bene disse, è ottimale al 63%
Prese dei tappi blu, nel contenitore dei gessetti, uno chiaro e uno scuro, borotalco, ometti, stecca a mo di fucile e se la mise a tracolla per andare a giocare al biliardo.
Sigaro; d'anni 32 alto 170, abita in una città del nord, dove lavora in una fabbrica di bulloni, nel tempo libero va a pescare, gioca a biliardo nel mio bar sotto casa.
Una palazzina di cinque piani, conosce i proprietari del bar anche come vicini di casa, il proprietario del bar; PIETRO d’ anni 60 giovanile onesto uomo della vecchia guardia, riservato, saggio grande osservatore dell'ambiente e molto acuto nei suoi pensieri.
La moglie più giovane di nove anni, con due figli; PATRIZIA e LIVIO, i buona educazione, famiglia seria e molto stimata nel quartiere, LIVIO sposato e vive lontano da loro in provincia.
PIETRO appassionato di biliardo cura anche le partite che organizza lui stesso nel suo locale, spesso molti clienti, vengono solo quando, sanno delle partite,
Personaggi: Sigaro, il protagonista, 32 anni, biondo tipo atletico generoso, incerto, insicuro e pigro.
PATRIZIA, anni 24 mora bella esuberante, nubile a caccia di un fantomatico marito IDEALE delle favole.
PIETRO, proprietario del locale e amico del protagonista, uomo di molta esperienza e saggezza, riservato.
La moglie di PIETRO, 49 anni giovanile, elegante lussuosa, libertina, moderna prosperosa e sensuale.
LORENZO, il maestro di lotte marziali, di una palestra della città, anni 50 tarchiato, tozzo ma molto fine nei suoi insegnamenti, cintura rossa di AIKIDO.
MARTA, amica di PATRIZIA, anni 25 capelli turchini, a caschetto, commessa di un fioraio vicino al club.
LUIGI, l'omone, alto 190 fisico robusto altezzoso e prepotente, gioca con gli altri esseri umani a fare in modo di rendersi antipatico a tutti quelli che incontra, di professione (cacciatore di polli) da spennare, luoghi di caccia, sono i bar dove più si gioca a biliardo e dove si fanno le gare
Le luci della città,erano ora di contorno alle auto impazzite con un via
vai da formicaio calpestato, sentii il puzzo della benzina, per non aver sensi di colpa decisi di andare a piedi, la sala biliardi era a due traverse da casa, dieci minuti dopo ero entro nel club sportivo, chiesi una birra alla ragazza che appena si vedeva dietro la macchina del caffé,che assicurò:subito disse una bella e giovane vocina.
Da un angolo del bar allo specchio, una testolina sorridente, e tonda con due
orecchini circolari ed enormi, due occhietti piccoli nerissimi sprofondati nel cranio, come si muoveva gli orecchini ondulavano verso la bocca piccola e con delle labbra carnose carichi di rossetto rosso fuoco.
Di corporatura esile e molto femminile, con curve al proprio posto, denutrita non per mancanza di cibo, quanto la paura di ingrassare, PATRIZIA era la figlia del padrone del locale che gestiva tutto in famiglia.
PATRIZIA che mi conosceva bene, mi chiamò:la birra è pronta ........vieni qui. Uscì dal banco, e una corta minigonna color panna, gli fasciava dei favolosi e vistosi fianchi. Le lunghe cosce, davano alla figura più slancio, e grazia. Un po’ magra per i miei gusti, che io definivo (canna) ma era meglio di sicuro di una canna, molto sensuale, la sua bocca, murata dal rossetto che si passava ogni volta che andava al bagno. Il passo svelto di chi deve servire molta gente
e in fretta, vederla volare in mezzo ai tavolini a servire i clienti del club.
Nell'immensa sala dei biliardi, era una che portava buonumore, e allegria, si destreggiava come una vera star sul suo palco, e quasi tutti i clienti le volevano bene, bella come la luce fra i giocatori, sulla sinistra un vero
Gioiello musicale degli anni 60/70, con accanto dei paio di mocciosi, che facevano il ballo delle mummie, il resto era tavolini e biliardi dove ogni tanto c'era qualche gara fra campioni, provenienti da ogni luogo della provincia biliardi erano misti, vecchi e nuovi e si poteva giocare tutti ....o quasi, gli esclusi erano, quelli che volevano fumare o bere sopra, e quelli che non sapevano tenere una stecca in mano.
Scelsi come il solito il nuovo perché era senza buche, e perché dovevo imparare bene molti tiri difficoltosi .
Anche, se gli piaceva lo stile vecchio tradizionale, doveva destreggiarsi meglio anche sul MONDIALITO.
Iniziò a giocare e di tanto in tanto sorseggiava la birra che (canna) le aveva messo sul tavolino vicino al suo biliardo senza buche, riscaldato con due termostati.
Secondo il mio amico esperto di Goriziana, questo era più facile del vecchio tipo per due motivi; primo non c'era il rischio di andare in buca, secondo, le sponde più basse erano più sicuri gli effetti dati alla biglia.
Inoltre, era possibile fare molti tiri in più vicino agli angoli delle sponde. Circa otto tiri in aggiunta a quelli dell'altro vecchio. Montai la stecca e mentre facevo altri preparativi (canna) mi portò le biglie bianche, gialla e rossa, un ammiccante ciao e via col suo solito (defilè) fra i tavoli e poi al banco del bar.
Misi la mano sul panno per sentire la temperatura e valutare il mio (nemico) verde, preparai l'acchitato, e partii, i primi tiri, si vede la giornata. mi dissi tra me e per sentito dire, e così fu, feci un tiro (tre sponde) che strappai un applauso dei curiosi e perditempo, un bel tiro dissero, perfetto perbacco aggiunse un vecchietto tremante.
In effetti, era vero, forza giusta, che la palla avversaria buttato il rosso da solo si bloccò al centro del (castello)
Del biliardo, andò avanti così, un mucchio di bei tiri, comunque tirassi erano punti e siccome giocavo da solo ero calmo e mi divertivo nel vero senso della parola, inoltre ogni tanto mi facevo un sorso di birra, oltre a la vista della mia amica, e bella Patrizia.
Dopo due ore di gioco, ero stanco, inoltre avevo bevuto tre birre alla spina bionde, passai al banco a pagare
La sala era tranquilla, era quasi ora di chiusura, ma ancora dai biliardi, uno di boccette, l'altro un mundialito, erano
Alle ultime battute, nonostante che il padre di PATRIZIA, sollecitasse, tutte le sere era la solita storia.
Doveva passare dai tavoli e ritirare le biglie nonostante le proteste dei giocatori.
Per tutta la sera mentre giocavo ebbi la sensazione di essere spiato, ma visto il gioco e la gran sala, non ci feci caso, e poi era solo una sensazione.
La sera dopo al solito biliardo, partii con un tiro favoloso di due sponde, caddero il rosso, e il bianco in basso, poi
L'ipotetica biglia dell'avversario si fermò subito dopo il birillo bianco, accanto alla stecchiera, c'era un piccolo e
Desolato tavolino che fungeva da trespolo per le bevande, dove nel mio caso sosteneva la birra alla spina e
Che, io allungai la mano destra per farmi un altro sorso, con tre dita di schiuma vera spumeggiante e molto
Piacevole berla, mentre studiavo il prossimo tiro da fare, mi leccai le labbra, piene di schiuma candida.
Gessando la stecca (una DICCO 2000) misi su i due cadaveri, con gli occhi fotografai le sponde che avrebbe fatto la prossima biglia, quando la sensazione di essere spiato, si fece sentire di nuovo e più forte, alzai lo sguardo, mentre tiravo, nel modo Cinese (cioè di sottecchi) una sagoma umana, al banco si stava gingillando il bicchiere col ghiaccio e brandi di buona marca (questo lo seppi dopo) agitando il bicchiere per smuovere i cubetti nel bicchiere, mentre il suo sguardo di superiorità appoggiato al banco, mi dava già sui nervi.
Quel suo interesse verso di me, mi alterava la mia calma ed il rendimento di gioco.
L'omone si accorse del mio disagio e si girò verso il banco, e squadrò PATRIZIA con interesse morboso depose il bicchiere sul banco d’ acciaio lucido e avviò spedito verso i biliardi, perciò verso di me, e senza il
Minimo d’ emozione, nei preamboli, disse: chi gioca solo non perde mai....e aggiunse con l'aria di chi la sa lunga
Denti ti ho visto giocare, mi piaci, facciamo una partita insieme?
Lo squadrai e fui pervaso da quel senso di disagio, ma non potevo ritirarmi, non era educato ne corretto.
Lui parve capirmi, e disse, non ti preoccupare; facciamo alla romana..
L'omone si avvicinò al mio biliardo, avvertii di nuovo quel senso di disagio provato prima, gli dissi di sì. con
Poca convinzione, ma lui cercò di mettermi a mio agio in tutti i modi, disse anche non aver paura di pagare, facciamo alla (romana) su tutto quello che si beve, anche il biliardo.
Sai giocare alla Goriziana, io faccio cenno con la testa di si, poi mi rifugio alla mia birra che sudata anche lei sente il peso del nostro ospite sgradito, mentre cerco di calmare la mia ansia, guardo il CITIZEN al polso che segna le 21, 45, serata calma, al contrario di me, l'omone prese una stecca dalla scacchiera, una a caso senza scegliere, io preparo l'acchitato, mentre sta gessando in modo maldestro, mi invita ad iniziare la partita, senta cominci lei mi dice e aggiunge: facciamo a 400 partita.
Come un ragno stava preparando la tela per me che non essendo un esperto di vita e di gioco, ero di certo un buon pasto per uno come lui, così passò dal LEI al TU come se niente fosse, ma quello che mi dava pensiero era come per lui fosse naturale, anche se non voleva farlo a vedere era un (furbo) di quelli che si trovano molto in giro nei locali pubblici di ogni città che si rispetti.
Mentre bevevo la birra, era già la seconda, mi porse la mano e si presentò: mi chiamo LUIGI e tu? strinse forte la mano poi, era il suo turno di tiro, e mentre lo faceva le dissi il mio nome, piacere di conoscerla.
Senti, dammi del tu, sennò torniamo indietro, sei d'accordo'.
Intanto qualcuno osservava il gioco, e altri si avvicinavano al nostro biliardo, mi sembrò al quanto strano dato che non era una partita di gran valore, e molti commenti di varia natura, oppure si scambiavano dei pensieri, e molte critiche si levarono quando il mio compagno di gioco sbagliò una strana e facile due sponde, mentre gli spettatori avevano di che discutere, con lo sguardo vidi che se la sorridevano con un
Modo di scherno e derisione. Alla terza birra era quasi ora di chiusura, ero in vantaggio sulle partite vinte per sette a cinque, e come se fosse naturale mi disse: facciamo l'ultima a chi paga tutto?
Il padrone del club si fece avanti dicendo; non fate più niente è già l'una di notte.
Mi tornò in mente quella sensazione che ebbi quando lo vidi al banco, pur non volendo si era scoperto, e come se lo avessi stampato in mente, che con me stava recitando la sua parte. La parte del cacciatore di polli da spennare, il suo comportamento da cacciatore di polli era lampante, come un poliziotto che non riesce più stare senza fare delle domande. Devo però ringraziare il padre di PATRIZIA PER L'aiuto che mi ha dato a liberarmi di lui, infatti il padre era un buon giocatore di biliardo, anche se ormai non aveva più voglia di fare
Delle partite, ma che mi voleva bene.
Decidemmo che era meglio pagare alla romana, in attesa di qualche altra serata da farsi in seguito.
Fu così che la volpe rimase a bocca asciutta, ma la preda era sempre a portata di mano, la caccia insomma era
Solo sospesa, in più non sapevo di avere davanti a me uno dei migliori professionisti del gioco (Goriziana) che per lui era un lavoro e una fonte di reddito, nei suoi spostamenti in città o regione era famoso, per la sua
calma sul gioco, si diceva che avesse giocato e vinto la notte che sua madre era morta, come se niente fosse.
Crudele e spavaldo, che al pari di un leone, aveva solo sbagliato attacco, ma la preda era lì e bisognava fargli credere che non gli interessava, questo era il mio pensiero, allo specchio del bagno dopo aver saputo chi era dal padre della mia amica patrizia. Guardandomi con tenerezza, mi dissi: e tu saresti il volto della preda?
Mi derisi da solo, e sentii una rabbia e un'impotenza davanti al bagaglio di esperienza che aveva quell’ uomo, allo specchio mi dissi: pollo, pollo,!!!!sei un pollo con tre elle, dove la terza elle stava per LESSO
Si perché anche la preda a modo suo gioca con il cacciatore, ma niente a questo mondo è impossibile, e poi
Se perdevo io non era di sicuro un dramma per nessuno, mentre se fossi riuscito a vincere per caso e per una buona dose di fortuna, sarei stato sulla bocca di tutti meglio di un eroe del cappa e spada.
Queste cose me li stavano sussurrando negli orecchi, il padre euforico, di PATRIZIA che da quando ci ha visto
Giocare, e con tanti curiosi ....e consumatori del suo bar club, aveva una strana luce negli occhi.
Infatti ero stato invitato a casa sua: senti puoi venire da me domani, mi disse davanti alla saracinesca del locale che lo aiutavo a chiudere.
Si perché anche la preda, a modo suo gioca con il cacciatore, sapevo, infatti, che le mie probabilità erano poche, anzi zero, sulla carta, ma nel mio (io) già sognavo, e come Davide stavo affilando "la mia fionda.
Pur essendo molto emotivo, sapevo d'essere anche testardo, come un calabrese, perciò anche i sogni ora venivano a sollecitare, la mia impresa impossibile.
Il giorno dopo come spesso accade, a fare la spesa nel supermercato del quartiere, incontro il padre di PATRIZIA, che faceva la spesa, dato che sua figlia era al club, e mi dice: vieni ti devo parlare da amico, lo sai chi è quello in qui hai giocato ieri? stai attento lui cerca di fregarti dei soldi, e non è quello che vuol farti credere, perciò, disse: uomo avvisato mezzo salvato. Considerando che era anche un amico, ed emanava quella saggezza che dicevo prima, lo consideravo un padre, l'amabilità con qui diceva le cose da farle sembrare più umane e raggiungibili, col suo cappello alla francese, sulla fronte, per tenere la testa alta, e quando gli avevo chiesto perché teneva il cappello in quel modo rispose: lo porto così per non abbassare la testa in cammino.
Uscimmo dal supermercato, posò a terra le borse della spesa, e riprese il sermone: stai attento che quello si rifà vivo, e tu non puoi vincere con lui (riferito a LUIGI) è un lupo e si vede dai movimenti e dal modo che gioca. Io che quando incontravo PIETRO lo rispettavo in memoria al mio morto molto tempo prima, fui felice per il suo consiglio, e distratto dai pensieri, dai dubbi, che al solito non mi lasciavano riposare la mente.
PIETRO, disse, ma a chi pensi,? sei qui con me? o dove ti sei cacciato?,cos'hai? stai bene?
Dopo questa raffica di domande, senza fiato, aggiunse forse è il caso che ne parliamo in un posto tranquillo.
Ora ti saluto, devo andare a cucinare, mia moglie è dall'estetista, tu comunque quando vai al lavoro? .
Quando fai il turno?....risposi: domani ho il primo, bene disse, allora ti invito a pranzo a casa mia, però vieni che parliamo. Pur non sapendo che voleva dirmi mi piaceva dialogare con quell'uomo di grande saggezza, ed umanità,perciò stetti sulle spine anche sul lavoro, e di nuovo quel senso di disagio che si era insinuato nei giorni scorsi vedendo l'omone (LUIGI)
IL mio sesto senso avvertiva che qualcosa stava cambiando la mia vita tranquilla, un Po pigra ma saggia nel caos che si respirava in città in primavera inoltrata, sentivo che LUIGI AVREBBE PARLATO DI COSE IMPORTANTI.
Il cuore già era in viaggio per chissà quale nuova avventura, che come tutte le avventure non si sa dove e come vanno a finire, purtroppo ero attratto da quella forza invisibile che è la competizione.
Sta di fatto che così come elettrizzato, tipo duelli con le pistole e ambienti WESTERN,
Suonai alla porta, un dolce campanello, cantava al padrone del mio arrivo, PIETRO, venne ad aprire con il grembiule da cucina, e in mano, un pezzo di pizza al pomidoro e naturalmente la bocca piena, così fece cenno di entrare, il profumo della cucina aveva invaso tutta la casa, un forte odore di basilico emanava quel senso che dopo un istante provoca l'acquolina in bocca.
Andiamo in cucina, mi fa sedere, ora la bocca è vuota e mi invita a prendere la pizza che è li sul tavolo.
Pietro che prigioniero della moglie, quando non c'è fa come i topi e si mette a (cucinare) on usa i pattini, non chiude, le porte delle camere da letto, per dispetto alla moglie, usa il servizio del matrimonio, fa insomma anche lui, delle cose proibite, e si sfoga in casa, inoltre beve in coppette di cristallo puro scintillante.
Come un bambino al mare per la prima volta, eccolo che nella sua in timidità, sacralizzare quei gesti che le sue donne di casa odiano anche pensare, solo nella sua tana, che ora è anche un privilegio mio osservare e di tenere in segreto, insomma, PIETRO in casa era un altro uomo, capii di avere davanti a me un amico, visto che alla mia venuta, era rimasto tale e quale, se fosse solo, e questo mi rese molto orgoglioso di lui..
Lo stesso PIETRO, quello che al bar era un ghiaccio per tutti ..o.. quasi, non era la prima volta che entravo in casa sua, ma la prima che era solo, giocava a fare il cuoco e non era male, il cibo che cucinava, anche se non era il cibo che mi aveva colpito, ma la sua nuova faccia nascosta, quasi che sembrasse un altro PIETRO.
AGOSTINO, vuoi la carne alla piastra, oppure il formaggio per secondo, intanto tirò fuori un fiasco di vino che gli era stato regalato tempo prima, ne versò e disse: alla tua salute e alla nostra vittoria, cinz....cinz.
Lo stesso PIETRO che conoscevo da anni, mi capiva meglio di me stesso, e da esperto sentenziò, scommetto che stai pensando a quella famosa partita, dell'altra sera, sono sicuro che ti piacerebbe, di la verità,ho ragione mi piacerebbe dargli una lezione a quel strafottuto prepotente, dì la verità. Ma così come sei non ne vinceresti neanche se si legasse una mano dietro la schiena, e giocasse con la sinistra.
Quello che avevo sentito non avevo il coraggio di pensarlo, ed ora che mi era stato sentenziato da una fonte sicura ed attendibile ero sconvolto da tanto acume, in un amico, secondo lui non potevo neanche stargli vicino, così mentre a tavola si vedeva anche la TV andò a spegnerla e poi, serio cod. dir. Can. come sei non puoi farcela, né col braccio, né con la mente, però puoi farcela se fai quello che ti dico io e senza discutere, in più dovrai piangere e dormire sul biliardo per un sacco di tempo
Sul marciapiede, ancora qualcuno aveva i fari accesi, la gente aumentava di minuto in minuto, PIETRO ed io a discutere, eravamo stati interrotti dalla gente che conoscendoci salutava. Vieni al bar disse, PIETRO, se vieni voglio farti vedere una cosa. Si d'accordo ci vediamo stasera dico io, ma dopo le 22, devo riposare un pi prima altrimenti mi addormento in fabbrica stanotte.
Al club arrivai che erano passate le dieci di sera, al banco un ragazzo che aiutava saltuariamente, così senza esperienza ma molto educato e gentile, nonché pieno di volontà, che di questi tempi non è poco, poi aveva una sua filosofia della vita che, spensierato con una grossa carica di voglia di vivere. Appena mi vede versa una birra poi mi dice ciao, io che sono ancora scosso per le ultime emozioni, faccio uno scatto d'ira stupido e scarico la tensione su di lui, che rimane male, trovo una scusa per il mio comportamento, richiamandolo al suo dovere di chiedere prima le consumazioni.
PIETRO che è in sala mi lancia uno sguardo di rimprovero, che io accetto muto, solo a servire tutti i clienti che sono presenti, PATRIZIA è a casa e sono solo ma fra poco restano i soliti, clienti, vieni sei proprio teso, ci scommetto che se ti prende ora quel tizio che dico io ti distrugge in un baleno, forse mi sbaglio?
Siccome sei un pollo in acqua calda ti consiglio di andartene al cinema, ho pure saputo che stasera c'è una partita con un avversario tuo, il tuo simpaticone LUIGI per qui se ti trova sono grane, vai perciò al cinema e verso l'una passa di qua per quella cosa che ti ho detto.
Non volevo contraddirlo, e poi aveva ragione, meglio star lontano, da certi tipi. Passai così dalla padella alla brace, e quando dopo mezz'ora di film, il protagonista non moriva mai più, con due buchi nelle costole, lui scappava come una lepre in mezzo a proiettili d'ogni calibro, e siccome mi ero stancato di vederlo schivare dei colpi, decisi che era meglio andare via prima che qualche colpo toccasse a me.
Fuori per fortuna il mondo era vero, l'aria fresca della notte non poteva che farmi bene, così, visto che non era l'una feci due passi a piedi, come ai tempi della scuola, alberi e viali erano uguali, solo che ora più che alberi sembravano pattumiere e pali di sostegno a qui attaccare dei cartelloni della santa pubblicità urbana.
Davanti al club ancora dei buontemponi, si ripetevano sempre le solite cose, un po' ubriachi un po' senza la voglia di andare a letto, guardai dentro dai vetri, ma i biliardi erano tutti chiusi, solo due giovani al banco che stavano pagando il conto. PIETRO mi vide fece cenno con le mani di entrare.
Senti AGOSTINO, ti dispiace se facciamo domani?,tanto hai il primo vero? risposi di si e ci avviammo verso il nostro condominio che silenzioso e illuminato come a natale per via dei ladri aveva un certo fascino.
La bella giornata che era venuta fuori mi aveva messo di buon umore e sotto gli alberi i passerotti tutti con una frenesia da primaverile allegria facevano un tremendo baccano, per fortuna ero di diverso da ieri, così li lasciai alla loro gioia, con la speranza di conoscerla un giorno anch'io, e come loro giocare, pur senza casa, senza soldi, senza scorte di cibo, eppure arano li, a farci lezione di filosofia esistenziale, che molta gente in questo mondo dovrebbe ascoltare più spesso, per vivere questi giorni sulla terra. Presi l'ascensore per andare fino al terzo piano, il profumo rimasto dentro mi ricordava qualcosa, chiusi le porte e interne ed esterne, ma il profumo c'era ancora, suonai alla porta di PIETRO, nell'attesa mi ricordai il nome del profumo, era chanel " 5 " che amavo, e conoscevo, lo portava la moglie di PIETRO, e aveva riempito il palazzo.
Venne ad aprire lui stesso forse mi aspettava, buon giorno disse appena entrai in casa, dove in fondo una sagoma era semi nuda, a girare, per le stanze, da lontano PATRIZIA mi salutò con la manina alzata verso di me, come stai disse suo padre, hai lavorato oggi?.....No risposi, è sabato e il mio turno comincia lunedì alle sei
Vieni a sederti, vuoi un caffé,alla napoletana, Si grazie le dissi con gentilezza, PIETRO girò la caffettiera sotto sopra il profumo stordiva, eppure sai che mi piace più questo, di quello che faccio al bar? disse PIETRO.
Questo caffé mi ricorda la mia giovinezza e la mia NAPOLI, notai che sul tavolo una (brocca) di terracotta con tappo di pezza all'antica gli chiesi: così, quello è un rito del caffé di NAPOLI, dentro c'è acqua per fare il caffé,leggerissima e senza calcio, che dava profumo al caffé. Era davvero una bontà di gusto e di aroma che gustammo con religione antica quasi sacra, intanto sua figlia che prese il caffé con noi, stava uscendo e ci salutò, lasciando si dietro una scia odorosa, il padre disse, non farci caso tanto pago io, e loro sprecano e via.
Allora, AGOSTINO cosa hai deciso, ne parliamo se vuoi, e tirò fuori i suoi cimeli nel cassetto, delle foto di molti anni prima, con coppe e tornei sia locali che provinciali e nazionali, il tutto con la sua modestia, mi era chiaro quello che voleva da me, ma non proprio tanto. Mi spiegava com'é quando sentiva la vittoria e altre sensazioni, le tattiche i trucchi e altre cose che non avrei mai creduto capace.
In particolare mi spiegò che la prima arma da usare sono i nervi saldi, e la padronanza di se stessi sempre, e per ottenere ciò ci voleva dei sacrifici allenamenti, e altro ancorano.
La regina di queste forze è, mi disse, concentrazione assoluta, sul tuo obbiettivo, quello che fanno gli altri a te non deve interessare, associa corpo e mente e vincerai, ma così sei perdente sempre, però se lo vuoi ti dico come fare, basta che tu lo voglia, ma per davvero, devi volerlo dal cuore.
Infine con la sua pacatezza, mi disse chiaro e tondo, che così com'ero, ero la sua preda, e basta, anzi disse, per la prima volta lo vidi crudele verso di me, o capii che mi voleva davvero bene, e voleva solo aiutarmi in modo di non subire un trauma in caso di sconfitta, se non vinci rimani a testa alta, oppure non giochi più nel mio locale, ne davanti a LUIGI, perché prima o poi ti sfiderà, lo ha già deciso quando è venuto al tuo biliardo tempo fa.
Ascoltavo ogni sua parola e gesto, concentrato anch’ io su quel maledetto problema, che dovevo poter risolvere, ma non sapevo come, ma di nuovo venne PIETRO in aiuto, senti domani parlo con un mio vecchio amico che abita dall'altra parte della città, poi ti saprò dire .
Pure io non sapevo decidere, la pigrizia si stava impadronendo di me, quando mi venne in mente la canna che avevo nel ripostiglio, che molti anni prima, in una depressione tremenda, per via di una donna, mi isolai dal mondo andando a pescare al fiume, per trovare un pezzo di me stesso, e ne ero uscito bene senza traumi così mi balenò che forse era la migliore soluzione, la solitudine avrebbe dato i suoi frutti.
Decisi così di scappare alla prima occasione, o il primo giorno libero, a casa guardai il mio calendario di lavoro, e c'erano buone speranze per il prossimo sabato.
Rinnovai la licenza in una macinata ormai sapevo come fare, l'armeria fece il resto con larve e sangue che sapevo vietate, ma conoscevo anche il posto tranquillo, dove in tanti anni non ho mai visto guardie .
Intanto PIETRO aveva parlato con il suo amico per telefono ed ora mi voleva conoscere dal vivo.
A casa ero nervoso per i troppi impegni che si profilavano davanti, e siccome mi conosco, cercai di non
Pensare agli impegni con un sistema antichissimo, tirai fuori le birre del frigorifero e cominciai a bere a
Oltranza, fino a che non sentivo la sonnolenza aggredirmi sul mio punto debole (il riposo) cercai di non vedere quel muso antipatico che dovevo prima o poi incontrare, sperando che fosse più tardi possibile.
L'omone era li con me e non mi lasciava in pace, si, dovevo decidermi, e in fretta anche.
Sempre a casa di PIETRO, quella mattina, mi stava dando le direttive da prendere, se volevo sconfiggere il mio modo perdente di giocare, PIETRO, che sembrava un’ altra persona, forse rivedeva se stesso da giovane da eccitarsi mentre parlava, e come un disco, si era fermato sul fatto che dovevo prima vincere la mia forte pigrizia, aspettando, la vittoria come un miracolo, mentre lui diceva l'opposto.
Così sentenziò che: per prima cosa vai dal mio amico LORENZO, gli ho già telefonato io, ma ti vuole vedere,
Ha una palestra in centro, e se vuoi fare orari morti, per lui va bene, basta che vi mettete d'accordo fra voi, e siccome non hai molto tempo ti consiglio di metterti subito al lavoro, quando torni mi sai dire, va bene?
Finito di mangiare verso le 21 della stessa sera come avevo promesso, mentre i comuni mortali andavano a letto, io no, mi stavo preparando ad un'impresa che era già grande abbastanza da sola, figuriamoci in mano ad un pigro come me, d'altronde capivo che dovevo farlo sia per me che per il mio unico amico sincero che avevo in questa C. E.P. E.S. Mi aveva stretto la mano come un patto e come una promessa, oltre a ciò c'era in ballo il mio futuro d'uomo libero, ma serio che manteneva le promesse fatte. In segreto nel mio cuore però un altro più forte motivo, ventilava la possibilità in caso di successo dell’ impresa, era l'amore latente iniziava a venire fuori prepotente, infatti, mi ero accorto che spesso quando PATRIZIA, era al banco e parlava con dei ragazzi sentiva uno strano sintomo in cuore, ma respingevo sempre e con determinazione questi strani e al quanto assurdo pensiero.
Un altro motivo era che PIETRO meritava un sacrificio mio gli dovevo molto, sia come uomo che, amico, se poi penso che per arrivare alla figlia, non esisteva altra strada se non quella che lui mi indicava, e chissà che sotto sotto, l'idea non l'avesse anche lui, ma io non avrei mai osato senza un invito preciso, da parte di lei e non volevo rischiare la loro amicizia, per questo motivo, riuscii a vincere la mia più acerrima nemica di vita, (la pigrizia) che mi aveva sempre procurato dei guai, e non di poco conto, tanto da essere già nell'elenco dei personaggi in via di fallimento, e questa poteva essere l'ultima carta che avevo da giocare, a patto che ne avessi voglia e motivo di farlo.
Scesi in strada ancora vuota, e andai alla fermata del tram, il traffico non ancora del tutto sveglio, visto che in maggior parte la gente a quell'ora era a mangiare, un quarto d'ora dopo, al centro, presi una delle traverse che portavano in palestra, un grande ed illuminato capannone ospitava la palestra di LORENZO che ancora io non conoscevo, davanti, dei mucchietti di giovani si attardavano a chiacchierare, delle cose che avevano appena fatto in palestra, ad uno di questi chiesi dove fosse Lorenzo, al che lui educatamente mi disse; ha ...il maestro, il nostro maestro, si è dentro in studio.
Il ragazzo molto gentile mi accompagnò da lui, dentro il corridoio e poi in ufficio, ringraziai la sua gentilezza, appena entrato, un uomo piccolo e tondo col passo leggero mi dette la mano, stringendola forte e decisa, si capiva che c'era lo zampino di PIETRO, aveva fatto le cose per bene, dopo i convenevoli mi sussurrò, dimmi, ma tu vuoi quello che dice quel matto di PIETRO oppure è un fuoco di paglia, come si usa dire oggi? perché vedi, qua si fanno cose serie, quanto ti piacerebbe vincere contro quel tizio? E perché vuoi vincere?,
Mentre cercavo di spiegargli il vero motivo di questa assurda, e impossibile impresa, la mia pigrizia si era in qualche modo allentata, lasciandomi respirare, e le parole venivano fuori lineari volanti e senza intoppi, al punto che LORENZO mi interruppe, e disse: d'accordo come sempre il mio amico PIETRO non sbaglia mai, certo che c'è da lavorare molto, e abbiamo poco tempo, però ti vedo molto motivato, ma insicuro, e una delle cose più urgenti da fare è, (operazione conosci te stesso) perciò, secondo il consiglio di PIETRO, noi ora cominciamo subito, sei d'accordo? intanto che diceva questo stava, aprendo uno stipetto tirando fuori un chimono bianco e di lino profumato, compreso di cintura BIANCA, e duro al tatto da sembrare inamidato.
Mi trascinò sul tappeto e dopo dieci minuti di ginnastica e come sì sol dire, uno straccio per terra, certo che gli altri allievi non fossero così (coccolati) pregò di fare le altre lezioni in compagnia d'altri allievi.
Dopo mezz'ora sarei scappato, ma ormai ero in ballo, e quel masso di antipatia che non mi lasciava in pace con la mia pigrizia doveva pagare quella fatica che stavo facendo, in onore alla sua prepotenza animale.
Alla fine della prima lezione ero come se sopra di me fossero passati, una mandria di gnu anche se in vita mia non ho mai visto degli GNU, ma i filmati davano l'idea della cosa.
LORENZO che sapeva per sua esperienza, e d'origini CAMPANE, ma da molto integrato in città, capì che un altra mossa e sarei morto dalla stanchezza, per qui mi lasciò libero dandomi appuntamento per l'indomani sera alla solita ora, e aggiunse, quando cambi turno dimmelo prima, almeno un giorno.
Mi lasciò che era, fresco come una rosa, per lui la fatica era una cosa sconosciuta, agile sui 50 anni tozzo a dispetto delle critiche, era un (Gatto) per grazia e un toro per forza e resistenza, infatti, dopo le lezioni agli allievi si era fatto due ore su di me, e quello stanco era solo io, fu anche questo che mi convinse della mia necessità di frequentare questo corso accelerato di resistenza e controllo delle proprie energie positive.
E in pratica dominare le nostre emozioni di fronte ad ogni evenienza, sicuro che sarebbe servita anche nella vita di tutti i giorni.
Il bello venne quella notte, tutti gli ossi che credevo non esistessero, li potevo contare uno per uno, dal dolore che ognuno di loro trasmettevano gli impulsi di dolore al confuso e appannato cervello.
Da una parte, l'omone che non mi dava tregua dall'altra, dall'altra il corpo che protestava contro la mente per le nuove direttive sul da farsi dei prossimi mesi, (il pigro) che era in me fomentava il corpo alla ribellione,
L'orgoglio che era ormai, senza freni voleva vendetta, e rivincita contro quell'uomo che senza diritture morali era entrato nella sua vita tranquilla, e sportiva che lo appagava, e che in cuor suo ancora accarezzava di tornare al più presto possibile, sempre (sigaro) permettendo.
La finestra a est di casa, dove una vecchia e maestosa QUERCIA, ospitava migliaia di chiassosi uccelli che di solito rallegravano le sue infinite dormite, si accorse che, per la prima volta, sentì un fastidio, non avendo carità per lui che non aveva preso sonno tutto la notte, fu in quel momento che decise, e alzandosi, non potendo dormire disse a se stesso: quello sarà un Golia, MA IO SARO’ DAVIDE, CI VA DI MEZZO LA MIA SALUTE.
Disse: sciogliersi!, facemmo due giri intorno al TATAMI e poi alle docce, prima della doccia mi disse: ci vediamo lunedì alla stessa ora, ora ti consiglio di andare a letto.
Misi il naso fuori dalla palestra, era una serata limpida e profumata per andare a letto, alzando gli occhi al cielo mi accorsi che le stelle brillavano per me quella sera, perciò per ringraziarle decisi di andare a piedi a casa, era passata mezzanotte, perciò mi fermai a bere una PERONI fresca, e feci bene perché aveva un sapore eccellente, pensai che il motivo era la fatica, continuai la mia passeggiata verso casa, la bellezza del cielo fuso al silenzio della città, mi avvicinò all’ universo che era li vicino come un dito,
e non riuscivo a credere che ci fossero tutti quei ANNI LUCE che la TV continuamente bombardava il mio cuore poeta, il loro luccichio. Dissi tra me, ma si sbagliano per me sono qua, e li posso toccare con un dito, questo mi fece dimenticare per poco le miserie umane, ed il motivo per qui ero in strada, e facevano parte della pagliacciata da me intrapresa in palestra, ma non perché non ci credessi, a questa scuola, ma perché avrei potuto stare in riva al fiume e pescare dei LUCCI, o al limite delle belle TROTE nel sacro silenzio della scia del fiume mentre i gabbiani invadenti al punto di entrare sott'acqua per rubarmi la preda.
Camminando si sa che il cervello pensa, e io misuravo la vera differenza dentro il mio essere, dai pensieri profondi mi svegliò il suicidio collettivo del sabato sera, stridio di gomme canti orrendi di tamburi audio e urla di ragazzi convinti per una notte che sarebbe stata l'ultima.
Lasciai che la mia generazione si sfogasse nel peggiore dei modi, optando di prendere il tram per il percorso che dovevo ancora fare, la pace era finita, il chiasso sarebbe durato fino al mattino seguente.
Dal finestrino si vedeva già la follia, del sabato notte ed ebbi paura, orge di depravazione vandalismo senza un apparente motivo, scesi alla fermata e mi incamminai verso casa, senza perdere altro tempo.
Appena nel letto, nonostante i dolori mi sciolsi in un sonno unico fino al mattino che era DOMENICA e perciò, festa per tutti, nel letto rimasi come avevo preso sonno la sera prima.
Quella notte, nel sonno duelli con armi di ogni tipo, si trattava del futuro e non potevo far finta che non era li davanti a me, si trattava di ignorare la mia stolta pigrizia, di reagire alle cattiverie umane, e ai torti subiti e di dire basta alle prepotenze, invece l'anima umiliata per troppi anni si era rifugiata nella nicchia della pigrizia e per ora non sarebbe venuta fuori, se non dopo averla convinta che qualcosa si poteva ancora fare , perciò iniziò un conflitto, dentro di me, capendo di avere dei nemici, che fuori non avrei mai trovato di sicuro. Mentre il fisico voleva riposo la mente cercava la rinascita spirituale dell'essere, la mente voleva delle sue soddisfazioni, travolta dai consigli di un vero amico, sciolta nel corpo, la mente vigile e attenta che nulla perdona, alle debolezze del corpo .Sciolto nella materia il corpo debole vorrebbe oziare ovunque ci sia pace e concordia, da molto tempo si era immerso, non potendo più ignorare le pressanti e formali richieste mentali.
Decisi che era ora di fare qualcosa, era assolutamente necessario fare, per salvare l'anima, cominciai così a vagliare molte idee che giravano nella mente, e tutte le buone opportunità che conoscevo, ecco com'era la condizione PSICA, QUANDO FELICE GIOCAVO SOLO, ai biliardi di PIETRO che mi osservava attentamente giocavo ai cinque birilli, per ore, e senza litigare con nessuno; scherzava lui
Ogni qualvolta che avevo bisogno di me stesso, giocavo al BILIARDO, quando depresso solo in casa non riuscivo a vincere quel magone che mi ossessionava, uscivo per andare a giocare a stecca, e quando mi riusciva un tiro, mi complimentavo da solo, per stare in pace con me stesso avrei fatto di tutto, mentre in ogni angolo della terra ci si uccide per la competizione, io no, accontentavo l'anima perché fosse in pace .
Molto intransigente e rigido, nelle cose di cuore, come negli affari, giocavamo " io e lui," era l'unico modo per non litigare con me stesso, e conoscendomi bene, sapevo il mio punto debole, ma questa volta avevo dato la parola ad estranei e il fatto si complicava, perciò,le feci capire che dovevamo affrontare di PETTO la cosa, e la nostra debolezza poteva diventare una FORZA, bastava solo mettersi d'accordo insieme.
Per prima cosa bisognava isolare il nostro comune NEMICO (la pigrizia) .
Dunque, il mio primo nemico era, la PIGRIZIA, che in questo caso andava combattuta in tutti i modi.
Per prima cosa misi la sveglia alle sei, pur sapendo che fosse stato duro dovevo provare, o sarei finito come un cane, secondo, la persiana alzata tutta, in camera da letto, in modo che la luce entrasse a baciarmi nel letto e accarezzasse il corpo di un'anima ferita e rassegnata alla sconfitta, terzo, il più duro, dovevo convincermi che potevo farcela, e che dovevo provare in tutti i modi, ne sarei uscito vincente, al solo provare di farlo, questi erano i risultati della mia lunga riflessione.
Ora dovevo saper credere in me stesso, però prima dovevo dimostrare al mio (IO) che rinunciare a certe cose, ne sarebbero arrivate altre più appaganti, e piene di valori che ormai avevo smarrito per strada, fra vizi e falsi paradisi di questo mondo.
Mentre cercava delle cose carnali, che non avrebbero portato che rovina e vita dissoluta.
Conoscevo i suoi valori e i suoi più remoti desideri, perciò con me era inutile negare, l'evidenza dei fatti accaduti negli ultimi tempi, ma non poteva più sottomettermi ai suoi voleri anch’ io volevo un po’ di quella felicità completa che solo osando si può conoscere.
Dall'altra parte della città quasi in periferia, una spider gialla canarino parcheggiò davanti al circolo ACLI, con fare calmo, di chi il tempo lo ignora, meticoloso nei dettagli, ben garbato capelli classici, il vestito da cacciatore con mille tasche, un uomo col berretto alla francese si diresse verso il circolo, entrò che stavano facendo le pulizie, un fornitore quasi calvo scaricava le ordinazioni, casse di bibite per il bar, una donna col grembiule, lo precedette al saluto e disse alla donna, che ora è, la donna alzò gli occhi e vide un sigaro che fumava in mezzo ad una bocca piccola e tonda come un buco, e rispose con malavoglia... sono le dieci e fra un'ora stacco dal lavoro, LUIGI non capì o non volle capire, ma la donna ancora piacente lanciò il sasso.
Luigi in piedi sul pavimento bagnato, che sorseggiava il caffé, la donna ancora più provocante di prima gli stava lavando le scarpe leggere che portava.
La ragazza delle pulizie portò le biglie al suo biliardo, con la solita fretta in cui le ragazze giovani vorrebbero essere libere per divertirsi in altro modo, si tolse il grembiule e sparì nello spogliatoio del bar.
LUIGI fece delle prove, e un paio di tiri a vuoto, fece cavallo con la mano sul tappeto verde pulitissimo, e si fermò un istante per tirare il solito sigaro attaccato alle sue labbra, con sinistra fece schivare la stecca sua personale sul cavallo che aveva appena mostrato sul tappeto, con mano sicura fece molti dei classici tiri che di solito vengono ripetuti più facilmente nel gioco.
Tolta la giacca di renna, il maglione che aveva addosso sgargiante di colore sabbia, lo rendeva più tozzo del solito, con la testa piccolina, e un enorme busto, la testa vista da lontano, era nascosta dentro le spalle il maglione poi, lo faceva sembrare un guscio di tartaruga.
LUIGI giocava da solo al mattino per una forma d, allenamento che da molti anni praticava, e perciò che il mio amico PIETRO mi aveva mandato a spiare senza essere visto. Vai e guarda con i tuoi occhi così ti rendi conto della sua forza, e così fu, lo vidi fare le due sponde una diecina di volte e sempre precise, lo vidi ripetere dei tiri per me perfetti, ma non per lui, nascosto sopra in tribuna come aveva detto PIETRO mi ero reso conto che non avevo scampo con lui, e con la mia preparazione attuale non avevo alcuna possibilità LUIGI era una roccia e nel gioco, contava appunto la calma, la resistenza agli attacchi traversali, cioè non inerenti al gioco, ma che potevano spaziare fra gli AFFETTI e ai vizi che ogni uomo mortale si dice che abbia. Ed ecco che le parole del mio maestro passarono nella mente mentre immaginavo la mia totale disfatta, ti ho detto di tenere le braccia stese e sotto le tasche, risuonavano le parole di PIETRO.
Come un tronco il sigaro toscano usciva dalla bocca, mentre il naso a patata faceva la guardia, non si mosse, un ragazzo che era li segnava i punti solo per poter dire di essere amico del suo campione, segnava i punti sul lavagnino in dotazione dei biliardi e tirava su i birilli caduti, il ragazzo che era a segnare da un'ora le chiese: con adulazione, cosa ci volesse per saper giocare come lui, LUIGI lo guardò e con uno strano sorriso che non avevo mai visto fare da lui, alzandosi come ad un comando militare rispose: un bel po’ piccolo.
Per la prima volta lo vidi scomporsi nei suoi modi e decisi che bastava per il momento
Sigaro che la sapeva lunga sulle relazioni umane, e le proprie debolezze, gli propose di giocare insieme così per gioco disse al povero ragazzo, e poi fra mezz'ora vado via, dai facciamo un bel trecento alla Goriziana e non se ne parla più,dai comincia tu disse al ragazzo che intimidito cercava un amico per il tifo, ma non si vide nessuno. In preda a delle sue paure, il ragazzo preso così alla sprovvista cercò di capire se era vivo oppure stava sognando ad occhi aperti, mentre il campione si pavoneggiava, cercò anche di essere in vantaggio nei confronti del povero inesperto prossimo pollo.
Senti ragazzo, facciamo un gioco, io ti darò 298 punti a scalare, e disputiamo una partita a 300, chi arriva prima vince un giro di bevute, sei d'accordo? Pur non capendo ormai era in balia alla scena ambientale del luogo, convinto che fosse un regalo lo accettò, con innocenza e sportività, per qui, l'acchitato per legge toccava al giocatore superiore di categoria, ma il ragazzo non lo sapeva.
LUIGI, si accinse a tirare il primo tiro, nel modo più naturale, fece gioco di difesa, con una biglia in ogni angolo lungo del biliardo, ma in diagonale, così ora per vedere la palla, il ragazzo avrebbe dovuto fare dei
Tiri quasi impossibili, Al primo tiro non prese biglia, perciò aveva perso punti 4 poi il secondo aveva sbagliato la forza del tiro, perdendo altri 34 punti, e via di seguito, fino a quando il ragazzo aveva capito il trucco del gioco: mentre IL CAMPIONE andava avanti nel punteggio, lui pur con tutta la sua buona volontà non era riuscito a fare un punto, e siccome era a scalare, il punteggio non andava su senza poter fare dei punti, per qui si sentì perso quando era stato raggiunto dalla bramosia di punti che
Luigi doveva fare a tutti i costi, infatti LUIGI raggiunto il ragazzo si rilassò un poco nel gioco, facendo finta di sbagliare, ma per poco, questo che avevo notato, mi indispettì molto, anche per giustizia di quel ragazzo che, stava persino sudando per fare bella figura. Dal mio alto nascondiglio, stavo scoppiando di rabbia nel vederlo recitare la parte della vittima, mi sentivo fremere le budella dalla rabbia, e senza poter intervenire, sapendo che se solo mi avesse visto avrebbe capito, e non potevo deludere il mio maestro che su di me puntava la prossima mossa per sconfiggere, l'arroganza di quell'uomo senza cuore, atto solo ai suoi disegni economici.
Sigaro aveva la battuta, così accarezzando con la stecca fece il primo Filotto dell'ultima partita, quando il pallino e la biglia si fermarono dietro il castello, osservai il suo volto, che diceva così: ora se sai giocare si vedrà, il ragazzo, girava attorno al biliardo senza fermarsi un minuto per decidere il tiro da fare, sigaro con quel tiro matematicamente aveva vinto, ma neanche io sarei stato capace di sbrigare un tiro così complesso.
IL ragazzo tirò lo stesso, più per orgoglio che per una reale convinzione di tiro, perse altri sei punti, e anche la speranza di vincere, oramai era in balia alla volontà di gioco dell'avversario che a cavallo dominava il suo sistema di gioco.
Era appena l'alba e la sveglia elettrica camminava sul comodino, credendo di sognare un compagno d'arme si credette di essere arrestato dalla polizia, un odioso impulso rumoroso riempiva tutto l'appartamento dove ormai ci andava solo a dormire, quando poteva, un occhio cercò la fonte di quel rumore, in tutta la stanza e infine localizzò, posando la mano sopra come un orso sul miele, l'aggeggio si zittì d'incanto, la stanza sembrò più umana i prima. Soffermando lo sguardo fuori della finestra aperta, vide che la luce era li, intensa, forte e una gran confusione di cinguettìì, che non sentivo neppure la radio.
Semi nudo mi appoggiai alla finestra per individuare la fonte di quel fracasso innocente gioioso, e alquanto piacevole a due passi di linea d'aria dal mio letto, pensai che non era giusto, il territorio era il mio, ma loro( riferito agli uccelli) non sapevano che una legge, vivere insieme, e insieme vivere" e chi li avrebbe potuto mai allontanare se non io che ero li.
Ma i neuroni che sapevano, dissero che l'aria era proprietà loro, da parte mia, li amavo per via della vivacità e per l'allegria che portavano in quel quartiere così spento, di esseri viventi non ancora motorizzati.
Inoltre, siccome anche io lasciavo le briciole sulla finestra, trovai strano la mia irritabilità, non sicuramente casuale, il che in parole povere, mi sentivo minacciato. Il pettirosso che in inverno era presente, ora non si sentiva più, ma c'era lo avevo visto, forse conoscendomi aveva capito, e non mi disturbava più come mesi fa, saltellò fra i rami per farsi notare da me poi si fece coraggioso, venendo sul davanzale, a beccare le larve che la quercia seminava nel suo vasto territorio, che naturalmente apparteneva al pettirosso di casa
Il pettirosso numero uno, mio amico e inquilino, mi sussurrava, che dovevo farmi anch’ io un nido e dovevo agire, non dormire e che dovevo rispettare il valore della natura, e non potevo ignorare la legge di sopravvivenza che imponeva la lotta per dominio sugli altri esseri viventi del nostro territorio.
Così il pettirosso si allontanò da me, spettegolando, il mio peccato a tutti i suoi amici e colleghi.
Così per un par di giorni, non lo vidi, ma le larve c'erano lo stesso e di sicuro non sarebbe morto di fame almeno lui.
La paura di farmi vedere dai vicini, a quella insolita ora, era forte ma dovevo comunicare con qualcuno e dovevo fare della ginnastica, per andare in forma fisica e mentale, decisi di fare la cosa più consona
per me stesso, scesi di corsa vestito di azzurro, con tuta da ginnastica e cappello di lana da notte,
deciso a rigare dritto e di non fermarmi neanche se ci fosse stato il terremoto, così, prima, seconda, terza rampa di scale di corsa in pochi salti ero in strada, pronto a lottare contro la mia nemica PIGRIZIA .
Tagliai per i giardini diretti al parco, che avrei girato un paio di volte, intorno, lontano dallo smog delle auto che a pochi metri sbuffavano come camini in tiraggio. Gli alberi senza foglie in attesa del tepore primaverile si stavano gonfiando le gemme, segno di una prossima primavera, i prati invece erano già verdi scuro anche loro in attesa della primavera, il sole che sorto da poco scaldava già la mia tuta, ai lati del parco nei giardini privati, alberi da frutto, pesche, mele, albicocche, in fiore davano spettacolo a chi volesse vedere.
IL traffico che avevo lasciato in città, ora mi inseguiva, aumentava il rumore caotico delle strade, che si mischiava ad urli e schiamazzi dei giocosi bambini, di una scuola materna, mi ricordò i miei amici animali della quercia sotto casa, i miei cari pettirossi. Dopo due ore di corsa ero a casa, pulito per fortuna da quei escrementi di cani e gatti della città, ma ciò che mi rese allegro fu l'arrivo a casa, questa volta avevo fatto troppa ginnastica, e fra poco un signore col cane non mi travolgeva.
Due ore dopo ero a casa, da un portone come due frecce schizzarono via come saette, un gatto nero che inseguito da un cocker che lo inseguiva, mi passarono rasente ai piedi facendomi sbandare. Rallentai anche perché ero arrivato, su per le scale ancora caldo, non sentii neanche il peso dei gradini, in casa credendo di poter riposare, invece l'orologio segnava le 11, 10, il corpo stanco aveva detto basta, così scaldai il caffè latte e con un paio di fette di pane toscano secco, spalmai un po’ di miele per buttarle dentro il latte.
Alla fine della colazione stavo meglio, anche se i dottori sconsigliavano di mangiare ancora caldi della ginnastica, rifocillato a dovere, il corpo raffreddato e gli occhi castani, non ne vollero più sapere della luce, mi sdraiai sul divano della sala sapendo benissimo che il mio turno in fabbrica era li ad aspettarmi alle ore 14 fino alle 22, quando alle 23 dello stesso giorno andai in palestra, il maestro LORENZO, mi vide arrivare e con garbo mi consigliò, ti ci vorrebbe più un letto che un TATAMI, tutto tirato risposi: maestro; lo so ma devo farlo è una sfida ormai, e il mio vero nemico sono io stesso, e devo a tutti i costi rappacificarmi, al più presto, al che il mio maestro col kimono addosso, aggiunse, non vorrei che tu perdessi il corpo per strada.
Non credevo che un maestro pronunciasse quelle parole, lui che avrebbe dovuto sostenermi nella ricerca di me stesso, aveva dei dubbi sulla mia capacità. IL maestro disse ancora; Ho un'idea stasera, farai una lezione di JOGA, farai un esercizio spirituale, guarda, fai così e stai fermo, e poi pensa di essere su un prato fiorito, tu devi contare i fiori, colore, specie, quantità.
Per come lo disse, mi sembrò uno scherzo, poi il suo volto di gran lottatore mi trasmise il vero messaggio e iniziai la ginnastica contemplativa, dopo una mezz'ora era di ritorno e mi disse, allora? Come ti senti, va meglio, è passata quella stanchezza che avevi?
Certo che sapesse la risposta, e sicura di se, il maestro non aspettò la risposta ma andò dagli altri speciali alunni notturni. Si io mi sentivo strano, una pace si era impadronita di me e gli occhi chiusi avevano l'effetto desiderato, d'incanto scomparve lo stress, la stanchezza un ricordo, il sonno svanito nel nulla.
Quel nuovo modo di ginnastica, interessante era il mio tipo, così chiesi perché non lo avesse applicato prima di allora, il maestro col suo sarcastico sorriso, e le mani distese sui fianchi, in riposo mentale, il fisico pronto ad ogni battaglia sussurrò, hai mai provato a mangiare una mela cotogna appena raccolta
dall'albero? Rispondi solo se hai capito il concetto. La mia bocca si chiuse come le corna di una lumaca in un pericolo immediato, lasciando che il vento raccogliesse quella filosofica domanda, e lui di nuovo capì che non ero ancora maturo, proprio come la sua metaforica mela cotogna.
Pensai che quella non ginnastica avrei potuto farla in casa mia, a minor costo, bastava capire il senso vero e la sua profonda verità,così mi dissi, che gli altri facevano ginnastica, ed io niente, si io facevo la ginnastica di NIENTE, e nulla tutto insieme, anche se devo dire la verità, quel niente, era più della mia corsa in mezzo alle auto in sosta, coi suoi relativi fumi velenosi, mentre ora ero qua fermo immobile, ogni tanto respiravo, ma fuori dai canoni normali avrei potuto dire di essere in una nicchia di pace, ma che la lezione stava per finire.
Alla fine il maestro mi rassicurò, sei quasi a posto ancora qualche lezione, ora non strafare, perché quella che hai fatto, ha pure degli effetti collaterali, perciò vai a riposare e con gli occhi chiusi, se ti riesce.
Stavo che era proprio una meraviglia, forte, sicuro leggero buono, era un peccato andare a letto in quello stato di benessere, " e un saltino" al NAIT CLUB,
non mi avrebbe fatto male di sicuro, ma una volta dentro. Le parole del maestro risuonavano nella mente, il fisico si stava per arrendere, perciò scolai una birra alla spina e uscii proprio sul più bello di uno degli spogliarelli che il locale regalava alle prime ore del mattino.
Ma un pensiero non mi abbandonava più, il patto con PIETRO e il puzzo di un sigaro che in ogni luogo sentivo, ormai, solo quando ero nella (nicchia) che LORENZO mi aveva fatto conoscere, allora si che stavo bene, e pure in riva al fiume a pescare, ero libero, di pensare ai soli pesci, lontano dalla città caotica, mentre li alle rive, nel silenzio, anche i gabbiani che risalivano il fiume dal mare, giravano giocosi sopra le calme e lisce acque, mentre festose risse sugli alberi, annunciavano la fine dell'inverno
Un pensiero che ormai non mi abbandonava più,la calma di quel sigaro, lo vedevo davanti a me notte e giorno, lo vedevo con la stecca in mano come un cavaliere che con furia veniva verso di me, minaccioso.
Lo vedevo sicuro con la sua luccicante stecca, sfidarmi, i suoi tiri sicuri e veloci, mentre io non riuscivo ad essere sicuro, nel tiro, e PIETRO non si stancava mai di cantarmelo in faccia: appena vedi il tiro, fallo e non pensarci più, tanto se sbagli non puoi farci niente, lo stesso.
Per cui, AGOSTINO quando c'è il tiro, TIRA! Senza pensarci più, è peggio l'insicurezza che l'errore stesso, se hai sbagliato tiro, lo saprai dopo averlo fatto.
La notte seguì con i soliti sogni di rivincita, visioni avvenimenti fantasie, l'unica cosa che non mi riusciva era riposare, così feci lo JOGA in camera, una mezz’ oretta in silenzio a testa in giù,alla fine a letto mi addormentai al primo tocco del letto fino al mattino alle 6 con l'aiuto della sveglia meccanica, da un sordo e sgraziato suono. Era giovedì, la prima giornata libera dopo una settimana d'inferno, palestra, biliardo, per un pigro era il massimo, e siccome si facevano sentire i primi sintomi di uno STRESS, non mi restava che approfittare del turno di riposo del lavoro, che per fortuna abbiamo, come legge della nostra costituzione, ringraziai i PADRI DELLA