Appena apro gli occhi si accende la lavatrice dei pensieri che cominciano a roteare nella testa come la centrifuga del lavaggio a 60 gradi, quello più intenso e deciso, selezionato appositamente per cancellare le ombre più ostinate dagli indumenti della contemplazione. Già ma sui miei pensieri non vi sono macchie da rimuovere, dunque perché girano così vorticosamente?
Bella domanda! …
Eppure dentro di me so esattamente dove vorrebbero correre, so perfettamente cosa succederebbe se aprissi il recinto che li separa dalla realtà: si dirigerebbero verso di te, Amore, ossia verso quell’unico pensiero meritevole di essere pensato, l’unico sul quale valga veramente la pena soffermarsi.
Si dimenano dentro la mia testa, come un criceto irrequieto, chiuso nella gabbia delle sue frustrazioni, che non trovando altra via d’uscita e non potendo fuggire altrove, si sfoga rincorrendo una mèta che esiste solo nella sua fantasia. E’ così che si attiva la ruota instancabile del delirio che non conduce da nessuna parte se non alla follia. A cosa serve dunque tutto quell’affanno, se quel girotondo, senza capo ne coda, confina i pensieri ai margini della mente?
Poi si fermano, esausti ed affamati e non trovando nulla che li soddisfi, si trasformano in veri e propri cannibali che, selvaggiamente, si cibano l’uno dell’altro: il pensiero più grande, nutrendosi di quello più piccolo, diviene così un’enorme e fumosa matrioska fatta di idee incomprensibili ma comprendenti.
Pensieri, fragili come bolle di sapone fatte di niente, che al niente ritornano dopo aver vissuto per non più di una frazione di secondo. Esili farfalle variopinte la cui esistenza è circoscritta dalla corona luminosa con la quale il sole delimita il giorno.
Nuvole di sogni si attorcigliano sulla lingua dei desideri che, arrotolandosi su sé stessa ingurgita al suo interno un treno di zelanti pendolari: avanti e indietro in quel percorso di quotidiana consuetudine che li vede puntuali e sistematici protagonisti del medesimo tragitto collettivo, la cui destinazione si esaurisce nel flusso dell’ordinaria abitudine.
Quante voci si rincorrono su quei vagoni dove giovani ed indisciplinate apparizioni giocano aggrappandosi alla maniglia di sicurezza, scambiando l’area adibita al passaggio delle illusioni per un parco giochi troppo affollato.
E quando finalmente i pensieri si fermano alla stazione della meditazione, ecco che ciascuno di loro si accomoda al proprio posto, in silenzio ed ordinatamente, si mettono a sedere per poi discendere al momento opportuno, facendo spazio alla quiete ed alla tranquillità che pacifica il cuore e concilia la mente.