Il primato dell’Italia nella storia delle donne artiste dal Quattro al Seicento è dovuto a vari fattori. Innanzitutto nel sud cattolico la Riforma non spazzò via, come nel nord, i conventi, anche se ne ridusse il numero e l’importanza.
Molte donne artiste dell’epoca furono monache, nessuna però, tra quelle di cui restano le opere, straordinariamente dotata.
Tuttavia tra queste quella meglio documentata come monaca - artista italiana è stata Caterina dei Vigri (1413 -1463). Appartenente alla buona società bolognese, alla fine del decennio 1420- 30 divenne monaca francescana a Ferrara e nel 1456 si trasferì a Bologna come superiora di un nuovo convento eretto presso la chiesa del Corpus Domini.
Era una donna molto colta per i criteri dell’epoca, durante l’adolescenza trascorsa alla corte di Ferrara aveva imparato, oltre che a leggere e scrivere in latino, a suonare strumenti musicali e a disegnare. La sua vera vocazione non fu tuttavia quella dell’artista ma della devota appartenente all’ordine: ebbe visioni, fece miracoli e altri si crede ne compisse dopo la morte....
Nel 1703 fu canonizzata. Certo si deve alla sua fama si santa se in una stanza annessa alla chiesa dove passò gli ultimi anni vennero conservati, assieme ad altre reliquie della sua vita, i suoi modesti esiti di pittrice. Lo stile delle sue opere si può definire “ingenuo” e arcaizzante, perché l’autrice non fu che una dilettante e la sua maturazione non fu certo aiutata dalla scelta di passare la vita in clausura.
Vi fu un’altra monaca carmelitana che era figlia di Paolo Uccello, Antonia (1446 -1491). Il vasari dice che il pittore aveva “una figliola che sapeva disegnare”; ma l’unica prova documentaria oggi nota è il suo certificato di morte, nel quale viene definita “pittoressa”.
Un’altra donna artista italiana del Quattrocento di cui ci restano documenti è Suor Barbara Rognoni, che firmò una ”Adorazione dei pastori” oggi conservata nella Pinacoteca di Siena. La Rognoni era più aggiornata della Vigri, le cui opere sembrano superare di quasi un secolo, sulle correnti artistiche contemporanee. L’Adorazione è un valido esemplare di scuola senese del tardo Quattrocento, un periodo in cui la tradizione locale non dà più prova dell’inventiva del secolo precedente.
Vasari dedica un lungo brano alla carriera di una monaca cinquecentesca, suor Plautilla Nelli (1523 -1587 -88), di cui all’inizio del nostro secolo si rintracciavano ancora varie opere a Firenze e nei dintorni, poi scomparse dalla letteratura attuale. Vasari riferisce che l’artista (la quale, quando egli scriveva, era ancora in vita) aveva esordito come miniaturista e copista ma che gradualmente era arrivata all’esecuzione di pale d’altare per il proprio convento fiorentino. S. Caterina da Siena, e per committenti esterni. La Nelli eseguì in quel periodo l’”Ultima cena” e come osserva il Vasari, la sua opera dimostra che “avrebbe fatto cose meravigliose se, come fanno gli uomini, avesse avuto comodo di studiare ed attendere al disegno, e ritrarre cose vive e naturali”. A quanto pare la Nelli fu la più dotata delle monache - artiste documentate in Italia.
L’unica conclusione che si può trarre dai documenti raccolti sulle monache pittrici è che se prendere il velo diede a qualche donna la possibilità di dipingere, l’isolamento del convento sommato alla mancanza di studi adeguati e di modelli competitivi impedì la fioritura di pure autentiche doti artistiche.
A confermare questa ipotesi, le donne che più riuscirono a imporsi come pittrici autentiche e competenti non furono monache. Sofonisba Anguissola, era figlia di un nobile di provincia, Lavinia Fontana, di un pittore sempre di provincia. Le forze sociali erano diverse e conviene prenderle in esame prima di poter analizzare le storie di altre pittrici di quell’epoca.