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Una notte qualunque

Giallo e Thriller

Il grido frenetico dei gabbiani, in quell'alba appena illuminata, accompagnava l'uomo piuttosto grasso che camminava sulla spiaggia, preceduto dal meticcio, un cane dal colore bianco sporco che correva sulla sabbia. Distanziato dal padrone, il cane arrivò di fronte ai corpi immobili, immobilizzandosi per un breve attimo, arretrando e ringhiando sommessamente. Poi restanto fermo, iniziò ad abbaiare, spaventando gli uccelli marini che erano parcheggiati comodamente poco lontano. I corpi erano sporchi di sabbia, uno sull'altro, nudi. L'uomo raggiunse il cane e si fermò di fronte alla scena, impietrito. Poi avanzò, ancora perplesso, con la bocca leggermente aperta,facendo cadere sulla sabbia il sigaro fumante, ed osservando il un grosso buco rosso sulla nuca dell'uomo e rivoli di sangue rappreso, che scendevano sul collo, mentre sotto di lui, vi era chiaramente una donna,anch'ella morta, con il volto sporco di sangue e con le braccia aperte.Tremando, prese il cellulare componendo il numero della polizia.

Da molto tempo li seguiva. Amava quell'uomo, ma era successo qualcosa, lui era cambiato e tutto era sfumato, tutto era diventato stranamente estraneo. L'aveva trovato, con una donna, nudi sulla spiaggia. Sapeva dove trovarli, sapeva che da tempo, si davano appuntamento in quel luogo, ma gli ci era voluta un'intera bottiglia di whisky, per aver il coraggio di seguirli e restare a guardare la scena. Certo che lei era davvero bella, bionda , con un corpo che pareva fatto apposta per l'amore, non certo come il suo, appesantito dalla pigrizia, dal lavoro, da due gravidanze finite tragicamente negli ultimi mesi. Osservava la donna, dal vetro appena abbassato della macchina, nel grande magazzino in cui lavorava, sorridente e disponibile con i clienti che si accalcavano sul banco.

Li aveva seguiti, quando si erano nascosti nel motel, osservando con una bottiglia di guinnes in mano, le ombre che si muovevano nella luce, si univano, e poi sparivano, adagiandosi sul letto. Aveva pianto, sino a che il viso, le faceva male, gli occhi, la gola, si era graffiata il collo, nel tentativo di sosituire un male con un altro male, più fisico, più dignitoso.

Alla fine non era riuscita a salire, lungo le scale di quel motel. Lo aveva affrontato a casa, nel momento della cena, una di quella poche cene che riuscivano a fare, senza che dovesse fuggire per motivi di lavoro.Prima aveva parlato con calma, poi alla sua indifferenza aveva urlato, l'aveva minacciato, aveva pianto, ancora, sempre più forte e lui,senza dire nulla, si era alzato, ed era uscito, ridendo. Allora, al suo sbattere la porta, aveva deciso. Sapeva dove andava, ormai si trovavano sulla spiaggia, poco lontano dal locale dove lavorava , la sera come cameriera, quella dannata donna che gli aveva rubato la vita e l'amore.

O forse era lui che s'era andato, già da molto tempo, da quella casa, dal suo cuore e questo era soltanto una conferma, un atto scritto, del tradimento, della fine di tutto, delle speranze. Su quella spiaggia, il mare portava l'odore della salsedine, il vento dal mare, un pò fresco, dopo una giornata torrida, l'ideale per l'intimità degli amanti sulla spiaggia. Ormai sapeva il posto esatto, in nido occasionale, dei due piccioncini, un'insenatura sul mare, dove potersi togliere tutto e lasciarsi andare, sulla sabbia bagnata, dopo un bagno.

Non le faceva più così male, ma era emerso, man mano che le notti scendevano e lasciavano l'ombra nel petto, una nuova emozione, più forte, tagliente, assoluta, che presto si era sostituita con l'amore:l'odio. Aveva rapidamente sedato il dolore e preso prepotentemente posto nel cuore ferito di Maria, concedendo nuova energia, l'odio nutriente, buono, gentile,accondiscendente, giustificante.

Quando li aveva sorpresi,a lungo aveva fissato i due corpi avvinghiati, tesi, ricordando anch'essa com'era una volta, quando anche il suo corpo poteva dare amore e non odio, come ora. Era giunta in silenzio, dietro di loro,passo felpato sull sabbia, nell'ombra, lui era ancora dentro di lei, che rantolava nell'estasi, non poteva sentirla. Era stato cosi facile, puntare la calibro nove alla nuca, senza toccarlo, invisibile, premendo il grilletto, e uccidendo entrambi, all'istante. Si era immaginata che l'eco della sparo, sarebbe durato un'eternità, invece era subito scomparso, sovrastato dalle onde che di infrangevano sulla scogliera.

Era davvero un bel posto per fare l'amore. Aveva abbassato la pistola per un breve attimo, fissando l'orizzonte, il mare, illuminato da quella luna che l'aveva vista e confortata nel gesto disperato. Si era seduta sulla spiaggia, fissando il mare, con la pistola ancora nella mano,l'odore della morte era scomparso, ed ora respirava profondamente. I ricordi le avvolgevano completamente la mente, ricordi di lei bambina, che correva, con l'aquilone, sulla spiaggia seguita dai gabbiani. Lontano sentiva ancora la madre che la chiamava, un altro eco, disperso nel vento. Un oscuro vortice, l'aveva condotta sino a quel punto, su quella spiaggia, con due cadaveri alle spalle, un uomo ed una donna, ormai freddi come gli scogli di quell'insenatura.

Le restava ancora una cosa da fare. Fissò la pistola, mentre la marea cominciava a lambirle i piedi. Si alzò , cammiando senza volgersi verso la strada. C'era un canale, piuttosto profondo, dal quale uscivano le imbarcazioni, ideale per quello il suo destino, per quella deforme notte. Camminò sul porticciolo, sino nel punto in le acque erano fatalmente profonde. Prese la pistola con entrambe le mani, e si mise in bocca la canna, per qualche centimetro, percependo il sapore del metallo sulla lingua, Poi premette il grilletto. Prima che tutto divenisse oblio, in quell'urto violento, il pensiero si fissò su quel vento leggero, che proveniva dal mare, profumato, potente, puro. L'attimo dopo,lei non esisteva più. Il corpo senza vita, cadde riverso nelle acqua nere, inghiottito nel tragico abisso di una notte qualunque.


Gianpiero 23/06/2011 00:15 1643

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