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– Mamaaa! Lolana lamapià lanus dal persi... – Lè no vera! Giuanen lè fals, lanus lé la mia. – Ades arivi mi. Giuanen, piansa pù. – Dam lanus, Rosana. – Ma Rita, lè lamia… mamaaaa! – Saghè da vusà Rosana? – Mama, la Rita lamvò purtà via lamenus! – E dagla stanus, epo vechì, tnadò un’ altra. E calsia tut finì. Rusè no par nient, seno atdò un casuton, té capì? – Lera mei slà ciameva nò. Morire slà mdà rason. – Giuanen di persi, vem a truà, gò una gamba ruta e l’ altra sassinà. – Mamaaa! Lolana lamdisa che so un assasen! Mamaaaa…
Ricordo questi piccoli screzi fatti con Giovanni, amichetto d’ infanzia dai 2 agli 8 anni. Allora si litigava per un nocciolo di pesca usato al posto delle biglie. I noccioli rotolavano ugualmente nel terreno dell’ orto scavato con un ramo, lui da una parte e io dall’ altra. L’ intesa però fini quando vi fu la conta degli stessi. Sua madre stravedeva per il suo Giovanni, gli dava sempre ragione, ma io mi vendicavo a volte con una filastrocca, dal senso travisato e pungente (il verme delle pesche veniva chiamato giuanen). Mi rallegrava vedere la sua rabbia e quella di Giovanni. Mia madre era meno accomodante e tendeva sempre a farmi cedere, Ricordo ancora oggi il suo detto: chi ha cervello lo usi. Peccato non averla ascoltata sempre.
Era il 1953, abitavamo in una piccola frazione dell’ Oltrepò. Eravamo due famiglie, vicini di casa in armonico equilibrio. Poi si trasferirono e non ci incontrammo più. In questi giorni, un articolo su un quotidiano parlava di Giovanni, ne tesseva le lodi e ne riportava la scomparsa. C’ era la fotografia, la stessa espressione dolce e accattivante di quando era piccolo. Forse la stessa convinzione di subire un’ ingiustizia ma che nessuno questa volta, potrà lenire. Questo mostro dal nome nobilitato da una corona è onnipotente e non perdona. Nemmeno per il quieto vivere. Traduzione: GIOV. -Mammaaa, Rosanna mi ha preso il nocciolo della pesca. ROS, -Non è vero, Giovanni è bugiardo, il nocciolo è mio. RITA – Adesso arrivo io, Giovanni, non piangere più. Dammi il nocciolo Rosanna. ROS. -Ma Rita, è il mio! Mammaaa. MAMMAROS. – Cosa c’è da gridare Rosanna? ROS. – Mamma la Rita mi vuole portare via il mio nocciolo. MAMMAROS – E daglielo sto nocciolo, e poi vieni qui, che te ne do un’ altro, e che sia tutto finito. Non litigate per niente, se no ti do uno scapaccione, hai capito? ROS. – Era meglio se non la chiamavo, morire se mi da ragione una volta. Giovannino delle pesche, vienimi a trovare ho una gamba rotta e l’ altra assassinata...
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Sua madre stravedeva per il suo Giovanni, gli dava sempre ragione, ma io mi vendicavo a volte con una filastrocca, dal senso travisato, ma pungente (il verme delle pesche veniva chiamato giłanen).
Mi rallegrava vedere la sua rabbia e quella di Giovanni.» |
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