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Avevo 12 anni e finita la scuola di seconda media, mi apprestavo a vivere un’Estate diversa da quella di altri miei coetanei. Mio padre in quel periodo aveva chiuso l’attività di Fabbro per stare vicino a mia madre per la malattia che l’aveva colpita improvvisamente e per aiutarla a gestire il piccolo negozio di Merceria e Abbigliamento che rappresentava il suo sogno finalmente realizzato. Quel giorno mi portò da un suo amico collega e da lì cominciai a esprimere il mio estro e la mia manualità, da quel giorno iniziai a lavorare e imparare. Però in quel momento non riuscì a capire quel gesto di mio padre e soprattutto quelle parole... ero ancora un bambino che sognava di giocare a calcio e di correre, di cadere e rialzarmi senza farci caso alle ginocchia sbucciate e al sangue che colava sul campo di terra battuta, un bambino che aveva bisogno di fantasia e di libertà e non di praticità. In quel momento a mio padre l’ho odiato, l’ho odiato per aver provocato in me un distacco brutale dai sogni di un adolescente verso un mondo di adulti, ma solo adesso ho capito quello che ha fatto per me, quello che si è perso e che tanti padri dovrebbero fare per i propri figli. Erano gli anni 70 e sapevamo bene quelli che avevamo bisogno, sapevamo insegnare e indicare la strada ai nostri figli, volevamo più imparare che avere. Da quel giorno ho capito cosa significa guadagnarsi da vivere, dignità e lavoro... ho capito che imparare è qualcosa di meraviglioso. Grazie a mio padre, grazie a quel: "Fallu lavurari, puru non mu pavi". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Traduzione del titolo
Dagli da lavorare anche senza pagarlo.» |
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