... Ogni mattina, da tanti anni, dal giorno della prima elementare, dal giorno in cui cominciai a conoscere la mia coscienza realizzai che la sola vista di quella persona mi intorbidiva il sangue e mi avvolgeva in una cappa di rabbia e disgusto. Lui, quella mattina, come tante altre stava davanti la soglia del bar ad aspettare che io passassi lì davanti. Il percorso per andare a scuola era tragicamente quello. Io ero obbligato a passare lì davanti e non avevo alternative. Avevo provato a ritardare, rischiando di arrivare tardi a scuola, lui faceva tardi come me. Ebbene in quel momento, come sempre, gridava forte il mio nome, neanche mi trovassi a un chilometro da lui e agitava le braccia, neanche avesse visto chissà chi. Emergeva In bassorilievo, dal suo testone senza collo, incollato alle spalle ed al resto del corpo, il faccione. Il viso sembrava scheggiato con uno scalpello in maniera grossolana. Ghignava, mentre urlava e si dimenava per attirare la mia attenzione. Avrei fatto a meno della sua indesiderata e falsa amicizia, glielo avevo detto in faccia che non mi piaceva perché era falso. Lui era la mia spina al fianco, la mia ombra, nonché una specie di Jago di turno. Dovunque andassi, qualunque cosa facessi, era come un ombra attaccata ai miei piedi. Andavo alla sede della federazione e lui dietro, andavo agli allenamenti di calcio e lui, scarso giocatore, dietro. Si fece tesserare plagiando il direttore sportivo nonostante io gli dissi che non lo volevo tra i piedi e che in città c’erano tante società sportive. Quell’anno per me fu meraviglioso, disputai un eccellente campionato quindi fui convocato dalla rappresentativa regionale under 17, lui invece scaldò la panchina tutto l’anno . Torno a raccontarvi del disgusto che aumentò quando entrai, a malavoglia, nel bar. Tutti i giorni lui prendeva cappuccino e pasta . Prendeva sempre quel putrido quadrato fatto di scarti della pasticceria inzuppato di liquori e caffè, con uno strato di cioccolato sopra, il CASTAGNACCIO, mamma mia! Allucinante! Allucinante. Io Leggevo il giornale, lui s’ingozzava di brutto. Terminata la scorpacciata tirava fuori dal suo pacchetto di marlboro una sigaretta e l’accendeva poi sbuffava con gusto, soddisfatto della lauta colazione . Mio malgrado m’incamminai verso la scuola insieme a quell’odioso tizio. Dal tabaccaio, con gli spiccioli che mi restavano, comprai tre nazionali senza filtro a 11 lire l’una. Anche io avevo quel brutto vizio e fumavo nazionali con lo stuzzicadenti, vi chiederete quale tipo di sigarette compravo, erano semplici nazionali senza filtro che dividevo in tre parti poi le infilavo ad uno stuzzicadenti che mi serviva per tenerle, cosicché non mi provocavo ustioni alle dita. Lui sbuffava ampie volute di fumo e pago di tutta questa opulenza camminava a testa alta, tanto alta che rischiava di cadere per colpa dei marciapiedi ricoperti dal ghiaccio. Un giorno, ricordo che mise un piede sulla prima striscia bianca dell’attraversamento pedonale, sempre a testa alta, senza guardare a sinistra. Fu un miracolo non essere investito da un’auto che sopraggiungeva a velocità sostenuta. Lui beffardo diceva ghignando: - prendimi pure, anche di striscio così mi mantieni a vita. Non era la prima volta che lui esprimeva tale concetto. Credo che non immaginasse neanche alle conseguenze di un’investimento, lui pensava solo ai soldi. Mi faceva schifo il suo modo di vedere il mondo, oltretutto era anche uno spione e ricordo che per colpa sua presi un provvedimento disciplinare, non che io fossi un santerello ma almeno poteva esimersi dal tradirmi. È evidente, pensandoci bene, ora, che si sentiva appagato e superiore, tanto che il suo complesso d’inferiorità, momentaneamente, sparisse. Quella mattina di metà dicembre, mancavano pochi giorni per le vacanze natalizie, faceva un freddo che mi metteva paura e il solo pensiero di attraversare il ponte ed in particolare quel preciso punto faceva aumentare i dubbi sul fatto di continuare a camminare verso la scuola oppure tornarmene a casa... | |