Come erano sguaiati quei tre ragazzi nell’ insultare un povero vecchio seduto su di una panchina del parco. Gli avevano gettato addosso, alle spalle, un mucchio di foglie marce e sporche, mentre se ne stava li assorto nei suoi pensieri. Sghignazzavano fieri della loro bravata. Nell’ osservarli, Luigina, provò compassione per quell’ anziano ed il pensiero le riportò a galla la storia dell’ incontro che modificò la sua adolescenza.
Quell’ anno l’ Autunno si presentò con i suoi colori inconfondibili e con giornate leggermente accorciate, seppure ancora luminose di sole. I bambini facevano le ultime scorte di ore pomeridiane all’ aria aperta, giocando vivaci per viali e prati del parco.
Quel luogo lo frequentava anche lei, e proprio là, fra i suoi vialetti, le capitò di conoscere un signore attempato. Stava seduto ad una panchina un po’ isolata .
Le capitava spesso di sentirsi attratta dagli anziani, forse perchè non aveva i nonni .Le mancava una relazione di solidarietà fra generazioni, come quasi tutti gli altri bambini.
Mossa da chissà quale immaginazione, quel giorno gli si sedette accanto.
Il vecchio, un po’ sorpreso, nel sorriderle mise in mostra una bocca sdentata su di un volto cadente, ma simpatico.
Un breve scambio di domande e si presentarono come Tarcisio e Luigina.
Come era facile fare amicizia. Bambina di indole assai loquace, tutto d’ un fiato, gli raccontò di frequentare la quarta elementare, di non avere fratelli, solo due genitori che la amavano tanto. Egli ascoltava silenzioso, con un’ espressione di piacere sul viso .Improvvisamente sentì alle spalle la madre piuttosto contrariata che la intimava di lasciare la panchina, facendole promettere che non avrebbe più dato confidenza a nessuno. Povero vecchio, c’ era rimasto male. Non disse niente e abbassò il capo. La sua sagoma parlava del subì to disagio .
Come darle torto, quella madre cercava di proteggere sua figlia. Tuttavia, il pomeriggio seguente Luigina corse alla panchina, ritrovando ancora là il vecchio.
Sembrava non si fosse neppure spostato. Rifece il solito sorriso sdentato passando leggermente la mano senile sui neri capelli della bambina, la quale gradì molto quella carezza.
Gli abiti sgualciti erano gli stessi. Pantaloni logori ed una giacca larga per il suo corpo esile e magro. Lo osservò di nascosto, certa che non potesse intuirlo, ma rimase spiazzata quando egli parlò:< Stai osservando i miei poveri cenci che indosso, vero, cara Luigina.> chiese con una intonazione rassegnata.< No, no, lei si affrettò a negare, diventando tutta rossa in volto> In lontanaza gli echi delle voci dei bambini si mischiavano con gli stridii dei gabbiani che giravano in alto nell’ aria del tramonto. L’ aria fresca aleggiava fra i vialetti e sui loro visi intenti a guardarsi. In quegli attimi Tarcisio continuò:<.Oggi tu ascolti un povero uomo che fa quasi pena, perchè solo e in difficoltà,ma non sono sempre stato così.C’è stato un tempo della mia lunga vita, nella quale ho avuto anch’ io la mia fetta di felicità>.La bambina provò un po’ di sconforto a quelle considerazioni e il suo bel visino lo dimostrava. Così Il vecchio, prese dalla tasca della giacca una carta con dentro del pane raffermo. Lo sguardo di Luigina cambiò immediatamente divenendo curioso . Quindi, egli emise uno strano verso con le labbra e d’ improvviso vennero circondati da numerosissimi passerotti che cinguettavano allegramente. Quelle bestiole, per natura sospettose, solitamente volavano lontane dalle persone che sostavano nel parco. Ora, invece, le vedeva posarsi sulle ginocchia del vecchio, sul braccio e sulla mano nel beccare le briciole che egli preparava in contiuazione. Era sbalordita e affascinata allorchè egli l’ avvicinò alle sue gambe cingendola ai fianchi. Le prese la manina e riempiendola di pezzetti di pane le suggerì di tenderla. Meraviglia! Quanti uccellini si posarono sul braccino, mentre un po’ rigida, sentiva picchiare sul palmo i loro becchi. Ad ogni beccata, seguiva un cinguettio, quasi volessero dire grazie .In alto, ad ovest, veli rossi e viola tingevano un cielo autunnale, mentre il giorno si ritirava precocemente. Tarcisio le stava facendo vivere una intensa emozione, mai provata prima e la sua fantasia di bambina gliela rendeva quasi un prodigio.
Ad un tratto ebbe timore che la madre la cercasse e prima che ciò accadesse, lasciò la panchina salutandolo frettolosamente .Egli rimase là, rassegnato.
Per fortuna le giornate si mantenevano abbastanza serene e quindi fu accompagnata per diversi giorni al parco. Correva immediatamente alla panchina dove trovava sempre il vecchio, là, immobile, a guardare nel vuoto, ma appena sentiva la voce di lei, l’ accoglieva con il solito sorriso sdentato e con negli occhi un luccichio. Dai loro dialoghi, sapeva non avesse nipoti e che vivesse da solo, senza però capire dove esattamente. Le ripeteva sempre di quanto fosse gentile, allegra e gioiosa nel stargli accanto e di come egli ne giovasse per contrastare la sua grande solitudine. A volte la bambina, l’ osservava di profilo e qualche volta gli vedeva scivolare una silenziosa lacrima sulle pieghe della guancia. In quei momenti si sentiva impadronire da una sensazione diversa da quelle provate fino ad allora.
Nell’ attesa del sonno, quando tutti dormivano nei letti caldi, ascoltava la voce della notte. Una porta che cigolava, un ramo che sbatteva, un sussurro di vento gliela rendevano magica .Così, a Fate immaginarie, raccontava dell’ incontro segreto con Tarcisio.
Desiderava veramente stringere un legame. Conoscere ciò che veniva prima di lei attraverso le parole dell’ anziano uomo e confrontarlo con il presente. Era una bambina intelligente, recettiva nonché curiosa.
Purtroppo l’ Autunno cambiò faccia imponendo piogge e raffiche di vento freddo. Dai camini lo smog si confondeva con quello delle automobili impedendole di recarsi al parco. Sola, nella sua cameretta, l’ uggiosa pioggia accompagnava i suoi compiti di scuola e soprattutto i suoi pensieri che andavano tutti nella stessa direzione. Sapere dove stesse Tarcisio in quei giorni e se mai si ricordasse di lei.
Le mancavano veramente quei pomeriggi trascorsi accanto a lui.
Poi una mattina rispuntò un coraggioso sole che illuminò il cielo d’ azzurro e seppur l’ aria fresca pizzicava le guance, nel pomeriggio mamma la ricondusse un po’ a giocare nel parco. Fremeva dalla voglia di verificare se Tarcisio stesse seduto alla panchina. Infatti, eccolo là,immobile a guardare lo stesso vuoto. Con il suo saluto lo colse di sorpresa ed ebbe un sussulto che però si tramutò in un sorriso cordiale. La bambina notò i suoi abiti, erano gli stessi, malgrado facesse più freddo.
Le venne voglia di sapere dove abitasse e lo chiese al vecchio. Dopo una breve esitazione egli rispose:< La mia casa è il mondo, sai ho tanto viaggiato nella mia vita, ero un Capitano di lungo corso. Sapessi quante cose belle ed inimmaginabili i miei occhi hanno osservato e racchiuso nella mente e nel cuore.>,
Quel giorno lo lasciò presto notando i colpi di tosse che gli scuotevano il petto. Il buio incombeva e la madre l’ aspettava ignara naturalmente delle sue frequentazioni con l’ anziano. Di sera, quando si metteva a letto, ripensava all’ anziano amico e l’ animo di bambina generoso e innocente non poteva non esserne coinvolto.
Si arrivò ai primi di Dicembre. Giornate gelide e tramonti infuocati preparavano il blu di notti stellate, magiche per la loro bellezza. In altre le nuvole spesse creavano un cappello scuro minaccioso che assorbiva ogni colore.
Poi, una sera, mentre mamma le leggeva una favola, Luigina le raccontò
del suo segreto. Sicchè, la madre si irritò in un modo che le fece quasi spavento. Così Luigina scoppiò in un pianto convulso, perchè nella sua innocenza, non capiva dove stesse il male di quella storia. Più in là, la donna, prese a spiegarle i pericoli che correva una bambina nel frequentare persone anziane sconosciute.
I giorni passarono, mentre lei ripensava a Tarcisio Si avvicinava il Natale e tutti indaffarati si stavano preparando per festeggiarlo come si deve. Per Luigina era la favola che si ripeteva ogni anno. Regali, dolci, luci che stordivano gli occhi e musiche che creavano l’ atmosfera dell’ ncanto al quale i bambini credono molto. Al parco non ci andava quasi mai, troppo freddo. Una sera, mentre stava a cena con i suoi genitori, seguendo il telegiornale alla TV, sentirono la storia di un vecchio trovato quasi assiderato su una panchina del parco di città dove era rimasto a dormire coperto solo da alcuni giornali. Fecero vedere la sua foto e Luigina sbottò d’ impulso: < Mamma, quello è Tarcisio, oh!,Poverino, ecco perchè stava sempre su quella panchina>.Lacrime le scivolarono sul volto. Si dispiaceva pensando di non rivederlo mai più.Per la prima volta scopriva la sofferenza interiore. Uno sguardo di intesa fra i suoi genitori le fece capire quanto essi fossero meravigliati della loro bambina per quella reazione nei riguardi di uno sconosciuto.
Questi erano episodi che accadevano speso in Inverno nelle grandi città, dove puntroppo, la povertà era ed è una spina nel fianco della società.Era una ragazzina piuttosto cocciuta e non lasciò perdere. Tanto insistette che la madre si decise ad informarsi presso la sede del giornale locale, dove fosse stato ricoverato quell’ uomo. Per tre giorni visse inquieta con addosso una smania di sapere.
Alla fine la mamma, riuscì ad accontentarla . In una fredda mattina, con una espressione strana sul volto fra la compassione e lo sgomento, accompagnò Luigina all’ ospedale dove era ricoverato Tarcisio. Lo trovarono in una stanza di sei letti, tutti occupati da anziani. La bambina lo individuò subito e si avvicinò con il cuore che le batteva forte per l’ emozione. Riposava, pallido, quasi violaceo in volto, steso nel letto bianco con gli occhi chiusi. Gli accarezzò la vecchia mano, era fredda. Un’ infermiera chiese loro se fossero parenti Sinceramente non sapevano cosa rispondere. Poi la ragazzina trovò il coraggio e disse di conoscerlo da un po’ di tempo. Tarcisio era il suo nome e viveva da solo. L’ infermiera pregò di seguirla in una stanzetta dove spiegò loro la situazione .Si trattava d’ una persona per bene caduta in disgrazia per motivi personali e non avendo risorse economiche era costretto a vivere per la strada. Certo qualche pasto caldo lo trovava presso la chiesa della città .Insomma era la solita triste situazione di una povertà non cercata, ma imposta dalla società e dal destino infame.
Chissà cosa spinse Luigina a fare una richiesta tanto imprevedibile da lasciare la madre senza parole.< Mamma, perchè non lo adottiamo noi. Io non ho un nonno e lui non ha una casa ed è solo al mondo. Potrebbe accompagnarmi a scuola, aiutarmi nei compiti, stare con noi in famiglia, ed io avrei finalmente il Mio Nonno e ne sarei tanto felice. Tu non sai mamma, ma è una persona tanto gentile e paziente.> Forse solo ora che era diventata una donna adulta poteva rendersi conto della portata di una simile richiesta, fatta da una bambina sprovveduta, mossa da un candido sentimento .I suoi genitori erano persone stupende, generose e comprensive tanto che a quella richiesta vollero pensarci sopra e considerarla. Quella sera nella sua cameretta, osservava oltre il vetro della finestra le luci della città che si fondevano con quelle delle automobili creando un lungo fiume rosso. Nel cielo il buio freddo faceva sembrare tutto di cristallo.
Nell’ anima le frullavano emozioni che non sapeva codificare. Una strana agitazione la invadeva tutta.
Con quella richiesta, avevo posto i genitori davanti ad una scelta non indifferente e assai impegnativa. A scuola spesso aveva sentito parlare della possibilità di adottare un nonno, ma mai avrebbe pensato che la sorte gliela proponesse. Più che mai ora sperava che questo desiderio si avverasse, come nelle belle storie. Sentiva nel cuore bambino di potersi fidare di Tarcisio. Le giornate ripreseso la loro consuetudine. C’ erano le vacanze di Natale e quindi le trascorreva giocando o andando in giro con i genitori. Il vecchietto era sempre nel suo pensiero, chiedendosi se stesse bene, dove fosse, cosa facesse. Era troppo piccola per agire da sola. La sera della vigilia di Natale, la madre era indaffarata ad apparecchiare la tavola per la cena .Luigina s’ accorse che stava mettendo un coperto in più.
La curiosità la spinse a chiedere per chi mai fosse. Sarà una sorpresa,, fu la risposta che ottenne. Squillò il campanello di casa .Gli zii erano arrivati portandosi dietro un po’ dell’ alito dell’ Inverno permeato di Vigilia.
L’ abete illuminato nell’ angolo con sotto il Presepe, ricordava l’ arrivo della Natività.Intorno odore di festa, di magia, ma per la prima volta nella sua vita non ero catturata da essa. Seduta accanto all’ albero, pensava a quel caro vecchietto che le mancava tanto. Si sentiva osservata per lo strano e diverso comportamento, ma nessuno diceva niente. Verso le ventidue squillò nuovamente il campanello di casa. Trasalì, provando uno strano timore. Il papà andò ad aprire la porta e nel mezzo di essa apparve Tarcisio. Indossava abiti consò ni per la serata gelida, sbarbato e pulito il suo aspetto era decisamente migliorato. Teveva in mano un mazzolino di vischio legato con un nastrino rosso. La bambina stava immobile, tanta era l’ emozione di quegli istanti. Non poteva crederci, sembrava una situazione surreale. Con il cuore che faceva le capriole, lentamente, si avvicinò al vecchio, gli prese la mano che tremava, non dal freddo, anche se fuori ce n’ era parecchio. Poi, il carattere positivo e sognatore prevalse sulla timidezza momentanea per quell’ incontro inaspettato, ma così desiderato .Lo tempestò di domande alle quali egli cercava con gentilezza di rispondere. Per un attimo le venne di guardare i presenti e li vide tutti sorridenti e tranquilli, così lo accompagnò a sedersi a tavola vicino a lei. Ora tutto aveva ripreso l’ incanto del Natale, le sembrò di vivere in una favola a lieto fine. Tarcisio era il Babbo Natale che per una volta riusciva a vedere. Fu per Luigina un festività meravigliosa e indimenticabile.
Trascorseo quella Vigilia tra sorrisi, con una felicità autentica che s’ era accostata, come un angelo, accanto ad ognuno dei presenti. Quella notte nasceva Gesù e nella loro famiglia una nuova presenza, avrebbe segnato il futuro cammino nel segno della cristianità.
Da quel giorno la bambina, non fu più la stessa. Sentiva d’ essere capace di cogliere aspetti della vita che prima non avrebbe mai notato. Era cresciuta dentro.
Diciamo solo che i genitori riuscirono a mettere le cose in modo tale che Tarciso accettò l’ idea di andare a vivere da loro e di occuparsi un po’ di Luigina durante il giorno. Gli affidarono la stanzetta che avevano come studiolo e la attrezzarono per farlo vivere meglio possibile.
Si dimostrò immediatamente un anziano di grande saggezza e discrezione. Lo dimostrò per tutto il tempo che rimase con loro .Luigina lo chiamava nonno e lui la portava a spasso e le insegnava tante cose. Era sempre attento a tutto ciò che lo circondava, amante della natura e rispettoso degli altri.
Con lui imparò a costruire l’ aquilone che poi andavano a provare nel parco, ad andare in bicicletta, a seminare le piantine e ad osservare le stagioni con il loro bagaglio di meraviglie da scoprire e assaporare. Tra quell’ anziano e la bambina si instaurò una autentica simbiosi di vita quotidiana e di affetti. Grazie a questo incontro Luigina potè scoprire la vecchiaia per mezzo di una conoscenza quotidiana. Si rivelò un’ esperienza con la quale la ragazzina imparò certamente ad essere da grande una persona senza pregiudizi, ma tollerante e comprensiva. La bambina d’ allora, sentiva che non le bastava solo l’ affetto dei genitori.
Gli volle veramente bene, anche se non c’ erano legami di sangue. Quello era diventato suo nonno a tutti gli effetti e ne andò fiera. Tutta la famiglia lo accolse stimandolo e coccolandolo per quello che si potè. Se ne andò dopo sei anni serenamente .Si spense una notte di Settembre nel suo letto. A quel tempo, di anni, Luigina ne aveva quindici ed era diventata una bella e saggia adolescente. Tra le cose che Tarcisio salvava nel cassetto, trovò delle frasi scritte su di un foglietto assieme ad alcune foto .Riguardavano proprio lei ed alla situazione della rigenerata esistenza con la sua famiglia. Luigina le conserva ancora oggi come un piccolo tesoro.
Così dicevano:< Avevo le labbra serrate dal collante del dolore, non ricordavo più la benefica sensazione del sorridere ed un pomeriggio, tu, smarrita farfalla nel tempo d’ Autunno, ti sei poggiata sul mio cuore. Lentamente sono rinato come la Primavera lo fa dopo l’ Inverno che rende tutto così arido. Ho ritrovato uno scopo per vivere,, perchè esso altro non è che sapere di essere importanti per qualcuno. Mi sono appeso a te come ad un ultimo raggio di sole, disperdendo nei giorni, sempre più i miei affanni. Piccola e dolce bambina, nella tua splendida innocenza mi hai scelto per proseguire sulla tua strada suggerita dal cuore, l’ unica che non inganna e che conduce alla autentica produttiva felicità.>