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I figli del vento

Sociale e Cronaca

“ Mastica lentamente. Non c’è nessuna fretta.”

Morena continua a tagliare la fettina di petto di pollo e intanto controlla i movimenti della bocca di Vito, che la guarda con il suoi occhioni neri, da sotto in su, imbronciato. “ Quando torna papà?” chiede, come se aspettasse il suo liberatore.

Morena cerca di sorridere, ma è fuori di dubbio che l’ assenza di Placido si avverta soprattutto di sera a cena, l’ unico momento della giornata in cui lui può dedicarsi ai figli e a lei.

“ Tornerà presto, ma solo se saprà che hai mangiato tutto. E ti porterà altri due dinosauri.” E gli passa una mano tra i riccioli per rassicurarlo.

Vito non sembra affatto convinto della risposta di sua madre. “ Non i dinosauri, ma i tirannosauri ed i brontosauri; tu non ne capisci come papà” replica masticando controvoglia “ E poi non è vero che tornerà tanto presto, né che gli importi se mangio oppure no” e questo pensiero lo fa arrabbiare tanto che sputa il boccone nel piatto.

Morena lo guarda irritata e fa per tirargli una sberla, ma ferma la mano proprio ad un millimetro dalla piccola guancia di Vito che continua a fissarla con un’ espressione provocatoria.

“ Insomma hai deciso proprio di farmi arrabbiare?”

Morena è ancora troppo giovane per essere autorevole con i figli. Non almeno come lo è Placido.

Vito non risponde, gli basta aver ottenuto quella sua piccola rivalsa. Afferra uno dei suoi mostriciattoli di plastica, che ha allineato sulla tovaglia accanto al bicchiere. “ King Kong verrà stanotte nella tua stanza e ti metterà paura… ma non ti verrò a salvare” dice serio rivolto alla madre.

“ Va bene… me la caverò da sola” e intanto con la forchetta cerca di infilargli in bocca un altro pezzetto di carne, ma Vito volta la faccia dall’ altra parte “ Non mi piace…è dura. E poi tu la cucini male. Papà invece…”

“ Papà invece cosa? Quando mai ti ha cotto la carne?” “ D’ estate, quando facciamo il barbecue in giardino. La mangio sempre la bistecca e non questa schifezza di pollo!” Morena perde la pazienza e gli molla uno schiaffo, poi lo guarda mentre Vito, rosso per la botta e per la rabbia, sta per scendere dalla sedia e scappare via. “ Eh, no! Tu da qui non ti muovi, capito? Mangi tutto senza fiatare e soprattutto senza più dire certe parolacce. E stasera niente cartoni!”

E’ davvero arrabbiata, ma sa che la sua stizza nasce anche dal fatto che Placido manca da casa da più di una settimana.

Quel suo maledetto impegno politico! Come se non gli bastassero il corso di biotecnologie al centro universitario e il laboratorio di analisi, che gli serve anche come copertura per la sua attività clandestina. Ma Placido è fatto così, tenero e forte, con quella sua fede incrollabile, un po’ della quale ha assorbito anche lei, Morena, ma forse solo perché lo ama alla follia.

Vito rimasto seduto, ha afferrato tutti i suoi pupazzi e la guarda come chi ha dichiarato guerra eterna. “ Sai una cosa? Quando nascerà quella stupida bambina che hai in pancia, le insegnerò a sputare la carne nel piatto come faccio io.” Morena è rimasta ferma con la forchetta a mezz’ aria; lo guarda e, dopo un lunghissimo minuto di serietà cupa, scoppia in una risata, immaginando Vito e la piccola nascitura mentre sputano bocconi di pollo nei loro piatti. L’ idea l’è sembrata comica e quella risata scioglie anche il risentimento di Vito, che però non vuole assecondare la madre e non intende arrendersi subito. Cambia espressione, non più ingrugnito, come fino a poco prima. “ Perché ridi? Non credi che lo farò?”

La sua è davvero una domanda, perché gli è sorto il dubbio che sua madre lo voglia sfidare.

“ Lo credo, perché tu sei un vero guerriero…” risponde sorridendo Morena, risistemandosi la treccia che supera il suo ombelico “ e la tua sorellina sarà forte come te…”

Vito sembra soddisfatto della risposta e, senza rendersene conto, o forse per mostrare la sua fierezza da guerriero, apre la bocca e accoglie il boccone che Morena gli porge.

“ Saremo una grande squadra insieme a papà” aggiunge masticando, questa volta di gusto, all’ idea di essere un giorno il fedele alleato di suo padre. Morena sorride annuendo; nello specchio del soggiorno si riflette la sua immagine di fresca giovinezza, il suo volto dai lineamenti perfetti, le sue labbra naturalmente rosse e carnose, i suoi occhi grigi dalle lunghe ciglia ricurve. Nel suo ventre avverte con gioia una specie di sussulto, come se la piccola, che è dentro di lei da cinque mesi, avesse ascoltato e dato il suo segnale.

“ Senti, Vito, metti la tua mano sulla mia pancia. E’ Amina che vuole salutarti.” Quindi si scopre e il piccolo allunga la mano e le fa un carezza. Morena si sente tanto felice per quella vita che le cresce dentro ed ha già scelto il nome, da sola, senza dirlo ancora a Placido.

“ Amore, ti ricordi, vero, perché lei si chiamerà Amina?” chiede a Vito che annuisce continuando a masticare alacremente altri bocconi.

“ Significa fedele” prosegue Morena “ fedele al nostro Dio innanzitutto e poi fedele alla sua famiglia, a suo marito…” Vito scoppia a ridere. “ Ma che dici mamma? Amina dovrà prima crescere tanto… Mi sposerò io per primo, vero?” Morena sorride annuendo, anche se un’ ombra improvvisa sembra passarle davanti agli occhi, un pensiero, o forse un’ oscura premonizione, che lei subito rimuove.

La prima delle sue figlie è nel caldo della sua pancia e resterà protetta fino alla nascita, tra quattro mesi. Placido ha trent’ anni e vuole altri figli, maschi possibilmente; finora ne ha fatti nascere quattro. Ne avrà da Morena, che ha solo ventidue anni, e se Dio vorrà, sarà in grado di partorire tanti figli; ne avrà anche da altre donne, come è già successo, lasciando che il suo seme cresca e poi germogli come una pianta. E’ l’ immagine della Vita che più gli è congeniale e che vuole trasmettere a tutti i suoi figli.

Amina è stata concepita la sera che Morena era andata a trovare Placido, nascosto in uno scantinato alla periferia di Cordoba.

Aveva lasciato Vito e Sami a dormire da Gracia, la loro vicina. Hugo lo aveva portato con sé, perché lo allattava ogni tre ore. Era troppo tempo che non faceva l’ amore con Placido, che da cinque mesi era latitante e cambiava continuamente rifugio.

Troppo pericoloso nei primi tempi comunicare con lui.

In genere era Placido che cercava di farle avere sue notizie, senza passare per il telefono né via e mail. Amici o amiche del gruppo le lasciavano un segnale in codice nella chiesa di San Michele, oppure in un pub di Plaza de Las Tendillas, un posto molto frequentato, dove era difficile essere controllati. Quella sera, dopo aver nutrito il piccolo Hugo, si era infilata nuda nel sacco a pelo di Placido.

“ Che intenzioni ha questa micia pelosa?” le aveva chiesto lui cominciando a baciarla sul collo e dietro le orecchie.

“ Questa volta sarà una bambina, me lo sento. Placido, mi sei mancato da morire!” Lei provava i soliti brividi e inarcò la schiena magra.

“ Non ti basta il da fare che ti danno tre maschi? La verità, Morena, è che da quando ci conosciamo non facciamo altro che scopare” rispose lui

“ E fare bambini…” aggiunse lei spegnendo la luce.

Fecero l’ amore tre volte quella notte e fu bellissimo scoprire il mese dopo di essere incinta.

Tre figli in tre anni: solo poche donne speciali vivono la maternità così gioiosamente e Morena ne è consapevole e fiera; ama tantissimo Placido ed insieme a lui ha deciso di accettare anche la sua fede, condividendo le sue certezze.

Per la vita che lui ha scelto, avere molti figli è un modo per mettere radici profonde nella ‘ causa’ della rivoluzione; Morena vuole partecipare come compagna e madre, condividere tutto, vivere respirando lo stesso respiro del suo uomo: lui, lei e tutti i figli che verranno, che Dio manderà.

Vito era nato a Valencia, dalla storia di Placido con Gabriela, una donna del suo gruppo, che morì in un attentato suicida a Santander, quando il piccolo aveva solo otto mesi.

Placido, temendo di essere ricercato, prima di partire lasciò il bambino da sua madre e si rifugiò a Cordoba, ospite di una sua lontana cugina, Angelita, vedova di un altro ‘ vento di dio’, che viveva sola e aveva il doppio degli anni di Placido. Lui non era il tipo che potesse stare senza una donna, non amava Angelita però gli piaceva dormire con lei, quindi ci fece l’ amore da subito e Angelita a quarantasei anni rimase incinta. Prima che nascesse il bambino, una sera per caso Placido era capitato insieme a due amici nel pub di Plaza de Las Tendillas, il locale dove lavorava Morena, che quando portò al loro tavolo le consumazioni, si accorse dello sguardo di Placido. “ Señ orita le gusta bailar?”

Morena aveva annuito sorridendo, e lui aveva capito che ci stava, anche subito e allora si alzò dicendo che andava alla toilette, invece la trovò nel retro che stava sistemando lattine di birra e le si avvicinò per accarezzarle il viso; senza dirsi nulla, cominciarono a baciarsi con passione, mentre lui aveva proprio voglia di farci l’ amore, anche lì in piedi contro il muro del piccolo deposito, rischiando di farsi scoprire dal padrone.

Continuarono a vedersi, anche se Placido viveva a casa di Angelita e ancora dormiva insieme a lei: non l’ avrebbe mai lasciata se non dopo la nascita del bambino, un maschio che lui volle chiamare Leon; poi prese la sua decisione di andare a vivere con Morena che era già incinta di Sami. Affittò un mezzanino vicino alla piazza del mercato e andò a riprendersi il suo piccolo Vito, che aveva compiuto due anni e stava ancora a Valencia con la nonna. Appena lo portò a casa gli disse sorridendo: “ La tua mamma è tornata e tra poco avrai anche un fratellino.” Morena abbracciò il piccolo come se fosse sempre stato il suo bambino e Placido, quasi per rassicurarla e rendere ancor più forte il loro legame, promise a Morena che Vito mai avrebbe saputo di Gabriela. “ Lui è nostro figlio, ok?”

Morena pensa ed ha sempre creduto che Placido si comporti come il migliore dei padri: va ancora a prendersi Leon, tutte le volte che può, anche se ora Angelita vive insieme a Bastian, un amico di Placido e un brav’ uomo, che vuol bene a Leon come fosse suo.

Il gruppo di Placido sta organizzando qualcosa, li aveva sentiti parlare a bassa voce quando si erano riuniti nella stanza da pranzo e Placido l’ aveva allontanata con una scusa. “ Bada ai bambini. Hugo ancora non dorme, forse ha mal di pancia.” Morena poi si era nascosta dietro la porta e aveva ascoltato, finché le ginocchia iniziarono a tremarle.

“ Ora tocca a te Placido” aveva detto Ignacio “ sei un buon padre, lo sappiamo. Se sarai anche veloce al punto giusto, non avrai niente da temere. A te la scelta.” Poi se n’ erano andati, lasciando la stanza invasa dal fumo delle loro sigarette.

Morena sta sparecchiando, mentre Vito continua a giocare sul tappeto con i suoi pupazzi mostri. “ Arrenditi, bastardo! Ormai sei sotto tiro. Recita la tua preghiera al tuo Dio…” e si rivolge a Morena “ Mamma qual è il dio di King Kong?”

“ Non credo che ne abbia uno. Adesso è ora di andare a dormire” risponde lei, cominciando a togliergli i vestiti.

“ Ma che dici?” insiste serio Vito “ Tutti gli esseri viventi hanno il loro Dio. Me lo ha detto papà…”

Morena sorride. “ Ha ragione papà, sarà così. Ho detto una sciocchezza. Ora però infilati il pigiamone, mentre vado a controllare che Sami ed Hugo stiano dormendo.” Entra nella camera da letto, si avvicina alle culle dove i suoi piccoli amori dormono affiancati; Sami ha quindici mesi, Hugo otto e sembra vicino al risveglio per la poppata.

Morena di sera li attacca entrambi al suo seno, anche ora che è incinta; Hugo è vorace e succhia fino a saziarsi, Sami nel dormiveglia si avventa sul capezzolo avidamente, capace di trovare le ultime gocce di latte, svuotandola completamente, fin quando, sfinito in quella ricerca, si addormenta felice e Morena con lui.

“ Allora buonanotte, mia preda” Vito è corso da lei con il pupazzo di King Kong; Morena lo bacia e poi lo prende in braccio per posarlo nel suo lettino, che è proprio accanto a quello di Hugo, dalla parte sinistra della stanza, vicino alla finestra. Fuori c’è una luna piena che illumina la stanza più della lampadina sul comodino.

Morena spegne la luce e prende tra le braccia il piccolo Hugo, poi si toglie la maglietta e lo avvicina al suo seno destro; Vito nel buio continua a giocare con i suoi pupazzetti, ma si capisce che sta per crollare nel sonno. Il piccolo Hugo, già famelico, si attacca subito al capezzolo duro e sporgente; Morena sente il vigore di quel succhiare fin dentro le sue viscere e intanto prende in braccio Sami, che dormendo comincia a succhiargli l’ altro seno.

Le manca tanto Placido, specialmente a quell’ ora; accarezza e bacia i suoi piccoli e poi, quasi per consolarsi, sistema un cuscino tra le cosce nude e, cullando i suoi figli, sente il cuscino che delicatamente le struscia la sua ‘ micia pelosa’ e si lascia sfuggire qualche piccolo gemito di piacere, pensando che anche Amina dentro la sua pancia si stia divertendo un mondo con quelle morbide carezze, mentre Vito, che ancora non dorme, le dice senza capire “ Te l’ avevo detto che questo mostro stanotte ti avrebbe fatto paura…”

Sami ed Hugo succhiando non hanno mai smesso di dormire; Morena è stanchissima e neppure si accorge di addormentarsi esausta con i due piccoli accanto.

Sono passate tre ore e più quando riapre gli occhi. La casa è tutta al buio; Morena nel dormiveglia allunga la mano verso la culla di Hugo e non lo trova.

Fa un balzo ed è in piedi, accende la luce della lampadina sul piccolo comodino, vede le due culle vuote, vuoto il lettino di Vito e comincia a chiamare, a bassa voce: “ Dove sei Vito? Tesoro, dove ti sei nascosto? Dove hai portato Sami ed Hugo? Se esci subito, ti prometto che non ti sculaccio. Dai, esci, non farmi arrabbiare.”

Ma il silenzio è assordante e questo non è un buon segno. Morena inizia ad andare in ansia, li cerca dappertutto, aprendo armadi, guardando e riguardando sotto i letti: nessuna traccia dei suoi figli e poi si ricorda di aver lasciato accesa, come al solito, la luce in cucina, ed ora invece è spenta. Arriva alla porta d’ ingresso, chiusa, ma non trova la sua chiave, perciò qualcuno è entrato di nascosto e ha portato via i bambini. Ma chi può averlo fatto? Controlla le finestre, tutte chiuse, poi torna a guardare la porta: chi poteva entrare con le chiavi e senza fare rumore, se non Placido?

E l’ avrebbe fatto senza svegliarla, lasciandola lì, sola, senza neppure un bacio? Era un pensiero orribile per Morena, un’ idea che non poteva accettare.

Si butta per terra e comincia a piangere. “ Ridatemi i miei figli! Voglio i miei figli, subito!” Non può aprire la porta, non trova le sue chiavi e allora comincia a battere i pugni, a fare un gran rumore gridando: “ Voglio i miei figli! Qualcuno mi aiuti!”

Nella palazzina a due piani, oltre che Morena, ci abita solo Dominga, un’ anziana che sta al primo piano, sola e semi paralitica, che la sente, si butta addosso la vestaglia e a fatica si trascina fin sul ballatoio. “ Morena,” chiama più volte, “ che ti succede? Non ti senti bene? Hai bevuto anche stasera?”

Morena continua a urlare ossessivamente “ Voglio i miei figli! Non potete prenderli! Vi uccido con le mie mani!”

Dominga nelle sue condizioni non avrebbe potuto scendere le due rampe di scale, quindi si attacca al telefono e chiama la Guardia Civil. “ Venite, per favore, c’è una donna al piano di sotto che urla, forse è ubriaca… Insomma io sono paralitica, non posso scendere a vedere e ho paura…”

Le chiedono l’ indirizzo e le promettono che di lì a poco avrebbero mandato una squadra.

Sono le tre e mezza e al telefono della Guardia Civil arriva un’ altra telefonata. “ Presto correte, è scoppiata una bomba al Ghetto” Partono le volanti, le ambulanze, i vigili del fuoco e arrivano alla porta Almodovar, dove c’è fumo e fuoco.

E’ una strage. I terminal digitano la notizia e cominciano ad accorrere le tv; in mezz’ ora tutta Cordova è sveglia e atterrita.

E’ ancora presto per fare bilanci di vittime.

Dominga, che non riesce più a prendere sonno, sente ancora le urla di Morena, accende la tv che sta trasmettendo in diretta l’ edizione speciale, vede le prime immagini della tragedia.

“ Con quello che sta succedendo, a Morena non pensano più.” Dominga è affranta e si trascina di nuovo sul ballatoio gridando verso il piano di sotto: “ Morena, c’è stata una bomba al Ghetto. Resta buona, piccola, cerca di riposare.”

Poi torna in casa, si siede sulla sedia e continua a seguire la trasmissione ripensando a quanto era successo solo l’ anno prima, quando Morena era venuta ad abitare lì da sola con i suoi tre figli piccoli. Il suo compagno, dicevano tutti, era un tipo pericoloso, uno che aveva militato nell’ ETA, e poi era passato con la jihad.

Lei, Dominga, non l’ aveva mai visto di persona, ma solo in fotografia sui giornali, dopo l’ attentato a Burgos.

Morena diceva di aver avuto tre figli con lui, ma era una che beveva parecchio, un’ alcolizzata, che usciva di sera e lasciava i figli da soli per andare al bar a prostituirsi e a scolarsi chissà quante birre.

Finchè una sera, al ritorno a casa, non trovò più i bambini. Non si seppe chi li avesse rubati, ma forse era venuto quel tale, Placido, il talebano, a prenderseli. Infondo, aveva pensato Dominga, non era stata una cattiva idea quella di toglierli ad una madre puttana ed alcolizzata.

Da quel giorno Morena, che continua a fare la solita vita, spesso in piena notte si mette a urlare che rivuole i figli, che qualcuno li ha rapiti.

Ora che ha sentito le parole di Dominga, per un momento si placa e si ricorda che c’è un mazzo di chiavi di casa nell’ armadietto della cucina. Non ricorda di avercelo messo lei stessa, come fa di solito quando torna a casa dal pub, e si mette a guardare le scatolette di latte in polvere che conserva nella dispensa, quello che preparava per Sami e Vito. Trova le chiavi, le prende, apre la porta ed esce sul ballatoio per rispondere alla sua vicina. “ Ehi, Dominga, vecchia rincitrullita, che cazzo dici? Chi se ne frega del ghetto. Per me potrebbero bruciare tutti quelli che ci abitano. Io sono la moglie di un eroe e la madre di due venti di dio. Lo sai, vecchia puttana?”

Placido. Ma sì, è stato lui, è tornato, mentre lei dormiva e ha preso i loro figli. “ Ora nascondili, amore mio… io non parlo, non ti tradirei mai… I nostri bambini, protetti da Allah, stanno bene, lo so.”

Morena sembra calmarsi balbettando quelle frasi a se stessa e torna in camera da letto, spegne la luce e inizia ad accarezzarsi il ventre turgido. Amina si muove dentro di lei, scalcia. “ Dormi, piccola mia. I tuoi fratellini sono al sicuro con il tuo papà, che presto tornerà qui per te e per la sua micia pelosa. E’ tutto a posto.”


Bianca M Sarlo 14/05/2016 10:26 1086

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Ci sono storie che sembrano inverosimili, ma le emozioni non lo sono quasi mai.»

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Il primo racconto pubblicato:
 
Calpestata (19/03/2014)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
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