Da qualche giorno era entrato nel calendario l'inverno. Il Natale era alle porte, il bosco splendeva di candidi cristalli e molti degli animali che lo popolavano erano andati in letargo. Per quelli che invece sarebbero dovuti sopravvivere al gelido inverno fuori dalle tane, la vita si faceva sempre più dura. Il cibo era scarso ed essi passavano molte ore del giorno a racimolare qualche bacca, qualche radice, o quant'altro si trovasse nel bosco coperto dal gelo. I più fortunati erano gli animali domestici, cani e gatti, conigli, galline e qualche specie di uccello, quelli insomma, che venivano considerati animali da compagnia e che vivevano nelle famiglie di adozione essendo di grande conforto ai bambini, alle persone sole, ma anche a quelli che per sensibilità e amore riuscivano a capire quanta dedizione sapevano dare a chi mostrava loro un po' d'affetto.
Era il ventiquattro dicembre, vigilia di Natale e un'aria gioiosa si respirava tra gli abeti e dentro tutto il bosco.
Tutto era stato predisposto per il concerto di Natale. Gli elfi chiamarono tutte le creature sveglie per annunciare loro dell'avvenimento che si sarebbe svolto quella sera per festeggiare due grandi eventi: la nascita di Gesù, e il ringraziamento a madre terra, perché dava a tutti gli esseri viventi la possibilità della vita.
Sotto un grosso albero al centro di una distesa verde, tra piccoli stagni e paludi, tra folte querce secolari e siepi di ginepro, si ergeva come un gigante buono un abete. Le sue foglie restavano sempre verdi e per l'occasione i piccoli elfi e le fate, lo avevano decorato con bacche rosse che brillavano tra i sottili fili del ghiaccio che si era posato sui rami e che all'imbrunire brillava come diamante.
Gli animali stavano preparando il palcoscenico e i costumi, i quali per l'occasione erano di un rosso fuoco con bordi e cappucci dorati. Gli strumenti erano posati in un angolo sopra la parte più morbida che circondavo il palco e giacevano a terra quasi come fossero esseri animati pronti a prendere il volo e diffondere nell'aria la loro musica divina.
Qualche spettatore iniziava ad arrivare per prendere il posto più comodo, dove la visuale sarebbe stata perfetta e l'ascolto della musica incantevole.
Iniziarono ad arrivare le pecore che sedettero una di fianco all'altra ed essendo coperte di lana sopportavano molto bene il freddo.
Poi giunsero le volpi, le lepri, le capre, le galline accompagnate da un vispo gallo considerato il re del pollaio, che incedeva orgoglioso di trovarsi tra tante vispe compagne.
Vi erano alcuni passeri infreddoliti e un po' affamati. I cerbiatti agili e fieri, si misero da un lato pronti a riprendere la via del bosco non appena il concerto fosse finito. Le cornacchie sostavano sui rami ed accennavano un coro quasi in sordina. Il compositore della musica che avrebbero eseguito, Antonio Vivaldi, aveva voluto dedicare all'inverno quella musica che, nella prima parte, esprimeva toni lenti e pastorali, suonati dagli strumenti quasi in sordina, come se la silenziosa natura invernale non volesse turbare il sonno di tutte le creature che andavano in letargo: quel silenzio pareva proteggere gli altri rimasti svegli, che erano costretti a rientrare nelle loro tane, negli ovili, dentro i tronchi degli alberi o nei loro nidi, per proteggersi dal freddo pungente, appena il sole iniziava a calare dietro i monti.
Cani e gatti si erano recati disciplinati e senza litigare fra loro, perché vivendo quasi tutti a contatto con gli umani avevano appreso da loro alcune regole per un buon ascolto della musica, che vuole soprattutto il silenzio.
Erano giunti tutti gli elfi musicanti ed il direttore d'orchestra Elfo Diretto, salito sul podio, prima di iniziare il concerto, parlò agli spettatori.
Con voce emozionata disse:
“Grazie cari amici di essere venuti ad assistere a questo concerto che l'autore ha voluto dedicare all'inverno. Il concerto è in Fa minore e se ascolterete la musica con attenzione, tra le note potrete percepire: nella prima parte, la voce del vento che soffia impietoso”.
“Nella seconda parte – continuò Elfo Diretto – il rumore lento della pioggia, simbolo di vita.
Nella terza, invece, il ritmo è quasi allegro e festoso perché annuncia il Natale e la bella stagione che cova sotto la neve. La Primavera.”
Ma prima di iniziare, Fata Saffo vi farà ascoltare la poesia che ha composto per noi e che è dedicata all'inverno. Leggerà questi versi che predisporranno i nostri animi all'ascolto della musica, che della poesia è sorella.
La fata entrò con la leggerezza di una nuvola avvolta nel suo candido abito e le ali di cristallo azzurro, che brillavano nella sera come fossero pietre preziose. Poi con voce tremante per l'emozione, iniziò a leggere:
Giovane inverno
E' l'inverno una stagione, dove alita spesso gelo e neve.
Si piegano i rami
disadorni, e una
fiammella vibra
nella sera.
Sembra di vetro
il tempo, non si ode
più alcun canto, solo un ruscello,
mormora il suo
pianto.
Scorre in cielo
una nuvola lasciando uno
spazio d'azzurro.
Il lago immoto,
raggela il pianto
di un piccolo
leprotto che dentro
è caduto.
Veloci accorrono,
i lupi coraggio, che
portano il piccolo
in salvo.
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Appena la fata finì di leggere quei dolci versi, i musicisti presero posto sul palco. Un silenzio ovattato regnava sovrano, dentro quel bosco stretto in una morsa di ghiaccio.
Il maestro Elfo Diretto sollevò nell'aria la sua bacchetta magica ed una musica dolcissima si levò facendo vibrare i rami spogli degli alberi, i cespugli di agrifoglio stracolmi di bacche rosse che spiccavano sul bianco del gelo. Era come se il vento sottile penetrasse fra i rami, tra l'erba morta per ridarle la vita. Ma come si sa, in inverno, la morte è solo apparente perché dentro la natura assopita, sotto il gelo, la terra, conserva i semi per farli sbocciare appena si annuncia la Primavera, gli alberi tengono chiuse tra i loro rami, le gemme che rifioriranno al primo tiepido sole.
I musicisti avevano gli strumenti in mano e attendevano che Maestro Elfo Diretto, desse l'ordine per iniziare il concerto. Ma improvvisamente, si sentì un mormorio tra gli animali ed una pecora ruppe la fila tentando di scappare. Dietro di lei, infatti, aveva preso posto un branco di lupi.
Fra gli animali si stava diffondendo un vero e proprio terrore, ma Elfo Diretto essendosi accorto di ciò che stava succedendo, da sopra il palco si schiarì la voce e parlò con tono suadente:
“Amici”, disse, “Questa sera, tra tutti gli abitanti del bosco, è stato firmato un patto di pace. Domani è Natale e questa notte si festeggia la nascita del Redentore, non sono permessi agguati di nessun genere. Il Natale è la festa della pace e tutti noi dopo il concerto, ci uniremo in una preghiera di ringraziamento per tutto quello che ci viene offerto dalla natura. Anche i lupi hanno diritto di vivere e non sono creature malvagie. A volte la lotta per la sopravvivenza è una lotta crudele, ma la loro natura non è violenta, lo possiamo vedere da quanta tenerezza dimostrano nell'accudimento delle loro creature, quanto impegno dimostrano nell'educarli in un ambiente a volte ostile. Loro vogliono ascoltare come voi, la dolce musica di Vivaldi e gioire per tutto quanto possono condividere con gli altri. Nessuno di loro farà del male se non verrà costretto a difendersi.
Quindi godiamoci tutti insieme, questa serata che pare ci voglia fare omaggio anche della candida neve.”
Tutti tornarono ai loro posti rassicurati ma improvvisamente ancora una volta, nel silenzio della notte si udì un lamento. Gli animali si alzarono tutti e in un subbuglio corsero verso il piccolo lago poco distante da dove giungeva quella voce lamentosa. Appena furono vicini si accorsero di un piccolo leprotto che era rimasto intrappolato nel ghiaccio: Una lepre presente fra gli ascoltatori riconobbe il suo piccolo e si mise a piangere disperata mentre ripeteva: “Lo avevo lasciato che dormiva...”
Fu allora che i lupi presenti si consultarono fra di loro e quando mamma lepre voleva entrare nel lago rischiando di sprofondare anche lei nel ghiaccio, il capo branco dei lupi la fermò dicendole: “ Non devi entrare, rischieresti anche tu di morire senza prima aver salvato il tuo piccolo”.
Ed in un baleno i lupi fecero una cordata prendendo ciascuno in bocca la coda di quello davanti ed uno dei lupi, il più coraggioso, entrò nel lago strisciando leggero sul ghiaccio, mentre gli altri stavano ancorati il più possibile con le zampe sulla terra. Il lupo Coraggio, raggiunse finalmente il piccolo e lo strinse fra i denti cercando di non fargli male. Piano, piano i lupi iniziarono a retrocedere senza mai lasciare
le code dei compagni e dopo qualche minuto il leprotto fu portato in salvo.
Quando il lupo lo posò a terra però, il piccolo era quasi congelato per il freddo. Il suo morbido pelo, infatti era inzuppato di acqua che gli si congelava addosso. Le pecore si fecero spazio e si offrirono di scaldare il piccolo dentro i loro manti di lana. Iniziarono così a turno a strofinare il leprotto, mentre le volpi soffiavano sul piccolo per aiutarlo ad asciugarsi. Dopo qualche tempo, l'imprudente leprotto, iniziò a riprendersi e sollevando il capo, si guardò attorno e rivolgendosi alla madre esclamò:
“Mamma, ho fame!”
Vi fu un mormorio di sollievo generale e tutti si misero a danzare felici.
Nel frattempo era giunto sul posto anche Elfo Perfetto con la sua valigetta colma di rimedi e dopo aver visitato il piccolo, rivolgendosi alla madre le disse:
“E' vispo e pare tutto normale, ma dato che ha preso molto freddo, potrebbe aver bisogno di questa medicina, se domani dovesse accusare sintomi di raffreddore è meglio dargli questa pozione, che lo rimetterà subito a posto”.
Tutti iniziarono a congratularsi con i lupi che avevano dimostrato di possedere generosità e coraggio, e con Elfo Perfetto, sempre pronto a dare il suo aiuto a quelli che soffrivano.
Mamma lepre prese il suo piccolo, lo strinse a sé e poi lo invitò a succhiare il latte caldo dalle sue mammelle.
Elfo Diretto ringraziò dal palco i lupi per il loro coraggio, e la musica ebbe inizio.
Gli strumenti vibrarono nell'aria e le note si unirono in una specie di danza abbracciando la pioggia che poco dopo si tramutò in candidi fiocchi, che spinti dal soffio del vento, volavano come candide farfalle.
Il maestro salutò i presenti e disse:
“Cari amici e compagni di avventure, noi che viviamo all'interno di questa natura bella e misteriosa, in questo periodo dell'anno così difficile, in quanto il cibo scarseggia, le tane sono fredde, dobbiamo essere solidali gli uni con gli altri ed aiutarci, solo così riusciremo a superare l'inverno. Ma quando si annuncerà la primavera, ci ritroveremo ancora qui per dare il benvenuto alla nuova stagione con il concerto di primavera”.
Ora auguro a tutti un felice Natale e ricordate le mie parole!”
Era mezzanotte e le campane iniziarono a suonare a festa, nel bosco in mezzo agli alberi coperti di neve, risuonò il fruscio del vento fra gli alberi, cullando il sonno degli animali in letargo e di quelli che si avviavano verso le loro tane, con nei cuori la dolcezza della musica e del Natale.