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Era un giorno qualunque, uno di quelli dove il mattino inizia già dal primo respiro. Ed era un giorno dove ogni cosa era rimasta la, dove l'avevo sempre lasciata. I soliti movimenti rapivano i miei pensieri, ero come un automa che assolveva ai suoi compiti, che "faceva" solo perchè era giusto fare, o almeno così poteva sembrare. Ma in quella mattina c'era qualcosa di diverso. Mi resi conto presto, che il giorno aveva avuto il suo nascere, l'aria era fresca e già potevo percepire le gocce di rugiada, della prima rugiada del mattino, che scivolavano sul viso, tardivamente assonnato. Le stelle stavano perdendo la loro luce per lasciare il posto ad un sole che nasceva imponente. Gli occhi non sapevano cosa guardare e la mente era invasa da una miriade di questioni irrisolte che sembravano come sempre non trovare la loro giusta collocazione. Avrei dovuto iniziare la giornata come sempre, ma improvvisamente il buio. Non vedevo più nulla. Le ombre che aleggiavano nella mia mente avevano preso il sopravvento su tutto, non c'era più luce, solo il buio, un buio strano, ambiguo, soffocante. Non avevo molta scelta, vedevo il baratro, dovevo entrare in quel buco di disperazione e lasciare che andasse così, persa nella più totale disperazione, arresa ad un'esistenza avara che tanto mi aveva tolto e nulla mi aveva restituito. Non sentivo più i battiti, il cuore non aveva più stimoli, non credevo, non speravo; ero ferma, impaurita, confusa, ero senza vita. Interpellavo il mio corpo ma non rispondeva, era steso e osservava il niente, la pelle candida rivolta ad una parete che mai avrebbe consolato il mio essere. Il respiro lento si mischiava al battere ancora più lento delle palpebre che si rifiutavano di immedesimarsi in quella casa, quella casa che mi stava soffocando. Ed era in questo scenario che immaginavo arrivasse la mia fine, la mia storia si stava esaurendo in quel preciso istante, sommersa da tutto quello che non mi apparteneva; i muri si stringevano a me e con essi la mia vita che stava annichilendo ciò che era rimasto della mia anima. Non reagivo, ogni muscolo era pietrificato dal dolore, la mente bruciava ogni speranza, ogni più piccola speranza rimasta. E poi, all'improvviso, quell'alito di vita. Un soffio, leggero e delicato che sentii sul collo e da lì, accarezzare ogni centimetro della mia pelle. Una lacrima, una sola lacrima disegnò gli zigomi e mi ritrovai già ritta, ferma, lo sguardo ancora fisso ma distolto da quella spinta. Non ricordo come ma mi ritrovai in strada, e camminavo, verso dove o cosa non mi era dato di comprendere. L'incedere era ancora lento ma più scorgevo il sentiero e più il passo si faceva spedito. Improvvisamente la luce, una luce abbagliante che mai avevo visto prima ora mi invadeva gli occhi e mi stordiva. Ma c'era dell'altro oltre all'abbaglio: mi piaceva. Provavo un gusto sottile nel farmi travolgere dall'immensità di quella luce. Finalmente il respiro e ora sentivo i miei polmoni inghiottire quella forza imprevista. Sentivo..... Sentivo ogni passo sotto i piedi, sentivo l'asflato, quel dolce calore che usciva dalla terra, il riflesso del sole che scaldava ogni cosa e i colori.... Improvvisamente vedevo i colori, quelle sfumature di azzurro e di giallo, quel verde quasi cangiante che mutava prospettiva col riflesso delle ombre ed il bianco. Quel bianco candido che si percepisce solo se l'occhio non sofferma lo sguardo, il bianco da cui tutto ha origine e che tutto trasforma. Il bianco del principio, il bianco della vita. Ero incapace di congelare i miei passi, sentivo nascere qualcosa dal profondo e fui consapevole che stava esplodendo il mio essere, la mia voglia, la mia speranza. Assaggiavo la spinta, la forza che bussava e sconvolgeva ogni mio pensiero. E capii. Era la vita. Quella vita che non avevo mai ascoltato ma che ora, a scquarciagola, gridava, trascinandomi nella sua meraviglia. Da lì, non potei più fermarmi, non potei più respirare inerte nel buio, non adesso che ero in grado di assaporare quella luce. E infatti non mi fermai. Proseguii per la mia strada, con il mio passo, senza paura, senza sentire la stanchezza. E pensare che tutto era cominciato all'alba, un'alba di un giorno qualunque........ |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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Non ti conoscevo sotto questa veste narrativa.. (Stefano Sivo)
..sei un talento...BRAVISSIMAAA!!!!!!!!!! (Stefano Sivo)
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