Un cielo d’ emozioni fin dentro il mare dei tuoi ricordi, che riflettono il tramonto languido nei tuoi occhi.
Sei sopra un costone che discende ripido al mare, completamente stordita e angusta, mentre i gabbiani rincorrono i propri sogni costellati di battiti d’ ali. Essi stessi, preordinati dalla loro necessità d’ esistenza, proprio come te.
I loro voli in linee invisibili, tracciati soltanto dai loro radar filogenetici, che inseguono geometrie rasenti alle onde del mare. Fluttui impetuosi che battono la propria inquietudine nella roccia smerigliata, d’ opaca bellezza marina.
Tu, e il mare e l’ ampio cielo: tu in solitudine perenne. Colori di tenue corallo si fondono tra la terra e il cielo, e molteplici sfumature di un rosa fioco si arrendono al declino del giorno. Sei seduta dentro i tuoi pensieri, assorta e silente, mentre lo scandire dell’ acqua marina ne segna lo scorrere inesorabile degli indistinti tuoi minuti interiori. L’ eterno gioco del fato e della casualità s’ erano presi la sua vittima innocente: la tua vita.
Un mero destino s’ era accanito sopra al tuo povero corpo, di donna ancora acerba.
Soltanto pochi mesi prima andavi raggiante a ballare con le tue amiche, nella ricerca di una gioventù scevra da ogni malcontento, da ogni peccato.
Sorrideva a se stessa la tua mite esistenza, dove il battito tuo del cuore dispiegante volava libero nel proprio compimento d’ innocenza.
Le tue stesse pulsioni emozionali ne segnavano di benevolenza, i giorni tuoi, e ne scandivano gli aneliti incomposti del tuo cuore.
La tua platonica speranza diveniente, che planava similare agli intrecci preordinati di quei pennuti che ora, impegnavano con il loro volo il cielo.
Quelle splendide bestiole, che dipingevano sopravvento degli equilibri di volo acrobatico.
Per te, in quei momenti fu una sofferenza indicibile starli ad ammirare.
Il loro volteggiare acuiva nel tuo ricordo la perduta tua autonomia, e la tua totale libertà di movimento.
Quell’ assurdo tuo destino, che nel proprio sereno incedere si scontrò con l’ incoscienza di un irresponsabile ubriaco.
L’ uomo andando a folle velocità con la sua auto ti investì totalmente, e ti negò persino il suo doveroso primo soccorso.
Quel codardo fuggì via dal luogo del tuo tremendo impatto, sperando di farla franca dalle proprie responsabilità civili.
La tua tranquilla giovinezza, da quel tragico momento ne fu deturpata indelebilmente, e scaraventata nel più cupo tuo dolore.
Il tuo ricovero immediato al più vicino ospedale, dove passasti lunghi mesi di coma assistito.
I tuoi giorni di totale incoscienza, lunghi mesi i tuoi privi di un ricordo; e la tua totale mancanza percettiva d’ insieme al tuo esistente.
La morte, e la vita, si contendevano quel tuo corpo martoriato.
La tua flessuosa figura di bell’ adolescente, offesa e mutilata di entrambe le sue gambe.
In quei tuoi lunghi mesi nel tuo coma profondo, era il tuo stesso tempo che s’ era addormentato.
Tu eri stata scaraventata dentro un incubo impietoso, con tutti i suoi perpetui e illimitati secondi statici.
I medici stessi, che amorevolmente ti curavano, in cuor proprio tenevano un grande scetticismo per la ripresa tua, sia fisica che morale.
In quella sera, tu eri affranta sopra alla tua sedia a rotelle, e guardavi fosca, quel bellissimo e mutevole tramonto.
Davanti a quell’ esteso cielo venato, tu volevi darti la morte.
Il vento stesso che si incanalava sopra al costone di roccia, con il suo sibilo teso, pareva volerti carezzare compassionevole, il volto.
In quel triste giorno, tu avevi l’ intenzionalità di rimettere la tua precaria esistenza, a Dio.
Nella tua mano stringevi soltanto un bracciale di corallo, d’ insieme alla tua perduta giovinezza.
Eri immobile nella tua sedia a rotelle, e nel piangerti ciò che sentivi di te ormai d’ indefinito, guardavi malinconica il moto del mare agitato.
Ogni tuo pensiero, in quella sera ti conduceva inevitabilmente all’ intenzione del tuo suicidio, di voler finalmente cessare la tua mutila esistenza.
Il crepuscolo intanto, era divenuto preponderante al confronto della luce esigua e decadente del fievole giorno.
Nella tua mente, in quel momento echeggiarono le parole del tuo avvocato, che nella propria arringa tentava in tutti i modi di ristabilirne, la tua giustizia.
Ti ricordasti del volto impassibile di colui che ti investì,con quel suo viso strafottente.
Gli occhi di quell’ uomo, non tenevano in se alcuna espressione di consapevolezza del male da lui commesso.
Le sue stesse iridi, non evidenziarono giammai, alcun attimo di turbamento morale.
Alfine, il verdetto del presidente della corte, e la condanna per omicidio colposo a soli tre anni, per colui che ti aveva menomato.
Tre brevi anni, per colui che ti aveva costretto sopra a una sedia a rotelle, per tutta una vita.
In quegli istanti hai gridato al giudice del tuo corpo martoriato e dilaniato, e gli hai urlato che richiedevi indietro le tue gambe. Gridavi e piangevi dentro quell’ aula di tribunale, dibattendoti da dentro la tua sedia a rotelle.
Lacrimavi di rabbia furente, per la tua vita vilipesa e oltraggiata dalle stesse istituzioni.
Il medesimo legiferare politico, che non pone pene più severe, per chi non tiene alcun rispetto per la vita altrui.
In quella sera volevi darti la morte da sopra quel costone di roccia, sino a farti inghiottire dal mare d’ insieme alla tua carrozzella: ti fermò la tua sopravvivenza, la tua volontà di vivere, e il tuo amore per la vita.
Garrivano in lontananza i gabbiani stagliati negli ultimi bagliori, in quel crepuscolo venato dal colore tenue del corallo.
E tu riflettevi in te stessa, e in tutta la tua rabbia, mentre indietreggiavi con la tua sedia a rotelle dal ciglio del burrone.
Percorrevi ora un sentiero nascosto tra l’ erba alta, in una via di ciottoli di sabbia e di gaia.
La tua volontà e il tuo buon giudizio avevano vinto la sua ultima battaglia, contro te stessa.
Il tuo amore a favore della vita aveva stravinto, contro l’ indifferenza di un uomo mentecatto, e contro un giudice con la sua assurda e iniqua sentenza penale.
Un giudicante completamente scevro, a una giustizia equilibrata.
Un presidente della corte che non lotta contro la fallacità di un sistema giuridico, e un giudice privo di alcuna dignità costituzionale.
Tu soltanto avevi vinto la tua battaglia a favore della vita, una tua emozionalità ben ponderata, sotto un cielo dal colore del corallo.