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Dice il Foscolo che la poesia vince di mille secoli il silenzio. Ed è proprio vero che un niente….una macchia… un odore….un colore… un lampo nella mente mi riporta, in un’ atmosfera vissuta un abisso di anni prima. Il passato torna imperioso, e penetra nel cuore riempiendo per pochi attimi l’ aria di struggente nostalgia. Sono qui nel mio studio rispolvero alcune delle tante ingiallite e vecchie fotografie, una in particolare, mi ritrae all’ età di otto anni con lo zio Mimì, mi tuffa nel tempo della vendemmia, quando l’ uva brillava di un colore bruno intenso e il magico profumo trasaliva dai filari in bella mostra e ravvisava il padrone. Zio Mimì era un uomo minuto e curvo ma molto forte, amava la sua terra e a tal misura la sua donna, sempre indaffarata a servirlo durante tutti i suoi lavori .Quel giorno arrivò a casa mia improvvisamente, e ci avvisò per la vendemmia. La vendemmia per tutti noi rappresentava un giorno di gran festa, un rito oramai tramandato che non avrebbe lasciato nessuno a bocca asciutta. Premurosa la sua donna quel mattino si svegliò di buon’ ora e andò subito in cucina a preparare un’ abbondante peperonata, sarebbe stato il nostro cibo all’ ora di pranzo. L’ odore dei peperoni e delle melanzane arrivava fino alla mia finestra, le mie nari sbuffavano come un treno e fu la mia sveglia per quel fantastico mattino. Arrivammo puntuali alla postazione, da dove il corteo si sarebbe mosso, gli asini gongolavano la testa, le orecchie ritte verso il cielo in preghiera, perché avevano capito che sarebbe stata una durissima giornata. Il sole che iniziava a fare le capriole dietro una roccia imponente, la roccia che dominava il paese, facendola diventare rossastra come quelle del far west, accarezzava il corteo pronto per il lungo percorso .
Le grandi ceste che trasportavano gli asini contenevano un’ infinità di cose, l’ otre che avremmo riempito alla fontana di Merulli pendeva dalla bocca di una delle ceste. Il via lo diede Zio Mimì con voce possente e sicura, mettendo in moto tutti, mentre alle spalle il piccolo borgo si stiracchiava e le luci dei lampioni finivano di illuminare le strade. In fila indiana proseguimmo la salita, noi bambini tiravamo gli asini, a seguito gli uomini e le donne con i panieri sul capo e con le gole calde per la preghiera, che saliva verso il cielo in mezzo al polverio che lasciavano gli asini. La prima sosta la facemmo alla fontana, qui zio Mimì ci invitò a bere, l’ acqua era dolce e fresca e profumava di felci e muschio. Riempimmo l’ otre davanti ad una sinfonia di uccelli e di rane, le ultime sembravano tutte incuriosite dai nostri sguardi ancora ammosciati. Finì li, per noi bambini il nostro primo compito, ci liberammo di quei simpatici e dolci animali, ci mettemmo tutti dietro il corteo che aveva ripreso la faticosa marcia e a tirare gli asini stavano gli uomini con le pipe accese. Proseguimmo lentamente osservando la natura, il bellissimo paesaggio ottobrino, gli arbusti dalle foglie appuntite e il sorriso delle zolle nei primi respiri dell’ alba..Raccoglievamo come fossero dei cimeli, strane forme di pietre, esili ciclamini gioiosi sopra stanchi fili d’ erba, qualche piccolo fungo che sbriciolavamo e ci lanciavamo addosso come coriandoli .Ogni tanto di nascosto ci sedevamo sulle rocce sparse lungo i sentieri, esse si offrivano a noi come comode poltrone, lontano dallo sguardo indagatore di zio Mimì, il quale era sempre attento alle nostre mosse, ci teneva d’ occhio perché era convinto che fra di noi si nascondeva il solito scansafatiche. Zio Mimì era molto simpatico, sapeva raccontare storie vere accadute nel paese, ci parlava della guerra, del freddo che aveva patito sotto le armi, e noi lo ascoltavamo con trepidazione perché rappresentava l’ uomo onesto e coraggioso. Da giovane aveva emigrato due volte, la prima per ricongiungersi col padre in Argentina, la seconda in Germania e qui vi lavorò sodo, fece qualsiasi lavoro, ma vi restò poco, forse perché la sua vigna aveva bisogno delle sue cure, del suo sudore e così tornò e non partì più, rimase a custodire le zolle della sua amata Motti.
Arrivammo sulla vigna alle sette, gli uomini scaricarono le ceste, prendemmo i panieri ed entrammo come nuvole dentro i filari, riempiendoli e svuotandoli con mosse leste e precise nelle ceste, mentre gli uomini caricavano gli asini. Nella lunga giornata gli asini andavano avanti e indietro per portare l’ uva al palmento. Mangiammo quel giorno sotto una grande e maestosa quercia, consumammo la peperonata adagiata come una corona sopra il pane che era diventato caldo e umido e profumava di fritto, un po’ bruciacchiata sentenziò zio Mimì, mentre sorseggiava un buon bicchiere di vino .Oltre la collina andava scemando l’ ultimo raggio, aiutammo a rimettere nelle ceste le cose sparse, tra cui il piatto di creta imbrattato d’ olio preso d’ assalto dalle formiche .Corremmo lungo la discesa con il cuore colmo di felicità ed allegria, saltando i piccoli rivoli con molta soddisfazione…… Ma il lavoro non era ancora terminato, nel palmento c’ era un’ infinità d’ uva, che attendeva d’ essere lavorata, noi lo sapevamo e non vedevamo l’ ora di immergerci nell’ altra esilarante fase. Io quella notte a piedi nudi avrei schiacciato gli acini in una danza gioiosa e sanguigna come sarebbe stato il nuovo vino.
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Ti immagino mentre pesti gli acini e mi hai fatto (filiberto)
ricordare analoghe operazioni. Piaciuto. (filiberto)
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Se tu mi dimentichi Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2011, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori
Pagine: 208 - € 11 Anno: 2012 - ISBN: 9781471686214
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