Miraggi a venire su occhi imploranti,
omertosi silenzi nel solcare onde
s’avvedono speranze, soffocati respiri
su dondolanti carrette... stracolme,
sponde cercate al destino.
Un mare, un mare di libertà,
un inseguire con affanni gli orizzonti
fuggire dalla schiavitù, dalla fame
evocata per vivere,
mentre lamenti di bimbi s’odono
e l’arsura che piglia... sconforto.
Navigare tra i marosi
strozzati aliti, stretti a giacere
lontani sguardi, mormorii,
cuori infreddoliti dalla paura.
Uno svogliato dondolio
tracce sperdute nei quadranti,
litanie nelle brezze avvolgenti,
tutto scivola lentamente,
troppo lentamente, aleggia timore
nei spiragli di vita bramati al fio.
All’alba la terra promessa...
quel mare della libertà è vicino... forse. |
|
|
|
Gemono tra speranzosi passi,
all’aria l’accarezzo ... deliziosamente mossi,
compagne di vita per lenire
nelle buie giornate lì a venire.
Gli occhi il vuoto son lì a fissare,
cadenza la speranza del domani,
il sole, la luna ad assistere profani
le mani, la via forte a serrare.
Colori s’affacciano all’imbrunire
stampelle aiutano nel loro fluire,
profumi inalati a circondare aloni
per donare la luce, la via ... in braccia
smarrite nei vialoni di bonaccia.
Voi, compagne di vita,
lasciate ai palmi l’umile attrezzo,
omertose nell’avvicinarsi in vezzo,
orgogliosi d’essere portatrici d’amore.
Al cuore il palpito, il sussurro,
del vitale soffio il dir: non è finita,
ci sarà nel futuro certo albore
e brillerà ancora l’infinito azzurro. |
|
|
|
Rintocca l’ora del destino
caduco, fragile bastone barcolla,
scivola incredulo repentino
sola resta col nulla... tracolla.
Luci offuscate sono da nebbia giunta
foglia unta da rugiada ondeggia,
sdrucciola, inciampa per quel viaggio
cammina, non ricorda più la sua impronta.
Gli occhi sono piccoli, spenti...
è il tramonto di un sorriso
osserva intorno nulla trova ... è eroso
e resta sola coi propri pensamenti.
Batte sordo sfiancato batacchio,
riflette immagini stanche corroso specchio,
poche sillabe da tradurre su fiacche panche
a meditare il passato tra le bucate tasche
e mogia si ritira in quella nuda stanza
a rimestare, tremando, l’umile pietanza.
E’ il tramonto di un sorriso
lo lascia andare a capo chino
indicando con ignudo sguardo lì vicino
la via di quel crepuscolo inciso. |
|
|
|
Dipinto in ogni dove con mute parole
a disegnar vita là ove il cuor è arriso,
avvolge, avviluppa con tenero candore
nel tiepido coprir del corpo candido viso.
Violini stropicciati da ansiosi archetti,
crepitii assordanti a turbar le menti,
polveri a sollevar tra le strade astinenti
negli stridii di pianti incolonnati... lì eretti.
Rosso di sangue, nero al cospetto,
biancore di gioia, verde di speranza ...
il sognare
su tappeti di petali, passi ad accompagnare
tra le insegne colorite d’umile oggetto.
Squarciato da infausti eventi
colora il cielo in mille momenti,
svolazza sincero in omertosa attesa
a giacere, a bramare in dolce presa. |
|
|
|
Scalciando foglie ingiallite dal tempo
percorre il viale, un uomo, lungo il fiume,
un vecchio, la malinconica sua solitudine,
passo lento, soffermarsi, silenzioso
ad osservar delle acque lo scivolar
giù per la vallata lo scorrere... il tramonto.
Incredulo fissar costante movimento,
la propria vita a ritroso scendere
mentre la trasportano con sobbalzi lentamente
verso l’ultimo suo cammino.
Con occhi stanchi, accigliati
col dondolante capo a commentare
pensare, perché è lì a voler riposare...
in quiete silente, latente.
Ad un bastone s’arrocca malfermo
compagno unico... scalfito dagli anni
che lo asseconda
in quel mesto andare, curvante
irto di pensieri richiamati,
di desideri mai compiuti
di giorni trascorsi... vissuti.
Lo regge
con percezione della realtà,
con tenacia fin quando ci riuscirà,
fin quando a sostenerlo
ce la farà. |
|
|
|
Uno spillo di verità, un punto da scoprire,
la promessa d’ogni riflessione or bocciata
in quel tempo negato alla ragione in rifiuto
per poter dire: Son qui senza timore.
Il coraggio dell’essere... sognante
in uno strano mondo, in una sbiadita realtà,
su queste strade infangate dal respiro angoscioso
tra le ali di gabbiani in un mare di difficoltà
col bisogno assoluto di fuga trascinante
nella dimensione di giorno senza titolo... or omertoso.
Urlare a gran voce nel silenzio camuffato,
ascoltare richiamo a giungere soffocato, celato
tutto rimestato con affanni, con sguardi a derisioni
tutto consumato nelle idiozie e incomprensioni.
Essere diversi, apostrofare una volontà sublime,
celebrare col pensiero un cammino senza appanno
ed esplorare coscienze ancor vuote, prive di concime
nelle profonde oscenità apostrofate con l’inganno.
Il coraggio dell’essere... tolleranti
per spiccare il volo nelle albe, nei tramonti
per mostrare quel cuore, quell’animo sincero
nella sua profonda entità... desiderosi d’umanità
per essere finalmente considerati “normali “
nella propria diversità. |
|
|
|
Vetusta età non nasconde il tempo,
calata è la sera, giorni vissuti con felicità,
ombre alla finestra s’accostano su frugale pasto
una fioca luce di lampada a petrolio a illuminare.
La mano cerca la mano,
lo sguardo cerca lo sguardo,
rimembri davanti ad un presepe
nel giorno di Natale
al loro vicino traguardo.
Bianchi capelli, al mondo la carezza
tepore a invadere l’animo, un sorriso
nel giardino della esistenza condivisa,
vecchi si, ma felici dell’essere fortezza.
Linfa di vita li ha condotti in quel cammino,
sentieri percorsi nella luce dell’amore
l’Angelo Custode ha donato loro un messaggio
su viali incisi da Stella Cometa vedente
nella musica celestiale avuta in viaggio. |
|
|
|
Il vuoto, la solitudine,
anestesia del tempo
di annodati pensieri,
il battere su incudine con afona voce
alla ricerca del passato, di ieri.
Mestizia
al raggio di sole incombente,
nudità dell’essere... sola
violentata preghiera,
cancellate mura, giace l’ombra
tra le pagine sfogliate d’autunno.
Assenza,
raggomitolata anima,
giorni sparsi alla rinfusa,
serrati in circolo,
...un tocco,
svuotata speranza, penzola la luna
relegata nei contorni vissuti.
Anestesia del tempo,
tra le mani d’insensibile sospiro,
celato nella nuda stanza... assenzio
tra le linee di ferreo destino
a marcare distinto con stinti colori
silenti labbra... illusioni
in quei versi sbarrati alla luce
e relegati a mesto silenzio. |
|
|
|
Prendete le mie mani,
accompagnatemi in questo lungo tragitto,
col respiro ogni giorno sempre più affannoso
cogli occhi che si sperdono nell’oblio.
Prendete la mia solitudine,
fate in modo che non mi senta tale...
ho bisogno di voi tutti,
la mia inquietudine per compagnia.
Fermate i miei lenti passi,
il treno della vita sta passando,
tutto sta per arrestarsi nei silenzi
per quella fermata a venire.
Prendete le mie mani,
conducetemi verso lampi di luce,
le mie lacrime vi seguiranno fiduciose
nei stretti vicoli della speranza.
Prendete il mio sorriso,
fatene di esso un tesoro,
la vita è bella, tanto bella
per lasciarla cadere così, nel vuoto.
Aiutatemi,
ho bisogno di voi tutti,
raccogliete il meglio di me
e trasportatelo nell’olimpo della felicità
perché è con essa che per sempre
la mia anima vivrà. |
|
|
|
Una emozione a filtrare senza voce,
il veder baciarsi anime franche,
abbracciarsi teneramente... finanche
con lacrime sincere a scendere in sottovoce.
Un sorriso s’erge in accompagno
l’essere partecipe di così bella visione
un’isola felice, nei meandri di tanta bruttura:
L’essere diversi, per uno scherzo della natura!
Ho visto un ragazzo Down,
ho visto la sua ragazza... Down,
ho visto un semplice amore in sogno,
un fiorire della vita, unione,
ho visto, mi son detto: Ecco!
Basta poco per essere felici!
Il brillio degli occhi, la serenità dei visi,
tutto a dire, senza essere derisi,
tutto con l’essere in semplicità:
L’essere “Down “ è anche gioia
nel mondo della diversità! |
|
|
|
Ammirare il chiarore d’ogni mattino
con l’aria a sbattere su di un tempo smarrito
e con la interiore forza ... l’aurora respirare
per fuggire, capire il perché... l’essere così assenti.
Tremula la voce, s’affanna deserta sulla porta
col dire su bianchi fogli, con l’animo ad avvolgere
il richiamo soffuso, il correre all’infinito...
per quel dimenticare che s’avvicina repentino.
Ancora un sorriso!
Gli occhi fissati a cercare nel nulla,
con la lacrima a penetrare nell’immaginario,
le mani protese sul quel viale, sentiero
in quegli attimi a susseguirsi nei silenzi
nell’appanno di pioggia invadente che annulla.
Sfugge quel corpo, vacilla su nebbie di grida,
al vento perso nel cammino del sapere
la mente vaga, nei lamenti solitaria:
Dov’è la speranza? Dov’è quella luce?
Un brutto sogno,
un calice per le terre a cadere,
l’allontanarsi col ricordo della vita in pensiero
e col vigore dell’essere vivo, lo scuotere, reagire:
Ancora un sorriso!
coi passi dell’amore a vincere in siero. |
|
|
|
Smarriti sguardi brancolano nel vuoto
sempre più fiacco è lo stanco cammino
assordanti rumori s’odono ... l’assenza
del profumo d’una parola che s’è persa:
Solo... con l'incombente destino!
Una lettera spedita nel tempo,
una lettera scritta con l’inchiostro dell’amore,
fioriva negli alberati viali coi suoi colori
tutto il giardino coi suoi inebrianti fiori
mentre il sole a scaldare era la via.
Si sperde il sorriso, la mente è distante
negli occhi la sofferenza è padrona
un pezzo di storia vola lontano,
le membra flaccide s’adagiano spente,
resta il ricordo, il suo bel viso ora assente
e la gioia donata nel suo viaggio
su ruote che ora piangono indifese:
Solo... col calore d’amor in raggio!
Una lettera spedita nel tempo
un attimo di lucidità, una furtiva lacrima
una debole mano che lentamente si muove,
l’infausta sventura ha colpito, ha troncato,
ha reciso quell’arcobaleno sulla viva esistenza
e ha vinto sulla vita, annullando il respiro:
Ai posteri il rimembro dell’amore nella sua essenza! |
|
|
|
Cartoline d’un tempo richiamano lo sterminio
dal fumo nella caligine sbiadite dall’orrore
lento viaggiava sui binari appesantito dal dolore
al passo di ferrate ruote stridenti... il genocidio
S'issa in cielo il vapore, lo sbuffante getto,
lo sguardo all’infinito campo
una truce verità agli occhi... il ghetto
per una risposta, un nulla a dare scampo.
La storia, l’infelice momento, il ricordo
pioggia di lapilli, di cenere la visione, un inferno
l’ultima fermata di quel gravato treno, il terrore
tra le grida ammutolite in un freddo inverno.
S’alza il vento al calar di gelido sole, muore
con striscianti passi verso l’ignobile sorte
tutto finisce in quel triste giorno, la voce soffocare
mentre discende il sipario senza rumore
nell’oggi per non dimenticare
di quel binario il suo carico di morte. |
|
|
|
Nasce nel germoglio dell’anima,
le parole si leggono negli occhi stanchi,
la lontananza del respiro, affanno investe
nell’intimo elargire tra le volontà assopite,
relegate nel profondo d’inerme cuore.
Ali tarpate al desiderio
da quelle vie aperte al cammino
col sole in accompagno tra le astuzie,
tra le foglie verdeggianti del mattino.
Ferma resta la strada del destino,
avulso si propende tra i nebulosi cieli,
piegato tra le preghiere assenti
col righello della fortuna poi tracciata
sino a destare la voglia del sospiro.
Colma è la brocca di sillabe inutili,
il continuo versare stropiccia le carte,
tutto s’inventa, mutate all’arrivo del fio
eppur tutto di te conosco, anche il respiro
di te anche la sorte. |
|
|
|
La visione del cielo, dell’aria pura
di quell’alba fresca e cristallina
del risveglio nel mare della natura,
del vivere sorridendo al mondo ogni mattina
Tutto è circondato nell’aggrappo delle verità
nel menziono d’ogni momento... il dolce fruire
di quel giorno, il domani, di quell’attimo a venire
di quanto bello sia l’universo nella sua vastità.
Le stelle, il loro sconfinato sfavillio
la luna, il suo parlare al vibrante cuore,
il buio, la notte coi suoi respiri, suoni, fruscii
le tenebre, il pensiero per un orizzonte migliore
Siamo poveri esseri antiquati,
siamo l’essere poveri di statura,
illusi d’un andare farraginoso, in fragile presa,
di un correre senza méta, all’avventura
d’un essere già stanchi, vecchi, obsoleti
col tempo dei sogni sempre in attesa.
Amare la vita, amare il creato, i suoi fiocchi
vivere per gioire nell’essere vivi, nell’essenza,
ecco si nell’essenza
e volare sempre in alto con la luce negli occhi
tra quelle foglie nate sull’albero della esistenza. |
|
|
|
Nell’ondulatorio andare scivola la barca,
l’ombra sua stagliante accarezza le onde
mentre sperduti occhi brancolano nel buio
a migrare tra i muri dell’indifferenza
col vagante sogno che triste arranca
tra i marosi, nelle acque colme di sofferenza.
Il tramonto si sperde lontano, oltre la vista,
silenziosa fluttua l’anima... galleggia
dalle spaurite labbra muta parola, vaneggia
con fissanti espressioni che l’oscurità investe.
Invocate preghiere sono zittite dal vento
nel sospingere al largo la speranza avulsa,
e arde l’arsura di quel tempo, è un tormento
immerso nel vuoto che circonda e accomuna.
Ondeggia ancora la solitaria scialuppa
cerca tra i respiri, sempre più fievoli, l’amor che allevia
lungo le rotte della salvezza col terrore che inzuppa
vite sballottate e lasciate inermi alla deriva.
La luce del mattino gli sguardi riscopre
di quel lungo viaggio l’albore, la libertà,
scivola ancora nell’ora giunta e alla vita si riapre
scoprendo la nuova patria, la via della felicità. |
|
|
|
L’imbocco stanco d’una tremante mano
tiranno, crudele, dal tempo affievolita,
l’inerme corpo giace nel vegliardo umano
tra quelle mura rinsecchite dalla vita.
Lontano, da sguardi, la solitudine è padrona
nascosta tra le parole oramai assenti, in afonia
una fievole voce si accende, nel silenzio risuona
tra le aggrovigliate lenzuola, nessuna compagnia.
Una debole luce dalla finestra è a illuminare
una flaccida figura nella sua totale assenza
un velo di tristezza coglie... di povera esistenza
nella preghiera assorta dell’immane naufragare.
Trema ancora quella mano, l’imbocco è stanco,
di povero, misero essere, relitto della umanità
esala in quell’affannoso respiro, l’arranco
del lasciato solo, inerme, con la sua infermità.
Gli occhi velano lo scorrere, la deriva del giorno
alla penombra di quei sogni affievoliti
tra le tenebre ad oscurare il mondo intorno
e si chiudono per sempre stanchi e avviliti. |
|
|
|
Nulla la memoria, vuoto intorno, inerte braccia
chiusi occhi, un dormire profondo liquida la mente
silenti echi giungono su sguardo assente,
su lembi di bianche lenzuola nessuna traccia
con musiche vaganti nell’etere distante
mentre il respiro lieve arranca nel buio.
Bip accompagnano momenti, ore, giorni,
una macchina rumoreggia intorno a miriade di stelle
cadono le foglie lungo la via della speranza
un nuovo canto s’aspetta, nel fiorire di nuova vita.
L’ultima porta e poi la luce del domani,
quel bagliore sperato nel vuoto di una stanza
brividi ripercorrono vicini visi, aliti sperduti
e una mano s’accosta col calor che induce.
Tremula il pensiero, una lacrima scende
riga il volto di terre oscure, raminghe nel fondo
la bellezza della vita è lì che attende... il ritorno,
il ritorno dal lungo viaggio, dal baratro
alla conquista del vento, dell’aria
della vetta più alta del mondo:
L’ultima porta è là con la sua luce! |
|
|
|
All’ombra d’un raggio sfuggito al sole
giace dondolandosi un tenero fiore
si infrange nell’assoluto silenzio
donando al cielo il suo muto evidenzio.
La realtà giace nell’angolo, in attesa
osserva, quasi inerte, l’apatico respiro
nulla scalfisce quel piccolo bocciolo... la presa
e resta inoperoso, quasi assente, fragile viso.
Al vento le uniche parole... tormento
lo spettro che circonda un grande desiderio
il contatto umano, il vivere tra le nebbie
lasciando al refolo che accompagna, l’empire
col sospiro rivolto al nascente tramonto.
D’ogni attimo il dono della vita
l’inerme disordine cinge e impera
l’abbraccio per una energia mai smessa
e all’ascolto di strani lemmi restare
nel buio legati al filo della speranza
nel nido della esistenza mai smarrita.
Al vento le uniche parole
sui cieli coi stellati soffitti... l’aurora,
al davanzale l’insolito fare, dire,
svolazza l’incredula mano, una meteora
ondeggia nella galassia la sospettosa testa
ed è lì ad attendere dell’astro il calore
per fiorire ancor di più coi propri affetti. |
|
|
|
L’elemosina del tempo poggia
momenti scoloriti nelle gelate masse
calpestati da frivole carezze
tra i silenzi ad appannare il cielo
d’una nuvola passeggera
con grondante e inutile pioggia.
Aggrappati ad un fievole respiro
scivola il passo nell’umida terra
umiliati, infiacchiti dall’avida fragilità
che esilia e recita il grigio evento
nel vuoto che circonda con l’anima che s’afferra
nello strappo di parole, le ultime verso l’aldilà.
Pian piano l’animo triste si compone
la lama dell’infausto destino lì a cogliere,
a recidere i pensieri scrutati nell’oblio
e nell’incertezza che regna, ignobile si pone.
I bagliori della notte offuscano gli occhi
le ultime lacrime abbandonano il sogno
la finestra della vita s’accinge e si chiude
allo scoccare degli ultimi rintocchi
Umida terra accogli fragili membra
sussurra nella nebbia la lente dei ricordi
mentre si lacera lo strazio cinto dal vento
e adombri di memorie il manto della esistenza |
|
|
|
Una isolata panchina accoglie
nell’umido andare l’eterno vuoto
lo sperduto sguardo di stanche spoglie
tra i fogli d’un vecchio quaderno... l’ultima foto.
Una tremolante penna tra le dita
scarabocchia frasi senza senso
frasi a imbrattare, d’uno svuotato passato
ormai lontano, troppo lontano nel tempo
nel rimembro d’un bene dimenticato.
Solitudine
nello spazio della mente una cruda realtà
privata d’ogni immagine, d’ogni affetto
sventrata da ogni comprensione di netto
soli... col tremore di quel tormento, il cimento
Sperduto sguardo nel senza,
fisso tra le cadenti foglie d’un destino,
celato nel mare dell’oblio felino
tra le onde cresciute d’una esistenza
Soli con la sofferenza nel cuore,
soli, senza una parola, di vita vivrà
in quel viaggio tra i colori d’una aurora
nel regno dove la solitudine mai più prevarrà |
|
|
|
Del cielo, gli occhi hanno ammirato l’azzurro,
della terra hanno gioito del suo fiorire,
della vita hanno adorato ogni respiro, ogni sussurro,
della morte non hanno mai avuto timore.
Occhi che non hanno più avuto lacrime,
che non hanno saputo più sospirare,
che non hanno saputo più respirare,
qualcosa di buono han saputo fare,
hanno sempre donato la gioia, l’amore,
hanno incoraggiato i più a non soffrire,
hanno saputo vivere nel perdono
non hanno mai smesso di amare.
Gli occhi, gli unici, che hanno saputo reagire
a quel corpo inerme e sofferente,
a quel corpo che non ha più chiesto niente:
Gli occhi, gli unici, che han saputo parlare!
Del cielo l’azzurro con gli occhi della dolcezza
della terra con lo sguardo all’ultimo refolo di vento,
dall’impotente corpo che si spegne lento- lento,
per quella fine attesa con liberata sofferenza. |
|
|
|
Un angolo di pace,
rimessa nel cantiere del tempo
a rimestare ricordi sulla nuda terra
tra lo stridio dei gabbiani in stormo
al margine d’un oblio che s’afferra,
che par invocare davvero il ritorno.
Riposta la rete al di venire
sbatte l’onda al suo riposare smunti (pallidi)
un mesto silenzio a circondare il volere
su quegli assi di grasso unti
del domani lo scivolar gioire
tra le cristalline acque il suo giacere.
Un pezzo di vita, l’appanno
in quell’alba ammirata tante volte
la notte a colorare le ombre disegnate
il tramonto a sorvegliare il sonno
d’una stagione per nulla finita...
...e scivola insonne al chiaror di luna
paratia affrescata nel suo digiuno
la mano accarezza l’umida stantia
il mare accoglierà del navigar la svolta
pronta per invocar... domani la nuova via |
|
|
|
Frantumata spiaggia dal tempo sminuzzata
umida tra i fantasmi a circondare
s’affossano le speranze d’un cammino
nelle notti a sbirciare il pianto lontano.
Sbriciolate carezze, infranta certezza
taciturne labbra s’incamminano mute
nel deserto della vita, senza acqua a bagnare
un bocciolo, l’andare, l’unica sicurezza.
Omertose ruote, ombre sul ciglio della strada
fiocco di neve gelida a scendere, posare
su campi ghiacciati il respiro della parola
era d’estate in quel solitario camminare.
Col refolo che accompagna l’esistenza
racchiudono le mani il silenzioso girare
col vuoto che trasporta il vento dei sospiri
nel miraggio di un distante traguardo.
Un affannoso respiro vive nella realtà
un chiedere con occhi spinti nel vuoto
vola la fantasia tra le nuvole in sogno
quel domani è lì, foriero di desideri
con lo sguardo ad osservare il mare
nella luce della sua disabilità. |
|
|
|
Sbadiglia il vento, soffia nelle tenebre
accoglie il mare fragili membra
oltre la riva il respiro, fievole aspiro
nella valle del poetico canto il giacere.
Gli occhi brancolano nel vuoto
cercano, cercano nel nulla
l’inutile parola giunge lontano
là ove il sole si spegne... solo.
Una penna intinge nell’aria
una lunga agonia, l’angoscia
quella invocazione caduta nel vuoto
tra le litanie d’una affossata vita.
Oltre la riva si spegne il messaggio
non basta lo scaldare
di un raggio di sole, la luce
non basta il tinteggio d’un arcobaleno
tutto resta esanime
nei silenzi che circonda il cuore.
Trema la mano afferra l’inezia
cerca nel bianco la smarrita speranza
quel sottile filo che lega l’esistenza
su quel letto che accoglierà l’ultimo sospiro. |
|
|
|
Lungo è il sentiero della vita
quel tempo che inesorabilmente passa
ha fatto di tutto, è una storia infinita,
su quel letto il torpore intriso del nulla
e l’assopita bocca che sconquassa
mentre l’abisso all’intorno s’installa.
Il suono del silenzio rintona accanto
s’affievolisce sempre più, il cuore è infranto
respira del suo fievole respiro, è in affanno,
s’ode della campana il batacchio
fruga nei meandri cogli occhi, il suo appanno
e rovista lentamente tra i suoi rintocchi.
L’arida valle attende l’acqua del vivere
l’inerme corpo aspetta speranzoso la luce
brucia la tempia al pensier che non riluce
un vuoto intorno, sul letto l’inerme giacere.
Non ci sono parole, solo il suono del silenzio
accompagna nel buio la lunga agonia
del prolungato inverno intorno, l’evidenzio
tra quei petali a perdere dell’esistenza la via.
Bianco lenzuolo, sguardi nel vuoto
si rilegge del cammino l’agognato andare
mentre il suono del silenzio è lì a riecheggiare
per quell’esile essere, l’ultimo alito emanato. |
|
|
|
Ha conosciuto il bene e il male
vissuto con mille traversie con anima ferita
mentre il patimento della vita ha sentenziato,
delineato il cammino tra i nudi selciati.
A spasso col tempo
coi silenzi che attorno s’allineano
tra le nebbie a bagnare l’incolto viso
incamminandosi tra le preoccupazioni
di parole smunte e svuotate del vivere.
Gli orizzonti hanno cancellato le memorie
hanno nascosto le stelle tra le nuvole
tra le mestizie e l’abbandono nei cieli
colorando il respiro con affanno e delusione.
Continua a spasso col tempo
la quotidiana vita relegata nel nulla
col mondo che si chiude intorno
celando il panorama ad un volto stanco
nell’avvilimento d’una esistenza
sul marciapiede unto da un pianto lontano. |
|
|
|
Sospesi nel vuoto, incredulità vivente
scoprire cos’è la guerra della solitudine
osservando le mute stanze al cor colpente
con lacrime a scendere copiose e udire
il suono rimbombante d’un pendolo
nell’oblio più assoluto a volte avvilente.
Come un film riproposto al divenire
si sottolinea le verità or conosciuta
una guerra senza colpi di mortaio,
senza colpi di fucile ma tremenda
nella sua cruda realtà, falcidiando
senza ancor via d’uscita, inesorabilmente.
La guerra della solitudine è lì incombente
silenziosa bussa alla porta: Non aprire!
ammira la vita dal suo lato migliore
e sogna la luce che tutto ciò scaccia
esulta alla gioia nell’osservare il sole
la luna, le stelle accomunati tra le tue braccia.
Resisti, resisti, non aprire quella porta
apri invece il cuore alla vita, al suo fiorire
cercala con tutta la tua forza
il tuo voler essere tra noi ancora
e ancora per tanto scacciando la solitudine
e vivi per quell’abbraccio
che presto sarà da te a venire. |
|
|
|
Da terre lontane...
un sussurro nel silenzio ora giace,
un canto trasportato da onde del pensiero
su striature di vita cercanti il domani
quel domani a sbirciare il lontano sole,
così lontano da occhi non vedenti
lo spiraglio della pace.
Increspature fluttuanti accarezzano sogni,
col navigo sereno di cresciute menti
a sussurrare nel silenzio verità ancora celate
a imperlare il mondo con nostalgici momenti
sconfinati nell’oltre ai più sconosciuti gli arrivi,
un mondo che può far rivivere nei sereni animi
la cultura dell’essere finalmente liberi e vivi.
Il richiamo... un sussurro nel silenzio
segnali s’accostano avvolgenti,
una esplosiva gioia nei celesti mari della esistenza
su rigogliose coste e vogliose del suo evidenzio,
di tutto ciò che impreziosisce con costanza
la volontà d’unire i popoli, le genti.
Un unico abbraccio
il coraggio di cambiare,
essere finalmente vincenti,
liberi col ponte della civiltà
donando al cuore il felice poggio,
ed essere padroni del proprio destino
nel vivere con serenità. |
|
|
|
|