Buia la mente nel cercar risposte
nelle cento volte l’errore
nelle cento volte il dolore
Sbaglia l’amore impetuoso
trascina e travolge
incurante del male
raccogliendo frammenti
inutili legni
Giunge, una tarda ragione
nell’atroce assenza
al sordo cuore urla
lacrime e sangue
Nel freddo pungente mi avvio
bagnato il selciato
aghi feroci nei piedi scalzi
da angoscia incatenati
e serpeggiante sale
afferrando le gambe
che in melma
sprofondando
Attesa la notte senza giorno
cessa
il flebile respiro
urlando sul fondo
piangendo nel mare
Il viaggio senza ritorno
cammino certo
Si placherà il dolore
si placherà l’assenza
nel perdono
che non giunge |
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Nel silenzio della stanza
si odono echi di voci lontane
ed io
dietro i vetri della mia finestra
ascolto
assaporo con occhi languidi
il rumore di ogni singola parola
che narra
di amori felici
di amori perduti
di voglia di vita
speranze lasciate, ritrovate.
Silenziosamente mi nutro
imparo
cresco, evolvo.
Perché vita
è ricerca
continuo confronto
e nei sospiri e respiri degli altri
ritrovo me stessa! |
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Distratti come fossimo vetro
fantasmi d’inquietudini passate
occhi di gelo
distanti
Coriandoli di carne s’aggirano nel buio
accecati di polvere
non vedono
Fili spinati che sorridono
degli esanimi corpi
nell’indifferenza mascherata
si sublimano
_ e qui _
dove a furia di ferirci
siamo diventati consanguinei
dimoriamo
in un niente dilagante
soffochiamo |
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Sotto questa pelle finta
sotto questa cute bianca
maschera non scelta
male accettata
che copre
veste
nasconde.
Io
con fame di vero
puro
dell’emozione eccelsa
unica
suprema.
Come fiera spietata
arranco
nella foresta oscura
nera, sinistra
alla ricerca di luce
sperando
a nutrire, colmare
il baratro nero
nel quale sprofondo.
Pace non ho
brucio
ardo
sanguino
nei mille chiodi
piantati in testa.
Scardino porte
talvolta sprangate
inspiro e respiro
parole nascoste
nell’anima stanca
di un passo pesante
sognando la fine.
Effimera gioia. |
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| Brucia la pelle
nell’assenza d’aria
tra inviluppo di pensieri cerco la luce del giorno
poggio le mani
su pareti di carta vetrata
flagello la carne, nel vivere quotidiano
Incatenata a questo corpo
immobile l’anima
graffia silenziosa le viscere
cerca un varco
tra carne tumefatta da frecce di vita
Lacrime acide solcano gote turgide
rese tali da schiaffi d’esistenza
e
negli anfratti dell’inferno, gocce di paradiso
arrivano
a risvegliar coscienza
maltrattata
troppo spesso rinnegata
Cristalli di speranza che disciogliendo
costoni di marmo centenari
si fanno spazio
innaffiando e fertilizzando campi aridi
assetati di frutti
succosi di speranza |
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Nuda
senza più niente
a ricoprir la bianca carne
via la pelle da me
contraggo i tendini
trattenendo il fiato
Voglia di rottura
frantumazione
risate acide
liberatorie malate, disperate
silenzio
Lancio pietre
tante ne ho prese
che m’importa ferire
Uccisa
dieci, mille volte
Senza più argini
il fiume va
consapevole del suo passare
niente più sconti
dalla sorgente al mare |
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