Con il buio della notte
si placa infine, esausto,
lo sguardo.
Cessa il vagare
intorno e lontano
e ristà come sospeso
nell'attesa.
Divampa allora il fuoco
degli empiti accesi
nel fondo del cuore
e si rivà
nel perpetuo ondeggiare
su e giù,giù e su...
in altalena.
Così sino al mattino,
al nuovo sorgere del sole. |
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Ancora fiotta
a tratti nelle vene
un inesausto
incanto di chimere.
E' fonte d'acqua
che ti asseta,
è fiero vento
che non ne vuol sapere
di frusti drappi bianchi
issati per la resa,
è il grande fusto
di cipresso ormai ferito
che al cielo ancora anela
con la sua verde chioma folta.
Leggera in cuore vive
un'illusione di speranza:
un nuovo abbeverarsi di vertigine
nell'onda alta di burrasca
che corre e va scuotendo il mare. |
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Ancora vive
l'ora che viviamo
e già la mente vola
all'ora che verrà.
Così dannatamente,
meravigliosamente umano,
sperando disperare
e disperando sperare. |
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Nulla di noi
che non sia poi
lasciato all’infinito
dilavare del tempo.
Eppure trasaliamo, noi,
ancora ed ogni giorno,
per un fulgore di stella,
al carezzare del vento,
al volo d’orizzonte, al sogno,
a tutto ciò che splendido
e perenne possa figurare
al più profondo nostro
infinito essere e anelare. |
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L'anima,
un mare che mai disvela
l'altra sua opposta sponda
che però sempre ci addita.
Ed un perenne
in quelle acque navigar
la nostra vita |
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A ruvide catene aggioga
la vicenda nostra umana
e silenziosa ci accompagna
in una interminata teoria d'anime
ad un perenne camminare intente.
Senza evasioni, senza ritorni,
soltanto s'avanza, indefinitamente.
Qualcuno a volte coglie un fiore,
altri leva uno sguardo infino al cielo
e scorge una stella per lui nuova,
forse anche, a tratti, sorridiamo
e ci sentiam felici, ma è cosa rara
in quella ben acerba strada.
Ogni mattino un poco ci rincuora
la fresca brezza di speranza
che sale ai nostri affaticati volti
e sempre prende,
ma giorno dopo giorno è più sottile,
più leggera, fino a dissolversi
in promessa ormai antica o in ricordo. |
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Tramonta il sole,
si spegne dentro il mare,
nell'orizzonte d' un languido
dolcissimo imbrunire.
Quante persone sulla riva,
nell'attesa, a traguardare,
ad aspettare.
Nulla o nessuno hanno
che abbia ad arrivar dal mare,
ma, per non disperare, per continuare,
basta anche soltanto una taciturna,
improbabile pensosa attesa.
Speranza nel futuro, speranza d'infinito,
speranza di qualcosa...
anche dal mare, forse, potrebbe
un giorno inaspettatamente arrivare
ciò si sogna, desidera, spera. |
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Credi, uomo,
d'infinite voci è coro il mondo,
e non temere, è umano, sai,
questo tuo perpetuo
silente amaro sentire.
Antico e sottile s'insinua, sotteso,
persino nei radi momenti felici.
Umana precarietà il suo nome,
malinconia il suo canto,
ma d'infinite voci è coro il mondo. |
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Di ansa in ansa
di valle in valle
eternamente scorre
tra variegate sponde
il grande fiume
che scende al mare
laddove limpida galleggia
l'infinita sera di Fata Morgana.
E là, ritta,
la grande casa del vento
starà ad aspettare
e porte non avrà
né vetri alle finestre
o scuri di persiane.
Siamo figli
di distanze calcolate, misurate,
in un tempo lesinato
che ondeggia stando fermo
entro i semplici orizzonti del finito.
Fu natura ed é destino:
nulla d'altro da sapere
e nient'altro da vedere? |
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Tra ferite crude
e porte ancora aperte,
sottile eppur tenace
amalgama dei miei domani,
dilava oggi il tempo
dei colori spenti
che su se stesso frana
senza far quasi rumore.
Tutto con sé trascina
in un grigio limbo aperto
ad ore e giorni senza clamori,
taciturni ed immoti,
silenziosi e muti
come in un gran deserto.
Ma quanto fu radioso
in cielo il sole
ed inesausto il divampare
dei giorni arditi
di rosso accesi
e d'oro.
Quanto!
Come mai prima ne vidi
e mai ne rivedrò.
Tanto da paventarne adesso
un contrappasso
arcano e velato di mistero.
Farandola felice
questa nostra vita
e tuttavia in seno serba
acri presagi di come
un giorno segnerà
anime e volti,
giusto al cessar d'ogni felice danza. |
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Fato terreno
la curva all'orizzonte
impossibile per noi
lungo l'inconsolabile
scorrere del tempo
degli umani.
Nulla che ci appartenga,
non lo schiudersi di un fiore,
non il vento nei capelli
né la sabbia
presa o persa tra le dita.
Neppur di noi siamo padroni
in quest'esilio esistenziale
che pur di sole ci circonda,
ci scalda e ci stupisce. |
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Come la stella ai magi,
il corto volo dei gabbiani,
sempre più frequente di ritorni
e dallo stridio sempre più intenso,
ci indicherà la via all'istmo
di cui avremo sin lì soltanto udito.
Il grande istmo sarà là,
scoglio e sentiero,
disteso nel farneticante ribollire
di spume biancheggianti
tra quei due mari
che mai potranno riunirsi
se non molto più avanti.
La nostra finis terrae sarà dunque
una sottile lingua di scogliera
confusa e immersa
nelle nebbie del domani
che non fanno intravedere
e nemmeno immaginare
né altra terra ancora
né ciò che di noi sarà. |
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Pur ampia,
ma comunque insufficiente,
sferza nell'intimo profondo
l'umana nostra finitudine.
E nell'avvertirla, nel pensarla
come uno smarrimento
ci dispera e ci divora
senza concedere luce,
senza lasciare appiglio.
Talora addirittura ci aggredisce
e, cogliendoci,
di sé confonde questo
nostro splendido ma imperfetto
vivere ed esistere.
E non ha per noi parola alcuna
ciò che il mistero cela ed anche il sogno
quell'immenso ignoto mai a noi disvela. |
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A tratti forse la speranza
il buio schiarirà solo per poco
ed anche non con gran chiarore,
spegnendosi veloce in un istante
e senza il benché minimo rumore.
Proprio come fanno, se ancor ve n'è,
i fuochi di Sant'Elmo sui velieri.
Distogliere però anima e mente
dal quel pur fuggevole bagliore,
muterebbe il nostro già povero futuro
in un languido ed esangue proseguire. |
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Cupa vicenda
di nuvole storte,
triste storia di vita,
d'amore, di morte.
Grande parte
nel tragico gioco
ha avuto, crudele,
il destino
che spesso colpisce
chi lui sospetta
ad esser davvero felice
troppo vicino. |
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Tentenna, oscilla e vacilla
nella penombra di luci morenti
il claudicante pensiero.
Non più terra di santi, navigatori,
poeti, eroi, né cieli vibranti sogni
e chimere, non più chiare fresche
dolci acque. No, non più.Immensa
e polverosa la nube grigia del nulla
omologa ed ingloba oggi questi nostri
tempi immemori d'antichi luminosi ieri
e compiacenti stelle.
Rimosso il dolce canto ormai sottile
d'ogni sirena, s'ode soltanto l'urlo
delle vendicatrici Erinni, e noi, miseri
golem d'un vorticoso mondo di compulsivo
affanno vivremo, come fuggendo, lungo
terreni giorni desolatamente vuoti. |
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Illusioni fole chimere
danzano festose
il loro valzer bugiardo
nella mia mente
ogni notte che viene.
E dolce mi giunge
il loro canto,
dolce suadente e traditore
come un canto di sirena. |
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Dolorosa riecheggia
nel limpido silenzio
la mancanza alla vista
d’orizzonti lontani
e passo dopo passo s’appesantisce
il faticoso ed ostinato proseguire
che sempre più s’inerpica in salita.
Poche e timide le luci ed i bagliori
a far chiaro lungo il cammino,
rimanda un po’di luce, di riflesso,
soltanto l’inventario, man mano reliquato,
d’ immagini e pensieri dei giorni del passato
ch’era nascosto dalla polvere
che il tempo dietro di sé ha lasciato.
La meta sempre là, alta sulla cima
del crinale pare allontanarsi
dei nostri passi con l’andare
e l’acqua che ne spiove
quaggiù mai basta a dissetare. |
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Non v'é altra certezza
che il nostro perenne
e vacillante dubitare.
A noi non fu concesso
di separare le acque
dividendo il mare,
soltanto possiamo lasciare
dietro di noi,
leggera e spumeggiante,
candida una scia
che per un poco ancora dica
del nostro breve
e incerto navigare. |
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Si stava lì,la sera, al buio
fantasticando un po’ su tutto.
Il mare andava e ritornava
come per ascoltare,
ma senza darlo a vedere.
Gli affidavamo verso il largo
i nostri sogni belli di ragazzi
lasciando sulla spiaggia
quelli appena più modesti.
Il caldo si sopiva nell’amabile frescura
che la notte accompagnava
mentre la luna, più grande anche del buio,
veloce allontanava ogni possibile paura.
Serate spensierate, ore mai contate,
vissute da ragazzo, con l’ansia di scoperta
dentro il cuore mentre la fantasia correva
oppure trasaliva ad ogni piccolo rumore.
Di libertà sapeva, d’emozione e d’avventura,
quell’essere di notte, soli, in riva al mare.
Amici, forse, pirati e capitani, per sicuro,
con il coraggio sempre pronto sottomano
a men che non piovesse troppo forte
o non tuonasse, lampeggiando, di lontano. |
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Sfogliammo a piene mani
le stagioni tutte
degli anni nostri avuti.
Grigi, ora, freddi
come l'inverno i volti amici,
molto più fioche le voci.
Di ghiaccio si fanno
all'aria gelida i densi fiati
dell'ansia nostra viva
che più non è racconto
o sogno o attesa,
ma solo un pallido
e tremulo aspettare.
Ci scalderà domani il sole?
E, dimmi, ci scaldò mai
davvero tanto?
Scivola morbida e passa delicata
nella sua metà di cielo un'altra,
delle molte nostre avute, luna.
Bonaria sorridendo ci annuisce,
piena, rotonda, splendente
e, in un cenno d'intesa,
miracolosamente, al desiderio,
alla speranza ancora chiama. |
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Ma se, come tu dici,
su questa terra
per vero non esiste
la porta ch'apra al nostro sguardo
l'infinità contigua a noi tangente,
ad est, sud- est, allora,
noi volgeremo l'animo nostro
ed il pensiero... e voleremo...
voleremo verso oriente...
in sella al vento... oppure sopra
un grande tappeto variopinto
per ritrovar l'incanto,
il sogno bello che, bambini,
sempre ci accompagnava
ad ogni nuova,
splendida, illusoria fiaba. |
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Fin quando non sarà l'ora,
quell'ora,
non saprò né saprò dire
se fu la vita ad entrare in me
o se non fui piuttosto io
a traversarla, come per caso,
come un viandante, tra i molti.
Mai tanto fu, però,
in un mattino chiara la luce,
né tanto azzurro
del mare e del cielo il colore.
Sovente della paura avverto
i passi grevi avanzar dietro di me
sin quasi a sopraffarmi.
Non oggi però,non oggi, no.
Non guardo il nascere del sole,
non riuscirei, ma egualmente so
che Tu ci sei, ineffabile Presenza,
alle soglie di questo splendido mattino. |
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Varca
una cruna d'ago
la splendida farfalla
nel suo volare fragile
verso il recondito mistero
delle ombre della sera.
E,
pur sapendo di non poter
con le sue sole ali ritornare...
...va. |
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Non m' indicar
il mulinello d'acqua
in cui una distratta
foglia incappa,
a lungo ruota
ed infine affonda
senza poter tornare a galla.
Ben altro è questa terra
da quella foglia morta,
ben altro l'universo
da quel liquido gorgo,
ben altro noi,
la nostra essenza,
la nostra stessa vita.
Dammi piuttosto ancora
la meraviglia del bambino
alla neve appena scesa,
al soffice candore
che di sé tutto ricopre
e differente svela da com'era,
all'immediato inaspettato incanto,
al sogno che s'avvera
e, irresistibilmente,
profuma di magia.
Sai, tremo sempre più spesso ora,
temo persin d'aver smarrito
il chiaro senso delle cose
e che in fondo, a guardar bene,
potrebbe stare tutto
sopra una punta di matita
il perché vero di ogni vita. |
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Fremente ed infinita
nostalgia d'azzurro,
di cieli, canti e voli.
Mio Dio, recasse ancor
con sé il vento
di una chimera sola,
una soltanto,
Il melodioso pitturato canto. |
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odio l’oblio, l’esecrabile oblio,
mare immenso nero e denso
adagiato nel buìo più profondo
senza nemmen lo spettro
di una luce.
Immoto, inanimato, tutto in sè
assimila e confonde
nella vacuità di un nulla
che delimita il confine
tra ciò che fu il vissuto
ed il niente più assoluto.
Odio l’oblio, il perfido oblio,
le orme cancellate
sulla battigia nera
di questo immenso pozzo
che proprio non ha fondo
e lascia intravedere
solo i fantasmi dell’addio. |
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Stringo i pugni
nel chiudere le mani,
ma non arresto il vento
che sfugge tra le dita
continuando la sua corsa
nel verso della vita.
Arpeggia in cuore
una sinfonia d'amore.
L'istinto è quello
del gabbiano lontano
che, onda per onda,
corre felice il suo mare...
Partire... |
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Segue alla burrasca,
in mare,
una leggera brezza,
un volo nuovo di gabbiani
e tutto torna, al primo sole,
proprio così com'era prima.
Perfetta atarassia: per noi
soltanto una chimera
da vecchi libri di filosofia.
Ma tu... tu cercami piuttosto
là dove alta corre l'onda,
o dentro il turbinar delle emozioni
quando il cammino della vita
diventa più profondo,
oppure ove da misteriosi segni
stillino audaci e portentosi sogni
dalle radici tanto forti
da germogliare futuro
alle speranze del passato. |
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Indelebili canti dell'anima,
tortuosi sentieri erpicati
da passi andati e ricorsi
lungo minimi lembi
di tempo immemore.
Sparse e diffuse lucine accese
nel pieno del nero di seppia notturno
del vasto appennino abruzzese. |
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Ignari ancorché, tutti salpammo
verso l’ignoto nell’attimo stesso
in cui nascemmo.
Non troveremo qui sulla terra,
nell’umano tragitto, approdo
perpetuo né riparo sicuro.
Anzi, ancora una volta dovremo
salpare ed ancora una volta
sarà senza sapere. |
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Sento forte sul collo
l'afflato del mondo
che siamo.
E il suo vestito di fiele,
solo questo io vedo
solo questo dipingo,
sotto l'algido, spento
sole fiammingo
che oggi, proprio,
non riesce a brillare. |
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Sia un addio, un distacco,
un sogno, una preghiera,
oppur qualunque altra cosa,
tutto è sostanza, linfa,
all'indefettibile speranza.
Nasca da dolore, da paura,
da un'azzardosa idea,
dal desiderio oppur dal caso
sempre vive guardando innanzi,
e la sua vita tutta si snoda,
si dipana e si consuma
in un'inesausta perpetuata attesa.
Mai che si riempia,
ma nemmen si svuota,
quel cesto per le stelle
che ognun di noi, per sua fortuna,
da sempre porta dietro le spalle. |
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Voci altre e diverse
un giorno ti diranno
parole già ascoltate,
ma in modo nuovo
le sussurreranno,
là dove l'anima tua
ti avrà accompagnato.
Ti accorgerai allora
che il rosso fuoco
ancora vive sotto
le grigie ceneri che tu
pensavi spente, ormai.
Dolci sirene, naiadi o vestali,
il loro canto,
che non avrà eguali,
ti toccherà fin nel profondo
e, giunto quel momento,
Ulisse tu sarai
nel mezzo del suo mare. |
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Uomini: argonauti temerari,
naufraghi nel tempo e nello spazio,
nocchieri nelle tempeste della vita,
d'ogni futuro ignari, d'ogni destino.
Un'intemperie ci affidò
nel giorno in cui nascemmo
al periglioso nostro, meraviglioso,
incerto veleggiare. Uomini, sì,uomini! |
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Vedi,
quanto è cambiata, ora,
la strada
che la nostra era,
la strada del rincasar
tra i campi, a fine estate,
sul fare della sera.
Ombrosa e frondosa
di faggi e querce e pruni,
dolce di carezze leggere
e di casti baci pudichi
scambiati
alla tiepida brezza sottile
che muoveva al canto
i grilli e le cicale.
Ci tenevam la mano
e non per un andar lontano,
discosto o pauroso,
ma per la gioia in cuore
dell'avvertir sicura
la nostra reciproca presenza.
Una piccola roggia d'acqua pura
seguiva per un tratto,
leggera sciabordando,
cedendo quindi il passo
a fitti cespugli e rovi pungenti
di more ed ortica,
nascosto rifugio
di passeri e merli
nel buio rischiarati
dalle magie di luce
di lucciole gentili e innamorate.
Quanto è cambiata, ora,
vedi,
la strada che la nostra era,
la strada dei nostri anni
più giovani e sereni. |
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