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Gianni Marras
Le 29 poesie di Gianni Marras
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Notte bianca
sul paese adagiato al crocicchio dei colli,
tre colpi risuonarono per la via
rimbombando per gli erti acciottolati,
viscidi vicoli di sasso e muschio,
rari lampioni ad allungar ombre
cupe sulle sudice piccole porte
serrate nel vivo
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Buongiorno,
mi chiamo cane,
non vado ramingo randagio per angoli d'ombra,
viscidi di mucillagine e piscio,
né contendo leccornie di pattume
a stormi impazziti di tafani caparbi
né struscio gli stinchi a laide puttane,
lascive al
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E' sera.
Diademi di stelle nel terso diaccio
scrosciar di foglie
falde di neve e ghiaccio.
Da valle risale
il tinnulo vagar di cani e armenti,
sonnolenti i pastori negli accampamenti,
lontani balenano i fuochi nei castri silenti.
Sera di
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Vasto silenzio.
Balzava il muflone
tra balze mute e forre d'ombra,
il vento agitava per la contrada
ginepri prostrati e grovigli di more.
Giù un volo di falco
dalle severe cime,
esplodeva nel verde la vertigine,
a precipizio fino a
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E se fosse un sogno
vissuto con umana fatica,
sudato.
E se fosse un incubo
orridamente ricamato su questo canovaccio
di vita.
E se t'avessi io incarnata,
in Donna di sangue, ossa e cervello,
Tu, mia rorida smania.
E se la nostra
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Caracollo come un'ombra,
occhi rappresi dal sonno,
cispa di una notte di veglia.
La barba ispida segna il tempo dell'accidia,
scandito dal pendolar indolente della sigaretta
tra le labbra...
Aspiri fumo
spiri vita
in volute
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Son morto sulla tua croce
poiché son già morto su un'altra.
Ti chini sul tumulo, donna,
a sgranar preci.
Sussurri il mio nome
come nel buio della stanza 331.
Son morto,
la tua fiera avvenenza
stride con le tue lacrime.
Si
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Ha chiuso gli occhi
per indugiare nella polvere,
neppure un Cireneo
ad alleviarle il cammino.
Tu Padre l'hai vista, ginocchia sbucciate,
salire sulla croce dolente,
in ginocchio attraversò
le vie petrose della rettitudine.
Dimmi che
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Fugge la Notte dei lamenti,
odo soffuso il guair di bestie
come sataniche presenze,
giunta è forse l'ora
di calcar la pesta su le lande di ghiaccio.
Ali di vento insinuano l'intrico dei noccioli,
rabbrividiscono le foglie nel lento
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Tu che un giorno,
erompendo dal sogno
divenisti carne,
divorandomi il cuore.
Tu che mi concedi mille e mille baci
nel madido fondo delle notti
e nelle roride brume del mattino,
quando un solo minuto con te vale tutta una vita.
Tu Luna che
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Dissolto nella polvere
è ciò che di Te resta,
ingoiata dall'ombra della foresta.
Essere e non avere
dare e non ricevere.
Grande della grandezza degli umili,
senz'altra luce o guida
che l'abbagliante lanterna del cuore.
Morire
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Cerca la poesia:
Invia un messaggio privato a Gianni Marras.
Arrembanti galoppano nell'aria i sogni pagani,
quel che volevi: un viso nell'ombra, il desiato altare
cui sparger a piene mani
ghirlande colte in mezzo al mare,
attraverso gli uragani.
Ce l'hai, ce l'hai.
Sul fioco limitar del sonno,
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Se mi seguirai
nella follia
nell'intrigo
nella menzogna.
Se mi seguirai
nella veglia
nel volo
nel l'angoscia.
Con me
berrai dalla Sacra Sorgente
il liquore grato
dei vivi,
il liquore forte
dei dannati.
Con me
percorrerai vie senza
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Polvere che rotea con polvere
sono questi i miei pensieri
nel turbinio del tempo ed era solo ieri.
S'accendono fuochi sui lievi crinali
s'incendia l'orizzonte di gridi bestiali,
la luna, regina di queste notti di morte foriere
attonita assiste
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Odio queste folle ai mercati,
lasciano debiti che non posson pagare,
vite sudate sciamano come neri stormi impazziti
da un albero all'altro planano sui campi di grano,
trionfo del giallo prorompente
al limitar delle radure verdeggianti.
Dimentichi
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Cos'è questo turbine
che s'avvita nel cuore
sol che pensi a un sol lembo
del tuo volto...
Cos'è questa brezza
che percorre d'un brivido il mio essere
solo nello scorgere
il tuo incedere...
Cos'è questo profumo di
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Costruire la vita
pietra su pietra
poi distruggerla
pietra su pietra.
Quale Fato perverso
assaporare
la gioia serena
negli abissi di stelle,
assaporare
il coraggio della disperazione
negli abissi del nulla.
Sono stanco di vagare tra le
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Brucia l'avita foresta solida di muschi,
avvampa l'aria in un torrente di foglie,
crepitano i rami, ardono i tronchi,
veemente un turbine venefico si scioglie
a lusingar delle fiamme il gemito tremendo.
Temo di siffatti incubi il
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Aspetto immoto che la tempesta
plachi la sua furia
Rido degli scrosci di pioggia
e del vento e del baleno
Osservo l'oscurità
incollerita strappare i nidi silenti dai rami
Offro il mio petto
alla canea della natura
Al cielo espongo
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Dove il fiume si fa cascata,
là averti sarà gioia,
immersi nella nebbia dell'acqua frantumata
ansimerò il sospiro tuo fremente d'ansia
nel lambir la pelle d'ambra sfumata.
Ritti i seni, lingua guizzante,
rose vermiglie le
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29 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1 al n° 20.
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