segui il contorno del mio vomito, seguine i colori e sorprenditi del
muso veloce, del movimento rapido e generoso, della
stella che non manca. ecco, un coniglio bianco, eccolo, salutalo con la
mano, fagli ciao e un po' di spazio, magari in cucina.
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come uno che perde l'accento. tu prova a immaginare a uno che perde
l'accento. così, per, ehm, dovere. devi perdere l'accento, gli
dicono. e lui, sì, perdio, lo perdo, l'accento, ecco
fatto. e lo perde, come no, forse le esse e
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allora niente, pensavo a questa cosa di mangiarci un po' alla volta le
mani, un pezzo a te un pezzo a me, vicendevolmente, neanche
fossero due barra quattro fuochi d'artificio non ancora scoppiati, lì nel
momento quando l'occhio distratto,
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un buon compleanno è un buon compleanno, un po' come
provvedere (giocare) alle abolizioni delle lettere maiuscole e un po' come
lasciare lo spazio (non l'hai deciso) alla corrente e alla punteggiatura sensoriale (ehm).
c'è poca
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la nostra poesia è una puttanella imbronciata, figlia di tubetti di maionese da
sorseggiare. figlia di tubetti di sangue da maledire. figlia di tubetti di notti insonni, di
tubetti di letame. figlia dei nostri anni arancioni in tubetti, in
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lenzuola di sangue e giorni dispari sputati, leccati e primavere e
stanze di albergo e stanze di albergo e la tua faccia che non
conosco. sei una faccia e io non ti conosco. provo con lo specchio, provo con
le cosce, provo con gli oceani, provo a
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I
oh, il tempo. da fare uscire, il tempo. e un bastone da
masticare, il tempo. e sentirsi pronti e sentirsi pronti, il
tempo. un imbuto nel culo, il tempo. allen ginsberg, il tempo. john
fante, il tempo. adam duritz, il tempo.
e cadere e cadere
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e poi passano. bere vino nero e fumare come i
porci, poi passano. teste di zucchero e cosce troppo e cosce
troppo e sangue e occhi da chiedere scusa per i pensieri, per i
pensieri. oceani e oceani e oceani e nemmeno una parola per cavarsela, non una.
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dimmi se sono io se sei
tu se sei stata tu. le mezze
idee. noi che viviamo di mezze idee, di mezzi
polmoni, di mezzo cuore, di mezzi cazzi. sei tutti gli
animali del mondo e sei lo sputo e sei il vomito di un oceano senza
capo, di un oceano senza
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avrebbe potuto, dovuto, piovere. signore e signori, la grande serata dei
passi indietro. dei passi indietro.
la maglietta viola sangue, la macchina morta, la strada deforme, l'ottovolante, le nuvole
nere, le nuvole piene, le nuvole che di coraggio
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come forti singhiozzi, i giorni nostri, e mi chiedi,
mi chiedi stagioni, mi chiedi spazi.
camminavo, pieno di febbre maldestra e le
primavere erano labbra scarlatte che mi succhiavano e mi
succhiavano. i fantasmi ovunque. intorno al buio,
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Cerca la poesia:
Invia un messaggio privato a Duritz Crows.
l'ombra delle farfalle. come no,
mi dici.
e le mani, le paure che mi spettano, cerca
di concentrarti. ho un elefante
parcheggiato in salotto e un nano tra le
cosce, mi dici.
e lo specchio, i bagliori che mi aspettano, Miss
non girarti. ho da
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l'arroganza delle mani,
l'inutilità. che cosa rincorri, Mr. Autoritratto?
ho pisciato. ho
pisciato sul fuoco, ho scoppiato la pena, ho
sputato alle farfalle sulle labbra. e lo faccio, lo faccio
ancora.
non è questione di
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non voglio essere come te,
dice lei.
voglio essere
la notte di un gatto,
voglio essere un velo,
lo strazio,
voglio essere il tuo pianto.
la catena spezzata,
dice lui.
il bicchiere frantumato,
il viso insanguinato,
il libro
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Il fuoco. il fuoco.
ma non hai sentimento. non hai
intenzione.
e il talento e gli occhi.
mister, non sognare di punture e di piume insanguinate,
no,
resisti.
resisti alla corrente
alla confusione e alle mani e alle unghie lunghe e
alle
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La cassa, lo so,
la cassa e la discesa e le corone.
hai paura.
e io faccio certi segni la sera,
perlopiù.
mi rimetto, mi
affido.
ma tu piangi
e sei l'arcobaleno, sei l'anulare,
sei la mia assassina.
Vorrei, sai,
vorrei quella
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Ennesimo rossetto, ennesima parola
inutile. E mani puttane, mani che
sputano e ingoiano
scrupoli falciati, che non durano mai
quanto credi, quanto, forse, speri.
Quindi il mattino, quindi il vomito, quindi
la maschera e la non vergogna, il giro
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Girotondo del mio tempo
e ancora la fune, ancora il vuoto,
ancora il ricordo di una sera.
Doveva essere rapida l'esecuzione,
così l'avevo immaginata,
di quella parte di storia con l'eroe perplesso
che, nel dubbio,
morde cosce
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Certe preghiere
dalla tua
e la coscienza
di una scelta
lo specchio dei diciotto anni
in ritardo
per ritornare
sui passi
che dovevi
questo filo maledettamente serio
mi dici
a chi tocca piangere adesso?
non è pietanza
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Ho sparato dentro al buco del cervello
del pesce pagliaccio
con occhi da gatto e baffi con la riga nel mezzo
di un oceano disorientato
e stelle marine che sono cosce
solo cosce che divaricano passaggi
già segnati nelle mappe del come e del
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