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Miriam P
Le 15 poesie di Miriam P
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Ti ho rivolto un saluto
ma la camera non ha fiato,
non domanda il conto
lasciato in sospeso
di una eco sull’angolo
e la porta sbattuta contro.
Allora trincero labbra,
le metto in castigo
o le custodisco sul cuore,
come una valigia pigiata
che
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È poesia d’anima,
in fuga dal tempo.
Quante facce simili alla tua,
quante mani a reinventare
il contro- verso velo di lume.
Nessuno mai è custode vero.
Il vezzo di labbra in punta di giorni
è un incedere a tempo debito,
sulla pelle vissuta
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Un pianto asciutto
che rimbalza
ho poi sorretto
tra queste mani.
Ho occhi di carta
e tu sei lo specchio
ove affondo i versi.
Ricalca sul petto,
ti prego,
la vocale in ombra.
Soffierà ancora
quel vento di lusinga
sulla terra di novembre
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Cos'hai in quella curva
che si pone, innocente.
Non sono semplici occhi,
mi abbandonano
per poi riprendermi.
Voragine
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Ti ho voluto,
immaginato.
Avevi occhi di ghiaccio
dentro pupille di vetro.
Ti ho scelto
solo mostrando
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Ruggine che corrodi
la parabola di un verso
mentre fuori,
la stagione ancora s'apre
e i languori, gli amori
al velo bianco di seta
inneggiano promesse.
Di quest'andito lungo
di sotterfugi e di gabbie
ove rimbomba la eco,
il piagnisteo
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Cosa trovo,
adesso,
hai rovesciato il cesto.
Stormo di parole nuove
che si vuotano al sole.
Al vecchio masso
che guarda la luna,
ho restituito il passo
è l'acqua cheta del fiume
ora accoglie il silenzio.
Mi sfiora,
mi sfiora
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Sono un gambo
e il bocciolo.
E mi colgo, tra le spine.
Sono la rugiada che scava,
goccia su goccia,
la ruggine della foglia.
Sono l'anima del vento
e conservo la punta
del suo inchiostro,
consumato a riscrivere
un lamento.
Accolgo della
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Affacci con garbo
la tua anima al vento.
Fogliame appassito
che graffia lo sguardo
ma trattiene ancora,
seppur lieve
il suo profumo.
Resiste il doppio strato
di pelle ambrata,
consumata dal sole
e abbaglio poi
che soffoca l'ombra,
col
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Cerca la poesia:
Invia un messaggio privato a Miriam P.
Mi nutro ancora
del tuo vagito,
avvolto in fasce
di preponderanti risa,
sulle gote allegre.
Cedute al mattino,
e versate a piccoli
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Le tue dita minute
a seguire la scia
del sole sullo specchio.
Un sorriso eterno
abita quel riflesso.
Linfa, per la memoria.
Paravento, per ogni inverno
che incontra il gelo e il fango.
Argento,
per ogni capello bianco.
Battito vivo, per
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Cosa importa
se l'alba stamani
sorregge le mie gambe
tra le fragili punte.
Se il rosa e il bianco
la sua grazia mattutina
al ventre del monte più alto
ha negato.
E che importa se a sera
il giallo ha acceso le foglie
e le ha private
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Temo di sciupare
la calma di questa penombra.
Le pieghe sugli occhi
trattengo intatte
e curo il torpore antico
che
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Ti ho sfidato a duello,
del tuo corpo inerme
ho sorretto le sorti.
Spiragli di luce, ho supplicato.
Ho tentato invano
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